Natura
e miti
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Una delle caratteristiche dei miti nordici è il voler tradurre nel proprio linguaggio fantastico i fenomeni naturali, inserendoli in trame narrative ricche di riferimenti simbolici. Si tratta, in fondo, dello sforzo di un'umanità alla ricerca dei significati delle cose e in cui la «scienza» è patrimonio di tutti. Culture non ancora divise dalla settorializzazione del sapere, esse inseriscono in una globalità che è quella del mondo mitico eventi naturali quali l'alternarsi quotidiano del giorno e della notte, della luce e delle tenebre, tutti fenomeni ammantati di un alone di mistero che nemmeno le nostre elaborate teorie scientifiche sono riuscite a dissolvere del tutto. Uno dei primi abitanti dell'universo, un certo "Mundiìfari", ebbe due figli, un maschio ed una femmina. I due infanti erano davvero di una bellezza fuori dal comune, con quel loro colorito roseo e quelle guance paffute. Il genitore, orgoglioso di una simile progenie, pensò che i suoi figli non potevano avere dei nomi qualsiasi, ma meritavano degli appellativi degni della loro bellezza. Allora chiamò la fanciulla "Sol", "sole", e il maschio "Mani", "luna", pensando che solo i due astri li eguagliassero in perfezione estetica. Ma gli dèi, che avevano creato il sole da una favilla incandescente, si sentirono offesi da tanta presunzione: come poteva un comune mortale appropriarsi dei nomi degli astri da loro creati? Tanta vanagloria andava punita severamente. Sol, che intanto era andata in sposa a "Gienr", "splendore", fu prelevata dalla terra e messa su nel cielo a fare da postiglione al carro che trasporta il sole. L'immensa carrozza, lambita costantemente da tremende lingue di fuoco, è trainata da due possenti destrieri: "Arvarkr", "prima veglia" e "Alsvidhr", "supremo nella forza" oppure "molto saggio". Un portentoso mantice provvede a raffreddare i ventri dei cavalli, preservandoli dalle fiamme. Ogni giorno, e lo si può osservare guardando il cielo, l'imponente carro guidato dalla bellissima Sol si muove da est verso ovest ed è inseguito da uno spaventoso lupo, "Skoll", il "traditore". La bestia nacque in una foresta ad oriente di "Midhgard", la famosa "foresta di ferro", da una strega orribile, che generò una moltitudine di belve fameliche, disseminate per il mondo. Mani, il fratello di Sol, fu invece posto alla guida del carro che trasporta la luna, determinandone il sorgere o il calare. Ma nel cielo stellato Mani si sentiva solo e un giorno rapì dalla terra "Bil" e "Hinki", due bambini che stavano guardando la luna nel pozzo. I due fanciulli furono legati al carro lunare e infatti, se si osserva attentamente la superficie lunare, si vedono delle chiazze scure: sono i due infelici che si dimenano. Ecco perché i vecchi, seduti davanti al focolare, raccontano questa storia ai loro nipoti: c'è sempre pericolo che Mani rapisca altri bambini quando vanno a prendere l'acqua nel pozzo e si affacciano stupidamente per vederne il fondo. Anche Mani ed il suo seguito sono inseguiti da un lupo famelico: "Hati", "odio"o "nemico", figlio anch'esso della mostruosa megera. Si racconta anche di un gigante, un certo "Nórfi", uno dei primi che andarono ad abitare lo "Jötunheim". Egli aveva una figlia, "Nott", "notte", di una bellezza selvaggia, affascinante e terrificante nello stesso tempo, con una carnagione scura come la pece ed i capelli nerissimi. Nott sposò "Naglfari", "oscurante", e dalla loro unione nacque "Audhr", "spazio". Ma la gigantessa non si accontentò di un unico marito e convolò in seconde nozze con "Annarr", "secondo", dal quale ebbe una figlia che chiamarono "Jdrdh", "terra". Nott, però, non aveva ancora trovato quella che comunemente si chiama anima gemella e continuava a trascorrere notti inquiete. Infine conobbe "Dellingr", "giorno di primavera", e fu colpita dalla sua avvenenza, dalla radiosità del suo volto, specchio fedele dei nome che portava. Facevano davvero una coppia ben assortita: rappresentanti del sogno mai realizzato della fusione degli opposti. La felicità della coppia di giganti fu completata dalla nascita di un figlio, "Dagr" "giorno". Il fanciullo somigliava tutto al padre, tanto il suo colorito era candido e luminoso, i suoi capelli riflettevano i raggi del sole infondendo tutt'intorno un senso di beatitudine. Gli dèi vollero manifestare concretamente la loro esultanza per tanta bellezza e regalarono ai genitori deio magnifici destrieri ed un ricchissimo carro. I due cavalli erano tanto veloci da poter fare un giro della terra in solo dodici ore. Nott chiamò il suo destriero "Hrimfaxi" "gelida criniera", che alla fine della sua sgroppata quotidiana intorno alla terra lascia pendere dal suo morso dei sottili filamenti di bava che, adagiati sui fili d'erba, sono visibili ogni mattina ai mortali: è la rugiada mattutina. Non appena arriva Nott in sella al suo destriero, Dagr si lancia al galoppo con il suo "Skinfaxi" "luminosa criniera" e anch'egli, come la madre, cavalca per dodici ore, raggiungendo tutti i punti della terra. LA criniera del cavallo, fatta di filamenti molto più luminosi del fulgido oro, rimanda sulla terra la luce solare, illuminando tutti i luoghi attraversati dal gigantesco cavaliere.
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