Thor
Senza Martello
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Narrazione sapidamente burlesca., con delle punte grottesche esitaranti, il racconto che segue presenta l'altra faccia di Thor. Gigante burbero e violento, il signore del tuono è talvolta un personaggio bonario e bonaccione, fino ad assumere i contorni di una vera e propria figura comica. Tuttavia, anche in questo caso, complessi e stratificati appaiono i piani simbolici collegabili ad altre lontane tradizioni (il motivo del travestimento femminile del dio, ad esempio). Quella mattina Thor era nervosissimo: si era appena svegliato e non trovava più il suo martello, il prodigioso Mjóinir. Il sangue, simile ai frutti tempestosi di un fiume in piena, scorreva impetuoso nelle sue vene: tremende vampate gli salivano alla testa, rosseggiando ancor di più la fulva chioma. Preda di una rabbia smisurata, furibondo come non mai, Thor tormentava con le possenti mani nodose la sua barba, scuotendola ed attorcigliandola senza sosta. I suoi passi rintronavano in tutta Asgardh causando spaventosi terremoti che, terribile eco dell'ira divina, scuotevano anche la terra. Infine, con un urlo bestiale, sonora propaggine della sua disperazione, Thor chiamò Loki, il signore d'ogni astuzia, l'unico che poteva aiutarlo a scoprire l'autore del sacrilego furto. Esperto negli inganni e conoscitore profondo della malvagità, Loki capi subito che il colpevole era da ricercarsi nello Jótunheim, la terra dei giganti. Senza perdere un attimo i due si recarono dalla bellissima Freya per chiederle il suo manto fatato, il prezioso mantello di piume di falco: indossando quell'abito straordinario, Loki avrebbe potuto alzarsi in volo e, sfrecciando alto nei cieli come un potente rapace, giungere più rapidamente che mai nelle regioni dei giganti, indagare e scoprire il ladro. Freya, ben comprendendo l'importanza di Mjólnir, strenuo difensore della sicurezza degli dèi e degli uomini, prestò volentieri il suo manto. Indossatolo, Loki, spiccò il volo e, dopo un po', già sorvolava i territori nemici. Su un colle, intento a pavoneggiarsi con i suoi cani, leggiadre bestie con guinzagli.d'oro, era seduto Thrym, «rumoroso», un re molto potente. Intuendo la missione dell'alato investigatore, Thrym, con malcelata ironia, chiese a Loki se tutto andasse bene lassù tra gli dèi. L'astuto inviato divino capì immediatamente che aveva davanti a sé il colpevole e rompendo gli indugi, gli raccontò dell'ira di Thor e, tentando di spaventarlo, dei suoi propositi di vendetta. Ma il gigante, accarezzando con sussiego le criniere di alcuni suoi cavalli, gli confessò di aver sotterrato il sacro martello nelle profondità della terra, in un luogo a lui solo noto. Thrym, sentendosi al sicuro, aggiunse che mai gli dèi lo avrebbero riavuto se non quando gli avessero concesso come sposa l'affascinante signora d'ogni beltà: Freya. La missione di Loki era terminata: il dio pennuto volò velocemente verso Asgardh, portando le tristi notizie. Il primo ad avvistarlo, quando ancora non era atterrato, fu proprio l'affranto Thor che, impaziente di conoscere l'esito della missione, si fece gridare ogni cosa dall'alto. Subito dopo, insieme a Loki, Thor si recò da Freya per implorarla di accettare l'offerta di matrimonio. Ma la dea, indignatissima, rifiutò: come avevano potuto solo pensare che lei, la più avvenente delle dee, avrebbe potuto sposare un gigante? Freya era davvero fuori di sé, si agitava nervosamente, indispettita per l'affronto subito e, coinvolta anch'essa dalla foga motoria divina, persino la collana Brisingamen, lo splendido gioiello che ornava il collo della dea, sobbalzò e si ruppe. La bellissima Freya non avrebbe mai accettato: bisognava convocare l'assemblea divina ed escogitare un piano per recuperare Mjólnir. Il sacro concilio si riunì: il saggio Heimdailr, il più chiaro tra gli Asi, propose che Thor, travestito da Freya, si recasse tra i giganti e, sfruttando l'opportunità offertagli dal travestimento, riprendesse il maltolto. li signore del tuono si dimostrò poco felice della proposta; temeva lo scherno: lui, il possente Thor vestito da femmina! Ma Loki, che con la sua somma conoscenza di ogni tranello aveva capito come quello fosse l'unico modo per riavere il martello, gli consigliò di accettare: per convincerlo, si offrì di accompagnarlo, vestendosi anch'egli da donna, facendogli da «damigella». Dopo lunghe discussioni Thor, sacrificando la sua reputazione al bene comune, accettò la proposta di Heimdaììr. Si vide allora lo spettacolo davvero inconsueto di un Thor graziosamente agghindato con vestimenti femminili: una lunga tunica, finemente drappeggiata sul suo corpo rnuscoloso, gli giungeva fino alle ginocchia, occultando l'irta peluria rossiccia che adornava le sue poco femminili gambe. Ai fianchi pendevano le chiavi di casa, tintinnante emblema delle virtù muliebri. Le folte chiome divine vennero trattenute con nastri riccamente ornati, tempestati di pietre preziose. A completare l'«addobbo» nuziale, il collo di Thor, soleato da spesse e gonfie vene, fu cinto con la collana di Freya: la messinscena era completa. Le due «fanciulle», goffe ed impacciate nei movimenti - sebbene Loki, più avvezzo a simili truffaldini travestimenti, si muovesse con insospettabile grazia - montarono sul cocchio trainato dai capri e corsero verso la terra dei giganti. In poco tempo giunsero alla corte di Thrym che, ignaro e felice, accolse la promessa sposa e la sua damigella. Poi, desideroso di ben figurare, fece preparare un sontuoso banchetto, adornando con fasto regale le mense. Con la gioia nel cuore, iniziò a fare i primi complimenti alla sposa: disse di possedere mandrie intere di buoi dal pelo nero e dalle corna d'oro ed altre smìsurate ricchezze, ma nessuna poteva eguagliare il valore della sua bellezza. Intanto il banchetto era iniziato e, con grande stupore del gigante, la «fanciulla» divorò in un baleno un bue intero, otto salmoni ed una montagna di altre leccornie, il tutto abbondantemente innaffiato con tre botti di idromele tracannate in un solo sorso. Mai si era vista una gentile donzella trangugiare una simile quantità di cibo: il re manifestò apertamente la sua sorpresa ed i suoi dubbi sulla «femminilità» della fidanzata. Ma la «serva» - l'astuto Loki - fu lesta e, sfoderando tutta la sua malizia, disse che la sposa non aveva toccato cibo da una settimana, tanto era emozionata ed onorata dall'offerta di matrimonio di un tale signore. Soddisfatto ed orgoglioso per quella «prova d'amore», Thrym si accostò all'amata tentando di carpirle un dolce bacio: nello scostare il velo che le celava il volto, però, il re fu spaventato dal suo sguardo, da quegli occhi rossi come tizzoni ardenti. Thrym sobbalzò all'indietro. Anche questa volta la devota damigella fornì una lusinghiera spiegazione: la «verginella», impaziente di conoscere lo sposo, non aveva chiuso occhio da una settimana, ecco perché i suoi occhi erano arrossati in quel modo. Cosi, grazie "a spudoratezza di Loki, la truffa non fu scoperta e, giunto ormai il banchetto a termine, Thrym diede ordine di iniziare la cerimonia nuziale. Fu portato il sacro martello Mjdlnir che, secondo le antichissirne usanze, doveva essere posto sul grembo della sposa per augurarle prosperità e fecondità. Alla vista dei suo martello Thor sorrise e, afferratolo con entrambe le mani, abbandonò il travestimento muliebre seminando morte e distruzione tutt'intorno. Ovviamente il primo micidiale colpo fu riservato all'incauto Thrym, beffato e punito per la sua arroganza ed ingenuità.
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