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27 febbraio 2002 - resoconto stenografico
Signor Presidente, onorevoli colleghi,
Ritengo importante che l'esame di questo disegno di legge così
significativo si accompagni ad una discussione politica che, in
modo intenso ed appassionato, impegna la Camera dei deputati. Pure
non riuscendo a definire regole condivise se non altro il Parlamento
non ha rinunciato a discutere, a mettere a confronto le opinioni,
a misurare diverse visioni della vita democratica del paese.
Credo - e mi rivolgo a chi nella maggioranza avverte questa preoccupazione
- che forse voi non comprendiate la portata e la gravità
di quello che si sta consumando con l'approvazione di questa legge
e le conseguenze che questo atto avrà, ben al di là
della materia particolare che questa legge disciplina, nella vita
democratica del nostro paese.
Non le forze politiche di minoranza, bensì una parte dell'opinione
pubblica, cioè milioni di nostri concittadini (non saprei
giudicare se essi siano uno di più o uno di meno della metà,
ma conta poco in questa sede) considerano questa legge come la manifestazione
di un'arroganza e di un sopruso di quella che è una maggioranza
politica legittima ma che, come è norma di un sistema maggioritario,
non necessariamente rappresenta la maggioranza dei cittadini, e
fu così anche il 13 maggio.
Milioni di italiani considerano questa legge come frutto di una
visione distorta della democrazia che scambia il diritto a governare
che la maggioranza conquista con una pretesa di comando che è
altra cosa, cioè la pretesa di disporre delle regole che
dovrebbero essere comuni e condivise all'interno di una comunità.
Milioni di italiani vedono in questo l'espressione di una logica
aziendalistica - chi ha il controllo comanda in un'azienda - ed
i residui di una cultura autoritaria che talora, come un vecchio
riflesso, come un bel film, riemerge dalle nebbie di un passato
non ben digerito.
Questa legge è volta, sostanzialmente - e l'articolo che
ci apprestiamo ad esaminare contiene il nocciolo di questa finalità
-, a dare un carattere legale ad un'anomalia che non ha precedenti
e che non sarebbe pensabile in nessun paese democratico, o per effetto
di leggi che vi sono in altri paesi o per la forza di consuetudini
che, in altri paesi, possiedono una forza ancora maggiore delle
leggi scritte.
È evidente che il nodo sta nella sostanziale incompatibilità
fra l'esercizio di funzioni di Governo - che è altra cosa
dalla ineleggibilità a deputato, che io stesso ritengo, francamente,
non avere quella consistenza - e, non la proprietà di beni
o azioni (tutto ciò sarebbe una pretesa assurda), ma l'esercizio
di un controllo, così come esso si configura nella realtà
dell'economia moderna, di società che hanno una posizione
dominante in settori strategici dell'economia, tanto più
quando queste società operino in settori regolati da concessioni
pubbliche e ancora di più nel momento in cui questa posizione
dominante si esercita nel settore dell'informazione, nel quale il
conflitto - cioè la concentrazione di potere e la sovrapposizione
di potere pubblico e privato - tocca un aspetto cruciale della democrazia,
cioè la libertà e il pluralismo dell'informazione.
Sarà strano ma per milioni di italiani esiste, al fondo,
un'incompatibilità tra questi poteri, tra il potere politico
e quello economico e mediatico che - ripeto - si esprime, non nella
proprietà di beni o di azioni, ma nel controllo su aziende
che hanno una posizione dominante in settori così cruciali
della vita, non solo economica, ma civile del paese.
È altresì evidente - nel senso che è cosa evidente
a tutti, alla generalità dei cittadini, ai grandi mezzi di
informazione, alla pressoché unanimità dei commentatori
- che una situazione di questo tipo non ha eguali in nessun paese
democratico ed è anche evidente che questa anomalia italiana
è una delle ragioni per le quali si guarda con diffidenza
alla realtà del nostro paese e che ne indeboliscono il profilo
e il ruolo internazionale: questa è la realtà, non
è un'opinione, non è una tesi di parte.
Il problema dovrebbe essere quello di come si affronta, insieme,
questa realtà e, invece, proponete un insieme di norme la
cui assurdità - mi consentirete di rilevare un aspetto persino
particolare - è sottolineata dal fatto che voi stessi avete
convenuto circa la loro inapplicabilità ad altri livelli
istituzionali (sindaci, presidenti di regioni e di province). Ritengo
che convenire circa questa inapplicabilità sia stato misura
di saggezza, non solo perché questa legge avrebbe, oltretutto,
scardinato l'ordinamento ma si sarebbe dato il via libera alla più
oscena commistione tra istituzioni pubbliche ed interessi privati,
nel senso di stabilire, appunto, che il proprietario dell'azienda
che si occupa della nettezza urbana può fare anche il sindaco,
se ha avuto l'accortezza di nominare il cugino amministratore delegato.
Voi stessi vi siete resi conto della follia di una normativa di
questo genere. Tuttavia, questa saggezza sottolinea il fatto che
noi introduciamo, nel nostro ordinamento, il massimo dell'ineguaglianza
cioè, scriviamo per legge, che il Capo del Governo non è
tenuto a quelle norme che vincolano il sindaco del più piccolo
paese italiano (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici
di Sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti
italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani).
Stabiliamo, dunque, un elemento di diseguaglianza tra i cittadini
e tra i livelli istituzionali, in una democrazia in cui l'esempio
dovrebbe venire dall'alto.
Vedete, proprio questo particolare è rivelatore del fatto
che questa legge è disegnata su una persona e capisco anche
che ciò ha delle ragioni. Il problema esiste ed è
evidente che sarebbe assurdo l'atteggiamento di un'opposizione che
pretendesse di far valere un principio - pur sacrosanto - con l'idea
che l'affermazione di tale principio possa cancellare una realtà
politica.
Vedo tutto il rischio di un conflitto tra principio di legalità
e principio democratico e lo vedo sui due lati; infatti, ritengo
che l'equilibrio tra questi principi sia una condizione della convivenza.
Tuttavia, la via per affrontare questo problema reale, senza cadere
nel sopruso e nell'aberrazione verso cui ci stiamo avviando per
volontà della maggioranza, sarebbe stata quella di fissare
il principio e di ricercare i modi, i tempi, le cautele per affrontare
una situazione che, certo, non può essere risolta con norme
con effetto retroattivo, ma attraverso un insieme di garanzie volte
a ridurre il peso squilibrante della concentrazione di poteri -
che qui si sancisce e si legittima - e consentendo tempi e modi
per uscire da questa anomalia; che tale sia! Badate, a me non piace
questo gioco, ma l'onorevole Berlusconi avrà ripetuto cento
volte, negli otto anni della sua vita politica, che egli, dedicandosi
al bene del paese, riteneva giusto disfarsi di quella posizione.
Egli stesso, più volte, ha mostrato consapevolezza di ciò,
salvo il fatto che questa consapevolezza è meno forte nel
momento in cui il comando gli consente di non esibirla più
e di risolvere, per legge, il conflitto, rimuovendolo e sancendone
la legittimità.
Vedete, questo è un errore molto grave del quale, credo,
non valutiate le conseguenze. Si è fatto cenno ai rimproveri,
alle infuocate assemblee che, comunque, fanno parte della vita politica.
Ma, onorevole Tabacci, a noi viene rimproverato il contrario di
ciò a cui lei ha fatto cenno. Noi - e, in particolare in
questo caso, io - siamo messi sotto accusa per aver ostinatamente
ricercato, con l'altra parte politica, un'intesa sulle regole. A
noi si fa carico di aver non fatto - perché non è
stato fatto alcun accordo (sono pochi i Parlamenti al mondo in cui
non ci si mette d'accordo come in questo, dunque, questa accusa
è falsa) -, ma ricercato questa intesa; di non aver voluto
dire, all'indomani del successo elettorale, ciò che oggi
ci sentiamo dire, cioè: abbiamo vinto, disponiamo delle regole.
Dunque, siamo messi sotto accusa per aver ricercato gli strumenti
per un accordo che consentisse di disegnare insieme alla nuova architettura
della Costituzione e delle regole della convivenza politica
(Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di Sinistra-l'Ulivo,
della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo
e Misto-Socialisti democratici italiani).
Vede, onorevole Tabacci, per quanto voi facciate di tutto per dare
ragione ai nostri contestatori, nel senso che, sinceramente, ciò
che voi fate sembra, di ora in ora, aggiungere fascine a quel fuoco
che - badate - non lambisce soltanto noi, per la verità io
resto convinto delle mie opinioni, perché penso che l'idea,
secondo cui chi vince governa ma le regole sono comuni in una democrazia,
è un principio che non si può piegare ad alcuna convenienza
(Vivi applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo,
della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti
democratici italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo)!
Voi a questo principio contravvenite gravemente, perché -
lo ripeto ancora una volta - questa legge non soltanto è
una legge sbagliata, non soltanto è una legge che avvelena
il clima politico - il clima politico è un aspetto della
questione -, ma crea un danno molto più profondo, lacerando
la coscienza civile del paese.
Quando si compiono operazioni di questo genere, bisogna sapere che
poi ricucire, se la lacerazione investe nel profondo la società
e gli animi, è opera assai complessa. E in nessun paese democratico
la logica dell'alternanza politica e della competizione si traduce,
ad ogni vittoria, nel cambio delle regole che determinano la vita
politica ed istituzionale. Questo, infatti, significa dare alla
dialettica politica il carattere di uno scontro ideologico e di
regimi che è un veleno molto più mortale che non i
litigi che si possono consumare in quest'aula.
Questa è la portata di quello che state facendo, a parte
tutte le eleganti argomentazioni. Il ministro Frattini ha usato
una citazione per introdurre un po' di veleno nel suo discorso,
in un modo che io considero, personalmente, anche sgradevole; ma
egli ha avuto l'astuzia della citazione che sicuramente è
un bello schermo, anche se, eticamente, secondo me non è
motivo di merito per chi ne fa uso.
Di tutte le sue argomentazioni, che sono spesso sottili e ben congegnate,
mi limito a dire questo: esse non sono all'altezza della gravità
di ciò che accade
(Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo,
della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti
democratici italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).
Spero, anzi confido che c'è chi mi intende anche dall'altra
parte di quest'aula. Grazie
(Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici
di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti
italiani, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo
- Congratulazioni - Alcune voci dai banchi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo:
Bravo!).
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