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6 marzo 2002

Tra le vicende riguardanti la tematica ambientale che ricorrono spesso nelle cronache di questi giorni due hanno qualcosa in comune. Si tratta del sequestro del petrolchimico dell'Agip di Gela per smaltimento abusivo di rifiuti e della discussa riconversione della Central ENEL a Porto Tolle. Quello che c'è di comune è un Decreto del Presidente del Cosiglio dei Ministri dell'ottobre 1995, allora Dini, il quale stabilisce la disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione.

Nelle premesse al decreto leggiamo che la disciplina è motivata da alcune capisaldi legislativi. Il primo, più importante, è la delibera del CIPE del 25 febbraio 1994 relativa alla programmazione nazionale per il contenimento delle emissioni di anidride carbonica. Poi, di seguito, l'art. 16 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, che è la legge quadro sul contenimento delle emissioni in atmosfera prodotta dagli impianti industriali. Quindi il decreto ministeriale dell'8 maggio 1989 che fissa valori limite di emissione per i nuovi impianti di combustione superiori a 50 MW e il decreto ministeriale 12 luglio 1990 che fissa valori limite di emissione per gli impianti industriali esistenti.

La disciplina riguarda sia i combustibili per uso industriale che quelli per uso civile. Per distinguere l'uso dei primi dai secondi si fa riferimento agli impianti termici non inseriti in un ciclo di produzione industriale. Ergo se il carburante bruciato serve per produrre solo riscaldamento l'uso è civile. Per essere più chiari sono in ogni caso compresi nell'uso civile il riscaldamento e/o climatizzazione di ambienti, il riscaldamento di acqua calda per utenze civili, cucine, lavaggio stoviglie, sterilizzazione e disinfezione mediche, lavaggio biancheria e simili, forni da pane, mense ed altri pubblici esercizi destinati ad attività di ristorazione.

Se torniamo all'uso industriale possiamo leggere che l'uso è consentito dei seguenti combustibili:

gas naturale;
gas di petrolio liquefatto;
gas di raffineria e petrolchimici;
gas d'altoforno, di cokeri, e d'acciaieria;
gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio con contenuto di zolfo non superiore allo 0,2% in peso;
biodiesel avente le caratteristiche di cui all'allegato al decreto ministeriale 31 dicembre 1993 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 5 gennaio 1994;
olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore all'1% in peso, con residuo carbonioso non superiore al 15% in peso e con contenuto di nichel e vanadio, come somma, non superiore a 230 ppm;
legna tal quale e carbone di legna;
carbone da vapore con contenuto di zolfo non superiore all'1% in peso e di materie volatili non superiore al 35% in peso;
coke metallurgico e da gas con contenuto di zolfo non superiore all'1% in peso e di materie volatili non superiore al 2% in peso;
antracite, prodotti antricitosi e loro miscele con contenuto di zolfo non superiore all'1% in peso e di materie volatili non superiore al 13% in peso.

La vicenda del sequestro del petrolchimico dell'Agip di Gela sembra nascere dalla considerazione che questo decreto non abbia nessun valore. Non è possibile in effetti che con un DPCM si possa rendere rendere possibile l'utilizzo di materiali di scarto, senza dover sottostare alla normativa sui rifiuti. Perchè il coke di petrolio è un rifiuto di raffineria. Il fatto che abbia però ancora un contenuto calorico ne rende la combustione interessante sotto il profilo del recupero energetico. Di qui l'inclusione tra i combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico.

Proprio tra le righe del decreto infatti, all'art.3, comma 2, si dice che negli impianti di combustione con potenza termica uguale o superiore a 50 MW è consentito altresì l'uso di coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in peso e di materie volatili non superiore al 12% in peso. Al comma 4 dello stesso articolo il coke da petrolio, o pet-coke, è consentito senza limitazioni nel luogo stesso di produzione. L'unico luogo in Italia in cui si produce coke da petrolio è appunto la raffineria Agip di Gela. La prima cosa non chiara è il motivo che ha indotto il legislatore a fissare una composizione limite in zolfo e sostanze volatili quando il recupero del coke è fuori sito, mentre per chi lo produce questa condizione non deve essere rispettata.

La cosa è possibile "fermo restando il rispetto dei decreti emanati ai sensi dell'art. 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203". Tradotto in un linguaggio comprensibile significa che i limiti delle emissioni delle centrali nelle quali si utilizza il pet-coke dovranno comunque essere rispettati, una volta emanati i decreti applicativi dell'art.3, comma 2, del DPR 203/88. I limiti per i grandi impianti di combustione sono stati definiti l'anno successivo, con Decreto Ministeriale del 08/05/1989.

Ma in cosa consiste il pet-coke? Secondo la definizione industriale è il prodotto che si ottiene dal processo di condensazione per piroscissione di residui petroliferi pesanti e oleosi fino ad ottenere un residuo di consistenza diversa, spugnosa o compatta (petroleum coke o pet coke). Nel processo di coking si realizza un craking termico spinto che dà origine, attraverso reazioni di piroscissione, a frazioni liquide e a coke, costituito per il 90-95% da carbonio. Il coke è costituito da idrocarburi aromatici policiclici ad alto peso molecolare e presenta un elevato tenore di carbonio e basso contenuto di ceneri.

In sostanza il pet-coke e' l'ultimo prodotto delle attivita' di trasformazione del petrolio e viene considerato lo scarto dello scarto dell'oro nero tanto da guadagnarsi il nome di "feccia del petrolio". Per la sua composizione, comprendente oltre ad IPA (in particolare benzopirene) e metalli pesanti come nichel, cromo e vanadio, va movimentato con cura per evitare di sollevare polveri respirabili. Il trattamento consistente in carico, scarico e deposito del pet-coke deve seguire le regole dettate dal decreto del Ministero della Sanita' 28 aprile 1997 concernente il trasporto di sostanze pericolose. Una forte movimentazione di pet-coke avviene al porto di Gaeta dove un'ordinanza della Capitaneria di Porto impone l'uso di innaffiatori per evitare la sollevazione in aria del pulviscolo, il divieto di scarico in condizioni ventose e l'uso di contenitori o teli isolanti per evitare la fuoriuscita di materiale sulla banchina o nel bacino. Gaeta è diventato un centro di smistamento del pet-coke verso i depositi presenti nella zona di Sessa Aurunca, destinati ad alimentare i cementifici delle province limitrofe. Una domanda viene spontanea: i cementifici sono autorizzati a bruciare il pet coke?

Tornando all'Agip vediamo quali sono i motivi che hanno spinto la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Gela a disporre il sequestro della raffineria. I reati per i quali si è proceduto sono quelli di cui:

a) all'art. 25, 2 comma, del D.p.r. n. 203/88, per violazione delle norme relative alle emissioni in atmosfera: chi, esercitando un impianto esistente, non osserva le prescrizioni dell'autorizzazione o quelle imposte dalla autorità competente nell'ambito dei poteri ad essa spettanti, ovvero non realizza il progetto di adeguamento delle emissioni nei tempi e nei modi indicati nella domanda di autorizzazione, è punito con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda sino a lire due milioni.

b) all'art. 51, 1 e 2 comma, del D.l.vo n.22/1997, in quanto senza le necessarie autorizzazioni si è proceduto alla raccolta, al recupero e allo smaltimento dei rifiuti "Coke" e "Aso", senza conseguentemente rispettare le norme ambientali in materia di smaltimento di rifiuti.

Il sequestro ha avuto ad oggetto i serbatoio di stoccaggio non a norma (dei 64 previsti ne sono stati sigillati 14 avendo l'Agip fornito documentazioni per dimostrare la regolarità dei rimanenti, due depositi di coke posti uno sull'isola 29 e l'altro sull'isola 4, tre serbatoi in cui confluisce il rifiuto Aso che veniva destinato all'incenerimento nella centrale termoelettrica.

Sulla lettera b) dell'ipotesi di reato si è basata la perizia tecnica di chimici specialisti venuti dal laboratorio provinciale di Roma. La raffineria è stata costruita in funzione dell'utilizzo del coke da petrolio come combustibile. Le caldaie 100, 200 e 300 bruciano un mix di gas, olio combustibile e pet coke. Normalmente vengono bruciate 2000 tonnellate al giorno di coke. Secondo i periti il pet-coke va smaltito, non utilizzato come combustibile per la centrale termo elettrica che alimenta il petrolchimico.

Qui si innesta l'infinita querelle riguardante la nozione di rifiuto. Come detto, non è con un DPCM che si possa escludere il recupero energetico del pet coke dalla normativa sui rifiuti. Ma al di là che la tesi del pet-coke = rifiuto sostenuta dal PM è stata avvallata sia dal GIP che dal Tribunale della Libertà ci si dovrebbe chiedere se il reato è di tipo formale o anche sostanziale. Cioè il fatto che manchi l'autorizzazione ai sensi degli artt.27, 28 del D.Lvo 22/97 comporta conseguenze ambientali tali da dover giustificare l'extrema ratio del sequestro? I rischi paventati dai magistrati sono probabilmente legati al capo a) dell'imputazione, una violazione in materia di emissioni.

Vi sono evidentemente altri elementi a conoscenza dei giudici che non possiamo conoscere. E' noto per es. che i periti chiamati dall'autorità giudiziaria hanno lavorato per un anno al caso e che in questo periodo di tempo l'Agip ha avuto da questi indicazioni e suggerimenti per regolarizzare le inadempienze, senza tuttavia che l'Agip abbia dimostrato di volerli ascoltare. Si legge, a proposito, che esisterebbe un decreto dell'assessorato regionale al territorio ed ambiente del 1999 che riguarda le emissioni in atmosfera e che costituisce un'autorizzazione provvisoria per Agip. L'Eni lo ha impugnato dinnanzi al Tar di Palermo che ha accolto in parte la richiesta di sospensiva. L'assessorato regionale al territorio ed ambiente non ha definito ancora i contenuti di un nuovo atto autorizzativo lasciando così l'Agip in una condizione di incertezza normativa.

Nello stesso tempo Agip può sostenere la conformità delle emissioni della centrale al Decreto Ministeriale del 08/05/1989 per aver installato sia gli elettrofiltri per l'abbattimento delle polveri che un nuovo sistema di depurazione degli ossidi di zolfo e di azoto denominato SNOX, del modico valore di 350 miliardi. Non solo. Agip è certifcata ISO 14000, il certificato di qualità ambientale, per il cui riconoscimento è condizione necessaria e sufficiente il rispetto di tutte le normative in materia.

Quasi a farlo apposta venerdì scorso, nel corso della Prima Giornata Nazionale della Chimica Verde, organizzata dal Consorzio Interuniversitario Nazionale ''La Chimica per l'Ambiente'', presso il Politecnico di Milano, l'Eni ha ricevuto il 1* Premio denominato ''Processi e prodotti chimici puliti''. Il riconoscimento - informa una nota - premia la tecnologia Est (Eni Slurry Technology), sviluppata da Snamprogetti e EniTecnologie, che permette di convertire greggi pesanti e residui petroliferi - ad alto contenuto di zolfo e percio' inquinanti - in carburanti puliti quali benzina, diesel e kerosene al posto di pet coke e olio combustibile. Eni, attraverso Snamprogetti, realizzera' presso la Raffineria AgipPetroli di Taranto un impianto per la produzione di 1200 barili/giorno di prodotti leggeri.

Da ultimo il Governo è intervenuto approvando un aggiornamento del Dpcm, inserendo una ulteriore clausola liberatoria per l'Agip. Ma cambiare le regole in corse non sempre ci si piglia, tanto che il Tribunale della Libertà ha respinto il ricorso dell'Agip, nonostante la notizia della modifica regolamentare avesse avuto grande evidenza. Quello che potrebbe sbloccare la situazione è solo un provvedimento legislativo, una riscrittura, tanto per cambiare, del Decreto Ronchi, il che comporta mettere d'accordo le due Camere su un testo concordato. Con le difficoltà che si possono immaginare, a tutti i livelli.

Tuttavia rimarrebbe sempre un interrogativo, se le condizioni di esercizio delle caldaie che utilizzano il coke come combustibile garantiscono il rispetto dei limiti alle emissioni, se elettrofiltri e SNOX attualmente installati sui camini corrispondo alla migliore tecnologia disponibile o piuttosto non necessitino di un'ulteriore adeguamento. Questo servirebbe, invece di tante dichiarazioni di principio.

Perchè ancora nessun autorità si è preoccupata di ispezionare l'impianto e misurare gli inquinanti emessi, relazionando sui risultati circa la conformità alle disposizioni in essere, esprimendo un giudizio sotto il profilo ambientale e sanitario? Perchè invece di cogliere gli elementi di criticità tecnica che sono messi in discussione dalla scelta di utilizzare un prodotto "sporco", sviscerandone pregi e difetti, si rincorre il politico di turno perchè approvi la "leggina" in grado di mettere la sordina ai magistrati?

Quanto tempo è stato perso inutilmente.

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