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Il procuratore generale di Ginevra contro la
legge voluta da Berlusconi che danneggia la collaborazione giudiziaria
internazionale.
Intervista di Paolo Biondani
«Questa legge è una catastrofe
per la giustizia internazionale. In dodici anni di collaborazione
giudiziaria con Paesi di tutto il mondo, non ho mai visto norme
del genere. Prima dora, mai. Queste vostre nuove regole sulle
rogatorie sono in contrasto con tutti gli accordi tra Stati sulla
validità delle prove raccolte allestero: si tratta
chiaramente di disposizioni politiche dirette a far cadere le indagini
e i processi più delicati. Ma anche per il futuro, per noi
magistrati svizzeri diventerà molto più difficile,
anzi praticamente impossibile, continuare a collaborare con lItalia
nelle indagini sulla corruzione, sul riciclaggio dei patrimoni mafiosi
e sulle organizzazioni che finanziano il terrorismo. Non resta che
sperare in un intervento di Bush sul vostro premier Berlusconi:
Osama Bin Laden ha soldi in Italia?» Il procuratore generale
di Ginevra, Bernard Bertossa, boccia con parole severe la nuova
legge italiana sulle rogatorie svizzere e sulla collaborazione giudiziaria
internazionale. Una riforma, o controriforma, che il centrodestra
intende far approvare oggi dal Parlamento.
Lalto magistrato elvetico (eletto dal
popolo), quella «legge italiana» la studia da tempo
«e con sincero stupore». Scorrendone gli emendamenti
più discussi, ben in vista al centro della sua scrivania,
il francofono Bertossa ne discute in un buon italiano, senza pose
o toni da denuncia, ma con laria di chi si limita a constatare
unevidenza. Dal suo ufficio vista lago, al terzo piano del
«Palace de justice», sono passate le più scottanti
indagini internazionali: fondi neri del regime nigeriano, corruzione
di finanzieri in Spagna, scandalo Elf e affaire Mitterrand in Francia.
In cima alla sua libreria, una ventina di faldoni gialli intestati
a Pacolli, Borodin e alla corte di Eltsin ricordano che è
ancora apertissimo, tra laltro, il famoso «Russiagate».
Procuratore Bertossa, alla luce della sua
esperienza come giudica la legge sulle rogatorie che il parlamento
italiano si appresta a varare?
«Mi sembra manifestamente in contrasto con la tendenza che
si va affermando in tutti i Paesi più avanzati. In un momento
storico in cui gli Stati Uniti e lUe premono per una maggior
trasparenza finanziaria, proponendo di abbattere le barriere che
frenano la collaborazione tra giudici e polizie di Stati diversi,
lItalia, invece di andare avanti, fa un grosso passo indietro».
Cosa la preoccupa in questa legge?
«Larticolo 17 è una cosa mai vista. Non conosco
nessunaltra norma, nel mondo, in grado di cancellare prove
già formate, come se certi versamenti bancari non fossero
mai esistiti. Conosco per ragioni di lavoro le inchieste dei magistrati
milanesi e so bene che stiamo parlando di documenti bancari di cui
nessuno ha mai discusso lautenticità: renderli addirittura
inutilizzabili per qualsiasi irregolarità procedurale, per
questioni cavillose sulla semplice trasmissione degli atti, è
chiaramente una scelta politica, che contrasta con tutte le convenzioni
internazionali sulla validità delle prove raccolte allestero.
Larticolo 12, con tutto il suo antistorico formalismo, poi,
rischia di rendere praticamente impossibile collaborare con lItalia
anche per il futuro: non si può pretendere che un magistrato
svizzero si adegui alla legge italiana, anzi debba diventarne addirittura
un esperto. In questo caso mi sembra che lobiettivo, in inglese
the goal, sia soltanto la prescrizione dei reati».
Come spiega le scelte dei politici che governano
lItalia?
«Tra Italia e Svizzera cè un accordo bilaterale
già firmato, che puntava a rendere più rapide e meno
formalistiche le rogatorie bancarie. Un patto internazionale, però,
non può essere cambiato da una sola delle parti. Per annullarne
gli effetti favorevoli, dunque, non resta che stravolgere la legge
di ratifica».
Questo incidente sulle rogatorie modifica
il suo giudizio sul governo italiano?
«In un dibattito con il ministro francese Fabius, ho già
detto che il signor Berlusconi non mi sembra un campione di trasparenza
finanziaria. Purtroppo devo aggiungere che lItalia di oggi
mi ricorda la Russia di Breznev: solo nellex Urss cera
un così ampio potere economico, mediatico e politico concentrato
nelle mani di una sola persona. È paradossale che filosofie
e impostazioni ideologiche così diverse arrivino a risultati
così simili».
Pensa che le stragi terroristiche negli
Usa possano favorire lapertura delle frontiere investigative?
Le indagini internazionali su corruzione, mafia e terrorismo continueranno
a fermarsi nei soliti paradisi fiscali?
«Sono un po ottimista, ma non troppo. Gli interessi
delle persone che nel mondo beneficiano della corruzione sono troppo
forti per permettere che le operazioni finanziarie off-shore diventino
davvero trasparenti. Una certa tendenza positiva cè
e riguarda anche Paesi come Liechtenstein e Lussemburgo. In Svizzera,
da anni, è vietato aprire conti bancari senza indicarne il
reale beneficiario economico. Ma in Francia, e perfino negli Usa,
è ancora possibile aprire conti completamente anonimi. Sinceramente,
penso che nemmeno il dramma dell11 settembre sarà sufficiente
a garantire una completa inversione di tendenza».
In Italia molti magistrati temono che la
nuova legge sulle rogatorie possa favorire anche mafiosi e terroristi.
«Sono perfettamente daccordo. Ma cè anche
un altro problema: non vorrei che a gestire le nostre rogatorie
al Ministero fosse un avvocato dei mafiosi».
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