TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia
ALDO MORO: lo statista, l'iniziato, il martire di G. Bongiovanni con la collaborazione di G. Andretta
 

 

Aldo Moro, martire e vittima sacrificale, scelta da coloro che tutto decidono, per scoraggiare chiunque abbia in mente, come lo statista, di ergersi contro il potere, in difesa del valore della verità.

   Una vittima di complicità ed intrighi.

In questa sede, noi ci proponiamo di evidenziare l'aspetto spirituale della vicenda che condusse Aldo Moro a salire il suo "calvario", caricatosi la croce della solitudine, del sacrificio, del martirio, del tradimento, della disillusione, dell'abbandono e dell'inganno.
Tutto ciò gli fu perpetrato dalle persone in cui aveva, fino allora, riposto la più totale fiducia, salvo ritirarla, dopo essere stato illuminato da uno dei maggiori esponenti cristiani di questo secolo.
Cosa avrà spinto lo statista pugliese ad intraprendere l'iniziativa tanto avversata, da patire, prima, il rapimento in Via Fani a Roma e poi il tragico assassinio?
Solo motivi spirituali possono averlo indotto ad accettare quel martirio il 16 marzo 1978 alle ore 9-9,30 del mattino, con il contemporaneo sterminio degli uomini della sua scorta, che tanto amava.
In una società tutta impostata sul compromesso, il tornaconto, la violenza aperta o, peggio ancora, la subdola manipolazione; come resistere da soli se non con la forza della propria coscienza?
Moro conosceva benissimo i suoi aguzzini, in quanto, essendo uno dei maggiorenti della Democrazia Cristiana, condivise fino a pochi anni prima, la filosofia, la conduzione politica e la gestione economico-finanziaria delle sorti del Pianeta, dettate ed assunte dalle superpotenze.
Condotta che era scaturita dagli accordi di Yalta.
Abbiamo già parlato nel precedente numero di TERZO MILLENNIO, nell'articolo intitolato "I mercanti di morte", di questo "intrallazzo" accaduto tra potenti; gli stessi usciti vittoriosi dal secondo conflitto mondiale e cioè: Stati Uniti d'America, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche ed Inghilterra. Essi, si arrogarono, con quella spartizione, il diritto di governare e decidere la vita o la morte di quanti si fossero, rispettivamente, allineati od opposti alle loro insindacabili decisioni.
Detto potere, derivò loro, anche, dal fatto di essere in possesso di tecnologie impensabili per quell'epoca, come "piovute dal cielo". In effetti, in seguito a crash di mezzi alieni, vedi il "caso Roswell" (vedi box pag. 43), poterono accaparrarsi le sofisticate apparecchiature di cui quelle navicelle spaziali erano dotate.
Ecco spiegata la disponibilità di "supercomputer", utilizzabili già da tempi molto lontani, fin dagli anni '50-'52, ma intuita attraverso altri contatti avuti all'inizio del secolo. Opportunità inimmaginabile per il resto dell'umanità e lo stesso notevole divario esiste tutt'oggi.
Le superpotenze ebbero un vantaggio di una cinquantina d'anni per sfruttare quell'apertura.
Il portavoce ufficiale, delle famose 13 famiglie composte da 666 personaggi, dell'epoca in questione, fu Henry Kissinger che svolgeva anche la funzione di segretario di Stato nordamericano. Attualmente, egli può disimpegnarsi molto più agevolmente ed occultamente nella gestione del potere, non rivestendo alcuna mansione pubblica, tranne quella di apparire recentemente negli stadi francesi, sedi del recente torneo mondiale di calcio, in compagnia dell' "amico", uomo per bene e di maniera che risponde al nome dell'avvocato Gianni Agnelli.
Questi sarebbero i famosi "doppiopettisti", pronti, in ogni circostanza, a mostrare la loro facciata di rispettabilità con il vezzo da "primedonne". L'orologio indossato sopra il polsino della camicia, la cravatta adagiata sul pullover e gli occhiali da sole con le stanghette che premono sull'esterno del padiglione auricolare: look degli uomini "up level"; altrettanto solerti a nascondere tutte le nefandezze perpetrate in onore di quel totem chiamato "potere".
Nello stesso giorno in cui fu rapito, Moro si stava recando in Parlamento, per varare il "Compromesso Storico" con l'ex Partito Comunista Italiano, retto, allora, dalla segreteria di Enrico Berlinguer. Il politico pugliese era determinato a condurre a compimento quella svolta radicale, in senso democratico, della politica italiana. Consapevole che il suo partito, la D.C. e tutto il vertice dirigenziale del medesimo, erano a conoscenza dell'esistenza dell'occulta organizzazione anticristica.
Già dal 1965, lo statista iniziò a realizzare la vera democrazia, aiutato in questo, dalla poderosa spinta, promossa dagl'incontri avuti con quel "sant'uomo" suo conterraneo. Dopo un ulteriore colloquio col frate da Pietralcina, essendogli particolarmente devoto, decise l'importante passo. Nel 1968 ricevette l'iniziazione cristiana e la profetizzazione del suo martirio, 10 o 15 anni prima che questo si verificasse.
" ..Devi ergerti contro il mondo intero, anche se dovessi trovarti da solo.....ma testimonia gli ideali per i quali sei vissuto e per i quali devi morire" (M. Gandhi).
Come queste, pensiamo , siano le parole che Padre Pio abbia sussurrato, all'orecchio di Aldo, quando il potente politico s'inchinò ad onorargli le stigmate.
Il cappuccino, pur istintivamente avversando, in modo viscerale, i politici che lo irritavano profondamente accolse lo statista, ricevendolo con profondo amore e ne intuì la disponibilità al sacrificio a vantaggio dei propri simili.
Il servizio verso gli altri richiede il meglio di sé, la totale abnegazione; altrimenti si è come i potenti che nella loro arroganza ed orgoglio intellettuale, spesso dimenticano Dio e ne mettono in dubbio perfino l'esistenza.
Nel vertice dei G7 dell'anno seguente, siamo nel 1969, Moro ricevette un'inequivocabile avvisaglia attraverso l'esclusione dalla cena di gala successiva al meeting politico, dove, obbligatoriamente, partecipò essendo il presidente del consiglio di uno stato membro. Dall'accaduto subì una profonda delusione, ma fermo nei suoi intenti, perseverò nella decisione di emancipare la propria nazione, aprendo a tutte le forze politiche, purché portatrici d'iniziative positive ed evolutive in senso sociale. Dichiarò: "..il nostro è un paese libero ed indipendente, nonostante i grandi alleati americani", e, come tale, in grado di gestirsi da solo, senza necessità d'alcun apporto esterno. Questa sua determinazione era supportata dal forte ascendente che godeva nell'elettorato italiano.
Con tale scelta, Aldo Moro firmò la propria condanna a morte!
Tuttavia non era facilmente eliminabile, essendo un grande leader politico.
Dopo quel primo "segnale" inviatogli al vertice dei sette grandi, conseguente a quella sua dichiarazione, le superpotenze cercarono un "ravvedimento" dell'uomo politico, attraverso le dichiarazioni pubbliche di Henry Kissinger che lo ammonì di stare molto attento. Il tentativo d'affrancarsi dall'ala protettrice degli Stati Uniti, i quali non potevano assecondarlo in tale decisione, non fu condivisa dagli stessi. Questi, arrivarono al punto di dire le cose senza peli sulla lingua, attraverso i loro portavoce. Nonostante ciò, egli imperterrito, proseguì nel conseguimento del suo scopo originario, fino al famoso compromesso storico, siglato con Enrico Berlinguer all'ultimo congresso del Partito Comunista Sovietico, svoltosi nel 1976, si dissociò dalla linea politica adottata in quella sede e di conseguenza dall'unione delle repubbliche bolsceviche.
Berlinguer non era di fede occidentalista e pur rimanendo marxista-leninista appoggiò, inconsciamente, gli Stati Uniti d'America sul delitto Moro.
Per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, la sinistra ebbe accesso al governo e, paradossalmente, andò contro i medesimi interessi dell'ispiratore della propria filosofia politica: il comunismo russo.
Risulta perciò evidente che nemmeno l'U.R.S.S. potè essere d'accordo con lo statista cattolico, in quanto, il P.C.I. da loro considerato ribelle, non avrebbe dovuto avere la possibilità d'entrare nell'area di governo.
La posizione strategica dell'Italia era tale, che le superpotenze di allora non potevano permettere l'ingresso dei comunisti nell'esecutivo, perché il territorio italiano era ritenuto unanimemente di stretta pertinenza americana, in forza degli accordi precedentemente stipulati.
I potenti non temevano la situazione politica che si stava instaurando, ma piuttosto l'incontrollabilità dell'esponente democristiano, il quale, pregno dei suoi forti istinti spirituali, non fu disposto ad assoggettarsi ad alcun dettame esterno.
Con l'affermazione che l'Italia era un paese libero, cosa voleva ottenere? Dove voleva arrivare?
Non riuscendo a scorgere lo sbocco che avrebbe potuto avere questa situazione e data l'insistenza travalicante ogni loro controllo da parte di Moro, si sono visti obbligati ad agire nel modo che tutti conosciamo.
Non potevano crearsi un increscioso precedente!
Tutto concorreva ad essere contro il politico democristiano.
Ecco quindi, che il "supercomputer" degli Stati Uniti e in questo specifico caso quello dell'Unione Sovietica, si sono trovati d'accordo nella soluzione.
Fu messo macroscopicamente in evidenza quel famoso "programma particolare", che in modo minuzioso e dettagliato, indica come deve essere eliminato un capo di stato.
Succede anche oggi! (Vedi articolo già citato nel precedente numero di TERZOMILLENNIO)
Il procedimento inizia attraverso la delegittimazione, continua con l'emarginazione, quindi l'isolamento ed infine l'eliminazione attraverso un attentato.
Non potendolo uccidere istantaneamente sparandogli addosso, scelsero il sequestro, inviando un messaggio forte e chiaro a tutto il mondo, come successe con l'assassinio di Kennedy, usando però, in quest'occasione, una strategia più articolata. "Siamo noi che governiamo il Pianeta"!
In Via Fani uccisero con una precisione millimetrica, sterminando tutta la scorta, arrivarono ad infliggere anche il colpo di grazia a quelli che non erano ancora morti; dimostrando così di riuscire facilmente in qualsiasi intento. Avrebbero potuto raggiungere lo scopo senza le conseguenti complicazioni determinate dalla gestione di un sequestro; invece la risposta fu eclatante ed inequivocabile. Volevano fornire al mondo il segno inconfondibile che le politiche di tutti i paesi, anche quelli più ricchi e potenti economicamente, come l'Italia, erano a loro esclusivo appannaggio. Ne avrebbero goduto dei suddetti vantaggi gli Stati Uniti d'America, l'Unione Sovietica e l'Inghilterra, quest'ultima come ispiratrice, nonché causa.
La nostra nazione, in quel preciso periodo, stava attraversando una grave crisi sociale ed economica.
Mediamente la sinistra, in tutta questa vicenda, interpretò il ruolo più bieco e meschino; in quanto, assecondando la cupola della D.C., nella linea della fermezza, fece la figura di un "pupazzo manovrato" e si vendette al potere, pervasa da un'esasperata bramosia nella gestione di questo. Essa non volle salvare Moro, l'unico statista che le aveva offerto la possibilità di entrare nell'area di governo, anzi lo tradì doppiamente!
La prima volta, perché apparentemente, entrò quale forza politica, nell'esecutivo Andreotti, ammaliata dalle lusinghe di quest'ultimo, con lo spauracchio dell'esclusione. Successivamente, dopo solo una settimana dalla soluzione della vicenda, da parte americana fu ordinato al capo del governo di ricacciarla all'opposizione.
La seconda volta perché, sempre la sinistra, funse da fiancheggiatrice delle Brigate Rosse, che avevano in "primis" ufficialmente ed ufficiosamente la gestione del "caso Moro", anche se non fu d'accordo con la strategia di violenza, perché si riteneva forza democratica.
Non potendo generalizzare, ci limiteremo a sostenere che solamente il vertice della suddetta fu "complice". Certo è che se un caso così grossolano non venne preso doverosamente in considerazione, valutandone accuratamente tutti i risvolti, significa che i suoi militanti non sono attendibili, senza esclusione di alcuno.
Spesso, purtroppo, non si vogliono riconoscere le cause spirituali che trascendono la vita, quindi tali madornali errori sono facilmente commettibili.
Questo non è razzismo a buon mercato, perciò "l'attenuante" che si può riconoscere agli epigoni di Marx risiede nell'unico credo avvallato: il materialismo.
L'assassinio di Moro segnò l'inizio del decadimento della sinistra mondiale con il conseguente fallimento nel versante spirituale.
Essa si vendette al potere, pervasa da una sua esasperata bramosia!
La logica economica, lo statalismo, l'assistenzialismo, emblemi materiali che si possono o meno condividere, non sono spiritualmente indicativi della disfatta.
Il crollo del muro di Berlino, indica il travaso della quota di potere, dalla "bestia" orientale alle due occidentali (vedi precedente numero di TERZOMILLENNIO al paragrafo Apocalisse dell'articolo "I mercanti di morte"), con il conseguente totale dissolvimento del marxismo mondiale, rappresentato dall'Unione Sovietica, che per assurdo, diede inizio al suo sfacelo, non opponendosi al rapimento Moro. Quest'accadimento mise in rilievo l'anticristianesimo dei vertici della D.C. e la mancanza di valori spirituali dei figli del "socialismo reale".
Una forza politica che non si prefigga di realizzare un programma sociale ed economico di natura spirituale, è destinata a fallire e conseguentemente ad avviarsi all'autodistruzione o ad essere distrutta.
Lo statista assassinato, nella profezia del suo memoriale più famoso, ritrovato in Via Montenevoso a Milano scrisse: "..il mio sangue ricadrà su di loro..".
La prova che la sinistra avrebbe dovuto superare, era quella di difendere l'iniziativa spirituale a favore di una costruttiva, quanto evolutiva, politica mondiale e di conseguenza salvare la figura spirituale del politico democristiano.
Questo è anche quanto Moro capì quando ricevette l'iniziazione da Padre Pio.
Quasi tutti i particolari del feroce eccidio ed il conseguente rinvenimento del cadavere dello statista pugliese, in Via Caetani a Roma, sono già stati rivelati e si possono riscontrare anche dalla bibliografia indicata (vedi box).
Nei libri menzionati nel box non troverete i dettagli e le considerazioni che proporremo di seguito.
Mario Moretti non fu e non è un brigatista rosso, bensì un infiltrato dei servizi segreti e tuttora vi appartiene interamente.
In considerazione di ciò, siamo moralmente obbligati a presentare appello al Presidente della Repubblica e al Consiglio Superiore della Magistratura, affinché revochino ogni beneficio di legge a suo favore. Non è tollerabile, soprattutto per le famiglie dello statista e degli uomini della scorta, da parte nostra, come cittadini, che un "personaggio" del genere usufruisca in questo momento della semilibertà, quando tutti conosciamo la sua responsabilità di assassino e criminale, nonché quella di mercenario al servizio dei
"potenti" che hanno ucciso Moro. Moretti non è affatto un terrorista, bensì un essere subdolo, verso il quale non si possono nutrire generosi sentimenti di pietà e compassione. La nostra condanna è rivolta anche a gente come Curcio, Franceschini ed altri, i quali, avendo un'idea politica più o meno condivisibile, impugnarono le armi cercando d'attuare una rivoluzione sociale. Analogamente non è possibile giustificare i "compagni" di Moretti, che rispondono ai nomi di Balzerini, Morucci, Faranda, Seghetti, Maccari ecc.- Si spacciano quali nemici giurati del "sedicente brigatista", ma tutti compirono azioni terroristiche e furono coinvolti nel caso Moro, mentendo spudoratamente, con la consapevolezza di farlo, ipocritamente lo appoggiano.
Detti "signori" affermano una notevole quantità di menzogne, non ultima quella, per esempio, sulla prigione di Via Montalcini, 8. Infatti, è assolutamente falso che lo statista sia sempre stato lì, probabilmente c'è rimasto per qualche giorno.
In questa sede, non potendo rivelare ogni cosa, ci limitiamo ad affermare che "forse" è stato portato nel suddetto sito.
E' certo, invece, che la maggior parte dei 55 giorni di segregazione (il 55 è un numero molto importante perché è opposto al 666), Moro fu tenuto prigioniero in un "mezzo" appartenente ai servizi segreti americani. Probabilmente in un sottomarino al largo d'Ostia, o in un hangar segreto, sempre nella zona del litorale laziale; oppure all'interno di un "veicolo non classificato" che gli americani possiedono già dagli anni quaranta.
Le prove tangibili sul luogo di detenzione sono: (questo è dichiarato anche dal fratello dello statista nel suo libro) che nei calzini di Aldo Moro e nella pelle dei suoi talloni fu rinvenuta sabbia mista a bitume, del tipo che si trova solitamente nei litorali delle spiagge, come se ci avesse camminato sopra. Quest'arena era fresca, prova evidente ed inoppugnabile che non si trovava al centro di una città.
La sabbia c'era anche nei risvolti dei pantaloni e se qualcuno obbietta, che ciò possa essere un depistaggio, deve dire com'è possibile rilevarla sulla pelle. Tracce della stessa c'erano anche nei pneumatici della Renault 4 rossa, dove venne trovato il corpo oltraggiato del martire politico.
Un'altra complicità ingiustificabile, è che la magistratura non abbia mai voluto aprire un'inchiesta su tale fatto e nemmeno su come si siano potuti mettere dei fazzolettini per tappare perfettamente i fori, lasciati dalle pallottole, nel corpo di Moro.
Fori curati, precisi, che cozzavano con l'affermazione di averlo ucciso nel garage di Via Montalcini e frettolosamente portato in Via Caetani. Per inserire quei fazzolettini nei buchi del ventre e del torace del poveretto, avranno dovuto perdere un po' di tempo e anche su ciò, la magistratura non volle indagare.
A Moro, come a Mario Moretti, fu innestato un sensore all'interno del corpo e quindi, in qualunque momento od in qualsiasi posto fosse stato condotto, era facilmente rintracciabile. Perfettamente sotto controllo!
Altro particolare rilevante, riguarda l'ambiente dove venne tenuto prigioniero il politico democristiano, che non fu certamente quello mostratoci, cioè il bugigattolo di Via Montalcini, bensì un posto, molto più ampio ed attrezzato dal punto di vista igienico.
Chiediamo come mai la magistratura, che ebbe a disposizione il cadavere dello statista, non abbia mai cercato pervicacemente la verità, attraverso un approfondito esame autoptico.
Perchè non si analizzò la sabbia rinvenuta addosso al corpo dello statista?
Naturalmente i responsabili delle indagini, come nel caso Tortora, sono stati premiati invece di essere cacciati per manifesta inettitudine ed incapacità, a meno che non abbiano ubbidito ad ordini superiori!
Attraverso l'atteggiamento tenuto dai vertici dello stato, noi stimoliamo tutti i dipendenti di questo, ad assumere un comportamento malavitoso, se non reticente, al fine di far carriera all'interno della pubblica amministrazione. Con tale conduzione, dimostriamo che l'unico modo meritevole per accedere ad una promozione è quello dell'associazione a delinquere. Considerando la suddetta costumanza, come si può redarguire qualsiasi funzionario periferico di tale gestione, qualora fosse colto, eventualmente, a non compiere il proprio dovere, visto che i vertici delle istituzioni sono premiati per agire illegalmente?
Lo stato così organizzato è completamente fallito. E' indispensabile l'instaurazione immediata dell'antropocrazia, pena il totale sfacelo d'ogni valore sociale e la conseguente autodistruzione.
Sapendo che la nostra nazione è diretta e manipolata da forze d'oltreoceano, abbiamo l'obbligo d'intervenire là, nella testa della piovra.
Se l'originario progetto di Moro fosse andato in porto, come si sarebbe potuto impedire il "nefasto" evento che si stava delineando nella scena politica mondiale?
Negli Stati Uniti la decisione della cupola maturò consequenzialmente all'analisi dettagliata e particolareggiata del quadro d'insieme, che i "supercomputer" avevano profilato. Essi fornirono la soluzione dando il via alla strategia risolutiva della questione italiana, con una risposta che doveva essere eclatante per tutto il mondo.
A testimonianza di ciò possiamo addurre l'intervento famoso di Waldheim, all'epoca segretario generale dell'ONU. Egli chiese alle Brigate Rosse di rilasciare Moro, implorandole con queste parole: "Per favore liberatelo..." . Ciò nonostante non successe! Abile mossa pilotata dai "capoccioni" per affermare, che sebbene una personalità di tale caratura si fosse adoperata, al fine d'ottenere la liberazione dello statista, la richiesta non venne soddisfatta.
Al Papa, dal canto suo, fu imposto o per meglio dire "consigliato" di scrivere: "Uomini delle brigate rosse vi prego in ginocchio di liberare Aldo Moro senza condizioni".
La più alta autorità spirituale del mondo occidentale chiese clemenza, ma non fu esaudita, anzi, il risultato è stato l'uccisione del politico.
La richiesta del segretario generale dell'ONU e quella del Papa furono condizionate, pilotate e come tali, ricevettero una risposta negativa, cioè l'uccisione dell'ostaggio.
Prima di tutto ciò, le "menti organizzative" infiltrarono, all'interno delle Brigate Rosse, agenti della Cia e degli appartenenti ai nostri servizi segreti. Subito ottennero dei risultati significativi con gli arresti dei primi capi brigatisti, in pratica Curcio, Franceschini, ecc.
Il cadavere del politico cattolico venne fatto trovare in Via Caetani, tra la sede della D.C. e quella del P.C.I., per rendere palese a tutti, la loro supremazia sul mondo. Abbandonando la salma, in mezzo alle due vie, inviarono un messaggio ben preciso, alla cupola democristiana, a quella comunista e alla sinistra in genere.
Dimostrarono ancora una volta, inequivocabilmente, a tutti i governi dei paesi occidentali e mondiali, che il potere, compreso quello di vita o di morte, è assoluto e di totale appannaggio degli Stati Uniti d'America.
Il caso Moro va considerato dal punto di vista spirituale. Dell'aspetto materiale ne hanno parlato tutti, in modo più che esaustivo, rendendo quasi impossibile l'aggiunta di qualsiasi locuzione.
E' evidente che il collasso spirituale ha investito l'intero sistema, non ultimo quello della magistratura, la quale, accettò di gestire "l'affare", cercando di coprire, in qualsiasi modo, l'eccidio della scorta e l'assassinio dello statista. Quindi, tutti gli apparati e le istituzioni dello stato italiano, furono colpevoli di quest'associazione a delinquere, avendo la responsabilità della gestione tecnico-pratica del caso, vale a dire: la magistratura, la polizia di stato, i carabinieri, la guardia di finanza, i servizi segreti, i consiglieri esterni, l'esercito, con la supervisione "dell'intelligence" americana.
Tutti i capi di queste strutture appartenevano alla loggia massonica P2 coordinata da Licio Gelli, loggia che fu, ed è ancora , paravento dei servizi segreti americani, nella gestione della politica italiana. Rimane comunque, come la mafia, ad operare solo nel ruolo esecutivo piuttosto che in quello decisionale.
La loggia massonica segreta P2 fu creata dagli "yankee" con l'intento preciso d'appoggiare e mascherare tutte le azioni ed iniziative nate in seno al gran partito popolare che è la Democrazia Cristiana.
Esistevano due tipi di poteri attivi: il primo, rappresentato in modo ufficiale dal governo, guidato all'epoca dagli eredi di Don Sturzo e l'altro, parallelo, che agiva occultamente, con il compito di sopperire ad eventuali carenze del precedente.
La D.C., di fatto, gestì il comando!
La superpotenza americana, che comunque la condusse e amministrò, creò un potere "ombra" rappresentato dalla P2, a garanzia e controllo. Quest'ultimo con lo specifico compito di vigilare sui politici già citati, evitando iniziative autonome da parte loro, possibili fonti di scomode, quanto sconvenienti e problematiche situazioni.
La loggia massonica occulta, a sua volta, coordinò un altro tipo di potere molto spicciolo, rappresentato dalla mafia. I vertici di questa, composti da affiliati all'organizzazione piduista, (in altre parole, i boss mafiosi sono massoni) risultarono essere sempre personaggi alle dirette dipendenze dei nord americani.
Questa complessa macchina fu montata al fine di coordinare un giro d'affari per svariati milioni di miliardi di lire. (Vedi articolo sul precedente numero di TERZOMILLENNIO)
Altro importante anello di quest'interminabile catena fu Giulio Andreotti che costituì il terminale di Gelli in Vaticano. Infatti, se il Papa Paolo VI fece la dichiarazione, più sopra citata, lo si dovette ai favori, alle pressioni ed ingerenze del cattolicissimo Giulio, nei confronti della Santa Sede. Si deduce, quindi, che tutta la cupola del malaffare fu gestita, all'epoca, dal "venerabile" aretino. Siamo sempre nel 1978.
Il presidente del consiglio al momento del "fattaccio", guarda caso, risponde al nome di Andreotti, nemico dichiarato di Moro. Segretario del partito democristiano era il buon Benigno Zaccagnini, che pur professandosi amico fraterno del sodale pugliese, alla resa dei conti, l'abbandonò al suo terribile destino. Perché, se l'avesse voluto, in qualche modo avrebbe potuto interferire con la decisione già presa in altri luoghi, dalla criminale organizzazione che manovrava il delitto, magari non permettendole di "guidare" gli apparati dello stato.
In tranquillità, possiamo affermare che il ministro degli Interni dell'epoca, Francesco Kossiga, gestì il potere come rappresentante ufficiale, avendone, di fatto nelle mani, la responsabilità democratica. Ufficiosamente, invece, l'amministrava il capo della P2 per conto degli americani, nel caso che il primo avesse avuto delle difficoltà o "tentennamenti" nella conduzione dello stesso. Quindi, Gelli occultamente e Kossiga ufficialmente, ebbero l'incarico di "coordinare" le indagini del caso Moro in Italia, mentre i registi vivevano oltre oceano. Ogni giorno, i suddetti personaggi, si riunivano per dirigere lo sviluppo della criminale vicenda con la partecipazione di uno psichiatra, responsabile in Italia su incarico della CIA, ad assistere a dette riunioni al Ministero degli Interni, affinché ci fosse un'oculata quanto "attenta" gestione del sequestro dello statista democristiano.
Fornendo la copertura, la magistratura svolse uno dei ruoli più importanti.
Pur non avendo accesso diretto alla gestione del caso, contrariamente a Kossiga, essa, nello stesso tempo, avrebbe potuto, per costituzione, forzare la situazione, intervenendo con il potere che quest'ultima le attribuiva. Un esempio evidente di quanto affermiamo, lo potremmo riscontrare nel modo di procedere, prima di Giovanni Falcone ed ora in quello di Giancarlo Caselli, i quali, usando quanto è permesso dalle regole procedurali, pur subendo le accalorate proteste dei politici, non hanno avuto ostacoli.
L'attentato all'Addaura, una scogliera bellissima nei dintorni di Palermo, per esempio, fu realizzato con la direzione dei servizi segreti americani ed italiani e la partecipazione dei politici stessi. Il giudice palermitano, avendo in affitto, all'epoca, una villa su quella zona di litorale, obiettivo del vile e criminoso gesto, dichiarò: " dietro questo attentato della mafia ci sono menti raffinatissime".
Intuì chiaramente chi fossero gli esecutori esprimendo tutto il suo pensiero, con il pronunciamento di quella frase.
Quindi la magistratura, in genere, tenne un atteggiamento prono nei confronti dei politici, sulla conduzione del sequestro Moro e l'eccidio della sua scorta.
Perciò Kossiga e il suo seguito s'imposero con il tacito consenso della casta togata, permeata di debolezza e accidia, la quale, non intervenendo, ne fu complice. Il giudice che all'inizio gestì il caso Moro, infatti, si assoggettò completamente alle pressioni che gli vennero esercitate dall'esterno, con la logica conseguenza di venire totalmente ignorato dal ministero degli Interni. Pur avendone il potere costituzionale, preferì rimanere zitto ed inerme, senza opporsi minimamente al modo di gestire il caso, da parte di quello. Ci lascia indifferenti la possibilità della probabile corruzione, ma teniamo ad evidenziare il fatto che ne sia stato consapevole complice. Perciò, la responsabilità primaria fu della magistratura perché, come tale, fu colei che per prima avrebbe dovuto imporsi, disponendo di tutti gli strumenti possibili attribuitale dalla costituzione, non ultimo il compito di controllo. Nessun politico può permettersi di prendere qualsivoglia decisione se non ha l'appoggio dell'organo giudicante. Perciò tutti coloro che operavano in magistratura, con un certo grado d'anzianità, e che conoscevano il modo di gestire il caso, da parte dei loro superiori; tacendo ne furono complici. Ad esempio Borrelli e Dambrosio, anche se non potevano agire direttamente, non avendo tra le mani le indagini, avrebbero dovuto esercitare delle pressioni sui "superiori" (considerata l'inimicizia dichiarata che correva tra loro e Kossiga). Un esempio contro corrente è rappresentato dal P.M. Colombo, elemento del pool "Mani Pulite", che si attivò indagando e scoprì la P2 e tutti i nomi dei membri di quest'organizzazione occulta.
Per gestire un affare come il sequestro Moro necessitò un dispendio di forze e mezzi notevole, quindi, è impensabile che in quest'enorme apparato non ci fosse una crepa, dove potersi incuneare per far leva ed arrivare a smascherare il criminale complotto. Chi seppe realmente come stavano i fatti furono tutti i vertici dello Stato cioè: il Capo di questo, il Consiglio Superiore della Magistratura, quelli dei tre poteri Esecutivo, Legislativo e Giudiziario; ma coloro che più di altri conoscevano ogni più piccolo particolare furono il ministro degli Interni e la "cupola" della Democrazia Cristiana, in buona compagnia con la mafia palermitana.
Quest'ultima, non intervenne per salvare Moro in quanto nessuno glielo chiese. All'organizzazione malavitosa il "piacere" non fu sollecitato, per una serie di motivi. Prima, perché non ci fu alcuno che avesse avuto sinceramente l'intenzione di farlo, poi, perché intuendo dove presumibilmente venne custodito lo statista, i luoghi furono considerati inaccessibili anche per la mafia stessa. Infine, perché "l'onorata società" pretende sempre la restituzione dei suoi "crediti".
Nonostante tutto, all'interno della D.C. qualche sodale di Moro si impietosì e cercò di contattare dei mafiosi ma, in quell'occasione, si sentì rispondere: " I tuoi amici non lo vogliono liberare, quindi è inutile che ci chiedi il favore".
Con questa risposta manifestano inequivocabilmente la loro convinzione d'aver intuito l'impossibilità, conseguente, di riscuotere il credito.
Un altro capitolo importante, della vicenda dello statista democristiano riguarda il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Questi, non ricevette l'iniziazione da un personaggio spirituale, com'è successo a Moro, ma attraverso il contatto con un "essere di luce" (Vedi descrizione al lato).
Ad un certo punto, il militare, conoscendo esattamente com'era gestita la "questione" di Via Fani, dato che l'entità apparsagli precedentemente gliela rivelò; avvicinò la controparte e consegnò ad Andreotti il memoriale dello statista assassinato, avendolo rinvenuto in uno dei covi brigatisti perquisiti durante una delle sue azioni.
Il Generale, ricevette direttive ben precise "dall'essere di luce" il quale gli raccomandò di non far sapere all'anticristo ciò che lui conosceva ma, per il suo profondo senso di giustizia, l'ufficiale consegnò il prezioso materiale!
In quell'occasione, Dalla Chiesa, si dimostrò poco accorto, avrebbe dovuto essere più avveduto. Alla fine, pagò con la vita questa sua "leggerezza", rispettando fino in fondo il ruolo che ricopriva, quale membro attivo delle istituzioni e quindi alle dirette dipendenze di coloro che le rappresentano.
Consegnò il materiale rinvenuto non perché fosse complice della criminale organizzazione, ma per inviare un messaggio criptico che significasse: "Io conosco la verità e posso agire di conseguenza, grazie ai mezzi a mia disposizione".
Praticamente confidò "all'amico-nemico" le sue conoscenze, perdendo immediatamente la protezione e firmando contemporaneamente la sua condanna a morte. Lo trasferirono a Palermo per poterlo uccidere, era il luogo ideale per farlo. Non era tanto facile ammazzare o rapire un alto ufficiale dei carabinieri, specialmente quel generale che disponeva ai suoi comandi di uno squadrone di militari molto potente.
In questo caso la struttura politica, colpevole del delitto Moro, dovette ricorrere ai favori della mafia, la quale, anche se non avesse avuto alcun motivo palese per intervenire, compì l'eccidio solo per fare un favore ad Andreotti, attraverso l'onorevole Salvo Lima.
In cambio, "l'onorata società" poi, avanzò le proprie richieste per pareggiare il conto, chiedendo le assoluzioni dei boss nei processi contro "Cosa Nostra", prontamente ottenute grazie "all'interessamento" del giudice di cassazione Corrado Carnevale, amico fidato del politico romano.
Ad eseguire l'eccidio di Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e della scorta furono i "picciotti" di Nitto Santapaola, capomafia della famiglia catanese.
Quest'ultimo, attuando il "favore" ci guadagnò moltissimo, grazie alla possibilità di riciclare decine e decine di miliardi "sporchi" attraverso gli appalti pubblici e ricevendo sostanziali aiuti, nei processi di mafia, con massicce riduzioni di pena.
Comunque, sia Giulio Andreotti che l'esponente etneo di "Cosa Nostra", ora non sono ritenuti "più utili" alle strategie dei signori d'oltreoceano e di conseguenza li stanno scaricando. Ciò si deduce anche da uno degl'interrogatori condotti al senatore romano dal giudice Caselli, attuale capo della Procura di Palermo che lo accusa di essere mafioso. Al "Giulio nazionale" sfuggì, durante una di queste inquisizioni, che il procedimento giudiziario in atto contro di lui " E' un complotto ordito dall'America". Il senatore democristiano non ripetè mai più l'accusa rivolta ai suoi "ex amici" Yankee, onde evitare prese di posizione più radicali e irreparabili da parte di questi.
In ogni generazione i mafiosi devono essere riciclati, non tanto dall'organizzazione malavitosa stessa, ma da chi li gestisce, altrimenti il continuo esercizio del comando può ingenerare in loro un pericoloso delirio d'onnipotenza.
Fortunatamente il potere è sub-giudice, cioè, c'è sempre qualcuno più in alto che lo amministra e stabilisce a chi assegnarlo momentaneamente.
Ogni tanto, chi detiene "lo scettro " ricicla i mafiosi, onde evitare il verificarsi del fenomeno già citato.
Manifestazione collaterale di tale marchingegno è il pentitismo, tipico dei gregari, forze di supporto che agiscono solo per convenienza o vendetta.
Ai veri "mammasantissima" cioè Riina, Liggio, Provenzano, Badalamenti, non succederà mai di pentirsi, vivono benissimo in carcere da dove comandano, rimanendo tranquilli e in religioso silenzio. Appena balenasse in loro l'idea di mutare atteggiamento, "scomparirebbero" assieme a tutta la propria discendenza fino alla settima generazione.
L'unica "esclusione" a questo teorema è Buscetta, un'eccezione teleguidata sempre dai soliti Americani, come capì anche Falcone, i quali, oltre a marchingegni vari, microchip, ecc., si avvalgono di forze condizionanti la psiche per controllare a distanza i "loro dipendenti", come fecero anche con il "brigatista" Mario Moretti.
Recentemente, in effetti, si sono avvalsi della collaborazione di grandi sensitivi da loro stessi addestrati all'uso di forze psicocinetiche.
Tutto ciò che ci siamo prefissi di portare alla luce, con notevole impegno spirituale, in quest'elaborato, anche a rischio di subire vessazioni o compromissioni di vario genere; è frutto di una volontà e di un'ostinazione mirate al solo scopo di far emergere, con forza, ogni pur minima verità.
E' giunto il tempo di sconfiggere l'anticristo!
Noi ci adoperiamo ed impegniamo a farlo, suggerendo l'unica soluzione possibile: quella antropocratica, auspicandoci con tutto il cuore di essere assistiti in questo da quelle "forze celesti" che vogliono il bene del Pianeta e dell'Umanità.


La violenza

La violenza, un dinamismo psichico alimentato dalle forze del potere politico, militare, economico delle due superpotenze terrestri .
Vi abbiamo già comunicato che esistono due istituti che coordinano l'andamento strategico della politica mondiale .
Vi abbiamo anche detto che sono in loro possesso cervelli elettronici capaci di calcolare con esattezza la risultante di una qualsiasi operazione prima ancora che si compia.
Non sono escluse le operazioni agenti nei cervelli umani tramite l'ipnosi e farmaci sofisticati condizionanti.
Quando una delle superpotenze vuole raggiungere una meta politica, economica e militare, tutti i mezzi sono utili, anche quello di uccidere o di provocare guerre, rivoluzioni e quant'altro si ritiene necessario, tutto viene minuziosamente calcolato come un preciso quadro clinico con la relativa efficace cura. Non si bada a spese per fare lievitare la corruttibilità morale e spirituale, per fare fermare la violenza istigatrice, l'inganno e quant'altro può sconvolgere equilibri stabili e pacifici.
Lo scopo deve essere raggiunto facendo credere una cosa al posto di un'altra, tutto deve svolgersi nel modo già stabilito ed essere prontissimi a coprire, con ogni mezzo, l'eventuale errore del condizionato. Questa è la realtà, e chi la vuole credere la creda.

                                Woodok

Nicolosi, 8/4/1978
ore 11,57



I mostruosi cervelli che governano il mondo


I supervisori o programmatori dei vostri delittuosi e dolorosi avvenimenti politici, economici, scientifici e bellici, sapete benissimo chi sono e dove stanno.
Le tensioni e le violenze vengono suscitate da calcoli precisi scaturenti da cervelli supervisori o programmatori in possesso delle due maggiori potenze del vostro pianeta.
Da questi istituti partono le forze corruttrici che coinvolgono uomini e popoli al servizio di una strategia i cui effetti sono stati , a priori , previsti. La corruzione è il denominatore comune che sviluppa il valore della forza desiderata per raggiungere una meta voluta.
Abbiamo la possibilità di osservare da molto vicino i piani di questi istituti, con poteri assoluti e con disponibilità illimitata di mezzi. La conquista o meno di un potere politico, economico o scientifico, dipende dal benestare o meno di questi supervisori o programmatori. Una rivoluzione o una guerra fredda o calda che sia, viene da questi programmata, fermentata e sviluppata.
Il loro potere di corruzione è, diabolicamente, corroborato da una enorme disponibilità di denaro o da privilegiate concessioni di forza e di dominio. Gli uomini corruttibili sono i loro migliori collaboratori a cui concedono assistenza, protezione e sicurezza di movimenti in ogni senso.
Se il programmatore decide l' uccisione di un capo di stato, questo non può non avvenire. Sul vostro pianeta è uso dire : " il fine giustifica i mezzi" . I supervisori conoscono, conoscono già il fine quando decidono di richiedere al programmatore il mezzo con cui si deve agire per raggiungere la meta, l'obiettivo che si sono prefissi.
Abbiamo elementi e conoscenze sufficienti per poter agire nel giusto momento e scardinare dalle fondamenta questo pernicioso male. Come vi abbiamo più volte detto, le nostre forze sono vigili. Siamo in attesa che un certo processo si sviluppi secondo i piani dei divini maestri che ci guidano e ci sorreggono in quest' opera di amore e di giustizia universale. I nostri operatori sulla terra sono molti e fedeli nella loro missione.
Cercate di predisporvi, perchè a nessuno sarà dato di sapere il giorno e l'ora del nostro intervento.
La verità è che questo avverrà certissimamente, e la liberazione sarà sicura.

Pace a tutti voi.

Dalla Cristal-Bell
Woodok
                                Nicolosi, 20/04/1977  ore 10,55


Caso Roswell

Nel luglio 1947, centinaia di testimoni videro una luce precipitare e spegnersi nel territorio desertico di Roswell. Da quel giorno ebbe inizio l'era dell'ufologia. Oggi, dopo cinquant'anni si è riaperto il dibattito sul caso Roswell, perchè sono stati rinvenuti reperti filmati e fotografici che finalmente mettono a tacere le banali spiegazioni, fornite all'epoca dal governo americano il quale parlò subito di un pallone sonda e insabbiò tutte le prove. La famigerata autopsia di Ray Santilli, il filmato dell' hangar 18, le testimonianze di militari e di personale allora in servizio, e la vasta casistica che riguarda il fenomeno, hanno dato prova del fatto che si sono realmente verificati "crash" di dischi volanti ed il governo non solo ha recuperato i mezzi alieni, ma anche l'equipaggio. Dopo anni di studio, gli esperti delle superpotenze sono riusciti ad ottenere informazioni sull' evolutissima tecnologia extraterrestre e ad utilizzarla per molte applicazioni, come nel caso dei "supercomputer". Questo procedimento avviene tutt 'oggi ed è occultato da coloro che detengono il potere, mantengono così, un vantaggio tecnologico di circa cinquanta anni.

 

 

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Per esseri di luce si intendono entità evolute appartenenti ad una dimensione superiore. Possiedono un corpo interamente costituito da energia allo stato puro e si spostano tramite mezzi che hanno la loro medesima struttura molecolare. Nella tradizione cristiana, possiamo paragonarli a coloro che i nostri padri definivano angeli superiori o Serafini, Cherubini o Troni. In particolari momenti della storia, questi esseri si avvicinano all'umanità contattando alcuni personaggi ( consapevoli o inconsapevoli) affidando loro importanti missioni o rendendoli custodi di informazioni cruciali per l'evoluzione del pianeta.

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