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"Adesso c'è impunità su frodi e tangenti"

intervista ad Antonio Di Pietro

Di Pietro torna all'attacco sul falso in bilancio: "Berlusconi cambia le regole per non essere giudicato". E all'Ulivo: "Non parli di morale chi non ha saputo regolare il conflitto d'interessi".


ROMA - ''Quando la maggioranza parlamentare modifica la legge sul falso in bilancio commette un omicidio politico. Perché questo significa che chi dà e prende tangenti e fondi neri adesso può farlo impunemente. Non mi pare una gran bella cosa''. Ospite di 'Radio anch'io', Antonio Di Pietro, a dieci anni dall'inizio di Tangentopoli, punta sulla ''questione morale'' come discriminante della politica.

E torna ad attaccare Silvio Berlusconi: ''io non ho mai voluto fare il peronista, non mi sono dimesso per entrare in politica, ma per difendere il mio onore, era un atto doveroso e una scelta obbligata. L'anomalia, oggi, è di chi va a fare il presidente del Consiglio e non vuole essere giudicato. E anzi cambia addirittura le regole. Io ho cominciato a fare politica solo quando è stata riconosciuta la mia innocenza''.

''Io rispetto il governo di centro-destra, ma lo combatterò sempre con proposte, perché non ne condivido il progetto. Per me bisogna rilanciare la questione morale perché in questo momento sta passando il messaggio che i furbi vanno avanti e i fessi restano indietro, che ci sono regole che si possono infrangere e farla franca. Noi vogliamo combattere tutto questo e dialogare con le persone per bene che ci sono in tutti e due gli schieramenti''.

A questo proposito, Di Pietro rimprovera al centrosinistra di non essere stato capace di risolvere il conflitto di interessi: ''Quindi non può fare battaglie sulla questione morale perché si è comportato come Ponzio Pilato'' rimprovera, cogliendo l'occasione anche per denunciare ''il partito trasversale delle persone che quando sono in Parlamento si comportano in modo diverso''.

L'esempio del'ex pm è l'oltraggio alla bandiera di Umberto Bossi. ''Insomma - polemizza - se Bossi dice che con la bandiera ci va al cesso, non viene arrestato e se lo dice un comune cittadino invece sì. Questo non va bene: o si cambia la legge oppure mi chiedo perché non gli è stata concessa l'autorizzazione a procedere. E di casi come questo ce ne sono stati anche quando il centrosinistra aveva la maggioranza''.

Di Pietro ribadisce che ''anche con il senno di poi, rifarebbe tutto ciò che ha fatto in questi dieci anni''. ''Gli italiani sentono un presidente del Consiglio dire che c'è stata una guerra civile, che ci sono stati due pesi e due misure. Lui può dirlo, ma non può dimostrarlo perché non è vero. Per chiudere tangentopoli non si deve fare in modo che i giudici non indaghino più, ma che non si commettano più i reati''.

L'ex pm insiste sulla ''obbligatorietà dell'azione penale da parte di una magistratura indipendente''. Con ''il rimpianto umano'' del caso Gardini. ''Io lo facevo pedinare - racconta - ma i suoi avvocati mi avevano detto che il giorno dopo si sarebbe costituito. Così io, pur sapendo che era tornato nella sua casa di Milano, non lo mandai ad arrestare. Ecco, se fossi stato più duro, e non mi fossi preoccupato di quel gentlemen's agreement forse oggi avremmo una persona viva''.

articolo tratto da "il Nuovo" del 15 febbraio 2002

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