leggi e sentenze
26 gennaio 2005

E' stato di recente emanato un nuovo decreto che va a modificare e integrare le disposizioni vigenti in materia di combustibili industriali e civili regolamentate dal D.P.C.M. 8 marzo 2002. Per chi non ricordasse tali disposizioni si sono dimostrate determinanti due anni fa per risolvere un contenzioso giuridico riguardo alla nozione di rifiuto applicabile al combustibile denominato "pet - coke" ed in generale, prevedendo l'inserimento di combustibili non convenzionali all'interno dell'elenco come biodiesel, biogas e biomasse. Proprio quest'ultime sono oggetto del presente provvedimento che prende la seguente denominazione: D.P.C.M. 8 ottobre 2004.

Nelle premesse al provvedimento si richiamano in effetti le seguenti giustificazioni:

Il decreto si ripromette di qualificare talune biomasse vergini come combustibili indipendentemente dalla previsione di caratteristiche inerenti la commercializzazione e l'impiego, fino alla definizione di tali caratteristiche in sede di successiva modifica del decreto.

Con l'art.1 il nuovo decreto modifica l'allegato III, punto 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002, riguardante l' individuazione delle biomasse combustibili e delle loro condizioni di utilizzo. In particolare le lettere d) ed e) sono sostituite dalle seguenti:

"d) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti;

e) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli.".

Un confronto con il testo del precedente DPCM permette di comprendere quale sia la sostanza della modifica. Nelle lettere d) e d e) è scomparsa la parte finale: avente le caratteristiche previste per la commercializzazione e l'impiego.

Altra novità di rilievo è l'aver inserito tra le biomasse anche la sansa di oliva disoleata attraverso la nuova lettera f).

"f) Sansa di oliva disoleata avente le caratteristiche riportate nella tabella seguente, ottenuta dal trattamento delle sanse vergini con n-esano per l'estrazione dell'olio di sansa destinato all'alimentazione umana, e da successivo trattamento termico, purche' i predetti trattamenti siano effettuati all'interno del medesimo impianto; tali requisiti, nel caso di impiego del prodotto al di fuori dell'impianto stesso di produzione, devono, anche agli effetti dell'art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 203/1988, risultare da un sistema di identificazione conforme a quanto stabilito al punto 3.

Il punto 3 regolamenta il trasporto della sansa.

"3.Norme per l'identificazione delle biomasse di cui al punto 1, lettera f).

1. La denominazione "sansa di oliva disoleata", la denominazione e l'ubicazione dell'impianto di produzione, l'anno di produzione, nonche' il possesso delle caratteristiche di cui alla tabella riportata al punto 1 devono figurare:

  1. in caso di imballaggio, su apposite etichette o direttamente sugli imballaggi;
  2. in caso di prodotto sfuso, nei documenti di accompagnamento.

Nel caso di imballaggi che contengano quantitativi superiori a 100 kg e' ammessa la sola iscrizione dei dati nei documenti di accompagnamento.

Un esemplare dei documenti di accompagnamento, contenente le informazioni prescritte, deve essere unito al prodotto e deve essere accessibile agli organi di controllo.

2. Le etichette o i dati stampati sull'imballaggio, contenenti tutte le informazioni prescritte, devono essere bene in vista. Le etichette devono essere inoltre fissate al sistema di chiusura dell'imballaggio. Le informazioni devono essere redatte almeno in lingua italiana, indelebili e chiaramente leggibili e devono essere nettamente separate da altre eventuali informazioni concernenti il prodotto.

3. In caso di prodotto imballato, l'imballaggio deve essere chiuso con un dispositivo o con un sistema tale che, all'atto dell'apertura il dispositivo o il sigillo di chiusura o l'imballaggio stesso risultino irreparabilmente danneggiati.


Per essere considerata un combustibile la sansa di oliva disoleata deve avere queste caratteristiche:

Caratteristica

Unità

Valori minimi/massimi

Metodi di analisi

Ceneri

%(m/m)

<4%

ASTM D 5142-98

Umidità

%(m/m)

<15%

ASTM D 5142-98

N-esano

mg/kg

<30

ASTM D 1552

Solventi organici
clorurati

assenti

*

Potere calorifico
inferiore

kcal/kg

>4.000

ASTM D 5865-01

MJ/kg

>16,747

(*) Nel certificato di analisi deve essere indicato il metodo impiegato per la rilevazione dei solventi organici clorurati.".

Come è facile comprendere l'inserimento tra i combustibili di un materiale di scarto derivante dal trattamento della sansa porterebbe ad eliminare ogni discussione in merito alla sua individuazione come rifiuto e quindi all'obbligo normativo di chiedere un autorizzazione ai sensi del D.Lvo 22/97 per attività di recupero di energia. Si usa naturalmente il condizionale perché, secondo autorevoli commentatori, è sempre necessario che questa esclusione sia espressa attraverso una modifica dell'art.8 del D.Lvo 22/97, come appunto avvenuto per il pet-coke.

Le novità del decreto in esame si aggiungono a tutta una serie di indicazioni di legge che sono state emanate nel corso degli ultimi anni a proposito di biomasse e biocombustibili in particolare, a causa preminentemente delle loro concrete possibilità di recupero ai fini della produzione di energia e calore. Il sovrapporsi di numerose norme riguardanti l'utilizzo di biomasse invece che a semplificare il quadro sono servite vieppiù a complicarlo.

Intanto occorre rintracciare una definizione certa di "biomasse". Questa definizione si trova nel Decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 "Attuazione della direttiva 2001/77/Ce relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità" e precisamente all'art.1 lettera a)

In particolare, per biomasse si intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.

Ai sensi dell'articolo 5 dello stesso decreto dovevano essere già state emanate disposizioni specifiche per la valorizzazione energetica delle biomasse, dei gas residuati dai processi di depurazione e del biogas. In particolare le condizioni tecniche, economiche, normative ed organizzative per la valorizzazione energetica degli scarti della manutenzione boschiva, delle aree verdi, delle alberature stradali e delle industrie agroalimentari.

Mancando il decreto che potrebbe rappresentare una parola definitiva sul coacervo di normative in materia serve verificare se in questa definizione di biomasse si riesce a far rientrare un elenco più dettagliato.

In ordine cronologico si andranno a ricercare queste voci a partire dalla regolamentazione sul recupero di rifiuti:

3 Tipologia: Scarti vegetali [020103] [020107] [020301] [020303] [020304] [020701] [020704].

3.1 Provenienza: Attività agricole, forestali e di prima lavorazione di prodotti agroalimentari; impianti di estrazione di olio di vinaccioli, industria distillatoria, industria enologica e ortofrutticola, produzione di succhi di frutta e affini, industria olearia.

3.2 Caratteristiche del rifiuto: Residui colturali pagliosi (cereali, leguminose da granella, piante oleaginose, ecc); residui colturali legnosi (sarmenti di vite, residui di potature di piante da flutto, ecc.); residui da estrazione forestale; residui - colturali diversi (stocchi e tutoli di mais, steli di sorgo, di tabacco, di girasole, di canapa, di cisto, ecc.); residui di lavorazione (pula, lolla, residui fini di trebbiatura, gusci, ecc.), sanse esauste, vinacce esauste, vinaccioli, farina di vinaccioli, residui di frutta, buccette e altri residui vegetali.

4 Tipologia: Rifiuti della lavorazione del legno e affini non trattati [030101] [030102] [030103] [030301] [150103] [170201] [200107].

4.1 Provenienza: industria della carta, del sughero e del legno (I^ e II^ lavorazione, produzione pannelli di particelle, di fibra e compensati, mobili, semilavorati per il mobile, articoli per l'edilizia, pallets ed imballaggi, ecc.).

4.2 Caratteristiche del rifiuto:

Scarti anche in polvere a base esclusivamente di legno vergine o sughero vergine o componenti di legno vergine.

6 Tipologia: rifiuti della lavorazione del legno e affini trattati [030102] [030103] [200107]
6.1 Provenienza: industria del legno (I^ e II^ lavorazione, produzione pannelli di particelle, di fibra e compensati, mobili, semilavorati per il mobile, articoli per l'edilizia, ecc.)

6.2 Caratteristiche del rifiuto:

Scarti e agglomerati anche in polvere a base esclusivamente legnosa e vegetale contenenti un massimo di resine fenoliche dell'1% e privi di impregnanti a base di olio di catrame o sali CCA, aventi inoltre le seguenti caratteristiche:
- un contenuto massimo di resine urea - formaldeide o melanina - formaldeide o urea - melanina - formaldeide del 20% (come massa secca/massa secca di pannello);

- un contenuto massimo di resina a base di difenilmetandiisocianato dell'8% (come massa secca/massa secca di pannello);

- un contenuto massimo di Cloro dello 0,9% in massa;

- un contenuto massimo di additivi ( solfato di ammonio, urea - esametilentetrammina) del 10% (come massa secca/massa secca di resina).

8 Tipologia: rifiuti di legno impregnato con preservante a base di creosoto e con preservante a base di sali [170201].
8.1 Provenienza: attività di disinstallazione di infrastrutture quali linee ferroviarie, linee di telecomunicazioni e linee elettriche;
8.2 Caratteristiche del rifiuto: Rifiuti di legno impregnato con olio di catrame oppure con sali CCA (rame, cromo e arsenico)

9. Tipologia: Scarti di pulper [030307]

9.1 Provenienza: industria della carta

9.2 Caratteristiche del rifiuto: Scarti di cartiera, derivanti dallo spappolamento della carta da macero costituiti da una miscela di materiali plastici, legno, residui di carta, frammenti di vetro, materiale ghiaioso e metallico aventi le seguenti caratteristiche:

Umidità in massa max 30%, P.C.I. minimo sul tal quale 12.500 kJ/kg, Ceneri " in massa max 10%, Cloro " " " 0.9%, Zolfo " " " 0.5%, Pb+Cr+Cu+Mn+Zn " " " 900 mg/kg, Pb sul secco " 200 mg/kg, Cr " " 50, Cu " " 300, Mn " " 150, Ni " " 20, As " " 9, Cd+Hg " " 7.

E' importante sottolineare come verrà più avanti rimarcata la differenza tra i rifiuti che, a causa del processo da cui si originano, non hanno subito alcun trattamento e quelli invece che contengono sostanze pericolose in tracce per una contaminazione prodottasi nel corso del loro ciclo di vita.

Nell'elenco soprariportato la differenza salta agli occhi in quanto per le tipologie 3 e 4 e le caratteristiche dei rifiuti prevedono unicamente un loro profilo descrittivo, mentre per le altre sono state anche indicate le sostanze pericolose che possono contaminarli e le relative soglie di tolleranza al di sotto delle quali il recupero energetico è ammesso in procedura semplificata.

L'uscita del D.P.C.M 8 marzo 2002 ha rimescolato decisamente le carte in quanto tra i combustibili per uso civile e industriale sono in pratica elencate le tipologie 3 e 4 del decreto sul recupero:

  1. materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate
  2. materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di coltivazioni agricole non dedicate
  3. materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzioni forestali e da potatura
  4. materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti, aventi le caratteristiche previste perla commercializzazione e l'impiego
  5. materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli, avente le caratteristiche previste per la commercializzazione e l'impiego.

 

A questo punto era necessario spostare l'equilibrio verso l'uscita delle "biomasse vergini" dal novero di rifiuti. Fini interpretatori hanno quindi estratto dal cappello la Direttiva 2000/76 del 4 dicembre 2000 sull'incenerimento dei rifiuti, non ancora recepita nel nostro ordinamento ( il che, come avviene ormai di norma, ha comportato l'apertura di un procedimento di infrazione nei confronti del nostro paese). La Direttiva esclude le biomasse vergini dal proprio campo di applicazione con la prospettiva di regolamentarne l'uso attraverso altre disposizione ancora da emanare.

Articolo 2 - Campo di applicazione

1. La presente direttiva si applica agli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti.

2. I seguenti impianti sono tuttavia esclusi dal campo di applicazione della presente direttiva:

a) impianti che trattano unicamente i seguenti rifiuti

i) rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali,

ii) rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione,

iii) rifiuti di legno ad eccezione di:

- rifiuti di legno che, a seguito di un trattamento, possono contenere composti organici alogenati e metalli pesanti;

- legno trattato derivante dai rifiuti di costruzioni e demolizioni,

iv) rifiuti di sughero,

vi) rifiuti radioattivi;

vii) rifiuti animali, come regolati dalla direttiva 90/667/CEE, fatte salve le sue ulteriori modifiche;

viii) rifiuti derivanti dalla prospezione e dallo sfruttamento delle risorse petrolifere e di gas negli impianti offshore e inceneriti a bordo di quest'ultimi;

In effetti ricostruendo il percorso comunitario che ha portato alla stesura della direttiva si scopre che l'esclusione delle biomasse vergini è stato richiesto dai paesi scandinavi, più Germania ed Austria. "Per tale ragione la Commissione ha escluso i residui di legname, agricoli e forestali che non hanno subito trattamenti che comportano contaminazione con metalli pesanti o composti organici alogenati."

Per incentivare l'utilizzo delle biomasse in luogo dei combustibili fossili la Comunità Europea ha dato mandato al CEN il compito di normare i biocombustibili. Attualmente si trova in fase di approvazione la specifica tecnica europea prCEN/TS 14588 "Solid Biofuels – Terminology, Definitions and Description" redatta dal CEN/TC 335/WG1. Di questa versione esiste una traduzione italiana, la "Raccomandazione del Comitato Termotecnico Italiano (CTI)" elaborata dal SC 9 "Fonti rinnovabili di energia" e denominata "Biocombustibili – Specifiche e classificazione" dell'aprile 2003.

La stessa versione è stata ripresa dalla Regione Lombardia alla quale, nell'ambito del programma di valorizzazione delle biomasse "Probio", il Ministero dell'Agricoltura ha affidato il "Progetto dimostrativo integrato per la diffusione dell'uso dei biocombustibili"

La norma tecnica europea prCEN/TS 14588 appare quanto di più completo ci possa essere in materia di definizioni delle caratteristiche di un prodotto commerciale. Le biomasse sono suddivise in

Biomassa legnosa: legno da arboricoltura e silvicoltura (che deve aver subito solamente eventuali trattamenti di riduzione dimensionale come cippatura, scortecciatura, essiccazione o umidificazione) residui e sottoprodotti dell’industria di lavorazione del legno (chimicamente non o trattati purché non contengano metalli pesanti o composti

alogenati organici a seguito di un trattamento con preservanti del legno o con altre sostanze chimiche) Legno post consumo ( anche il legno usato non può contenere composti alogenati organici o metalli pesanti a seguito di un trattamento con preservanti del legno o con altre sostanze chimiche) miscele e miscugli

Biomassa erbacea: biomassa erbacea da agricoltura e orticoltura (soggetto esclusivamente a riduzione dimensionale e/o essiccazione) residui e sottoprodotti dalla trasformazione industriale di biomassa erbacea (i residui dalla estrazione dello zucchero dalle barbabietole, i residui di malto dalla produzione della birra) miscele e miscugli

Frutti e semi: frutti da frutticoltura e orticoltura (ad esempio pomodori) residui e sottoprodotti dell’industria di lavorazione dei frutti (esempi sono la sansa di olive o i residui di estrazione dalla produzione di succhi di frutta ed i gusci da lavorazione di frutta secca) miscele e miscugli

Miscele e miscugli

Oli vegetali (prodotto privo di residui di solventi chimici ottenuto principalmente da semi e/o frutti di piante oleaginose, da residui degli stessi o ancora da altra biomassa mediante trattamento meccanico o fisico o con l’ausilio di solventi chimici. Sono inclusi in questa categoria anche i sottoprodotti della raffinazione degli oli vegetali greggi, quali stearine e oleine).

Sono dettate inoltre le specifiche per biocombustibile sulla base dell'aspetto esteriore e delle proprietà chimico-fisiche distinguendo le seguenti categorie: bricchette, pellet, cippato di legno, legno frantumato, ciocchi/tronchetti, segatura corteccia, ramaglie forestali e residui legnosi agricoli compressi, balle di residui colturali pagliosi, sansa esausta, agglomerati sferoidali di sansa umida, nocciolino di olivo.

Tra le proprietà chimico-fisiche sono normate per ogni categoria: dimensioni, umidità, ceneri, contenuto di zolfo, massa volumica, additivi, azoto. E' invece solo richiesto il dato relativo al potere calorifico inferiore, la massa volumica apparente, il contenuto in cloro.

Le indicazioni della norma europea, che presto verranno riprodotte come norma UNI, sono pertanto il riferimento più importante ai fini della commercializzazione delle biomasse vergini come combustibili. Stupisce a questo punto che invece di identificare la prCEN/TS 14588 come standard di riferimento per le biomasse vergini da utilizzarsi come combustibili il nuovo D.P.C.M 8 novembre 2004 abbia al contrario modificato la precedente normativa togliendo ogni riferimento alle caratteristiche previste per la commercializzazione e l'impiego.

In pratica, così facendo, si rimuove un elemento di indiscutibile chiarezza rispetto alla commercializzazione e l'uso di quanto possa rientrare nella definizione di biomassa, lasciando così la massima libertà di bruciare qualsiasi cosa abbia una natura vegetale.

Anche bruciare legna comporta una ricaduta ambientale. Se da un lato questo significa emissioni di CO2 evitate, dall'altro non si può sottovalutare l'effetto significativo sulla qualità dell'aria determinato dal rilascio di polveri, monossido di carbonio, ossidi di azoto e di zolfo, componenti incombusti quali IPA (idrocarburi policiclici aromatici) e COV (composti organici volatili) prodotti da grandi impianti di combustione ad uso industriale o da una diffusa utilizzazione di legna da ardere in ambito civile. A questo si aggiungono sostanze odorigene della natura più varia quando a bruciare è materiale vegetale di scarto delle lavorazione agricole.

In ambito domestico si pone in particolare il problema di una combustione non ottimale quando a bruciare sono combustibili allo stato solido. Come è evidente dalla tabella che segue le performance peggiori sono legate all'uso di coke e legna.

Fattori di emissione per la combustione domestica (NAEI, 2003)

.

SO2

NOx

COV

CH4

CO

CO2

N20

PM10

.

g/GJ

g/GJ

g/GJ

g/GJ

g/GJ

g/GJ

g/GJ

g/GJ

Gas naturale

.

46

6,3

2,7

8,2

52

0,09

3,1

Kerosene

9,7

51

3,0

2,9

3,7

73

0,46

0,23

Gasolio

62

51

3,1

7,0

5,6

74

0,47

5,9

Olio combustibile

639

172

3,2

7,4

12

77

0,49

25

Gasolio

646

46

462

484

1453

80

3,6

323

Coke

546

45

167

198

1536

101

3,8

10

Legna

2,31

55

416

278

7610

n/a

2,3

607

Questi fattori sono critici a causa della diffusione in ambito civile di caldaie di piccola taglia: i problemi sono legati alle basse temperature di combustione, alla insufficiente e disomogenea miscelazione di aria e combustibile e alle frequenti operazioni di avvio/fermata dell’impianto. A questo si aggiunga l'obsolescenza del parco caldaie.

Bene quindi l'incentivazione all'uso dei biocombustibili, ma senza dimenticare la necessità di una tecnologia adeguata in grado di evitare che il miglioramento ottenuto da una parte grazie alle emissioni di CO2 evitate sia controbilanciato da una ricaduta negativa sulla qualità dell'aria urbana. E questa spinta verso le biomasse occorre sottolineare come in realtà non sia seguita sotto il profilo regolamentare, non esiste alcuna disposizione che imponga particolari requisiti agli impianti che le utilizzano in ambito domestico, salvo appunto la distinzione tra biomasse vergini e biomasse contaminate. Lo stesso D.P.C.M. 8 marzo 2002 impone alcune migliorìe solo a partire da potenzialità superiori ad 1 MW.

Sul tema delle emissioni per caldaie a legna è opportuno aggiungere che una norma europea (CEN 303-513) definisce la terminologia, i requisiti, le prove e le indicazioni relative ai generatori di calore per combustibili solidi dotati di bruciatori manuali o automatici con potenza nominale fino a 300 kW. Per ogni classe di impianti (individuata in funzione della potenza termica nominale e del combustibile utilizzato) vengono specificati i limiti massimi di emissione, più restrittivi per alte potenze e per classi elevate. Per ora tuttavia non esiste nulla di vincolante.

Le disposizioni applicabili all'utilizzo di biomasse vergini richiedono uno sforzo non comune di elaborazione. La Regione Lombardia, più volte sollecitata, ha emesso una circolare esplicativa, la n° 17034 del 28 luglio 2004, nella quale si arriva a stabilire un instabile equilibrio normativo, instabilità legata in particolare all'aver considerato i rifiuti di cui ai punti 3 e 4 del D.M. 5 febbraio 1998 in materia di recupero appunto dei "non rifiuti", in specie dei combustibili, per distinguerli dal resto di quelli definiti ai restanti punti (1,2, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12,13 e 14) caratterizzati dalla presenza di una contaminazione indotta dal ciclo lavorativo.

Su questa base ha poi costruito il sistema delle autorizzazioni ambientali che, nel caso delle biomasse vergini, prevede per:

Conclusioni: con il D.P.C.M. 8 ottobre 2004.è stata scritta una nuova tappa verso una maggiore utilizzazione delle biomasse a fini combustibili. Per quanto sia indiscutibile come tale scelta sia da incentivare occorre non sottovalutare gli effetti che potrebbero derivare da un uso non controllato e da tecnologie obsolete, in particolare sulla qualità dell'aria.

 

 

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