interventi
20 agosto 2002

In logica continuazione con l'argomento trattato il mese scorso in questa occasione vediamo di identificare le cause che stanno alla base di una delle storture più evidenti delle città diffuse, sotto il profilo ambientale: la mancanza di un servizio di fognatura per la depurazione delle acque domestiche o industriali. Come si diceva nell'articolo precedente questo progredire di costruzioni fuori da ogni logica pianificatoria regala tutta una serie di inconvenienti, per non dire peggio, i cui effetti si possono avvertire spt dal lato economico solo quando ormai il processo è diventato irreversibile.

Tra gli inconvenienti c'è appunto quello legato alla difficoltà di assicurare a queste piccole comunità i servizi, le prestazioni che di norma troviamo nelle città vere e proprie.

Per parlare di scarichi se difetta la pianificazione urbana, nondimeno potrà essere avvantaggiata la pianificazione fognaria. Posto che purtroppo quest'ultima non è comunque ancora patrimonio di tutte le ammininistrazioni, molte delle quali continuano ad affidare gestioni ad una miriade di soggetti terzi in evidente spregio rispetto ai principi della Legge Galli, anche laddove gli investimenti sono razionalizzati grazie ad una visione unitaria, di sistema, non si può certo sempre chiedere di sopportare costi ingiustificati per assicurare il servizio ad un ridotto numero di abitanti (equivalenti).

Con la diminuzione dei trasferimenti i bilanci comunali non possono più garantire tutto a tutti. Poiché già di norma tra le priorità che finiscono in fondo alla lista si ritrovano la realizzazione delle tratte fognarie, le quali come opere pubbliche hanno due svantaggi: quello di stare sotto un metro di terra e quello di costare troppo, men che meno si prenderanno in esame proposte di estendimenti di rete per oneri sproporzionati a fronte di un esiguo numero di utenti. Da questo punto di vista non si può che condividere, rimane tuttavia di constatare come non si impari dagli errori delle amministrazioni precedenti. Nonostante l'evidente diseconomia conseguente ad un simile modello (modello?) di urbanizzazione, quanti sono i Piani Regolatori (o analoghi) che si propongono di invertire le tendenze alla diffusione?

Immaginando di essere nella condizione di dover porre comunque un rimedio alle storture passate si provi ad esaminare una situazione tipo rappresentata da un piccolo agglomerato costituito da abitazioni poste lungo una strada di campagna con annessi depositi, magazzini o vere e proprie attività. Originariamente le costruzioni presenti erano costituite da caratteristiche case coloniche che, attraverso ristrutturazioni, ampliamenti o interventi di nuova realizzazione hanno moltiplicato le presenze, nel volgere di pochi anni, passando, per es. da 10 a 100 abitanti equivalenti e perdendo il rapporto privilegiato con la produzione agricola per quello più stabile e remunerativo con un'attività artigianale. L'agglomerato si estende per un chilometro lineare, ma dista dalla condotta della pubblica fognatura in misura tale da costringere alla resa anche il più ostinato degli amministratori.

Si sono così create le condizioni perché emerga un problema, tra gli altri, quello del ristagno di scarichi maleodoranti. In effetti il fossato stradale al quale recapitano tutti i manufatti vecchi e nuovi via via realizzati lungo questa piccola arteria stradale non dispone di acqua corrente, ma svolge solo una funzione scolante in caso di piogge, e quindi, in tempo secco non è in grado di assicurare alcuna capacità autodepurativa. Coloro i quali si trovano nella parte meno fortunata rispetto alle pendenze presenti mal sopportano gli effluvi che si riuniscono sotto alle finestre delle proprie abitazioni.

Tale stato di cose si è evoluto a causa di domande di intervento che si sono susseguite senza una logica di piano e di progetti che sono stati approvati sotto le mentite spoglie di "servizi per l'agricoltura". Sempre che le istruttorie siano state condotte seriamente ogni costruzione è adesso dotata di una fossa Imhoff dimensionata rispetto al numero di vani presenti. Tuttavia, come sanno i nostri lettori più attenti, questa sistema di trattamento non ha certo le caratteristiche migliori per abbattere il carico organico derivante da metabolismo umano. In condizioni ottimali si parla di percentuali oscillanti tra il 30% e il 50%.

Il passo successivo è quindi quello di "coprire le vergogne". Il tombinamento del fossato avviene o per iniziativa del singolo che poi viene imitato dai vicini posti immediatamente a valle o mediante la concertazione e la condivisione delle spese da parte di tutta la piccola comunità. In questo secondo caso non è infrequente che l'Amministrazione Comunale, restìa a realizzare gli interventi di maggior onere, possa venire incontro alle richieste di un parziale contributo alle spese. Viene finalmente installata la condotta destinata a portare altrove gli effetti della presenza umana, secondo il noto principio NIMBY (non nel mio giardino). Non per caso la definizione utilizzata per distinguere queste condotte è "fognature di allontanamento"

Con il passar del tempo alla condotta si allacciano nuovi utenti. Poiché si tratta di collettore privo di gestore l'allacciamento avviene senza particolari formalità, ergo senza chiedere l'autorizzazione. Nessuno controlla quindi l'installazione di fosse Imhoff. Lo stesso vale per le fosse esistenti, perché spendere per la manutenzione quando c'è la fogna?

Viene quindi il momento per il Comune di "riqualificare" l'area, il che significa portare un po' di servizi e di sociale all'interno dell'agglomerato, attraverso interventi edilizi di carattere residenziale e commerciale. Naturalmente il soggetto attuatore della lottizzazione urbanizza decidendo di collettare le nuove costruzioni alla fogna esistente, sempre in previsione della "prossima" opera pubblica finanziata attraverso gli oneri versati.

A questo punto ce n'è abbastanza perché l'inconveniente igienico-sanitario assuma i connotati di un problema ambientale. Il tubo infatti da qualche parte recapita. Molto presumibilmente verso un corpo idrico di maggiore significatività. Come si può immaginare l'evidenza è tale da non passare inosservata, sia che si tratti di campeggiatori, semplici passanti o guardie ecologiche in perlustrazione. Scattano i primi esposti dove si chiede di identificare i responsabili dello scempio, qualcuno effettua un prelievo. Magari anche le cronache locali se ne occupano imbastendo articoli la cui titolazione è facile immaginare.

Alla fine di questa breve cronistoria tutta italiana la conclusione sconfortante è che quello scarico è di …nessuno. Nessuno è colpevole, per quanto tutti abbiano contribuito a creare il caso. Ai proprietari dei lotti nulla si può rimproverare, la fossa Imhoff le hanno installate. Al Comune non ci si può rivolgere, la fogna non è pubblica. Nel rimpallo delle responsabilità naturalmente lo scarico è ancora in funzione, in attesa di un evento superiore.

Soluzioni. Al 2005 tutti gli scarichi esistenti di acque reflue urbane dovranno essere serviti da un trattamento appropriato secondo quanto stabilito dalla normativa regionale. In questo caso tuttavia è difficile sostenere si tratti di acque urbane, la proprietà del tubo non è comunale. Si tratta più semplicemente di acque domestiche convogliate in una rete privata di allontanamento. Allora le scadenze sono diverse, per l'adeguamento si parla del 31 dicembre 2003 (scadenza appena prorogata con L.31 luglio 2001 n.179) e gli oneri sono a carico degli utenti allacciati alla condotta.

L'uaspicio è che i nostri eroi si mettano d'accordo. Posto che si trovi un modo per convincere le parti tra anni xx, salvo proroghe, finalmente anche questo scarico forse sarà dotato di un trattamento finale. Ma per una storia che si chiude quante altre si riaprono?

 

 

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