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di
Mario Reggio
ROMA - Il Consiglio Nazionale delle Ricerche sta
per perdere la sua autonomia e la libertà di scelta dei programmi
scientifici. L'articolo 15 del decreto di riordino, approvato venerdì
scorso dal Consiglio dei ministri, recita al comma 6: "In caso
di gravi irregolarità, di difficoltà finanziarie perduranti,
di esigenze di adeguamento della missione dell'ente alle politiche
della ricerca scientifica e tecnologica definite dal Governo...
con decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del ministro
alla Ricerca, è disposta la decadenza degli organi in carica...
ed è nominato un commissario straordinario per la durata
massima di 12 mesi...".
Il testo definitivo non è
stato ancora reso pubblico, "servono alcune limature lessicali",
fanno sapere dal ministero dell'Istruzione, Università e
Ricerca scientifica, ma la sostanza non dovrebbe cambiare. A rischiare
è l'autonomia di gestione, di scelta dei programmi di ricerca,
del più grande ente scientifico del Paese. Che senso ha,
quando ancora non è stato nominato il commissario, che dovrebbe
traghettare il Cnr fino ad un nuovo presidente ed un consiglio d'amministrazione,
mettere sotto tutela chi si troverà a dirigere l'ente? E
cosa vuol dire che se mancano i soldi, che in larga misura dovrebbero
arrivare dalle casse pubbliche, il neo presidente dovrà fare
le valigie? È un invito a mettere a disposizione delle aziende
private le risorse scientifiche del Cnr, perché di soldi
ce ne saranno sempre di meno?
Forse così si spiega la decisione del governo di cancellare
dai progetti futuri degli enti la ricerca "pura", quella
che non dà subito ritorni economici. Un'amara constatazione
confermata dal fisico teorico Tullio Regge, accademico dei Lincei,
che pochi giorni fa commentava così le dimissioni del presidente
Lucio Bianco: "Per il Cnr qualcosa doveva essere fatto, ma
ritengo che i difetti di questa riforma non sono compensati dai
vantaggi che si spera di ottenere. Ad esempio c'è un'insistenza
sulla ricerca che dà subito risultati pecuniari, della ricerca
che va nella direzione della produzione. La riforma Moratti ha semplicemente
tolto di mezzo la ricerca pura, senza dare niente in cambio".
Lucio Bianco, dopo aver vinto
il ricorso al Tribunale amministrativo regionale contro il commissariamento
del Cnr, ha preferito dimettersi. Dice: "Se questa norma diventerà
operativa vuol dire che il ministro Moratti intende cautelarsi in
futuro, evitando intromissioni del Tar. Le norme ancora in vigore,
fino a che non verranno cambiate, assicurano la completa autonomia
del Cnr rispetto alla gestione, la ricerca e i regolamenti dell'ente.
E una legge non può essere modificata da un commissario straordinario.
Con questa scelta il governo mette sotto tutela chi gestirà
in futuro il Cnr. E poi cosa vuol dire che in caso di gravi irregolarità
il presidente e il Consiglio decadono ed arriva un commissario?
Tutto questo è già previsto dalle leggi".
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