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di
Andrea Bonanni, La Repubblica
"SILVIO,
what the fuck have you done!". "Silvio, che c... hai combinato!".
Eccolo lì, nelle parole certo poco protocollari del presidente
del Parlamento europeo Pat Cox, tutto il senso di sgomento, di costernazione,
di incredulità per il disastro europeo con cui ieri il presidente
del Consiglio Berlusconi ha sacrificato il semestre italiano sull'altare
del proprio ego.
Mancano pochi minuti alle
due. La conferenza stampa si è appena conclusa.
Berlusconi ha appena rifiutato di scusarsi per aver dato "ironicamente"
del kapò al leader della delegazione socialdemocratica tedesca
e per aver definito, sempre "ironicamente", gli eurodeputati
dei "turisti della democrazia". Nel salon d'honneur al
settimo piano del palazzo Louise Weiss del parlamento europeo, il
disastro si misura dal numero di posti vuoti alla tavola imbandita
per festeggiare l'inizio della presidenza italiana. Mancano i socialisti,
mancano i liberali, mancano i verdi, manca l'estrema sinistra. Manca
perfino l'euroscettico, ultra conservatore Jan-Peter Bonde. Ma,
soprattutto, manca Gianfranco Fini. Silvio, che c... hai combinato",
sibila Cox. Fini, prima di dileguarsi, deve essersi espresso più
o meno negli stessi termini durante la "breve spiegazione a
quattr'occhi" con Berlusconi.
Lo sgarbo protocollare non ha precedenti. Ma nemmeno il sacrilegio
compiuto da Berlusconi, che in un colpo solo ha insultato il Parlamento
e ha trasformato la Shoa in un argomento da barzelletta, ha precedenti
nella storia europea del dopoguerra. Le espressioni dei pochi commensali
rimasti sono di pietra. Arriva, con grande ritardo, il presidente
del gruppo Ppe, Hans Poettering, tedesco. Altra faccia di pietra.
Praticamente non si siede neppure a tavola. Prende da parte Berlusconi
e anche lui sibila: "I miei sono furibondi, non ti sognare
neppure di venire a ripetere alla riunione del gruppo popolare quello
che hai appena detto in conferenza stampa". Poi lascia la sala.
Il pranzo dura poco. Appena i camerieri portano il secondo, il presidente
della Commissione Romano Prodi chiede scusa, invoca un impegno urgente
e se ne va. Non ha scambiato con Berlusconi neppure una parola.
Prima, in aula, quando ha dovuto andare al microfono "per riportare
serenità", come gli ha chiesto di fare Cox subito dopo
la bagarre scatenata dal presidente del Consiglio italiano, la sua
voce tremava. Anche lui, come tutti, nella sala e fuori, era sotto
shock. Forse lo è ancora. Prodi lascia il Parlamento senza
fare dichiarazioni. Parlerà, forse, oggi con il presidente
della Repubblica che lo attende per cena al Quirinale. Ma che cosa
possono dirsi due uomini, uniti dall'impresa di aver portato l'Italia
nel cuore dell'Europa, davanti allo spettacolo di ieri?
Questa è la cronaca
del dopo-bomba. Il semestre di presidenza italiano dell'Unione europea
è durato esattamente tre ore e mezza. Dalle nove e un quarto
di mattina, quando Berlusconi ha preso la parola in aula per leggere
un discorso esemplare punteggiato dagli applausi dei deputati, all'una
meno un quarto, quando, parlando a braccio in una escalation incontrollabile
di megalomania ferita, il presidente del Consiglio ha dato al mondo
la prova di essere unfit to lead Europe, inadatto a guidare l'Europa,
come aveva preconizzato l'Economist. Se anche tutti si affretteranno,
per convenienza e per pietà, a dichiarare chiuso l'incidente,
i prossimi sei mesi, se tutto va bene, saranno spesi per cercare
di ricucire uno strappo la cui portata supera di gran lunga "l'incidente
istituzionale" invocato dai socialisti.
In tanti decenni di vita,
il Parlamento e l'Europa non avevano mai visto nulla di simile.
Anni fa il presidente Chirac, subito dopo la ripresa dei test nucleari
francesi, era stato accolto a fischi e insulti. In aula lo avevano
contestato con striscioni e urla. Ma Chirac, pur furibondo, non
aveva perso il senso della misura. Persino il famigerato Jean-Marie
Le Pen, insultato e violentemente contestato durante una conferenza
stampa l'anno scorso, non era sceso tanto in basso. Berlusconi ha
superato tutti. Senza neppure rendersene conto, con poche battute
ha offeso un'istituzione, il Parlamento, di cui era ospite in quanto
massimo rappresentante di un'altra istituzione, il Consiglio. E
ha ridotto a battutaccia da bar sport la tragedia del nazismo e
dell'Olocausto, peccato originale del secolo sulla cui espiazione
è stata costruita l'Europa. Con quali credenziali può
adesso pretendere di ospitare a Roma la firma di una Costituzione
europea, di una Carta dei valori che per primo ha dimostrato di
non aver né letto né capito?
Non c'era traccia di soddisfazione,
ieri, tra gli avversari politici italiani di Berlusconi. C'era costernazione,
autentica, sincera. C'era il senso di sgomento per un sacrilegio
che ha umiliato l'Europa, ma che rischia di ferire in modo irreparabile
l'immagine dell'Italia. Anche perché il presidente del Consiglio,
nel corso della conferenza stampa, si è fatto scudo del Paese
per giustificare il proprio operato. "Gli italiani sono un
popolo colto, intelligente, preparato alle cose della politica almeno
quanto la media europea e ci hanno dato una grande maggioranza.
Così offendete il popolo italiano", ha spiegato ripetendo
il mantra di chi crede che l'elezione lo ponga al di sopra del bene
e del male. Subito dopo l'incidente, quando ha dovuto sostituire
Pat Cox alla guida dell'assemblea, il vicepresidente del Parlamento
Renzo Imbeni era talmente sconvolto che ha sbagliato il posto su
cui sedersi. Anche lui parlava con fatica.
"Vi prego, non identificate
il nostro paese con questo terribile incidente" ha chiesto
ai giornalisti stranieri la capodelegazione ds Pasqualina Napoletano
durante una conferenza stampa in cui, seduta accanto al tedesco
Schulz e allo spagnolo Baron Crespo, non è riuscita a dire
molto altro. Costernazione, appunto. Un sentimento spontaneo e per
una volta bipartisan ieri nelle sale del Parlamento. La stessa costernazione
che ha spinto Gianfranco Fini ad alzarsi dalla poltrona su cui era
seduto accanto al capo che straparlava, per andare a stringere la
mano a Romano Prodi. "Che ti posso dire? Mi viene da piangere",
gli ha confessato il presidente della Commissione.
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