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Le principali notizie
contenute nel nuovo libro-inchiesta di Sergio Flamigni sul delitto Moro
Un agente del Sismi,
compaesano di Moretti, in via Gradoli
Al n° 89 di via Gradoli, nelledificio che fronteggiava -
dalla parte opposta della strada - il civico 90 dove cera il covo-base delle Br
morettiane, prima e durante il sequestro Moro abitava il sottufficiale dei carabinieri
Arcangelo Montani. Un sottufficiale dellarma, il Montani, che aveva due
particolarità: era un agente del Sismi, e proveniva da Porto San Giorgio (ed era dunque
compaesano del capo brigatista Mario Moretti, nato a Porto San Giorgio nel 1948). Durante
il sequestro Moro lagente Arcangelo Montani ufficialmente non faceva parte del
Sismi, ma il 31 marzo 1978 lo stesso contrammiraglio Fulvio Martini (allora vice
direttore del servizio segreto militare) intervenne a favore del Montani in seguito a un
esposto presentato al comando dei carabinieri da alcuni inquilini del condominio di via
Gradoli 89, i quali lamentavano di avere subito vessazioni da parte del sottufficiale.
L'ingegner Ferrero e il capo della Br
Flamigni ricostruisce le vicende relative allappartamento
utilizzato da Moretti per la base-covo. A partire dallo stranissimo contratto
daffitto stipulato in fretta e furia nel dicembre 1975 dai proprietari, i coniugi
Giancarlo Ferraro e Luciana Bozzi, con linquilino Mario Borghi alias
Mario Moretti: un contratto privo delle date di stipula e di decorrenza, che non venne
registrato neppure quando la registrazione divenne un obbligo stabilito dal decreto-legge
antiterrorismo del 21 marzo 1978, e firmato solo da Luciana Bozzi (benché
lappartamento fosse intestato anche al marito, e fosse stato lo stesso Ferrero a
compilarlo). Il capo delle Br utilizzava anche il box-auto nel garage di via Gradoli 76 di
proprietà dei coniugi Ferrero, ma questo nel contratto daffitto non risultava. Né
i locatori sono stati in grado di dimostrare quanto linquilino Borghi-Moretti
pagasse di canone daffitto, e neppure se lo pagasse regolarmente.
Flamigni ricostruisce poi la brillante carriera dellingegner Ferrero negli anni
successivi al 1978: come facoltoso e potente manager di informatica e telecomunicazioni,
con incarichi richiedenti il Nos (Nulla osta di sicurezza, la speciale
autorizzazione - rilasciata dalle autorità Nato, previo parere favorevole dei servizi
segreti italiani - che permetta di svolgere attività nei settori strategici per la
sicurezza nazionale e atlantica), vice presidente del Consorzio Cloto (formato da Efimdata
S.p.A., Enindata S.p.A., G.I. Informatica S.p.A., per: realizzare un progetto di
automazione del sistema informativo del ministero delle Partecipazioni statali) fino al
settembre 1989. Grazie al Nos, lingegner Ferrero avrebbe partecipato al segretissimo
programma Horizon a trattare pannelli elettronici della Olomalara (fabbrica di
armi, ndr.) per centrali di tipo in uso anche nelle corvette missilistiche. Oggi
lingegner Giancarlo Ferrero siede nel consiglio di amministrazione della Omnitel
Pronto Italia, a fianco del presidente della Telecom Roberto Colaninno. Dal 1° gennaio
1999 è anche amministratore delegato della Bell Atlantic International Italia srl,
filiale italiana della grande multinazionale americana di servizi e prodotti nel settore
delle telecomunicazioni - servizi e prodotti che riguardano anche il settore degli
armamenti Nato e la stessa sicurezza nazionale.
Contatti Br Sismi a Firenze
Nel libro si racconta che il 3 marzo 1993, a Firenze, in un
monolocale di via SantAgostino 3, vennero casualmente trovate armi da guerra e
munizioni: il defunto padre del proprietario dellimmobile, il marchese Alessandro
Pianetti Lotteringhi della Stufa, molti anni prima aveva messo quel monolocale a
disposizione di Federigo Mannucci Benincasa, capo centro di Firenze del Sismi negli anni
dal 1997 al 1991. Il relativo processo giudiziario (sentenza del Tribunale di Firenze del
23 aprile 1997) ha fatto emergere che il centro Sismi di Firenze stabilì un collegamento
con una fonte informativa brigatista nel periodo in cui le Br preparavano il sequestro
Moro, che quel contatto fu attivo durante tutto il periodo del sequestro mentre a Firenze
era riunito in permanenza il Comitato esecutivo Br che dirigeva loperazione: e che
il contatto si interruppe solo nel 1982. Lidentità del brigatista informatore del
Sismi non è mai stata nota, ma Flamigni ipotizza che potrebbe trattarsi del criminologo
Giovanni Senzani, il quale abitava in Borgo Ognissanti, a due passi dal monolocale di via
SantAgostino usato da Federigo Mannucci Benincasa.
Importanti conferme dei collegamenti via Gradoli-Sisde
Il libro riporta due documenti riservati: una relazione e un appunto, datati 7
maggio 1998, firmati rispettivamente dal capo della polizia Fernando Masone e dal capo del
Sisde Vittorio Stelo e inviati al ministro dellinterno e al Cesis in seguito alla
pubblicazione del libro di S. Flamigni Convergenze parallele. La relazione di
Masone conferma che la Fidrev srl, (società di consulenza del Sisde) era a sua volta
controllata dallimmobiliare Gradoli, nella quale sindaco supplente, dal giugno 1977,
era tale Gianfranco Bonori, nato a Roma il 26.07.1952. Il Bonori, dal 1988 al 1994, ha
assunto lincarico di commercialista di fiducia del Sisde, subentrando alla Fidrev.
(
) Il prefetto Parisi risulta avere acquistato, con atto (notarile) del 10 settembre
1979, un appartamento al civico 75 di via Gradoli e, successivamente, sempre al civico 75,
altri due appartamenti e un box. Inoltre nel 1986 acquistò, intestandolo alla figlia
Maria Rosaria, un appartamento sito al civico 80, e nel 1987 un altro appartamento sito
allo stesso civico intestandolo alla figlia Daniela. Lappunto del prefetto
Stalo precisa inoltre che la società Fidrev, azionista di maggioranza
dellimmobiliare Gradoli, risulta aver svolto assistenza tecnico-amministrativa per
la Gus e la Gattel (società di copertura del Sisde, ndr), dalla loro costituzione fino al
14 ottobre 1988. In pari data, per incarico dellamministratore pro tempore delle due
società, Maurizio Broccoletti, subentrò in tale consulenza il ragionier Gianfranco
Bonori, già sindaco supplente dellimmobiliare Gradoli. Tale attività di consulenza
è cessata il 27 luglio 1994.
Dal capo Br Mario Moretti al funzionario del Sisde Maurizio Broccoletti
Fra il materiale trovato nel covo Br di via Gradoli 93 il 18 aprile 1978 cera anche
un appunto manoscritto di Moretti: Marchesi Liva - 659127 - mercoledì 22, ore 21 e
un quarto; la data corrispondeva a mercoledì 22 marzo 1978 (se giorni dopo la
strage di via Fani e il sequestro). Nellelenco dei reperti venne verbalizzato anche
un altro foglietto manoscritto con recapito telefonico n° 659127
dallimmobiliare Savellia. La sede della Savellia srl. era nel Palazzo Orsini
di via Monte Savallo, vicino al Portico DOttavia, la zona del Ghetto ebraico che
dista poche centinaia di metri da via Caetani (il luogo dove il 9 maggio verrà
abbandonato il cadavere di Moro). E il palazzo Orsini era la residenza della
marchesa Valeria Rossi in Litta Modigliani, nobildonna romana che si firmava
Liva.
Presidente del collegio sindacale dellimmobile Savellia srl. era il commercialista
Giovanni Colmo. Questi, tempo dopo il delitto Moro, diventerà segretario (e suo figlio
Andrea, membro del collegio sindacale della Savellia, ne diventerà amministratore unico)
della immobiliare Palestrina III srl, una società di copertura del Sisde. Inoltre, presso
lo studio del commercialista Giovanni Colmo, in via Antonelli, avranno sede
limmobiliare Proim srl (dal 1990 con amministratore unico Andrea Colmo e socio il
padre Giovanni) e limmobiliare Kepos srl, due società Immobiliari di copertura del
Sisde.
Il 14 dicembre 1990 lassemblea della Palestrina III srl nominerà segretario
Giovanni Colmo e amministratore unico il Fiduciario del Sisde Mario Ranucci (stretto
collaboratore di Maurizio Broccoletti). Il legame fiduciario di Maurizio Ranucci con il
Sisde è certo e collaudato nel tempo: una sua ditta di pulizie, C.R. Servizi srl, ha
avuto lappalto delle pulizie negli appartamenti del capo Parisi, e in quelli di
molti altri alti funzionari del viminale. Per anni strettissimo collaboratore di Maurizio
Broccoletti, nel processo per i fondi riservati del Sisde Ranucci, ha
confermato di essere stato fiduciario-prestanome per alcune società di copertura del
Servizio, su mandato del Broccoletti.
Da via Gradoli al Sisde
In via Gradoli 96, lappartamento attiguo al covo brigatista era abitato dalla
studentessa universitaria di origine egiziana Lucia Mokbel, che era uninformatrice
della polizia, e dal suo convivente Gianni Diana. Lappartamento abitato dai due era
di proprietà della società Monte Valle Verde srl, che glielo
aveva ceduto in uso. Il
Diana lavorava nello studio del commercialista Galileo Bianchi, il quale - tre giorni dopo
la scoperta del covo Br, il 21 aprile 1978 - veniva nominato amministratore
unico della Monte Valle Verde srl in sostituzione del dimissionario Aldo Bottai. Bottai
era il socio fondatore della Nagrafin S.p.A., e la Nagrafin poi avrà vita alla Capture
Immobiliare srl, una società di copertura del Sisde.
Foto intimidatorie ai magistrati che cercavano le basi nel
Ghetto ebraico
Flamigni ricostruisce la vicenda di Elfino Mortati, latitante a Roma dopo lomicidio
del notaio Gianfranco Spighi (avvenuto a Prato il 10 febbraio 1978), arrestato a Pavia ai
primi di luglio del 1978, poche settimane dopo luccisione di Moro. Interrogato dal
magistrato, Mortati dichiarò di essere stato in contatto con elementi legati alle Brigate
Rosse durante il sequestro Moro. Nel corso della latitanza romana (dal febbraio ai primi
di giugno 1978) Mortati aveva abitato in un appartamento di via dei Bresciani, e aveva
pernottato diverse volte in altri due appartamenti coperti, situati nella zona
del Ghetto, tra via Arenula e Portico dOttavia. Il giudice istruttore Rosario Priore
richiese urgentemente alla Questura di Roma di accertare lesatta ubicazione degli
appartamenti e lidentificazione delle persone. I primi accertamenti non diedero
risultati, ma lindagine proseguì. Ricorda il giudice istruttore Ferdinando
Imposimato. Con un furgone dei carabinieri portammo Mortati dritto a Roma. In quella
base cera andato dopo febbraio, prima dellarresto, quindi era una base
operativa durante il sequestro Moro. Girammo per ore ed ore, per più notti, per
identificare lappartamento dove si era incontrato con esponenti di primo piano delle
Br. Questa base era a ridosso di via Caetani (poco distante dal Ghetto, ndr)
Ricordo
che, in quelle notti, cera chi si preoccupava di fotografarci mentre uscivamo da
questo o quel portone. Il carattere intimidatorio di quelle foto risultò evidente
quando una di esse venne recapitata allo stesso giudice Imposimato: Io e il collega
Priore caricammo Mortati su un pulmino dei carabinieri e girammo in lungo e in largo,
anche a piedi, per il Ghetto, ma senza alcun risultato. Pochi giorni dopo, il mistero
sinfittì quando mi vidi recapitare in ufficio una foto scattata quella sera, e
nella foto ceravamo io, Priore e Mortati; la foto ritraeva i tre mentre erano
in via dei Funari-angolo via Caetani. Quella foto venne scattata da un osservatorio dei
servizi segreti italiani. Di quellintimidazione non venne informata la Commissione
dinchiesta sul caso Moro, né la foto risulta agli atti del processo Moro trasmessi
alla Commissione.
La base Br nel Ghetto, in via SantElena 8
Il libro ricostruisce la vicenda delle ricerche delle basi Br nel Ghetto ebraico di Roma,
a partire dal settembre 1978. Dalle dichiarazioni di Mortati, dagli accertamenti svolti
dai vigili urbani, dalle notizie delle fonti confidenziali trasmesse, gli inquirenti
arrivarono a individuare un covo brigatista situato nel Ghetto ebraico di Roma durante il
sequestro Moro (in via SantElena n°8, interno 9). Ma a quel punto tutto si fermò,
una speciale immunità protesse le Brigate Rosse anche nel Ghetto ebraico.
Una Jaguar. Il Ghetto ebraico e un colonnello della P2
Nel covo Br di via Gradoli il 18 aprile 1978 venne trovata la chiave di unauto con
un talloncino di cartone sul quale cera scritto su un lato Jaguar 2,8 beige H
52559, via Aurelia 711, e sullaltro FS 915 FS 927 porte Sermoneta
Bruno. Era una traccia che portava nel Ghetto ebraico, dove cerano alcune basi
e punti dappoggio delle Br che tenevano prigioniero Moro, ma le indagini vennero
avviate solo a partire dal 12 ottobre 1978 (cioè 5 mesi dopo luccisione del
presidente Dc). Bruno Sermoneta era un commerciante di 37 anni che gestiva un ampio
negozio di biancheria e tappeti con ingresso in via Arenula e retro in via delle
Zoccolette, nei pressi del Ghetto ebraico. Le indagini furono coordinate dal tenente
colonnello Antonio Cornacchia (affiliato alla Loggia P2). Dal rapporto finale del piduista
Cornacchia traspariva evidente che non era stata svolta alcuna effettiva indagine
preliminare nei riguardi di Bruno Sermoneta, il quale era stato messo al corrente del
ritrovamento della chiave a suo nome nel covo Br di via Gradoli. Linterrogatorio a
verbale del Sermoneta avverrà solo il 5 marzo 1979, lo effettuerà la Digos, e risulterà
del tutto inefficace. Tra incongruenza e omissioni, anche la nuova indagine della polizia
si arenò, pur avendo appurato che la chiave trovata nel covo di via Gradoli era una delle
tre chiavi originali della Jaguar del Sermoneta, al quale infatti non venne chiesta alcuna
spiegazione in merito. Né quellindagine venne coordinata con gli accertamenti già
svolti per scoprire le basi delle Br nel Ghetto ebraico indicate dal Mortati.
Il passo carraio vicino a via Gaetani
Le indagini per individuare i locali adatti ad accogliere la Renault rossa delle Br sulla
quale il 9 maggio 1975 era stato fatto ritrovare il cadavere di Aldo Moro diedero esito
negativo. Nella zona del Ghetto da perlustrare era compresa via Monte Savello, dove al
n°30 cera un passo carraio con accesso a palazzo Orsini che conduceva a un garage.
Le forze di polizia omisero di indagare nei cortili dei palazzi dei nobili casati. Nella
zona era compresa anche via Caetani, là dove cera un passo carraio che immetteva
nel cortile dei restauri dellantico Teatro di Baldo, e dallaltra parte della
strada cera un passo carraio che immetteva in un cortile di palazzo Mattei,
confinante con palazzo Caetani; a questultimo edificio si accedeva dal passo carraio
di via delle Botteghe Oscure 32. E se palazzo Caetani ospitava diverse sedi diplomatiche
coperte da immunità territoriale, non così era per lattiguo palazzo Mattei, ideale
come luogo di ricetto di autovettura, che però le forze di polizia omisero di
segnalare: la Renault delle Br avrebbe potuto entrare e uscire dallampio passo
carraio situato in via dei Funari, cioè proprio nei paraggi percorsi a piedi dai giudici
Imposimato e Priore insieme a Mortati, quando vennero fotografati a scopo intimidatorio.
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