interventi
28 giugno 2004

A Modena le isole ecologiche per la raccolta differenziata dei rifiuti, anche note come ecopiazzole, sono state poste sotto sequestro dal Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente. Il sequestro non è stato convalidato dal magistrato di turno che le ha restituite all'uso pubblico nel giro di 48 ore, lo spazio di un fine settimana nel corso del quale in città non si è parlato d'altro.

L'iniziativa ha subito trovato detrattori e sostenitori pronti ad una disfida pubblica a base di interpretazioni autentiche e pareri legali dell'ultima ora e numerose sono state le critiche sollevate sull'operato dell'azienda municipalizzata che le gestisce e delle amministrazioni che le dovrebbero controllare.

Per esperienza ormai si sa che si tratta di fuochi di paglia destinati a spegnersi presto, non appena nuovi incendi arrivano ad occupare le prime pagine delle cronache locali o nazionali. Quello che proprio invece non va è che l'episodio abbia contribuito ad incrinare la fiducia dei cittadini in una buona idea attuata per favorire il recupero dei rifiuti dalla massa indistinta della nettezza urbana. E che non si tratti solo di una bella teoria, ma anche di una solida realtà gestita con cura ed attenzione è facile rendersene conto, anche solo osservando le riprese televisive delle ecopiazzole nel corso dell'operazione di sequestro. Come comprensibile l'iniziativa ha provocato lo sconcerto dei modenesi frequentatori abituali dell'isola "Calamita" come delle altre: da un giorno all'altro sono diventati protagonisti, loro malgrado, di uno dei tanti esempi di abuso ambientale che imperversano nel nostro paese.

Non è chiaramente così ma purtroppo il danno è fatto ed è difficile credere che dubbi e disaffezioni non lasceranno qualche strascico. Con il massimo rispetto per l'azione delle forze dell'ordine e dei corpi di polizia ai quali sono stati riconosciuti importanti meriti di prevenzione e tutela ambientale non ci si può sottrarre dal considerare questo episodio come uno spiacevole infortunio, tanto più commendevole proprio perché non necessario. L'infortunio non è rappresentato, sia chiaro, dall'aver evidenziato la natura dell'infrazione riscontrata, su cui diremo più avanti, quanto dal ritenere che la mancanza dell'autorizzazione, nel caso di specie, potesse configurare una situazione di tale rischio ambientale da giustificare un'iniziativa estrema come il sequestro. Qui l'effetto è proprio il contrario perché è la stessa interruzione di un pubblico servizio come quello delle stazioni ecologiche che, a ben vedere, può finire per provocare possibili comportamenti in danno alla collettività.

Che quello dell'autorizzazione delle ecopiazzole ai sensi degli artt.27 e 28 del D.Lvo 22/97, alias Ronchi, sia un tasto dolente non è in discussione, è uno degli aspetti controversi della norma come ce ne sono purtroppo tanti a proposito dei quali spesso ci si sofferma ad esaminarne il profilo. L'idea delle isole ecologiche, una buona idea si ribadisce, nasce in Europa e viene importata nel nostro paese dove è una realtà per molte amministrazione comunali da parecchi anni. Al di là degli indiscutibili successi di iniziative nel genere nel ridurre, se non eliminare, il fenomeno delle microdiscariche gli interrogativi che ogni tanto ritornano, come in un classico di Stephen King, riguardano proprio la configurazione normativa delle ecopiazzole e l'applicabilità alle stesse dei normali strumenti di controllo previsti a carico di produttori e gestori di rifiuti, cioè a dire registri di carico-scarico e formulari di trasporto.

Il più delle volte il concretizzarsi di una serie di quesiti sulla liceità di questi centri nasce nella fase di localizzazione a causa dell'ostilità preconcetta di chi, pur riconoscendone l'utilità, contrae un improvviso malessere meglio noto come "sindrome NIMBY ("not in my backyard") che si manifesta con un avversione totale nei confronti della prossima localizzazione di un'ecopiazzola oppure dopo lo sconfortante riscontro su una gestione dei rifiuti dell'isola che lascia molto a desiderare magari accompagnata dalla constatazione che non tutti i propri concittadini brillano in educazione e rispetto per gli altri. A qualcuno è allora venuto in mente di chiedere un parere, per la precisione alla Provincia di Udine che ha ritenuto di dover investire il Ministero dell'Ambiente della problematica. Il quale ha così risposto:

In riferimento alla vs. richiesta si ribadisce quanto già precisato nella nota 20349/ARS/R secondo cui le ecopiazzole presso cui viene effettuato il conferimento dei rifiuti urbani differenziati si configurano come centri di stoccaggio (messa in riserva nel caso in cui i rifiuti siano destinati a successive operazioni di recupero e deposito preliminare nel caso in cui gli stessi siano destinati allo smaltimento).

Le ecopiazzole devono pertanto essere autorizzate ai sensi degli articoli 27 e 28 del Dlgs 22/1997 o, qualora ricorrano tutte le condizioni ai sensi dell'articolo 33, nel rispetto della normativa tecnica attualmente in vigore ai sensi dell'articolo 57, comma 1 Dlgs 22/1997.

Nel caso specifico si fa riferimento alle disposizioni di cui al punto 2.1.2 della delibera del 27/7/84, in cui viene precisato che nelle stazioni di trasferimento dei rifiuti urbani e negli impianti di stoccaggio provvisorio realizzati in funzione del successivo avvio dei rifiuti al trattamento o alla discarica, devono essere adottate, per quanto applicabili, le caratteristiche costruttive e le modalità di esercizio richieste per gli impianti di discarica nonché i tempi massimi di permanenza dei rifiuti in relazione ai pericoli per la salute dell'uomo o per l'ambiente.

Si ritiene inoltre che debbano essere rispettati i criteri generali per la ubicazione e la conduzione degli impianti stabiliti al punto 3.2 della stessa delibera relativi alla compatibilità degli stessi con l'assetto urbano nonché al rispetto delle norme vigenti in materia di tutela dell'ambiente.

Per ciò che concerne i contenitori adibiti alla raccolta e collocati all'interno delle suddette aree si ritengono applicabili i requisiti richiesti al punto 2.1 della delibera secondo cui tali contenitori devono essere idonei a proteggere i rifiuti dagli agenti atmosferici e dagli animali e devono essere sottoposti a periodiche operazioni di bonifica. (5 agosto 1999).

Per quanto illustre e di provenienza "certificata" tale parere evidentemente non ha convinto. In caso contrario non si spiegherebbe perché esiste sicuramente una quota maggioritaria di ecopiazzole nel nostro paese i cui gestori non hanno né chiesto né ottenuto l'indispensabile riconoscimento autorizzativo da parte delle province italiane. Vi saranno delle ragioni o dobbiamo pensare che siano tutti in dolo, in malafede? Vediamo quali sono le controdeduzioni sulla base delle quali non viene condiviso il pensiero del Ministero dell'Ambiente.

Per non si sa bene quale strano motivo a sostenere le tesi opposte si è prestata la provincia di Gorizia, confinante con quella di Udine:

Linee guida per le ecopiazzole provinciali.

  1. Iter autorizzativo e documentazione di riferimento
    1. Definizioni secondo il D.Lgs 22/97

L’Art 21 del Dlgs 22/97, al comma 1, prevede che i Comuni effettuino la GESTIONE dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime di privativa nelle forme di cui alla legge 142/90.
È opportuno ricordare che ai sensi dell’art. 6 del Dlgs 22/97, lettera d, si intende per GESTIONE: "L’insieme delle fasi di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento, compresa il controllo delle operazioni." Pertanto si assume subito che la possibilità operativa del Comune è molto ampia e non riguarda solo ed esclusivamente la fase di raccolta.

Il comma 2 dell’art. 21 del Dlgs 22/97 prevede che i Comuni disciplinino la gestione dei rifiuti urbani con appositi REGOLAMENTI che nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità stabiliscono:

  1. le disposizioni per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani;
  2. le modalità del servizio di RACCOLTA dei rifiuti urbani;
  3. le modalità di conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi;
  4. le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi, (.)
  5. le modalità di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento;
  6. le disposizioni necessarie a ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche,(.);
  7. l’ASSIMILAZIONE per qualità e quantità dei rifiuti SPECIALI non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati ai sensi dell’art. 18, comma 2, lettera d).

Sono comunque considerati rifiuti urbani, ai fini della raccolta, del trasporto e dello stoccaggio, tutti i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade ovvero, di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime, lacuali, e sulle rive dei corsi d’acqua.

Quindi si ritiene che il luogo fisico definito piazzola ecologica o ecopiazzola (ecc.), che di fatto è costituito da uno spazio, recintato e custodito, nel quale possono essere conferiti tutti i rifiuti urbani ingombranti che non possono essere conferiti al normale servizio di raccolta stradale (cassonetti), sia il logico spazio sussidiario e complementare ai normali sistemi di raccolta istituibili ed istituiti dai Comuni rientrando pienamente nei disposti di cui all’art. 21 del Dlgs 22/97, ed in particolare nella fase di RACCOLTA del rifiuto, o meglio nella fase di RACCOLTA DIFFERENZIATA del rifiuto. Infatti con essa si attuano i principi di cui al comma 2 lettera c) dell’art. 21 cioè "garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi."

Da sempre esistono difficoltà ad applicare una normativa che non prevede esplicitamente tali strutture di raccolta.
Interpretando il D.lgs 22/97 la piazzola ecologica non è un impianto né di recupero né di smaltimento, perché rientra nelle fasi di raccolta, così come previsto dalla normativa vigente. Nella piazzola entrano rifiuti che vengono raccolti in forma differenziata, ed escono rifiuti che in parte vengono destinati agli impianti di recupero ("distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli "stessi") e in parte vengono destinati agli impianti di smaltimento.

In base alla lettera g) e i) dell’art. 6 del Dlgs 22/97 le operazioni di smaltimento sono le operazioni di cui all’allegato B del Dlgs 22/97 e quelle di recupero sono quelle di cui all’allegato C dello stesso decreto. Per quanto riguarda le operazioni di smaltimento nessuna delle operazioni di cui all’allegato B e dell’allegato C viene compiuta nelle piazzole ecologiche ad eccezione dei "depositi preliminari" che, nella ecopiazzola sono finalizzati però alla ottimizzazione della raccolta differenziata.

Pertanto all’interno della stessa possono essere eseguite delle solo semplici operazioni di scomposizione funzionali alla riduzione volumetrica del rifiuto conferito finalizzate alla ottimizzazione della raccolta e del trasporto e alla valorizzazione delle differenti frazioni della raccolta differenziata (legno, metalli, plastica, ecc.) nel rispetto dei principi di cui all’art. 21, comma 2 lettera c), d), e).

La disposizione di cui al comma 8 dell’art. 33 del Dlgs 22/97 stabilisce espressamente che le disposizioni di recupero in forma semplificata non si applicano ai rifiuti urbani, con l’eccezione della produzione di compost,
delle attività di produzione ed impiego di CDR.

In questo modo non vengono sovrapposte le procedure di recupero semplificato ai sensi dell’art.33 con gli spazi previsti dall’art. 21 del Dlgs 22/97 e che invece sono realizzabili mediante inserimento nel REGOLAMENTO comunale.

Pertanto, riassumendo, la gestione di una piazzola ecologica (definita come semplice operazione di raccolta) rientra nella privativa comunale non necessita di autorizzazione provinciale (neppure in procedura semplificata) ed è pertanto realizzabile, utilizzando quanto espressamente disposto dall’art. 21 del Dlgs 22/97, mediante una apposita voce del REGOLAMENTO comunale; resta inteso che all’interno dell’ecopiazzola possono essere conferite solamente alcune tipologie di rifiuti urbani, quelle ben definite appunto dal regolamento.

Pur considerando che la contrapposizione tra due opposte valutazioni dal dettato della norma non dovrebbe comunque andare a scapito della tutela dell'ambiente e che la buona riuscita di una iniziativa non necessariamente è garantita dal possesso di un attestazione (magari fosse così) l'indirizzo dato dalla Provincia di Gorizia non solo è ben argomentato, ma contiene anche l'indicazione di un'equivalente alternativa al rilascio di un'autorizzazione e cioè la normazione locale attraverso lo strumento del regolamento.

Anche questa strada non è escluso sia altrettanto efficace sotto il profilo del controllo.

Continuando con la ricerca si scopre che anche la Regione Piemonte, regione capofila nella materia ambientale, è dello stesso avviso:

A) RIFIUTI URBANI Le attività di raccolta e trasporto di rifiuti urbani effettuate direttamente dai Comuni e/o dalle Comunità Montane rientrano nella privativa pubblica e, non sono soggette ad alcuna autorizzazione o iscrizione all'Albo Gestori di cui all'art. 30 D. lgs. 22/97.

Le attività di raccolta e trasporto di rifiuti urbani effettuate da consorzi, aziende speciali sono sottoposte a iscrizione all'Albo gestori ai sensi dell'art. 30 comma 10 Decreto Legislativo n. 22/97, tramite una comunicazione da parte del Comune di riferimento per i Comuni convenzionati o da parte del Comune sede legale del consorzio per quelli consorziati, che deve garantire le capacità tecniche e finanziarie dei Consorzio delle Aziende speciali. Poichè non è esplicitamente previsto un regime transitorio per permettere ai suddetti enti di adeguarsi alle nuove disposizioni si ritiene applicabile il regime transitorio dell'art. 57 comma 5 D.Lgs. 22/97.

La conduzione delle stazioni di trasferimento e stazioni di conferimento di rifiuti urbani, essendo di competenza e di privativa pubblica, si ritiene che rientrino nelle operazioni di raccolta di cui all'art. 6 comma 1 punto e) Decreto Legislativo n. 22/97: infatti in tali "isole ecologiche" vengono rispettivamente effettuate le operazioni di trasbordo da mezzi più piccoli a mezzi più grandi e il conferimento dei rifiuti urbani differenziati in frazioni merceologiche omogenee, l'eventuale cernita ed il raggruppamento per il loro trasporto.

Pertanto se tali attività sono svolte dai Comuni non necessitano di alcuna autorizzazione, mentre se sono svolte da consorzio aziende speciali è necessaria l'iscrizione all'Albo Gestori come già, specificato.

(Deliberazione della Giunta Regionale n° 122-19675 del 02/06/1997 - Prime indicazioni e disposizioni regionali sulla gestione dei rifiuti in applicazione al Decreto Legislativo n. 22/97.)

Le medesime indicazioni, stesse identiche parole, sono state oggetto di delibere emanate da altrettanti regioni nel corso del 1998 tra cui Emilia-Romagna, Marche, Friuli V.G., Liguria, ecc.

Una sorta di compromesso tra le due posizioni è stata predisposta dalla Regione Veneto con L.3/2000. Questa prevede una procedura autorizzativa semplificata per le stazioni ecologiche poichè riguardante solo la fase di approvazione del progetto. L'autorizzazione all'esercizio ai sensi dell'art.28 del D.Lvo 22/97 non è richiesta, è sufficiente una comunicazione d'avvio. Da sottolineare anche l'istituzione di un registro d'impianto che non è tuttavia il registro di carico-scarico previsto ai sensi dell'art.12, stesso decreto. I formulari di trasporto rifiuti devono essere predisposti solo quando non effettuati dal gestore, ma da soggetti terzi.

Art. 29 Impianti assoggettati a procedura autorizzativa semplificata.

1. Sono assoggettati a procedura autorizzativa semplificata: a) le aree attrezzate al ricevimento di rifiuti urbani o loro frazioni, che non prevedano l'installazione di strutture tecnologiche e/o processi di trattamento; b) gli stoccaggi di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da attività di demolizione e costruzione, per i quali non sia possibile il ricorso alla procedura prevista dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 22/1997. 2. La domanda di autorizzazione all'esercizio degli impianti indicati al comma precedente è presentata contestualmente alla domanda per l'approvazione del progetto e la realizzazione dell'impianto. 3. L'avvio degli impianti è subordinato al solo invio al Presidente della provincia di una comunicazione dalla quale risulti la data di avvio e recante in allegato una dichiarazione scritta del direttore lavori attestante l'ultimazione delle opere in conformità al progetto approvato e la documentazione attestante la prestazione delle garanzie finanziarie previste al precedente articolo 26, comma 9, 4. Agli impianti di cui ai comma 1 non si applica quanto previsto all'articolo 28 relativamente alla gestione amministrativa degli impianti. 5. Nelle aree attrezzate di cui al comma 1, lettera a), che costituiscono una fase integrata dell'attività di raccolta dei rifiuti urbani, è obbligatoria la tenuta di un apposito registro, da compilarsi settimanalmente, da cui risultino i dati inerenti le tipologie e le quantità dì rifiuti urbani avviati a successivi centri di stoccaggio o impianti di smaltimento o recupero, con indicazione di tale destinazione. Il trasporto effettuato dal gestore dell'ordinario servizio pubblico di raccolta, dall'area attrezzata verso i successivi centri di stoccaggio o impianti di smaltimento o recupero in quanto rientrante comunque nella fase dì raccolta dei rifiuti urbani, non é soggetto all'obbligo del formulario di identificazione previsto dall'articolo 15 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

Senza volerne fare una questione di gerarchia bisogna tuttavia sottolineare il fatto che, se "cotante" istituzioni si esprimono pubblicamente condividendo le stesse conclusioni, occorre prendere in esame il "tema decidendum" con un minimo di disponibilità all'ascolto delle opinioni altrui. L'auspicio è che anche questa contrapposizione si possa risolvere attraverso il dialogo, evitando l'uso di azioni eclatanti quanto inutili e controproducenti

Comunque sia la cultura dei controlli pubblici non può riassumersi nel riconoscere unicamente le difformità rispetto a ciò che riportano i "sacri testi" , attivando meccanismi ad orologeria, ma deve esprimersi anche nell'ambito più nobile del mandato, quello della conoscenza delle cose alla quale segue la valutazione ed il giudizio complessivo finale, tutti elementi dai quali solo in questa combinazione possono scaturire azioni incisive ed efficaci di politica ambientale.

Per concludere: la tutela dell'ambiente si attua attraverso modalità diverse, non sempre convergenti e dal medesimo esito favorevole. Si può opinare su quale sia il metodo migliore, ma certo non è un bene per nessuno che la discussione sullo spirito delle leggi degeneri a tal punto da mettere sullo stesso piano il governo di un'istituzione (anche quando in crisi di credibilità), con gli interessi di chi sull'ambiente ha trovato il terreno adatto per i propri discutibili affari.

 

home page
l'autore
mappa del sito
tutti i links

 

 

documenti
leggi e sentenze
chiarimenti
interventi

 

 

 

PERCHE' CHIUDERE LE ISOLE ECOLOGICHE?