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articolo tratto da "l'Unità" del 27.02.2002


 

 

 








 
Conflitto di interessi, arriva la legge truffa

 

 

 

di Luana Benini

Pienone delle grandi occasioni. E in serata il clima diventa rovente, quando il ministro Frattini prende la parola, fuori programma, prima dell’inizio delle votazioni sugli emendamenti.

«Pinocchio, Pinocchio», «buffone, buffone». E’ stato in silenzio per tutto il pomeriggio, Frattini, mentre Tonino Soda attaccava sul «riso aristotelico e sull’indignazione» suscitati da una legge che «nega l’esistenza del conflitto di interessi».
Mentre Fabio Mussi ironizzava sulla «soluzione artistica» di una norma che «abolisce il conflitto e mantiene l’interesse». E faceva a pezzi l’authority preposta dal Polo a vigilare sugli atti conflitto: «Può solo dire “birichino” e vedere l’effetto che fa».

Un pomeriggio intero sul filo dell’ironia e del sarcasmo. Perchè, è vero, i numeri sono impietosi. Come ricorda Fassino, il centro destra conta su 95 voti in più e può andare avanti per conto suo. Ma questo non impedisce di combattere, di far capire al paese che si sta facendo «una legge falsa», una «beffa».
E ieri il centrosinistra è andato all’attacco. Con Piero Fassino che con tono sobrio snocciolava tre citazioni azzeccate: quella dell’attuale ministro Castelli che nell’ottobre del ‘98 sparava a zero sul conflitto di interessi, quella di Giorgio La Malfa, ora alleato del Polo, che solo nel ‘94 tuonava «o si vende o ci si dimette», e una delle tante di Umberto Bossi quando le sparava grosse sulle possibilità di soluzione del conflitto di Berlusconi.

Frattini sui banchi del governo, al gran completo (Tremonti, Maroni, Gasparri, Tremaglia...) a presidiare il disegno di legge cucito su misura per il premier, ha progressivamente abbandonato l’aria distratta e ciarliera con i vicini (tanto che Paolo Cento se n’era lamentato rivolgendosi al presidente Casini: «Faccia tacere i suoi colleghi») e si è gettato nell’agone per difendere l’efficacia della sua legge: «Voi pensate che dopo una denuncia in aula dell’antitrust, di una autorità indipendente, potrei rimanere al mio posto?». «Sì, sì, siii...», è la risposta unanime. «Sbagliate....». «Vergogna, vergogna» grida il centro sinistra. La maggioranza si alza in piedi ad applaudire. Frattini continua: «Volete colpire direttamente la persona del presidente del Consiglio». Ma viene continuamente interrotto. Le polveri sono incendiate e da una parte all’altra dell’emiciclo volano epiteti del tipo «servi, maggiordomi, camerieri...».

Il Polo per l’occasione conia una nuova accusa: «Zaccaria», il nome del presidente uscente della Rai usato come una offesa. «Lei - punta il dito Soda - non sembra un ministro della Repubblica ma assomiglia di più all’alchimista che si aggira nei fumi delle caverne per tentare di trasformare il piombo in oro. Non ci riuscirà mai: perché la storia, la cultura e il diritto dicono come è che si risolve davvero il conflitto di interessi...».

Si chiude così una giornata di tensione accresciuta dagli strascichi polemici sulla bomba esplosa nella notte al Viminale. L’Ulivo ha tentato in tutti i modi di rallentare e di bloccare il testo con due pregiudiziali di costituzionalità e con la richiesta di sospensiva e del ritorno in commissione. Tutte e tre sostenute da Rifondazione comunista. E tutte e tre bocciate. Piero Fassino ha accusato la maggioranza di aver «rifiutato pregiudizialmente il confronto con l’opposizione» di essere ricorsa «alla propaganda» attribuendo all’Ulivo intenti «espropriativi»: la legge in esame è «una truffa», una «farsa», certifica e legittima la «posizione scandalosamente dominante» del premier nel settore dell’informazione». E rivolto ai banchi del governo: «Voi questa posizione dominante la volete aggravare con una strategia di occupazione della Rai, attraverso «programmi di lottizzazione concordati nelle stanze di palazzo Chigi». «Ci opporremo con fermezza: è una battaglia in nome della libertà, della legalità e della democrazia».

Interventi a raffica. Castagnetti: «Signori del governo state maneggiando materiali legislativi molto delicati per la democrazia». Pecoraro Scanio: «E’ un condono sul conflitto di interessi, è la quarta legge di condono che fate». Il ds Marone: «Oggi dai giornali abbiamo appreso che Berlusconi non dovrà più fare il presidente del Milan, questo è il grande risultato di questa legge...».

Alla fine, il voto unanime a un emendamento del governo che cancella l’applicazione delle norme ai Presidenti delle Province e ai sindaci. Frattini l’aveva preannunciato, del resto, colpito dalle motivazioni contrarie dell’opposizione in commissione. Ma non sposta i termini dello scontro.
Fuori, davanti a Montecitorio, la piazza è stata ancora una volta piuttosto fredda. Pochi davanti al maxischermo collocato per seguire i lavori. Ma oggi si continua. Sono 300 gli emendamenti presentati dall’opposizione. L’ultimo, firmato dal relatore di minoranza dell’Ulivo Claudio Bressa è significativo e provocatorio: chiede di ribattezzare il titolo della legge «norme in materia di salvaguardia dei conflitti di interessi». Il centrosinistra si appresta a usare tutti gli strumenti per rallentare, per andare oltre la data fissata per il voto finale di giovedì che dovrebbe avere la diretta televisiva. Ha preso corpo l’idea di abbandonare l’aula al momento del voto finale. Ma non è escluso neppure che l’abbandono possa avvenire stasera al momento del voto sull’articolo due della legge che contiene la norma cardine, ribattezzata «salvaproprietà». Il centrosinistra abbandonerebbe l’aula per poi rientrare. Si stanno predisponendo anche tanti ordini del giorno quanti sono i parlamentari del centro sinistra. Ieri è tramontata l’idea dell’intervento unico di Rutelli al momento delle dichiarazioni finali. E’ stato il Pdci a dare subito lo stop. Ogni leader di partito, allo stato, dovrebbe prendere la parola.

   

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