Esequie
Divine
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Il racconto della morte di Balder, epilogo inevitabile e. in un certo senso, funzionale a tutta la sua vicenda mitica, rappresenta, pur tra le numerose stratificazioni presenti, l'archetipo delle usanze funerarie nordiche. In tal senso, tra le pieghe di un narrato fantastico e metastorico, è rinvenibile una preziosa descrizione di antiche ritualità, che fornisce tra l'altro i referenti mitologici per una possibile interpretazione di certe recenti scoperte archeologiche (si pensi, ad esempio, alla nave usata come carro funebre). Tristi rivelazioni
apportavano, a volte, i sogni: messaggi cifrati di una volontà
che sovrastava dèi ed uomini, accomunandoli in un destino oscuro
di cui erano gli inconsapevoli protagonisti. Balder, l'amatissimo figlio
di Odino, iniziò ad avere degli incubi, angoscianti presagi di
morte nei quali si inscenava la tragica fine della sua esistenza. Trepidante
e visibilmente scosso, il bellissimo ed innocente «signore tra
gli dèi» descrisse le terribili immagini che popolavano
le sue notti insonni al sacro concilio divino. Gli Asi, che sapevano
come esplorare i misteriosi meandri dei linguaggio onirico, ascoltarono
attoniti il suo racconto e, dopo una lunga discussione, deliberarono
che tutto il creato dovesse giurare di non nuocere a Balder. L'alta
missione di raccogliere i giuramenti fu affidata a Frigg che, con materna
apprensione, iniziò subito l'interminabile viaggio intorno all'universo.
La consorte di Odino si recò dal ferro e da ogni specie di metallo;
dal fuoco e dall'acqua; da ogni tipo di pietra e di minerale: adoperando
i prodigiosi poteri che le erano stati conferiti, parlò ad ognuno
di essi ed ottenne la sacra promessa che avrebbero risparmiato il figliolo.
Senza tralasciare nessuna forma di vita, Frigg avvicinò tutte
le specie di belve e di animali domestici e fece sottoscrivere loro
un patto di non-aggressione. Anche le malattie ed i veleni furono contattati
e, ossequiosi al volere divino, tutti promisero di non diventare mai
strumento di morte per Balder. In breve tempo, Frigg neutralizzò
ogni possibile mezzo d'offesa: l'invulnerabilità di Balder sembrava
assicurata. Solo al vischio, una pianta tenerissima ed inoffensivo che
cresceva ad ovest della Valhafla, non fu richiesto il giuramento, perché
fu ritenuta troppo giovane. Godendo della ritrovata serenità,
gli Asi inventarono allora un gustoso passatempo, esorcizzando cosi
le ansie patite: ritto, circondato dagli dèi in circolo, Mder
faceva da bersaglio, vittima incolume di frecce, sassi ed ogni tipo
di proiettili lanciatogli addosso. Ridendo beato, il dio non riportava
alcuna scalfittura o ferita e si prestava volentieri all'innocuo passatempo.
Ma, come sempre accadeva in questi casi, il malvagio Loki era roso dall'invidia:
non sopportava la costante attenzione riservata au'avvenente figlio
di Odino. Principe indiscusso dell'intrigo, Loki iniziò le sue
fraudolente manovre travestendosi da vecchia. Protetto da quei panni
logori, Loki si avvicinò a Frigg e, perseguendo un suo piano
diabolico, le chiese come mai non temesse per il figlio, bersaglio vivente
di tanti pericolosi strali in quell'incessante tiro a segno. La dea,
ignara, raccontò dei giuramenti e, cadendo nella trappola tesale,
raccontò anche del vischio. Saputo ciò che gli stava a
cuore, Loki si diresse verso ponente, alla ricerca di un ramo della
pianta fatale. Colto il frutto del suo intrigo, Loki fece ritorno ad
Asgardh, pronto ad escogitare nuove nefandezze. Difatti un giorno, assistendo
all'ennesimo spettacolo degli elogi rivolti a Balder dalla moltitudine
divina, egli iniziò ad imbastire il suo tranello. Subdolamente
avviò una conversazione con Hddhr, l'unico dio che non partecipava
al divino divertimento perché, nonostante fosse anch'egli figlio
di Odino, era cieco dalla nascita. Loki riusci con il suo eloquio mielato
a carpire la fiducia di Hódhr, fingendo di interessarsi alla
sua triste esistenza avvolta nelle tenebre: guidando con sapienza la
conversazione, gli propose di partecipare al tiro a segno degli Asi.
Ed aggiunse che lui lo avrebbe aiutato, indicandogli la traiettoria.
Quasi senza attendere l'assenso del dio cieco, Loki armò un arco
con il rametto di vischio e glielo porse: lo strale partì veloce
ed il bellissimo Balder, trafitto dal vegetale mortifero, cadde al suolo
senza vita. Lo sbigottimento e l'atroce dolore colpirono gli dèi
che, affranti, non riuscivano a dare espressione al loro cordoglio:
la voce si strozzava in gola, lasciando il posto ad un lamento sconsolato
ed incomprensibile. Si racconta che la natura intera partecipò
al lutto divino e tutto il creato proruppe in un pianto cosmico. Attimi
interminabili trascorsero prima che gli Asi ritornassero in sé
intuendo ciò che poteva essere successo: i loro sguardi erano
tutti puntati, come spade infuocate, su Loki. Ma nessuno poteva vendicarsi
in quel sacro luogo: la piazza di Asgardh era stata da sempre consacrata
alla pace e non la si poteva lordare con il sangue del «maledetto
Loki». Tentando di superare lo sgomento, Frigg, la madre inconsolabile,
allontanò i sentimenti di odio e di rabbia che serpeggiavano
tra gli dèi. Proprio lei che più di tutti stava conoscendo
i morsi lancinanti della coscienza: i «rimorsi»; riuscì
a trovare la forza per invitare chiunque avesse voluto guadagnarsi la
sua benevolenza a compiere un viaggio nelle profondità di Hel,
nell'estremo tentativo di riportare in vita l'amato figliolo. Tra i
presenti, l'unico che ebbe il coraggio di offrirsi per quella triste
missione fu Hermddhr, l'«ardito», uno dei figli più
intrepidi di Odino. Montato su Sicipnir, il grigio stallone ottipede
del padre, il giovane ricevette le ultime raccomandazioni di Frigg:
doveva convincere Hel a ridarle il figlio, offrendole qualsiasi riscatto
avesse preteso. Intanto gli Asi, adempiendo ai sacri riti, avevano portato
il cadavere di Balder in riva al mare. Qui, con i cuori colmi di pietà,
avevano traslato la salma su Uringhorni, la maestosa nave, la più
grande di tutta Asgardh, di proprietà del dio. Sull'imbarcazione
era stata allestita, secondo le antiche usanze, una pira di eccezionali
dimensioni, estrema dimora incandescente. Lo straordinario convoglio
funebre non riusciva però a prendere il mare ed avviarsi nel
suo lungo viaggio nei territori inesplorati dell'aldilà: gli
dèi, sebbene tra loro ci fosse anche Thor, non erano capaci di
smuovere la nave. Ed allora, dopo un breve consulto, si decise di chiamare
Hyrrokkin, una gigantessa famosa per la strabiliante potenza delle sue
braccia, capaci, si diceva, di scuotere montagne intere. In groppa ad
un enorme lupo che aveva imbrigliato con delle serpi velenose, Hyrrokkin
giunse nella cittadella divina e subito offrì i suoi servigi
a Odino. Il padre degli dèi le diede come scorta quattro berserkir,
i formidabili guerrieri a lui devoti. Hyrrokkin, sicura di sé
e delle sue forze, si appoggiò alla prua della nave e, concentrando
i suoi sforzi, le diede uno strattone di incredibile violenza. Quella
prima spinta fu accompagnata da scintille e boati, maremoti e terremoti
provocati dagli spostamenti di terra e d'acqua. Il tremendo frastuono
spaventò non poco gli Asi che, eternamente sospettosi, pensarono
ad una mossa sacrilega della gigantessa, un tentativo di profanazione
del sacro vascello. E poco mancò che Thor le fracassasse il cranio
con il suo martello. Ma Hyrrokkin aveva svolto il suo compito con cura
e difatti, subito dopo, la nave ruppe gli ormeggi. Nanna, figlia di
Nep e consorte del povero Balder, non resistette al dolore e, come spesso
avveniva, il suo cuore cessò di battere, esprimendo con la sua
morte il desiderio di seguire il marito nell'estremo viaggio. Anche
la sposa, allora, fu posta sul rogo e, con il volto ancora più
arrossato a causa delle altissime lingue di fuoco, Thor consacrò
la pira con Mjólnir, suggellando con quel gesto la devozione
degli dèi. Nel fuoco sacro, che avrebbe cremato i corpi di Balder
e di Nanna, finì anche un nano, un certo Litr che, incautamente,
corse tra i piedi di Thor, provocando la reazione rabbiosa del dio che
gli diede un calcio, scaraventandolo tra le fiamme. Alla cerimonia funebre
parteciparono genti di tutte le stirpi, che resero omaggio agli Asi.
E, avvolti nella solennità dei loro paramenti, intervennero tutti
gli dèi.
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