TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia

 Banche ed armi (fonte Nigrizia)

 

 

La relazione dell’export italiano d’armi nel 1998 è stata presentata dal presidente del consiglio Massimo D’Alema in parlamento il 31 marzo scorso; è un rapporto di 565 pagine, contro circa le 300 dei documenti prodotti dai governi precedenti, più della metà del documento è una specie di resoconto del ministero del Tesoro. Sono 300 pagine cruciali, denso di nomi, cifre dettagli delle operazioni d’identità all’estero per banche, imprese e paese di destinazione. I funzionari del ministro al tesoro, guidata al momento della stesura dall’attuale presidente della Repubblica Azelio Ciampi, ci offrono una panoramica dell’operatività e giro di soldi delle esportazioni italiane d’armamenti. Nel 1998 le operazioni bancarie giudicate connesse all’export italiano d’armi sono ammontate a 1.236 miliardi di lire (1.114 miliardi d’operazioni effettive), più gli “importi accessori” (compensi di mediazione). Un po’ meno del volume complessivo d’esportazioni autorizzato dal governo: 1838 miliardi di lire. Nelle transazioni bancarie si riflettono operazioni che durano da anni, grosse commesse che i paesi importatori, soprattutto quelli più poveri del mondo, stanno pagando da molto tempo. Il sud e l’est oramai da qualche anno sono tornati ed essere i principali destinatari delle armi italiane. Nei primi anni 90, la legge 185 sul commercio delle armi era applicata con un po’ di rigore, i clienti delle zone più povere e più calde del pianeta erano diventati pochi. La classifica nel 1998 delle esportazioni comincia con un mega contratto con la Siria, l’ex “Stato che appoggia il terrorismo internazionale”: 229 milioni di dollari, circa 400 miliardi di lire per la fornitura da parte di Finmeccanica, di 500 sistemi di derivazione Turmus. Si tratta di sistemi di controllo di tiro per carri armati. La Repubblica ceca nel 1996 aveva acquistato 355 di questi sistemi con un altro maxi contratto da oltre 400 miliardi. Siria e Repubblica ceca sono i paesi in testa per operazioni bancarie con l’Italia nel 1998. Le operazioni dello scorso anno con Praga riguardano una nuova commessa: settantacinque radar avionici Grifo della Fiar (148 miliardi di lire) da installare sui nuovi aerei addestratori cechi L-159. La Fiar per le transazioni bancarie con la Repubblica ceca si appoggia al Credito Italiano ora Unicredito Italiano, mentre per la fornitura multimiliardaria della Siria, passa per Ubae Arab Italian Bank, che con 358 miliardi d’operatività scalza le maggiori banche nazionali in testa alla classifica degli istituti di credito che hanno sostenuto le esportazioni d’armi italiane. L’Ubae è controllata dalla Libyan Arab Foreign Bank di Tripoli (40% il capitale) e tra i suoi soci italiani vede la presenza di Banca di Roma (16, 6%), Monte dei Paschi, BNL e San Paolo di Torino, nonché di Telecom Italia (2%).Il radar della Fiar è stato oggetto delle consistenti operazioni con il Pakistan: settantacinque miliardi di lire un’ordinazione di 100 sistemi che risale al 1994, e di cui Islamabad paga una consistente rata nelle 1998 tramite il Banco di Napoli. I radar stanno consentendo in questi anni all’aeronautica pakistana di modernizzare l’avionica, sia dei caccia di costruzioni cinese F-7 che dei Mirage acquistati dalla Francia. Al riarmo del Pakistan partecipano anche la Iveco- Fiat fornendo autocarri (66 per un valore di quattordici miliardi di lire, Banca d’appoggio ancora Unicredito), e la Cosmos di Livorno, che continua a fornire parte di ricambio per i suoi minisommergibili Sx-756, venduti negli anni ‘80, e ad incassare tramite la Banca Commerciale Italiana (COMIT). Nel 1998 sono state autorizzate forniture d’armi da parte dell’industria bellica italiana per mille 838 miliardi di lire, il 6% in più dell’anno precedente. La crescita è ancora più consistente se si considerano i quasi 300 miliardi per prestazioni di servizi autorizzati dal ministero della Difesa, il triplo del ‘97.Secondo l’Osservatorio sul commercio delle armi dell’istituto di ricerche economiche e sociali(Ires)toscano, le esportazioni italiane di armi si vanno collocando sui 2000 miliardi di lire l’anno, senza contare l’export “strategico” a doppio uso civile-militare(2.227 miliardi nel 98) e le armi leggere, ormai quasi del tutto assenti dalle autorizzazioni rilasciate sulla base della legge 185 del 90 perché vendute come armi “civili”. Le industrie italiane lamentano la perdita allarmante di quote di mercato, si progetta a tal proposito un disegno di legge governativo di modifica della legge 185/90.Alcuni dei contenuti di questa proposta potrebbero essere un’applicazione “caso per caso”, eliminando “pericolose generalizzazioni”, dei divieti previsti all’articolo 1 della legge (divieto di esportare a paesi in guerra, che violano i diritti umani, ecc.) e la non applicazione della legge italiana ossia una cessione di responsabilità’ all’esportatore finale, per quei sistemi d’arma che hanno componenti prodotte in Italia, ma l’assemblaggio finale in un altro paese dell’Unione Europea.

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