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articolo tratto da "l'Unità" del 1 febbraio 2002
 
La Lega detta la linea: «Siamo in guerra, con gli immigrati ci vuole il bazooka»

 

 

 

di Carlo Brambilla

«Siamo in una guerra, usiamo dunque mezzi di guerra: anche con un colpo di bazooka, i gommoni vanno distutti». Lo «sceriffo» Giancarlo Gentilini, sindaco leghista di Treviso, va all’assalto dell’immigrazione clandestina, auspicando imprese belliche della Marina militare. Un pazzo avventuriero? No, è esattamente in linea con l’impostazione della Lega in materia. La prova viene da Francesco Speroni, capo di gabinetto del ministero di Bossi: «Il compito delle Forze armate è quello di difendere i sacri confini della patria. La Marina esiste per proteggere le coste da chiunque venga da indesiderato. È assurdo che il Paese non possa difendersi da questa invasione. Non è che uno può entrare, solo perchè arriva senza mitra, malvestito e a bordo di una carretta del mare. Comunque dobbiamo evitare che la Marina si trasformi in Croce Rossa». Forme diverse, ma uguale sostanza. Il piano di Gentilini è circostanziato: «Io sono stato il primo sindaco a dire che bisogna sparare sui gommoni e sulle carrette, logicamente non quando sono ancora pieni di clandestini, ma sugli scafisti». Bontà sua. La strategia di Bossi è scoperta: spingere Berlusconi al «rispetto dei patti», che in materia d’immigrazione significa «basta con le lungaggini nell’approvazione della legge Bossi-Fini». Il premier ha immediatamente raccolto la sollecitazione, annunciando giusto ieri, il richiesto «giro di vite» anticlandestini. Bossi vuole spazzar via le resistenze dell’area moderata. Nel mirino il Biancofiore. Dalla colonne della Padania si scatenano il capigruppo del Carroccio della Camera, Alessandro Cè, e il senatore Francesco Tirelli: «A determinare questa situazione di stallo concorre anche la scarsa determinazione di alcune componenti della Casa delle libertà, in prima fila il Biancofiore, nell’approvare la legge Bossi-Fini, così come è uscita dal Consiglio dei ministri». Proseguono i due: «Le modifiche introdotte nel dibattito al Senato, cioè quelle riguardanti la regolarizzazione di alcuni clandestini o irregolari, alimentano false aspettative in tutti gli extracomunitari, che vedono nell’ingresso in Italia la soluzione ai loro problemi». Minaccia finale: «Dal Governo esigiamo pertanto interventi più efficaci per prevenire i continui sbarchi e l’immediato respingimento alla frontiera dei clandestini».
Ma le pressioni sul Governo, orchestrate da Bossi, non finiscono qui. La vera manovra politica è stata affidata al ministro del Welfare, Roberto Maroni. Da lui infatti dipende il decreto annuale sui flussi migratori, in base alla legge vigente, ovvero la Turco-Napolitano. Ma la disposizione non è ancora stata varata. Un «non atto» che sta suscitando polemiche feroci. Ad esempio il vicepresidente del gruppo Ds al Senato, Massimo Brutti, accusa: «Maroni viene meno a un suo dovere istituzionale preciso». Motivo? «Fare indebita pressione per costringere una maggioranza riottosa e divisa ad approvare al più presto il ddl del Governo, fortemente voluto da Bossi e dal suo partito politico».
Ovviamente il duro agitarsi della Lega sulla questione clandestini si inquadra nel clima teso che si respira in maggioranza in tempo di nomine eccellenti, di grandi lottizzazioni, di poltrone eccellenti da occupare. E poichè la Lega «vuole la sua fetta», tutto fa brodo, anche i colpi di bazooka di Gentilini, per spaventare gli «ingordi» moderati. E, come al solito, Bossi per portare a casa qualcosa, sugli oscuri tavoli delle trattative «complessive», minaccia sfracelli. Quindi che Gentilini parli pure. Lui la materia dei clandestini sa bene come trattarla: «A mali estremi, estremi rimedi. Siamo in grado di difendere i confini e le nostre acque: questo è il messaggio del nuovo Governo. Bisogna fare come ha fatto l' Australia dove non fanno attraccare alle loro coste alcun tipo di barca o carretta: non c'è posto per nessuno sbarco, le imbarcazioni vanno fermate sul limite delle acque territoriali, come durante la guerra, quando non passava neanche una pantegana». Annotazione politica finale: «Finchénon uscirà la legge Bossi-Fini saremo ancora sotto l'imperio della legge Turco-Napolitano. Poi non vedremo più, come a Venezia, intere vie occupate da venditori: abbiamo bisogno di gente che lavori, che vada nelle catene di montaggio, che faccia il proprio dovere, ma non stia lì a vendere articoli falsi e contraffatti. Non dobbiamo assolutamente rinunciare alle misure dell'identificazione e della scheda sanitaria, alla professionalità, ad un contratto di lavoro». Capito Buttiglione e Casini?

  tratto da "l'Unità" del 1 febbraio 2002
 

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