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EUGENIO MONTALE

INDICE
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LE QUATTRO FASI DEL POETA


La biografia di Eugenio Montale, una delle più alte figure della poesia italiana del '900, si può dividere in quattro fasi corrispondenti alle opere da lui scritte e ai "temi" trattati.
 

Nasce a Genova nel 1896; frequenta l'Istituto Tecnico Commerciale, ma interrompe gli studi per dedicarsi alla musica e al canto (aspirando a diventare cantante lirico): questo il sogno della sua giovinezza.
Intanto inizia a scrivere per riviste e giornali e nel 1925 dà alle stampe la sua prima raccolta di liriche Ossi di seppia.
E' una poesia che si contrappone a quella magniloquente di D'Annunzio, una poesia che invita il lettore a riflettere sulle contraddizioni dell'esistenza, sul "male di vivere".
  Nel 1927 Montale si trasferisce a Firenze. Nell'ambiente fiorentino si va maturando la sua poetica.
Nasce così la raccolta di poesie Le occasioni uscite nel '39.
Il titolo sta a significare che è la vita a offrire spunti e (appunto) occasioni per riflettere e capire che il vivere dell'uomo è "sconfitta" e "solitudine".
E' una poesia tutta personale. Il linguaggio si fa più oscuro, legato alle esperienze ermetiche di Quasimodo e di altri poeti della stessa corrente.
  Scoppia la II guerra mondiale: una bufera tremenda che sconvolge l'Europa e il mondo intero. Da qui la terza raccolta poetica di Montale. La bufera e altro, uscita nel '56, ma composta in gran parte negli anni spaventosi del conflitto. Sono visioni tragiche, lutti, dolori e rovine. Il linguaggio è qui più chiaro e aperto, comprensibile a tutti. I "temi" e il "tono" sono polemici e drammatici. Nel '67 è nominato senatore a vita. Intanto, con il passare degli anni, le tensioni e i ricordi del passato si sfocano nell'anima del poeta dando origine a momenti più sereni e pacati.
  Il linguaggio si fa ancora più semplice e suadente in Satura di cui fa parte "Xenia". I "temi": gli affetti famigliari e il ricordo nostalgico della moglie da poco morta. Nel '75 riceve il premio Nobel per la letteratura. Escono altre poesie (Diario del '71 e del '72, che comprende 46 poesie, Quaderno di quattro anni e altri versi).
Si spegne a Milano nel 1981, a 85 anni.
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IL PENSIERO

Montale ha una visione pessimistica della vita umana: l'uomo contemporaneo è condannato a una tragica esistenza di solitudine di alienazione. La sua poetica si inspira proprio a questa negatività del vivere, indagato con lucida consapevolezza. E' una drammatica e incessante ricerca quella di Montale, condotta senza sosta sul filo di un doloroso travaglio interiore, di esperienze personali, di intuizioni.
Ma in questo precario vivere non mancano spiragli, anche se brevi, di felicità (Felicità raggiunta), qualche barlume di salvezza, (I limoni) che ci sveli la verità che dia senso alla vita.
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I MANIFESTI POETICI
Due sono i testi fondamentali in cui Montale enuncia la sua concezione poetica e spiega le sue scelte stilistico-espressive.
 
  1. I Limoni: In questa lirica Montale si vuole contrapporre ai "poeti laureati", alla poesia aulica, retorica, dove la realtà viene falsata per avere onori e gloria. Questo è appunto lo stile di D'Annunzio, Montale, invece, ama lo stile semplice che gli permette di ritrarre la realtà così com'è, come ci appare ogni giorno della nostra vita. Ai "bossi", "ligusti", "acanti", tutte piante nobili di cui parlano i poeti laureati, Montale contrappone gli aspetti più comuni della vita come "le strade che riescono agli erbosi / fossi", le "pozzanghere / mezzo seccate", gli "alberi dei limoni", simbolo della realtà concreta e semplice.
  2. Non chederci la parola: è un'altra importante dichiarazione di poetica che scrive Montale, troviamo in questa lirica espresse la sofferenza consapevolezza del vuoto che attornia la nostra esistenza e l'impossibilità del poeta di suggerire certezze, di fornire risposte chiarificatrici, di rivelare verità assolute; egli può soltanto essere testimone della crisi dell'uomo contemporaneo e della sua incapacità a prendere risoluzioni positive. Queste sue dichiarazioni si contrappongono ai poeti decadenti i quali consideravano la poesia come l'unica forma di conoscenza possibile; il poeta diventa così una sorta di "poeta veggente" capace di svelare la realtà.
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OSSI DI SEPPIA
Alla base di questa raccolta c'è il senso del vuoto che circonda la vita dell'uomo, la tragica constatazione del "male di vivere" che si manifesta nelle dolorose esperienze della natura quali "il rivo strozzato", "l'incartocciarsi della foglia / riarsa". Il paesaggio è quello della Liguria, aspro, assolato, riarsoscabro, significativamente emblematico di un determinato stato d'animo. Il linguaggio è preso dalla quotidianità, ma non è privo di termini ricercati e aulici.
 
 
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LE OCCASIONI
Le "occasioni" sono incontri con persone che gli risvegliano i ricordi sopiti del passato, la visione di luoghi cari al suo cuore, i volti di donne amate, soprattutto quello di Irma Brandeis, l'italo-americana che Montale chiama Clizia; ella è vista nelle poesie come donna-angelo, come una mediatrice tra l'uomo e Dio, anche se Montale non è credente "sente" che irrazionalmente qualcosa in realtà esiste, e questo lo porta alla sua visione di angelo.
Il ricordo del passato che non ritorna più, è espressione di una vana lotta contro il tempo che tutto dissolve e cancella. Da qui il desiderio del poeta di uscire dal tunnel tenebroso, di trovare il "varco", la possibile salvezza incarnata dalle figure femminili. Ne "Le occasioni" come in "Ossi di seppia" non mancano gli oggetti anche qui caricati di valori simbolici.
Ma se in "Ossi di seppia" questi valori simbolici erano spiegati, questo non succede ne "Le occasioni"; infatti Montale afferma in "Intenzioni" <<Non pensai  a una lirica pura nel senso ch'ebbe poi anche da noi, a un gioco di suggestioni sonore; ma piuttosto ad un frutto che dovesse contenere i suoi motivi senza rivelarli, o meglio senza spiatterlarli>>.
In questa raccolta si ritrova una maggiore speranza rispetto ad "Ossi di seppia", il paesaggio inoltre non è più quello aspro e scabroso della Liguria, ma ora il poeta descrive il paesaggio toscano, sicuramente più accogliente del ligure.
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LA BUFERA E ALTRO
Scritta tra il 1940 e il 1954, questa raccolta si apre con la serie "Finisterre". Montale si fa partecipe del dramma della società sconvolta dalla tragedia della II guerra mondiale: sono visioni di rovine, di lutti e di dolore, il linguaggio è più aperto e comprensibile, in queste liriche infatti è scomparso quell'aristocratico isolamento del poeta presente in "Ossi di seppia" e ne "Le occasioni"; qui la sua anima vibra piena di orrore e di rivolta. Il tono si fa polemico contro la classe dirigente che aveva portato l'Italia alla catastrofe, e altamente drammatici diventano i "temi" che alla fine sfumano in quello della solidarietà umana.
Passano gli anni e ai ricordi dolorosi subentrano momenti più sereni. In sostanza La bufera rappresenta lo sforzo di Montale di avvicinare la sua poesia alla vita, alla realtà. Ne "Le occasioni" egli aveva prediletto le forme classiche con strofe e rime; nella Bufera usa forme aperte (quasi scomparse le strofe e le rime) e periodi lunghi e lunghissimi. I versi, endecasillabi e settenari, spesso amplificano il ritmo con gli enjambements.
Da parte del poeta, si manifesta una disposizione religiosa che non approda ad una fede vera e propria, infatti come ne "Le occasioni", non manca la presenza femminile, Clizia, cui il poeta affida le sue speranze di salvezza.
 
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LE ULTIME RACCOLTE
Tra le sue ultime raccolte si distinguono "Satura" - di cui Xenia è la prima sezione dedicata alla moglie morta (Drusilla Tanzi) chiamata dal poeta "Mosca", con la quale egli tiene un tenero colloquio sull'eterno e sul divino - Diario del '71 e '72, Quaderno di quattro anni e Altri versi.
Un immutato pessimismo e una visione disperata e tragica della vita caratterizzano anche quest'ultima produzione.

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Made By  Nicola "NOA" Canigiani
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