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di Guido Passalacqua, La
Repubblica, 2 marzo 2002
MILANO - "Dicevamo una volta "una patria in un altro stato",
poi abbiamo detto "un'altra patria in un altro stato",
ma poiché la storia non è acqua e non si cancella
e visto che oggi c'è la possibilità del federalismo
dobbiamo dire "due patrie in un altro stato", la Padania
va rispettata". Così Umberto Bossi sintetizza alla sua
platea, nell'intervento che di fatto apre il congresso della Lega,
il cammino fatto dal movimento prima rivendicando il federalismo,
poi la secessione, e oggi la devoluzione. L'omaggio alla Padania
è rituale ma non scontato, tanto che il senatur inizia con
un "Padaniaaa? Libera!".
Ma il centro del lungo discorso di Bossi, quasi
due ore, sta nell'Europa, il tema che più agita il pensiero
del leader leghista oggi. Quello che lo espone a scontri anche all'interno
della maggioranza di governo. A chi chiede di definire la politica
del governo Berlusconi sull'Europa, come fa Buttiglione, Bossi risponde
ponendo i suoi paletti. "Faremo una resistenza civile all'Europa
dell'invasione normativa", insomma promette altre uscite tipo
quella sul mandato di cattura o sul sequestro dei beni, Berlusconi
è avvisato.
Bossi parla del "dominio della tecnocrazia",
di "una macchina burocratica apolide", di "un processo
discutibile che mette in pericolo le nostre libertà".
"Chi vuole una Europa senza stati vuole un superstato, vuole
l'Unione sovietica disegnata da Stalin... vuole un potere giudiziario
superiore alla sovranità popolare; vuole una Europa giacobina
che purga con la supremazia del potere giudiziario rispetto alla
sovranità". E per Bossi chi si allontana dall'asse Parlamento-popolo
è "un nuovo fascista". "Il nuovo fascismo
è il rifiuto della sovranità popolare" e dunque
ne consegue che una Europa che non rispettasse i popoli sarebbe
un'Europa fascista.
E allora che Europa vuole Bossi? Il senatur
lo dice chiaramente sia ai suoi (ai quali ricorda che "chi
fa politica deve cavalcare la realtà e deve avere cuore e
costanza per inseguire la sua preda") e agli alleati. "Noi
non vogliamo l'Europa giacobina dei comunisti e della finanza, noi
vogliamo non una federazione ma una confederazione di stati nazione".
In questo quadro Bossi ribadisce la necessità di sottoporre
a referendum le future decisioni che riguardino l'Ue. "La sovranità
è del popolo, non di Berlusconi o di Bossi". "Parliamo
chiaro, all'Europa devono passare solo funzioni e non sovranità".
Critiche anche per il Parlamento europeo: "Che roba è?
Cosa c'entra con la democrazia, perché ci sia democrazia
occorre che ci sia l'omogeneità dei votanti". Bossi
poi parla dell'alleanza con Berlusconi definendola "Forte e
che durerà tutta la legislatura" e rivendica i successi
di questi mesi di governo, la legge sulla immigrazione, la devolution,
la scelte sulla famiglia, ammonendo che "Bisogna fare delle
belle battaglie, ma non bisogna rimanere rigidi, la forza sta anche
nella flessibilità". Una risposta a quella parte della
Lega che soffre per le lungaggini e i compromessi governativi.
Il finale è tutto rivolto alla pancia
del movimento. "Sta arrivando il momento dei giovani, io sono
vecchio, magari in futuro andrò a fare il sindaco di un piccolo
paese". E qui il senatur fa una seminvestitura per l'attuale
segretario della Lega Lombarda Giancarlo Giorgetti: tra cinque anni
potrà essere il nuovo segretario federale. Ma c'è
un omaggio per due morti della vecchia Lega, un caldo ricordo per
Gianfranco Miglio "Illuminò per qualche anno il cammino
della Lega" e un riconoscimento, inconsueto per Bossi che non
cita mai chi uscì dal movimento, per Franco Castellazzi,
protagonista della prima grande scissione negli anni Novanta: "Voglio
che gli mandiate un applauso". Un unico accenno, a margine,
sulla manifestazione dell'Ulivo: "Sono in trecentomila? Non
mi fa né caldo né freddo".
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