chiarimenti
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26
novembre 2004
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Opero come consulente in materia di gestione rifiuti per un'azienda che esercita l'attività estrattiva e conseguente frantumazione di inerti.L'azienda, che risiede nella provincia di ( ), è inoltre abilitata al recupero di rifiuti inerti (R5) con procedura semplificata per alcune tipologie (7.1, 7.2 e 7.11 del D.M. 05.02.1998). Desideravo avere chiarimenti in merito al seguenti punto: i fanghi di depurazione del lavaggio degli inerti sono classificati come rifiuti (12.7 del D.M. citato) e devono essere smaltiti o recuperati (per esempio con autorizzazione R10 presso le aree di cava o altrove). Ovviamente è necessario che vengano stoccati presso un'area, configurandosi in tal caso un deposito temporaneo: esistono oggi norme tecniche per il deposito temporaneo? ovvero, in particolare, oltre al rispetto dei limiti quantitativi e temporali (20 mc e tre mesi) è necessario approntare una piattaforma per l'isolamento dei rifiuti dal suolo? o possono essere stoccati direttamente sul suolo in attesa di essere smaltiti o recuperati?
Il tema più in generale dei rifiuti da attività estrattiva è stato trattato in altre occasioni (…) alla cui lettura integrale si rimanda. Per riassumere: la vexata quaestio "rifiuto si, rifiuto no" per i fanghi di lavaggio inerti, come per il resto dei rifiuti provenienti da attività estrattive, potrebbe essere affrontata e risolta attraverso un’apposita disciplina sulle stesse attività estrattive che stabilisca un livello equivalente di protezione dell’ambiente nei riguardi della gestione dei rifiuti da queste prodotti, senza richiedere l’applicazione delle disposizioni dettate dal D.Lvo 22/97.
In caso contrario si deve ricorrere alle interpretazioni autentiche, ai pareri, alle sentenze ecc. che non sempre sono disponibili, ammesso che siano uniformi come conclusioni. Tuttavia un sistema che per funzionare aspetta di disporre di una risposta chiarificatrice ogni volta la legge non sia comprensibile è destinato a soccombere. Occorre rendersi conto della paralisi a cui andrebbe incontro quella pubblica amministrazione che, prima di fare un passo, ritiene di dover attendere ogni volta un parere pro-veritate. Lo stesso quando questa esigenza è manifestata da un'impresa.
Nel caso in esame fortunatamente abbiamo una pronuncia della Cassazione: "In tema di gestione dei rifiuti, i fanghi provenienti da impianto di lavaggio di materiali inerti, quali i minerali e i materiali di cava costituiscono rifiuto speciale ex art. 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, non rientrando tra le specifiche esclusioni previste dall’articolo 8 dello stesso decreto n. 22." (Cass. Pen. Sez. III, 19 dicembre 2002, n. 42949 (ud. 29 ottobre 2002), Totaro L. ed altro).
Ma è lecito esprimere più di una perplessità su queste conclusioni osservando che i "fanghi di lavaggio di materiali inerti" non sono nient’altro che la parte limo - argillosa della materia prima sottoposta ad un processo di separazione gravimetrica. Ritenere che limi e argille non corrispondano alla definizione di "rifiuti risultanti …dallo sfruttamento delle cave", come direbbe l’art.8 del D.Lvo 22/97 comportandone l’esclusione dal relativo campo di applicazione, è una evidente forzatura.
E’ vero che il D.M. 5/2/98 nella tipologia 12.7 annovera tra i rifiuti assoggettabili a procedura semplificata di recupero i fanghi costituiti da inerti, provenienti dalla chiarificazione o decantazione naturale di acque di lavaggio di inerti e da attività estrattive. Questa non è tuttavia una prova a sostegno, anzi, a ben vedere, è una evidente contraddizione con l’art.8 sopracitato.
Per venire al quesito. Se si sta parlando di deposito temporaneo e cioè di rifiuti nel luogo di produzione questo acquisisce tale configurazione solo al momento della pulizia della vasche. Poiché la pulizia delle vasche non avviene con periodicità regolari, ma sostanzialmente alla bisogna, quando queste sono ormai colme, i tempi per il loro avvio a recupero o smaltimento partiranno dalla fine lavori.
Riguardo alla pavimentazione non serve un trattato per comprendere come questa misura abbia la finalità di evitare il passaggio di contaminanti dal rifiuto al terreno sul quale verrebbe depositato. Nel caso in questione esiste questo rischio? Se la separazione gravimetrica non prevede, come nella maggioparte dei casi, l’aggiunta di additivi contenenti sostanze pericolose (tabelle 3 e 5 del D.Lvo 152/99 ed allegato A del D.M. 367/03), no di certo. Semmai i problemi sono altri. Dove finiscono le acque di sgrondo del deposito? Le acque meteoriche, se dilavano il cumulo, trascinano solidi sospesi verso i corpi idrici recettori. Bisogna eliminare questa possibilità o individuare misure di contenimento perché il trasporto solido sia ridotto al minimo: solitamente si ricorrre alla realizzazione di una rete di drenaggio delle aree scoperte in modo che le acque meteoriche che vi ruscellano sopra siano costrette a transitare all’interno di un sistema di bacini di decantazione posti in serie.
Tutti questi aspetti ha un senso vengano esaminati contestualmente al momento dell’autorizzazione all’attività estrattiva il che avviene con un progetto complessivo riguardante anche la gestione dei rifiuti.