interventi
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28
marzo 2002
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Che ci sia In Italia un'evidente idiosincrasia per le procedure di valutazione di impatto ambientale, soprattutto quando si tratta di opere pubbliche o di pubblica utilità, tutti se ne sono accorti. Basta dire che a distanza di 17 anni dall'approvazione della direttiva 85/337/CEE, norma europea di riferimento del sistema di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), non è ancora stata approvata una legge quadro. Giace alla camera il disegno di legge identificato come AC 5100 che, nel testo finale, aveva pure aveva raggiunto un buon livello di condivisione tra maggioranza e opposizione. Nel frattempo la UE ha approvato la direttiva 97/11/CE riguardante la VIA di piani e programmi.
Nonostante questo scoraggiante scenario di V.I.A. nazionali e regionali ne sono state fatte e qualche decisione favorevole o contraria è stata finalmente presa anche tenendo conto dell'impatto ambientale dell'opera. Eppure, quando sentiamo parlare di aggiornare la nostra rete infrastrutturale, di grandi progetti, ponti, autostrade, trafori, ecc. sembra che la preoccupazione principale non sia quella di prendere una decisione pon-derata tenendo conto dei vantaggi e degli svantaggi che porteranno queste innovazioni sul territorio, ma di "come evitare di applicare le procedure di valutazione di impatto".
Se invece andiamo al nocciolo della direttiva, se ne studiamo la genesi storica, ci si renderà facilmente conto che la V.I.A. è nata negli Stati Uniti proprio come metodologia pragmatica di supporto alla decisione, come sistema oggettivo e flessibile per stabilire un punteggio sulla base del quale misurare la convenienza di un investimento, comprendendo tuttavia anche la variabile indipendente legata alle ricadute ambientali. Se togliamo gli aspetti più critici legati alla trasparenza della procedura (che è l'elemento sul quale si manifesta la maggiore insofferenza dei nostri decisori istituzionali), rimane quindi un metodo che in realtà dovrebbe essere parte integrante di ogni passaggio amministrativo teso a redigere un programma di investimenti. Questa elevata idiosincrasia e la scarsa qualità dei progetti approvati (non solo sotto il profilo ambientale, purtroppo) portano a concludere che di queste preoccupazioni non c'è n'è mai stata gran traccia nelle stanze ministeriali.
Abruzzo."La Commissione europea ha comunicato che l'Italia è stata deferita alla Corte di giustizia della UE con l'accusa di non aver valutato in maniera adeguata l'impatto della costruzione di una strada nella zona di Teramo, in Abruzzo. Questa strada avrebbe, secondo Bruxelles, un "impatto" sul medio corso del fiume Tordino e ciò sarebbe la conseguenza di una mancata valutazione ambientale." Il progetto è nominato Lotto zero e la Commissione europea è intervenuta dopo una interrogazione al parlamento di Bruxelles e dopo un ricorso del WWF alla Corte di Giustizia sempre europea. Semplicemente non è stata effettuata la V.I.A. nonostante 8 miliardi per la realizzazione del parco fluviale sul Tordino finanziati dalla stessa UE. Ora potrebbe aprirsi un contenzioso sia per la restituzione di questi 8 miliardi che dalla stessa Corte dei Conti italiana. Naturalmente i lavori sono già iniziati. Qualcuno penserà a sospenderli?
Sardegna. Non partono i progetti immobiliari previsti sul litorale di Scivus (Arbus), area tutelata da specifico vincolo paesaggistico perchè facente parte del complesso dunale di Piscinas, unico in Europa per la vastità e l'altezza delle dune sabbiose e per le specie animali e vegetali che la contraddistinguono. Non si potranno per ora realizzare ottantamila metri cubi di volumetrie e milleduecento posti di letto a causa dell'interessamento delle associazioni ambientaliste Gruppo di intervento giuridico e Amici della terra che avevano sollecitato il Servizio Informativo di valutazione impatto ed educazione ambientale dell'Assessorato Regionale a fornire una risposta sull'obbligo dell'assoggettamento del progetto Riva di Scivu alla procedura VIA. Il Servizio ha confermato.
Sardegna. Il progetto Cala Giunco è rappresentato da un hotel-residence da 81 mila metri cubi di fronte allo stagno di Notteri, da costruirsi a due passi da una necropoli fenicio-punica, in una zona fra le più delicate del territorio di Villasimius (Cagliari). Il progetto sarebbe stato autorizzato avendo superato la fase di "screening", cioè di verifica preliminare sulla base della quale non è stato necessario l'ulteriore assoggettamento a VIA. Peccato che le associazioni ambientaliste abbiano fatto notare come il progetto ricada in un'area protetta. Notteri, Porto Giunco e Capo Pecora sono infatti aree naturali protette in base alla legge 394 del 1991. Contro il progetto la Sovrintendenza ai Beni Ambientali, attraverso l'Avvocatura dello Stato, non ha mai smesso di ricorrere. Da 26 anni.
Veneto. Mestre. La terza corsia in tangenziale, progetto della Soc. Autostrade Venezia-Padova, non è stata sottoposta a V.I.A. Il ministero dell'Ambiente ha chiesto chiarimenti al ministero dei Lavori pubblici sul progetto. "La valutazione d'impatto ambientale non serve", dice Mauro Fabris, sottosegretario ai Lavori pubblici, "perchè la terza corsia viene realizzata al posto della corsia di emergenza, non è un'opera nuova, è un adattamento di un'opera esistente, già sottoposta a valutazione. Alla conferenza dei servizi del 26 ottobre del '99, la sede in cui avrebbero dovuto essere sollevati i problemi, nessuno ha detto nulla, ne era stato discusso per arrivare alla conclusione che non serviva". C'era un piccolo problema, che a quella conferenza non era stato invitato il Ministero dell'Ambiente. Il tutto quando un progetto analogo, quello delle Autovie venete, per i loro tre chilometri di tangenziale, dalla rotonda del Terraglio alla Bazzera, aveva presentato lo studio di impatto ambientale. Dopo un sopralluogo sul sito il Ministero dell'Ambiente si è domandato perchè le due Autostrade hanno seguito una procedura diversa, visto che la Serenissima non ha chiesto la Via.
Emilia-Romagna.
Il discorso è analogo per la tangenziale ovest di Parma. Il comune
di Parma e l'Anas avevano, nel gennaio 1998 presentata al ministero dell'ambiente
richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi della
legge n. 349 articolo 6, relativamente al progetto della Tangenziale ovest
di Parma;
successivamente nell'agosto 1999, la nuova amministrazione insediatasi, nella
persona del sindaco di Parma, ha comunicato al Ministero dell'Ambiente il
ritiro della domanda di valutazione di impatto ambientale per consentire la
riprogettazione della citata strada con diverso tracciato comunicando che
avrebbe riaperto la procedura relativa alla pronuncia di compatibilità
ambientale sul nuovo tracciato.
Nel mese di luglio 2000 il comune approvava un nuovo progetto senza però
corredarlo della necessaria V.I.A. adducendo come motivazione che l'opera
in progettazione non necessitava in quanto non rientrante nelle opere soggette
a tale normativa. In specifico l'amministrazione comunale di Parma, con delibera
6 luglio 2000 approvava il nuovo progetto di tangenziale ovest di Parma denominandolo
"Strada urbana di col-legamento tra la strada statale 62 della Cisa e
la strada statale 9 via Emilia".
Il Ministero dell'Ambiente con nota n. 3826/VIA/A.O.13.G del 23 marzo 2001
segnalava al Comune di Parma che "l'opera in parola deve essere assoggettata
alla procedura di VIA di competenza statale e che, pertanto i lavori di realizzazione
della stessa devono essere sospesi in attesa della necessaria pronuncia di
compati-bilità ambientale", di seguito emanava l'ordinanza del
24 maggio 2001 indirizzata al comune di Parma che invita a "sospendere
i lavori relativi all'esecuzione dell'opera onde evitare, in attesa del regolare
svolgimento della procedura di VIA, ex articolo 6 della legge n. 349 del 1986,
si verifichino danni gravi ed irreversibili al sistema dell'area interessata.
Dopo un'interrogazione parlamentare nella quale si constatava che il Comune
di Parma, a distanza di mesi , non solo non aveva ancora avviato la procedura
di VIA, ma non aveva mai sospeso i lavori, il Ministero così risponde:
In
data 3 luglio 2001 il TAR Emilia Romagna Sezione di Parma ha disposto la sospensione
del provvedi-mento emanato dal Ministro dell'ambiente con ordinanza del 24
maggio 2001 recante la sospensione dei la-vori della tangenziale ovest di
Parma, accogliendo il ricorso presentato dal comune di Parma notificato in
data 11 giugno 2001.
Il TAR ha disposto la sospensione del provvedimento con l'ordinanza n. 176/2001,
in quanto ha ritenuto che "il ricorso appare assistito dal presupposto
del probabile esito favorevole della causa atteso che l'opera in parola costituisce
una "strada urbana di scorrimento" sulla base della definizione
dell'articolo 2 del codice della strada; rilevato, pertanto, che l'opera in
parola, al momento della sua approvazione non era soggetta alla procedura
di VIA, in quanto la direttiva CEE 85/337/CEE non è autoesecutiva per
le categorie di opere cui appartiene quella in oggetto; considerato altresì
che il danno derivante dalla sospensione dei lavori appa-re più grave
di quello conseguente al completamento dell'opera....".
Successivamente, con nota n. 8405/VIA/A.0.13.G: il Servizio VIA del Ministero
dell'ambiente ha invitato l'Av-vocatura Generale dello Stato a proporre appello
al Consiglio di Stato avverso tale ordinanza. L'udienza è fissata per
il 25 settembre 2001.
La regione Emilia Romagna si è costituita ad adiuvandum per sostenere
le ragioni del Ministero dell'am-biente e la provincia di Parma ha annunciato
l'intenzione di procedere anch'essa ad una analoga costituzione in giudizio.
Nelle more di quanto sopra è stato richiesto all'Avvocatura dello Stato
di Bologna di costituirsi in giudizio per conto del ministero a sostegno della
domanda di annullamento della delibera della giunta comunale 1269/55 del 6.7.00
riguardante la realizzazione dell'opera presentata al TAR predetto dalla Soc.
ing. Maggiorelli e c. S.a.S con ricorso CT 2452/2000FB, chiedendo la fissazione
dell'udienza in tempi brevi.
La richiesta di sottoporre a VIA l'opera e l'ordinanza rispecchia esattamente
la preoccupazione di difendere il diritto alla salute dei cittadini e, più
in generale, il diritto della collettività di disporre di infrastrutture
ambien-talmente compatibili.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.