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4 luglio 2003

Si susseguono sulle cronache notizie sempre più allarmanti riguardo al traffico di rifiuti pericolosi. La frequenza con cui se ne parla è certamente da mettere in relazione alle numerose indagini avviate dalle forze di polizia nel corso dell'ultimo anno, grazie ai nuovi strumenti investigativi offerti dall'ormai noto art.53 bis del D.Lvo 22/97, e dai relativi risultati che si iniziano a conoscere sotto i suggestivi nomi di "Operazione Greenland" (Umbria), "Operazione Murgia violata"(Puglia), "Operazione Econox" (Calabria). Queste e altre ancora sono la dimostrazione lampante del fatto che i soggetti istituzionali ai quali sono affidati i controlli ambientali sono in grado di reprimere efficacemente le organizzazioni che lucrano sui rifiuti provocando gravi guasti all'ambiente se solo il legislatore mette loro nelle condizioni di poterlo fare.

Una della modalità attraverso la quale si attua questo tipo di traffici è la cosidetta "mimetizzazione" cioè la messa in opera di sistemi di depistaggio dei rifiuti in grado di celarne la natura come per es. quello di sostituire il formulario di trasporto con un innocuo documento di viaggio (girobolla) il quale riporta la dicitura di "ammendante" o simili ai sensi della legge 19 ottobre 1984, n. 748, concernente "Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti".

Purtroppo si potrebbe dire che non c'è niente di nuovo sotto il sole. Lo spaccio di rifiuti come utile concime organico è in realtà una pratica la cui origine si può ritrovare fin dagli albori della legislazione ambientale, da quella L.319/76 sulla tutela delle acque dall'inquinamento nella quale, per la prima volta, si inizia a voler regolamentare lo smaltimento dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione le cui norme tecniche verranno poi dettate nella ancora vigente Delibera del Comitato Interministeriale 4 febbraio 1977, allegato 5. Il problema dello smaltimento finale dei fanghi è uno degli "inconvenienti" derivanti dall'applicazione della normativa agli scarichi civili e industriali i quali, per poter rientrare in tabella, dovevano giocoforza essere sottoposti ad un trattamento depurativo che se da una parte li rendeva accettabili per le acque superficiali, dall'altra generava questo materiale semisolido con caratteristiche chimico-fisiche spesso tali da renderne inadatto il riutilizzo.

Tra le soluzioni più frequentemente utilizzate per liberarsi di questo ospite incomodo c'era appunto la miscelazione dei fanghi con altro materiale, in prevalenza terra, ma anche letame e liquame di origine animale, ottenendo in tal modo sia di ridurre la concentrazione degli inquinanti più pericolosi che di far assumere alla massa quell'aspetto appunto ingannevole in grado di permetterne la commercializzazione. L'unico elemento che svelava questo sotterfugio era costituito dal prezzo veramente esiguo al quale l'ammendante veniva venduto, quasi un'offerta simbolica, il che faceva scattare accertamenti sulla provenienza, il trasporto e la composizione. Questo poteva avvenire alla luce di segnalazioni riguardanti strani andirivieni di autocarri, magari con targhe di fuori regione, la presenza di odori insopportabili o di colorazioni tutt'altro che naturali.

Come abbiamo visto, a distanza di decenni, la prassi è tuttora seguita.

Posto che comunque chi ha la volontà di delinquere in campo ambientale percorre questa strada incentivato dalla massimizzazione dei guadagni e dalle spese irrisorie che accompagnano questo tipo di iniziativa, e che non ci si deve illudere sul fatto che questi traffici possano essere sempre stroncati sul nascere, verrebbe in ogni caso da chiedersi se gli strumenti che il legislatore ha emanato per un controllo efficace lungo la filiera della gestione di questi particolari rifiuti siano stati sufficienti. La domanda è naturalmente retorica.

Tuttavia occorrerebbe sottolineare che la facilità dell'illecito attraverso il sistema della mimetizzazione non è mai stato veramente contrastato laddove invece serviva porre rimedio, cioè nella legislazione sui fertilizzanti appunto, la L.748/84. Quello che rende così "spontaneo" servirsi della disciplina sui fertilizzanti è anche l'evidente semplicità di mezzi e requisiti che la legge richiede per improvvisarsi produttore di concimi.

Esaminando infatti la disciplina la prima cosa che serve conoscere è la definizione di:

Fertilizzante: per fertilizzante si intende qualsiasi sostanza che, per il suo contenuto in elementi nutritivi oppure per le sue peculiari caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche contribuisce al miglioramento della fertilità del terreno agrario oppure al nutrimento delle specie vegetali coltivate o, comunque, ad un loro migliore sviluppo. Il termine 'fertilizzante' comprende prodotti minerali, organici e organo-minerali, che si suddividono in 'concimi' ed 'ammendanti e correttivi'.

Concime: per concime si intende qualsiasi sostanza, naturale o sintetica, minerale od organica, idonea a fornire alle colture l'elemento o gli elementi chimici della fertilita' a queste necessarie per lo svolgimento del loro ciclo vegetativo e produttivo, secondo le forme e le solubilita' prescritte dalla presente legge.

Ammendante e correttivo: per ammendante e correttivo si intende qualsiasi sostanza, naturale o sintetica, minerale od organica, capace di modificare e migliorare le proprietà e le caratteristiche chimiche, fisiche, biologiche e meccaniche di un terreno.

La prima nota interessante si trova in calce all'art.1 della legge, al comma 8: "tutte le acque reflue degli stabilimenti industriali, degli insediamenti urbani e rurali e degli allevamenti zootecnici non sono considerate, in quanto tali, fertilizzanti ai fini della presente legge." E' evidente che nella fase storica in cui si è scritta la legge il legislatore aveva in mente le innumerevoli occasioni in cui si è trovato a dibattere sulla richiesta utilitaristica di effettuare la distribuzione di acque reflue sui suoli agricoli, nella speranza di sottrarsi al campo di applicazione della L.319/76 ed evitando così di dover rispettare limiti allo scarico.

Tanto per stare nel sicuro il medesimo concetto è ribadito anche all'art. 14: "Nulla è innovato per quanto riguarda la regolamentazione dello smaltimento sul suolo adibito ad uso agricolo dei liquami e dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione prevista dall'articolo 2, lettera e), e dall'articolo 4 della legge 10 maggio 1976, n. 319 e da altre norme vigenti."

La preoccupazione c'era già allora, quindi. Purtroppo le forme in cui si è manifestata rimangono molto blande, come se si trattasse di un semplice pro-memoria. E' un peccato che nessuno abbia ancora pensato di rendere molto più cogente questa preoccupazione magari stabilendo che l'utilizzo illecito delle definizioni di "concime", "ammendante" e "correttivo" sia sottoposto a sanzione, salvo reato più grave.

L'aspetto tuttavia più debole dell'intera disciplina e il motivo per il quale si rende così appetibile ai trafficanti di rifiuti sono le disposizioni in materia di commercializzazione, art.8, comma 3.

E' infatti regolamentata la sola messa in vendita dei fertilizzanti attraverso le indicazioni di etichettatura, a loro volta stabilite negli allegati alla legge: denominazione, titolo per singolo elemento fertilizzante, peso netto o lordo, il nome o la ragione sociale o il marchio depositato nonché la sede dello stabilimento di fabbricazione o di confezionamento o del deposito e l'indirizzo del responsabile dell'immissione in commercio del concime avente sede nel territorio dell'Unione Europea, le eventuali altre indicazioni obbligatorie previste nell'allegato dedicato (IA, IB, IC).

La produzione di fertilizzanti non è quindi sottoposta ad alcun controllo preventivo. Gli stabilimenti dove si effettuano sintesi o miscelazioni di materie prime per la commercializzazione di concimi, ammendanti e correttivi non sono soggetti a disposizioni quali potrebbe essere per es.una autorizzazione all'esercizio ai sensi della L748/84 il cui rilascio potrebbe mettere nelle condizioni l'ente di controllo di verificare sia ex-ante che ex-post che le lavorazioni svolte e le materie prime utilizzate siano quelle previste dal disciplinare tecnico applicabile. Inolte garantirebbe la realizzazione di un'anagrafe, su supporto informatico, consultabile in tempo reale da chi svolge accertamenti.

Al contrario, proprio per questa carenza, si può aprire un'attività di produzione "ammendante da lombricoltura", muniti di qualche attrezzatura per il rivoltamento del materiale, degli indispensabili lombrichi che vivranno il tempo di una settimana e di una ampia fossa (non a tenuta) entro la quale gettare di tutto, anche di ciò che è necessario liberarsi con poca spesa.

E' giusta l'obiezione: dall'emanazione del decreto Ronchi la produzione di fertilizzanti a partire da rifiuti è regolamentata, almeno sotto il profilo dei non pericolosi, attraverso il DM 5 febbraio 1998 relativo alle attività di recupero. E le imprese che presentano comunicazione ai sensi dell'art.33 del D.Lvo 22/97 sono iscritte al registro provinciale. Tuttavia, ne parleremo più avanti, è illusorio ritenere che queste procedure semplificate garantiscano un controllo efficace.

Ma, per tornare alla disciplina sui fertilizzanti, l'elemento più sconcertante, perché a nessuno è ancora venuta l'idea di porvi rimedio, è che la commercializzazione del prodotto finale è ammessa anche allo stato sfuso, senza cioè necessità di confezionamento in sacchi o altri tipi di contenitore, e che, in luogo dell'etichetta con le indicazioni obbligatorie, "tali indicazioni debbono figurare sui documenti di accompagnamento. Un esemplare dei documenti di accompagnamento, contenente le indicazioni di identificazione, deve essere unito in ogni caso alla merce e deve essere accessibile agli organi di controllo."

Questa è probabilmente la condizione che più solletica il trafficante, la possibilità di far transitare la merce sulle strade con il solo obbligo di scrivere sul documento di accompagnamento i riferimenti indicativi degli allegati alla legge sui fertilizzanti. Un obbligo tendente invece alla commercializzazione in contenitori etichettati comporterebbe maggiori oneri, più preparativi, un minimo di organizzazione del lavoro, tempo e denaro che certamente costoro non intendono sprecare, tutti elementi sufficienti a debellare l'utilizzo come paravento del termine di ammendante.

La dicitura di ammendante sul documento di accompagnamento rappresenta in effetti un comodo rifugio sia per quanto riguarda l'aspetto pseudonaturale sia per ciò che consegue in termini di accertamento di conformità. Che sia vero o falso non importa, in quanto l'eventuale controllo su strada o anche a destino presupporrebbe come unica forma di accertamento la raccolta di un campione e l'effettuazione di un'analisi del titolo richiesto dall'allegato 1C per quel particolare ammendante.

Già il fatto di dover raccogliere un campione per una successiva analisi è elemento di per sé sufficiente a disincentivare il controllo, in specie se su strada: oltre alla disponibilità di mezzi, all'organizzazione del campionamento, alla verbalizzazione del prelievo e alla necessità di conferire il campione al laboratorio pubblico più vicino, si presenta il problema dell'attesa del referto. Considerato che in genere i tempi di consegna del referto non sono inferiori a 60 gg cosa fare nel frattempo del carico sottoposto ad accertamento?

Inoltre dobbiamo considerare che la conformità richiesta riguarda due aspetti: la corrispondenza del titolo con quanto dichiarato e la presenza di sostanze pericolose in concentrazioni inferiori alla soglia prefissata. L'art.12 della legge punisce chiunque vende, pone in vendita o mette altrimenti in commercio o fornisce per obbligo contrattuale o societario fertilizzanti non conformi alle norme della presente legge e dei suoi allegati, salvo che il fatto sia previsto come reato dal codice penale, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro.

Tuttavia rileggendosi le varie ipotesi sanzionatorie quella che in effetti punisce le difformità rispetto al titolo e alla concentrazione di sostanze pericolose è solo l'ultima: f) da L. 1.500.000 a L. 4.000.000 per ogni altra violazione alle norme della presente legge e dei suoi allegati. Per la prima difformità, quella relativa al titolo, potremmo ritenere trattasi di tipica frode in commercio e quindi ritenere adeguata la sanzione, per la seconda difformità, che equivale alla messa in vendita di materiale inquinato, si deve necessariamente far riferimento ad un reato del codice penale.

Tuttavia leggiamo prima l'elenco delle sostanze pericolose delle quali si deve accertare la concentrazione (da ultimo modificato con DM 20 marzo 2001):

"1.5 Per gli ammendanti e correttivi di cui al capitolo 2 del presente allegato, i tenori massimi consentiti in metalli pesanti espressi in mg/kg e riferiti alla sostanza secca sono i seguenti:

______________________________________________________________________
                      |           |            | Ammendanti numeri 3,
                      |           |            |  4, 5 e 6 di cui al
                      |           |            |      punto 2.1
       Metalli        |Ammedanti  |Correttivi  |   dell'allegato 1C
______________________|___________|____________|______________________
 Piombo totale....    |  140      |  100       |  140
______________________|___________|____________|______________________
 Cadmio totale....    |    1,5    |    1,5     |    1,5
______________________|___________|____________|______________________
 Nichel totale....    |  100      |  100       |   50
______________________|___________|____________|______________________
 Zinco totale....     |  500      |  500       |  500
______________________|___________|____________|______________________
 Rame totale....      |  230      |  230       |  150
______________________|___________|____________|______________________
 Mercurio totale....  |    1,5    |    1,5     |    1,5
______________________|___________|____________|______________________
 Cromo esavalente     |           |            |
 totale               |    0,5    |    0,5     |    0,5

Il numero dei parametri chimici che devono essere ricercati è piuttosto esiguo. Manca persino il cromo trivalente che pure dovrebbe essere suggerito dalle numerosi occasioni nel corso delle quali si è verificata l'aggiunta illecita di fanghi conciari, notoriamente ricchi di cromo III.

Il contenuto di cromo III di questi fanghi sarebbe orientativamente compreso tra i 1482 e i 19498 mg/kg ss, mentre il cromo VI si dimostra assente (dati ARPAT riferiti al Comprensorio Pratese del Giugno 1996). Se la verifica di conformità è limitata a questi sette parametri si corre il rischio di rendere ammissibile la circolazione di pericolose mescolanze.

Già da queste poche note si riesce a comprendere come le difficoltà di accertamento assieme a disposizioni come minimo inadeguate siano in grado di minare l'efficacia dei controlli ordinari in questo campo le cui competenze ricadono peraltro nel Ministero delle Politiche Agricole e nel Ministero delle Finanze, anche in questo mostrando la "vetustà" di un concetto centralistico del controllo.

C'è ancora da ricordare che la prima versione del D.Lvo 22/97 riteneva di escludere dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti, tra le altre, anche le attività di trattamento degli scarti che danno origine ai fertilizzanti, individuati con riferimento alla tipologia e alle modalità di impiego ai sensi della legge 19 ottorbe 1984, n.748, e successive modifiche e integrazioni. Dobbiamo ringraziare la Comunità Europea che ha aperto una procedura d'infrazione contro il Governo della precedente legislatura richiedendo la cancellazione di tale deroga in quanto in contrasto con i principi della direttiva di recepimento.

Infine per quanto riguarda il DM 5 febbraio 1998 riguardante il recupero dei rifiuti non pericolosi c'è da dire che due interi capitoli trattano l'argomento. Il 16, rifiuti compostabili, e il 18, rifiuti destinati alla produzione di fertilizzanti.Una veloce scorsa alle tipologie e alla provenienze dei rifiuti mette in risalto come le procedure semplificate siano state ammesse con un criterio di estrema prudenza, anche se poi l'accertamento di conformità deve essere effettuato secondo i dettami della Legge 748/84 il cui impianto normativo abbiamo visto non essere esente da critiche.

La prima critica è relativa al peccato originale della semplificazione, il fatto cioè che tutta la procedura si basi su dichiarazioni di corrispondenza con quanto dice la norma tecnica senza che siano richieste le opportune dimostrazioni sottoforma di disegni e relazioni (salvo laddove le istituzioni sono dotate di un minimo di iniziativa e rifiutano di accettare documenti del tutto risibili sotto il profilo informativo).

La seconda è che il silenzio-assenso scatta inesorabilmente per la stragrande maggioranza di queste comunicazioni, senza che vi sia alcun giudizio né prescrizione da parte dell'ente competente, in genere le Province. Basti dire che non vi è nessun obbligo di controllo periodico del titolo fertilizzante o delle concentrazioni degli inquinanti.

La semplificazione anzi ottiene un effetto davvero perverso. Oggi basta esibire copia della comunicazione inviata alla Provincia di competenza perché il cliente si senta garantito, il che rappresenta davvero un bel regalo per questi contraffattori di rifiuti.

Infine il decreto ammette che per avviare una attività di recupero di rifiuti, sebbene non formalmente pericolosi, ma comunque non esenti da rischi sia rispetto alla provenienza che nella loro manipolazione, non vi sia alcuna necessità di prestare fideiussioni in grado di tutelare la comunità in caso di fallimento dell'impresa stessa, per non parlare di peggio.

 

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