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TUNNEL
/ I DUBBI SUL NEO AMMINISTRATORE ANAS
Da privato ha progettato tre garage e dodici rifugi per il traforo.
Ora dirige l'ente che supervisiona quei lavori. E promuove...
di Marco Lillo, l'Espresso
CINQUECENTO METRI CUBI DI FANGO stanno per arrivare sulla testa
del numero uno dell'Anas Vincenzo Pozzi. Cinquecento metri cubi
fuorusciti da un garage nel tunnel del Monte Bianco, progettato
da lui stesso. Cinquecento metri cubi che potrebbero mettere a rischio
la sua conferma alla guida dell'Anas come amministratore. Una nomina
nel mirino del sostituto della procura di Roma Silverio Piro, il
quale martedì scorso ha sentito per più di tre ore
il senatore ds Paolo Brutti, chiedendogli informazioni sull'intrico
di conflitti d'interessi che lega il ministro Lunardi, Pozzi e la
società Autostrade.
Un intrico che è stato raccontato proprio
da "L'Espresso" in una serie di articoli acquisiti dal
pm, che sono parte integrante dell'inchiesta. Piro indaga su due
filoni: la nomina di Pozzi all'Anas e i lavori del Monte Bianco.
Il ministro Lunardi, per mettere il suo amico e collega a capo dell'ente
che controlla una spesa di 7 miliardi e mezzo di euro annui, ha
liquidato con cinque miliardi di lire il consiglio di amministrazione
(che sarebbe rimasto in carica per altri quattro anni). E ora vuole
trasformare Pozzi da commissario straordinario dell'Anas a termine
per tre mesi, in amministratore a tutti gli effetti per cinque anni.
Una decisione che viene considerata fuorilegge dall'opposizione
(vedi box).
Altrettanto scottante è il capitolo
Monte Bianco. A scavare in quel tunnel, escono più conflitti
di interessi che falde. La Procura sta acquisendo informazioni sul
miliardo e mezzo di lire ricevuto da Lunardi nel 2000 per progettare
32 rifugi, nonostante avesse partecipato alla gara e l'avesse persa.
La Spea (gruppo Autostrade) vinse, ma girò alla Rocksoil
di Lunardi la progettazione dei rifugi. La legge Merloni vieta il
subappalto: Lunardi sostiene trattarsi di semplice collaborazione,
e il pm dovrà accertare se dice il vero. Ma dovrà
pure, molto probabilmente, mettere a fuoco un altro elemento finora
inedito: il ruolo di Pozzi nella ricostruzione del tunnel. Tutto
inizia il 7 dicembre 1999, quando la società del Traforo
(di proprietà del Gruppo Autostrade della famiglia Benetton)
presenta il progetto per costruire 12 rifugi e tre garage dal lato
italiano. I progettisti sono Giancarlo Pennestri e l'ingegnere Vincenzo
Pozzi, vicedirettore generale della Rav, gruppo Autostrade. Il progetto
deve essere davvero impeccabile perché, nonostante la complessità
dell'opera, che allarga il traforo in più punti, sfidando
le viscere del Bianco, viene approvato in tre giorni. Venerdì
17 dicembre 1999 arriva all'Anas. Mercoledì è già
passato. Ma un progetto presentato di venerdì 17 non può
aspirare a una gran sorte. E infatti il 5 maggio del 2000 lo stesso
Pozzi chiede all'Anas l'autorizzazione per spostare di una decina
di metri i tre garage 34, 35 e 36, per ragioni geotecniche.
Sei giorni dopo, l'11 maggio alle 21 e 44,
la montagna tuona: proprio in corrispondenza del rifugio 36, a 500
metri dall'imbocco del tunnel, lato Italia, si apre una voragine
di 2,5 metri per 4 nella volta. Ne escono 500 metri cubi di terra.
I lavori sono sospesi e si deve rimuovere un ammasso pari a 40 camion
pieni. La relazione di Pozzi sull'accaduto afferma: «Complessivamente
le altre lavorazioni all'interno del tunnel sono rimaste ferme per
52 giorni dal 12 maggio 2000 al 3 luglio. Il termine di ultimazione
delle opere in corso è stato di conseguenza prorogato al
26 luglio del 2000». Ciononostante oggi, lo stesso numero
uno dell'Anas, a chi gli ricorda quell'episodio risponde: «Il
crollo non ha provocato un giorno di ritardo. Perché i lavori
di adeguamento del tunnel sono stati appaltati ad altre società
successivamente».
Il crollo comunque causa una spesa di 790 milioni
di lire. Resta una domanda: il progetto di Vincenzo Pozzi era corretto?
Il giorno dopo il crollo fu chiamato un superesperto di gallerie.
Secondo il quale la soluzione adottata dai progettisti Pozzi e Pennestri
«si è rivelata insufficiente a contenere le spinte
gravitative connesse alla presenza in calotta di una fascia di materiale
sciolto». Ma nella sua relazione aggiunge subito che la soluzione
progettuale era «correttamente adottata ed eseguita»,
e che la presenza di quel terreno allo stato liquido era «imprevedibile».
Quell'esperto è il ministro Pietro Lunardi, allora consulente
pagato dalla Rav, di cui Pozzi era dirigente. La versione del crollo
"imprevedibile" è stata avallata nel 2000 dall'Anas.
Il progetto di Pozzi, la sua variante e le maggiori spese sono state
autorizzate dal direttore Francesco Sabato e dall'architetto Mauro
Coletta. Promossi appena Pozzi è diventato commissario Anas.
Una coincidenza, per Pozzi. Che spiega: «Ho promosso anche
Michele Minenna che non ha avuto a che fare con me prima».
21.02.2002
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