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27 ottobre 2001

IL RILASCIO DI UN ATTO AMMINISTRATIVO CONDIZIONATO: UN ESEMPIO DA NON SEGUIRE

La notizia che segue, ricavata dalle cronache parlamentari, suggerisce di aprire una breve riflessione sui modi che ha la Pubblica Amministrazione per condurre un'istruttoria preventiva al rilascio di una autorizzazione o altro atto di assenso in materia ambientale. La vicenda è presto detta.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 1999 si rinnovava la concessione mineraria per lo sfruttamento della miniera di Marma cementizia denominata Monte Bruzeta, sita nel Comune di Voltaggio (Novi Ligure), rilasciata alla Cementir S.p.A., ora denominata Arquata Cementi. La richiesta veniva motivata sostenendo che la concessione prima in uso, denominata "Monte delle Rocche" fosse in via di esaurimento: la nuova concessione diventava indispensabile per il proseguimento dell'attività produttiva del cementificio di Arquata Scrivia.

La concessione era subordinata alla costruzione di un nuovo acquedotto, in accordo con i Comuni di Carrosio e Gavi, prevedendo in particolare che l'opera di presa dell'acquedotto alternativo dovesse essere posizionato all'esterno del Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo.

Nel 1997 la concessione era infatti decaduta, senza che fosse mai stata attivata la coltivazione della miniera, in virtù dell'opposizione, sempre espressa in tutte le sedi competenti, dei due suddetti comuni (Carrosio e Gavi) contrari al nuovo insediamento.

La regione Piemonte con la Conferenza del servizi del 9 marzo 2001, pur registrando la posizione contraria dei comuni di Gavi e Carrosio, della Comunità montana Alta Val Lemme e Alto Ovadese, del Parco Naturale Capanne di Marcarolo e dell'ASL 22 di Novi Ligure, esprimeva parere favorevole per la realizzazione dell'opera e, con deliberazione di giunta del 23 aprile 2001, autorizzava quindi la costruzione dell'acquedotto all'interno del Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo.

Ora che si stanno apprestando le prime opere di costruzione del nuovo acquedotto il conflitto locale è diventato incandescente. Tutto è dovuto alla necessità imposta di dover rinunciare alle acque sorgive sulle quali le popolazioni locali fanno riferimento per le proprie esigenze in favore di un'opera acquedottistica che preleva non più in sottosuolo, ma da superficie, in particolare dal Rio Acque Striate, con il rischio di inquinamento paventato dall'ASL di Novi Ligure.

Quello che interessa in questa sede non è tanto stabilire le ragioni o i torti delle parti coinvolte alla vicenda, quanto mettere in discussione il metodo seguito. E' del tutto evidente come certe decisioni che influiscono sul destino di intere comunità non possono essere prese a livello centrale, ci riferiamo al rilascio della concessione mineraria, spesso nella inconsapevolezza degli stessi enti locali.

Tanto per fare un esempio, si ribadisce in ogni sede che i parchi non possono essere calati dall'alto, ma devono essere concertati con chi esprime la volontà dei cittadini nelle territori che saranno interessati alla perimetrazione. Del tutto condivisibile, se non che questa regola sembra essere rispettata solo per i parchi. Quando in gioco è invece la realizzazione di opere o progetti di insediamenti industriali questa preoccupazione circa la trasparenza dei momenti decisionali non è più presente.

Ma, a parte questa osservazione, quello che fa riflettere è la prescrizione contenuta nella concessione. La concessione è rilasciata a condizione che il proponente si faccia carico di realizzare un nuovo acquedotto a servizio delle comunità le quali, in virtù della nuova concessione, andranno a perdere la risorsa idrica dalla quale attingevano. Ciò perché il cementificio è attività idroesigente e l'utilizzo della sorgiva sarà per la totalità a suo favore.

Questo è un classico esempio di come la Pubblica Amministrazione lavori male. Come è possibile che si rilasci un atto il quale pone una condizione che è tutta da verificare?

In ogni atto che viene emesso a seguito della presentazione di una domanda sono contenuti gli esiti dell'istruttoria svolta. In generale, non solo nella materia ambientale, l'istruttoria deve verificare, prima che l'opera sia realizzata, se sussistono i presupposti di legge perché questa possa insediarsi. Oltre ai vincoli di carattere territoriale (urbanistico, paesistico, idrogeologico, ecc) si dovranno esaminare relazioni e disegni sui quali si trovano descritti i requisiti strutturali e/o prestazionali che l'opera dovrà possedere per conformarsi ai disposti normativi.

Un'istruttoria che sorvoli sulla sussistenza di questi requisiti non solo è una perdita di tempo o un cattivo investimento delle risorse umane, ma si trasforma in danno vero e proprio dal momento che l'impianto o l'infrastruttura verranno costruiti senza tener conto di queste correzioni/mitigazioni.

Quando ormai l'opera è finita è troppo tardi, lo stato dei luoghi non permette più di effettuare interventi della stessa efficacia di quelli che avrebbero avuto se progettati assieme al resto della costruzione. E qui che cominciano i guai.

Purtroppo, con una certa frequenza, accade di leggere provvedimenti emessi da vari soggetti istituzionali nei quali emerge come molte cose siano date per scontate, quando invece non lo sono per niente. Gli esempi più illuminanti si ritrovano in quegli atti dove

"si raccomanda il rispetto delle disposizioni vigenti in materia di rumore, ….",

in quei parere favorevoli nei quali la condizione è di

" installare idonei dispositivi per la depurazione delle acque di scarico".

Non va. Se vi sono i presupposti perché i sistemi di mitigazione proposti per il rispetto dei limiti di legge siano valutati favorevolmente allora questi sono i contenuti della fase istruttoria e l'esito positivo della fase istruttoria è la conditio sine qua non per il rilascio dell'atto finale.

Concludere i procedimenti con queste forme di salvacondotto ( per chi li scrive ) significa solo scaricare i problemi a valle.

Gli effetti di una cattiva istruttoria si ripetono poi a cascata nei confronti dei passaggi amministrativi successivi. Il difetto di impostazione dei modi in cui si lavora all'interno degli uffici pubblici sta infatti nel ritenere che la propria valutazione del progetto, e quindi la decisione che ne consegue, siano autonome rispetto ai riflessi che questa avrà sui tavoli di altri soggetti istituzionali chiamati ad esprimersi.

Il regolamento dettato dal DPR 447/98, poi modificato, che istituisce la struttura unica, il c.d. sportello unico per le attività produttive (SUAP), vuole appunto rimuovere le evidenti contraddizioni che si porta dietro questo modo ottocentesco di procedere.

Se si rileggono le date della vicenda sopra descritta la prima domanda che ci si dovrebbe porre è quindi la seguente: per quale motivo non si è seguito l'iter procedurale dettato dal regolamento citato anche nel rilascio della concessione mineraria? Eppure il DPR 447/98 era già entrato in vigore. Un esame contestuale di tutti gli interessi in gioco avrebbe portato probabilmente ad una decisione diversa. Vista la contrarietà dei Comuni di Carrosio e di Gavi espressa nella sede di una eventuale conferenza dei servizi convocata dal Ministero delle Attività Produttive si sarebbe presumibilmente optato per individuare altre soluzioni riguardo al rifornimento idrico del cementificio, rispetto alla perdita di una risorsa importante per le comunità locali e alla costruzione "sostitutiva" di un acquedotto così osteggiato.

Si chiama "contemperazione degli interessi". Invece il Ministero ha deciso di suo, in completa autonomia, tanto poi c'era chi ci avrebbe pensato.

Dovremo annoverare anche questo tra gli esempi di come si predica bene e si applica male.

Riportiamo integralmente l'interrogazione per gli altri spunti di interesse che può offrire.

ZANCAN, MARTONE. - Ai Ministri delle attività produttive, dell'ambiente e per la tutela del territorio. -

Premesso che:

in località Monte Bruzeta, nel comune di Voltaggio la Cementir spa richiedeva al Distretto Minerario di Torino la concessione per lo sfruttamento della miniera di marna cementizia, motivando la richiesta che la concessione in uso, denominata Monte delle Rocche, fosse in via di esaurimento e la nuova concessione diventava indispensabile per il proseguimento dell'attività produttiva del cementificio;

il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 1999 subordinava il rilascio della concessione mineraria alla preventiva realizzazione di un acquedotto alternativo per l'approvvigionamento dei comuni di Carrosio e Gavi, poiché l'attività mineraria prevista avrebbe reso inutilizzabili, almeno per tutta la durata della coltivazione (un ventennio) tutte le fonti di approvvigionamento idrico dell'acquedotto comunale di Carrosio ed una sorgente dell'acquedotto del comune di Gavi;

attualmente i comuni di Carrosio e Gavi hanno in uso delle sorgenti con una disponibilità idrica complessiva di 5,5 1/s, mentre il progetto alternativo presentato dalla Cementir spa prevede di derivare dal Rio Acque Striate una portata complessiva di 16 1/s (6 1/s per il comune di Carrosio e 10 1/s per il comune di Gavi);

il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prescriveva che l'opera di presa dell'acquedotto alternativo fosse posizionata all'esterno del Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo ed addirittura fissava i limiti della zona di rispetto attorno all'opera di presa;

le aree interessate dal progetto ricadono in area parco e in zone sottoposte a vincolo idrogeologico ai sensi della legge regionale n. 45 del 1989 e ambientale ai sensi del decreto legislativo n. 490 del 1999; considerato che: l'ASL n. 22 di Novi Ligure riteneva dover evidenziare la propria posizione contraria alla realizzazione dell'acquedotto e la preferenza al sistema attuale di captazione da acque sorgive rispetto a quella sostitutiva da acque superficiali poiché tale sistema superficiale è soggetto a problematiche di inquinamento diretto di tipo antropico;

la comunità montana Alta Val Lemme e Alto Ovadese esprimevano parere non favorevole poiché il Rio Acque Striate, oggetto del prelievo, risulta individuato come sito d'importanza comunitaria ai sensi della Direttiva 92/43 CEE "Habitat", quindi area di pregio ambientale e meritevole di salvaguardia dei delicati equilibri naturali esistenti; i dati presentati nello studio di impatto ambientale non garantiscono in modo assoluto e permanente il deflusso minimo vitale, anzi viene paventata e presa in considerazione l'ipotesi di una deroga con l'aggravante che i lavori di appresamento in alveo presentano notevole impatto difficilmente mitigabile;

il comune di Gavi e quello di Carrosio hanno ribadito la loro contrarietà al nuovo acquedotto in quanto attualmente i loro bisogni idrici sono soddisfatti da proprie sorgenti e tale indirizzo risulta sostenuto dai cittadini dei due comuni attraverso un apposito referendum;

la Direzione regionale Sanità pubblica, circa le caratteristiche qualitative delle risorse idriche interessate dal nuovo acquedotto rifendosi ad analisi effettuate negli anni 1991, 1992 e 1996, riteneva che per l'utilizzo idropotabile era necessario un trattamento fisico e di disinfezione;

il Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri in data 20 luglio 2001 con una nota, sottolineava come la localizzazione dell'opera di presa dell'acquedotto alternativo all'interno del Parco non poteva ritenersi elemento inibente la realizzazione dell'acquedotto stesso, poiché la prescrizione contenuta nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 1999, con riferimento al posizionamento all'esterno del Parco dell'opera di presa dell'acquedotto, era scaturita da un convincimento generale sui confini del parco e che in sede di approfondimenti si verificava che l'intero alveo del Rio Acque Striate ricadeva in area parco,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo non ritengano che si è di fronte ad un'opera, rifiutata peraltro dagli stessi comuni interessati, di nessun interesse pubblico che pone a serio rischio gli equilibri ambientali di una zona protetta;

se non intendano verificare quali siano gli assetti societari della Cementir spa, oggi Arquata Cementi, in merito alle reali strategie circa gli investimenti effettuati per la costruzione dell'acquedotto alternativo necessario per la coltivazione della nuova miniera;

quali siano le compatibilità del progetto con la Direttiva CEE 92/43 e rispetto al grado di naturalità del Rio Acque Striate; quali siano le motivazioni tecniche e/o economiche per non effettuare analisi recenti a supporto delle caratterisiche qualitative delle risorse idriche del nuovo acquedotto nonché l'attendibilità delle analisi effettuate nel 1996;

se i Ministri non ritengano che la nota del Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri stravolgendo le prescrizioni previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 agosto 1999 sia illegittima in quanto in contrasto con una fonte normativa secondaria; se alla luce di quanto esposto non ritengano di disporre il ritiro dell'atto autorizzatorio nel legittimo interesse pubblico.

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