interventi
10 novembre 2006

Così come si è verificato per le centrali turbogas oggi la rincorsa riguarda la costruzione di centrali industriali a biomasse. Le potenze termiche complessive sono in genere superiori ai 50 MW termici e quindi l’iter procedurale che porterà approvazione del progetto di impianto è quello della disciplina della valutazione di impatto ambientale. Trattandosi di un progetto dell’elenco B (allegato III, parte seconda) indicato nel Dlgs 152/06 è prevista una fase di verifica (screening) della compatibilità ambientale, che si può trasferire ad una vera e propria VIA sulla base delle decisioni dell’autorità competente. In ogni caso, dopo le conclusioni tratte in sede di screening o di VIA, per l’esercizio di nuovi impianti è richiesto il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale i cui contenuti coincidono per la gran parte con quelli di una valutazione d’impatto.

Per potenze inferiori, fino a 20 MW, rimane comunque d’obbligo il rilascio dell'autorizzazione ambientale intregrata, che tiene conto dei diversi impatti sociali, sanitari e ambientali già richiamati nella disciplina di VIA.

Infine, senza limiti di potenzialità, è comunque previsto il rilascio dell'autorizzazione unica ai sensi del D.Lgs 29 dicembre 2003, n. 387, art.12, comma 3, disposizioni in materia di fonti rinnovabili: "La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla Regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla Regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione."

In tutti questi casi è ineludibile il percorso che si apre nei rapporti con la cittadinanza, con coloro che in particolare si vedono modificata in primis la morfologia dei luoghi, causa le dimensioni di queste centrali. In effetti il procedimento di VIA garantisce a chi ne abbia interesse di conoscere in anticipo quali potrebbero essere le conseguenze che produrrà l’impianto sia nella fase di realizzazione che a regime e le soluzioni di mitigazione e abbattimento che sono state individuate per contenere, per quanto possibile tecnicamente, gli effetti sul territorio.

La complessità di un processo di questo genere è legata a diversi fattori. Sebbene i cicli tecnologici siano relativamente conosciuti sono le materie prime che rappresentano la maggiore incognita, sia in termini di combustione, che di composizione, che di provenienza. L’approvvigionamento può dimostrarsi il problema di maggiore impatto a causa delle distanze da considerare e della sua continuità. Molto meno complicato è invece il caso in cui le biomasse da bruciare siano gli scarti della produzione primaria, per es. di una distilleria. Per ottenere le migliori condizioni di combustione, che si riflettono in un minore carico inquinante, è disponibile una buona scelta tra diverse tipologie di impianto. Naturalmente un impianto nuovo è preferibile rispetto all’uso di un impianto esistente adattato allo scopo di bruciare biomasse.

Tutto ciò e altro ancora viene a essere l’oggetto del SIA, lo studio di impatto ambientale presentato dalla Società proponente. Se le informazioni fornite rispondono a tutte le esigenze di sapere cosa ci si deve attendere sta naturalmente alla capacità dei professionisti che hanno ricevuto l’incarico a redigere lo SIA e alla messa a disposizione delle conoscenze sul processo che la Società deve fornire loro. Ma ancora più importante è che i soggetti istituzionali preposti alla tutela del territorio avanzino le richieste necessarie alla trattazione degli aspetti che questi stessi soggetti conoscono, più e meglio dei professionisti incaricati, per il fatto che si riferiscono ai "beni" dagli stessi tutelati o governati. Il lavoro finale di analisi è completo in proporzione allo scambio che avviene nei due sensi. Ancor meglio se il flusso informativo precede temporalmente la materiale stesura dello SIA.

In effetti la disciplina della procedura di VIA prevede espressamente che questa fase di definizione dei contenuti dello SIA possa avvenire in un momento antecedente all’inizio del vero e proprio iter. Per utilizzare i termini mutuati dai paesi anglosassoni si tratta di una fase di "scoping". Nessuno ha inventato niente, gli appuntamenti tra progettisti e amministrazioni sono all’ordine del giorno quando si tratta di conoscere le condizioni per ottenere l’assenso a realizzare una determinata opera, tuttavia è solo all’interno della procedura VIA che questo rapporto viene reso in modo espresso e trasparente, esplicito.

In base a questi principi, introdotti in molte direttive comunitarie nella materia ambientale, è possibile conoscere gli esiti dello scoping una volta siano resi disponibili i documenti che espongono le valutazioni effettuate dalle amministrazioni sulle proposte della Società e dei professionisti in merito ai contenuti dello SIA. Se la prassi non è ancora così diffusa come dovrebbe questo è dovuto al fatto che, per la Società, quella di affrontare una seduta preliminare per la definizione degli elaborati dello studio è, e rimane, una scelta facoltativa.

Nella disciplina regionale può essere previsto che le decisioni in merito all’esame di questi progetti siano pubblicate integralmente, il che costituisce un indubbio elemento di interesse per comprendere i criteri sulla base dei quali si è approvato o respinto il progetto di una determinata opera. Ancor meglio c’è l’opportunità, come in Emilia-Romagna, di conoscere le decisioni in merito alla definizioni dei contenuti del SIA, pubblicate regolarmente sul Bollettino Ufficiale (BUR). E’ grazie quindi a questa previsione che si può analizzare nel metodo e nel merito come avviene questo processo e quali siano i requisiti che debbono avere i progetti di centrali a biomasse per ottenere l’assenso alla costruzione.

Le biomasse

Prima di tutto occorre inquadrare il tema. Cosa si definisce oggi per biomassa. La risposta non è semplice. Ci sono in sostanza numerose fonti normative, in parte sovrapposte.

Il DPCM 8 marzo 2002, ora trasposto nel testo unico ambientale, il quale stabilisce all’allegato III come individuare le biomasse combustibili e le loro condizioni di utilizzo in impianti industriali e termici:

1.Tipologia e provenienza

a) Materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;

b) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di coltivazioni agricole non dedicate;

c) Materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzioni forestali e da potatura;

d) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli, non contaminati da inquinanti, aventi le caratteristiche previste per la commercializzazione e l’impiego;

e) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli, avente le caratteristiche previste per la commercializzazione e l’impiego.

2. Condizioni di utilizzo

La conversione energetica delle biomasse di cui al punto 1 può essere effettuata attraverso la combustione diretta, ovvero previa pirolisi o gassificazione.

Con il testo unico la definizione è la medesima, salvo la specifica "non contaminati da inquinanti" che è stata aggiunta alla lettera d). Inoltre tra le biomasse sono ulteriormente annoverati la sansa di oliva disoleata ed il liquor nero.

Il D.M. 5 febbraio 1998 (allegato 2 – suballegato 1) che comprende le tipologie di rifiuti non pericolosi, provenienti da attività agronomiche o industriali correlate, previste come combustibili o come altro mezzo per produrre energia, in particolare:

Scarti vegetali (punto 3): provenienti da attività agricole, forestali e di prima lavorazione di prodotti agroalimentari; impianti di estrazione di olio di vinaccioli; industria distillatoria; industria enologica e ortofrutticola; produzione di succhi di frutta e affini; industria olearia. Sono descritti come "Residui colturali pagliosi (cereali, leguminose da granella, piante oleaginose, ecc.); residui colturali legnosi (sarmenti di vite, residui di potature di piante da frutto, ecc.); residui da estrazione forestale, residui colturali diversi (stocchi e tutoli di mais, steli di sorgo,, di tabacco, di girasole, di canapa, di cisto, ecc.); residui di lavorazione (pula, lolla, residui fini di trebbiatura, gusci, ecc.), sanse esauste, vinacce esauste, vinaccioli, farina di vinaccioli, residui di frutta, buccette e altri residui vegetali."

Rifiuti della lavorazione del tabacco (punto 7): provenienti dalla trasformazione industriale del tabacco e dalla fabbricazione di prodotti da fumo.

Pollina (punto 14): proveniente da allevamenti avicoli.

Il D.Lgs. 11 maggio 2005, n.133, che ha recepito la Direttiva Europea 2000/76 sull'incenerimento dei rifiuti all’art.2 descrive le biomasse escluse dal campo di applicazione della direttiva stessa, ma rientranti in quella più generale dei rifiuti.

Articolo 3 - Esclusioni

1. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto i seguenti impianti:

a) impianti che trattano esclusivamente una o più categorie dei seguenti rifiuti:

1) rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;

2) rifiuti vegetali derivati dalle industrie alimentari di trasformazione, se l'energia termica generata è recuperata;

3) rifiuti vegetali fibrosi derivanti dalla produzione della pasta di carta grezza e dalla relativa produzione di carta, se il processo di coincenerimento viene effettuato sul luogo di produzione e l'energia termica generata è recuperata;

4) rifiuti di legno ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti o quelli classificati pericolosi ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera b), a seguito di un trattamento protettivo o di rivestimento; rientrano in particolare in tale eccezione i rifiuti di legno di questo genere derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione;

5) rifiuti di sughero.

La medesima definizione di biomasse compare anche in un altro capitolo del testo unico, un capitolo tutto nuovo in quanto tratta del recepimento della Direttiva 2001/80/CE relativa ai grandi impianti di combustione, quelli con potenza calorifica superiore a 50 MW.

Per completare il quadro si deve inoltre fare riferimento al Decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 Attuazione della direttiva 2001/77/Ce relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità. Le biomasse sono fonti rinnovabili ai sensi dell’articolo 2.

Articolo 2

Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) fonti energetiche rinnovabili o fonti rinnovabili: le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.

Da quanto detto emerge come nel novero di biomasse possano rientrare sia quelle che costituiscono la produzione primaria destinata a fungere da combustibile che le altre che invece rappresentano lo scarto di una lavorazione, di un processo, di una filiera fino alla parte biodegrabile dei rifiuti industriali e urbani. Il primo interrogativo al quale dare risposta è pertanto una precisa descrizione delle biomasse che si intendono utilizzare e la loro provenienza. L'iniziativa dovrà quindi essere adeguatamente inquadrata all'interno delle diverse norme vigenti relativamente al loro approvvigionamento e alla tipologia di impianto.

Il piano industriale

Quali sono le condizioni perché il progetto presentato corrisponda alle attese della società proponente in termini di risultati? In una situazione come questa non è una domanda peregrina, prima di accettare sul proprio territorio impianti di queste dimensioni si dovrebbe esigere un minimo di assicurazioni sul fatto che c’è dietro un serio piano industriale, c’è una ricerca di mercato, ci sono soprattutto i fornitori che garantiscono continuità all’approvigionamento. Occorre rendersi conto che, per le stime di biomasse necessarie, soprattutto se si tratta di produzione primaria, un impianto come questo comporta una significativa ricaduta nei confronti del sistema agricolo presente nel raggio d’azione dello stesso.

Quindi serve prima di tutto uno studio di fattibilita' economica a dimostrazione che il prezzo di conferimento della biomassa prodotta sia competitivo ed economicamente sostenibile per i produttori agricoli e quale possa essere l'indotto occupazionale che tale opera potra' avere.

Inoltre ci si deve domandare quali modificazioni apporta all'agro-sistema in termini di input chimici (fertilizzanti e fitofarmaci), di ordinamenti colturali, di tecniche colturali, il passaggio a colture dedicate come il pioppo, la canna comune o l’eucalipto, che sono considerate tra le migliori in termini di resa di biomassa.

L’inquadramento programmatico

L’inserimento sul territorio di una centrale a biomasse, come di qualsiasi altra opera, va prima verificato sotto il profilo della pianificazione. Vi sono condizioni escludenti che ne impediscono l’approvazione? Su questo aspetto la diagnosi è particolarmente complicata perché ogni territorio si è dato le proprie regole ed è necessario un approfondimento a 360° in quanto gli atti di pianificazione hanno diversi livelli e diverse sono le istituzioni che li hanno emanati.

Nel SIA dovranno quindi essere descritte le interazioni del progetto nei confronti di ogni altro eventuale piano, programma e/o normativa, che in corso di studio/progettazione verra' individuato come interessante l'opera in questione. Per ogni strumento di pianificazione/programmazione individuato dovra' essere prevista la realizzazione di adeguati elaborati cartografici con la chiara individuazione dell'area d'intervento, l'individuazione dei vincoli e delle norme tecniche relative all'area di studio e dovranno essere messe in evidenza tutte le eventuali difformita' riscontrate.

Un elenco non esaustivo di atti programmatori da consultare è il seguente:

TIPOLOGIA DI PIANO

AUTORITÀ COMPETENTE

PTR (Piano territoriale regionale)

Regione

PTPR (Piano territoriale paesistico regionale, ove non sostituito dal PTCP)

Regione

PRTURA (Piano regionale di tutela, uso e risanamento delle acque)

Regione

PTCP

(Piano territoriale di coordinamento provinciale)

Provincia

Piano di risanamento sull’inquinamento atmosferico (per zone specifiche individuate dalla Provincia)

Provincia

Comune

PIAE (Piano infraregionale delle attività estrattive)

Provincia (sentiti i Comuni)

PRG (Piano regolatore generale), fino all'entrata in vigore del PSC e del POC

Comune

PSC (Piano strutturale comunale)

Comune

POC (Piano operativo comunale)

Comune

Piano di zonizzazione acustica

Comune

PTP (Piano territoriale del parco)

Ente Parco

Piano di bacino

Autorità di bacino

PAE (Piano comunale delle attività estrattive)

Comune (sentita la Commissione tecnica infraregionale)

Piano energetico regionale

Regione

Piani regionali di settore con interferenze sul progetto

 

Piani provinciali di settore con interferenze sul progetto

 

Già in sede di "scoping" tuttavia gli enti pubblici convocati sono nelle condizioni di comunicare lo stato dell’arte per quanto riguarda gli atti di propria competenza individuando i vincoli che devono essere superati per l’approvazione del progetto.

In questo ambito per es. è plausibile che una centrale a biomasse debba essere realizzata in zona agricola, una localizzazione baricentrica rispetto al bacino di utenza dell’impianto. La compatibilità urbanistica non è per questo garantita, anzi può accadere che le norme tecniche del piano regolatore stabiliscano che la definizione della zona prescelta "individua quegli insediamenti produttivi, esistenti alla data di adozione della variante generale, tesi esclusivamente al soddisfacimento di particolari lavorazioni/stoccaggio/commercializzazione di prodotti agroindustriali e/o di servizio alle attivita' agricole e/o di particolari lavorazioni, sempre comunque legate all'agricoltura; il progetto non appare pertanto conforme al PRG vigente e dovra' essere pertanto richiesta apposita variante allo strumento urbanistico e dovranno pertanto essere prodotti gli elaborati necessari a tale variante."

Vi sono quindi tutta una serie di condizioni da esplorare che dipendono dalle "emergenze" presenti nell’area di insediamento come vincoli storici, paesaggistici, archeologici, idraulici, idrogeologici ecc.

Va infine considerato in un intorno significativo dell'area in esame il rischio di interferenze con altri impianti e/o interventi gia' realizzati o previsti dai Piani e/o Programmi nazionali e regionali o in fase progettuale presenti sul territorio. Nel caso specifico quello che sta accadendo è proprio la coincidenza di più progetti che insistono sul medesimo bacino di utenza, nasce spontaneo l’interrogativo su quali siano le prospettive e la continuità di rifornimento nell’ipotesi di una domanda che superi l’offerta.

Il progetto

Nella necessità di dover individuare la sostenibilità sociale, economica e ambientale di un’opera con queste valenze non è possibile transigere sulla completezza della documentazione presentata. In particolare alcuni principi inseriti nella disciplina comunitaria della valutazione di impatto ambientale non dovrebbero proprio essere ignorati come quello della presentazione di un progetto definitivo e non preliminare (come purtroppo è accaduto, vedi la legge n.443 del 2001, cosiddetta Legge Obiettivo, e il relativo decreto di attuazione D.Lgs.190/02) e la considerazione delle alternative di localizzazione.

La documentazione di una centrale a biomasse deve quindi contenere:

1. il progetto definitivo dell'impianto e di tutte le opere connesse (teleriscaldamento, elettrodotto, ecc.);

2. la descrizione del bacino di utenza di utilizzo dell'impianto;

3. la descrizione delle alternative considerate in relazione alle diverse mitigazioni ambientali e motivazione delle scelte compiute (azioni di bilanciamento, prospettive reali di teleriscaldamento);

4. la descrizione della valutazione sull'attualita' del progetto e delle tecniche prescelte, anche con riferimento alle migliori tecnologie disponibili.

Il quadro ambientale

In un qualsiasi studio di impatto ambientale deve essere delineato il quadro "ante-operam" e come questo si vada a modificare sia in fase di cantiere, e quindi per la fase temporale della durata dei lavori, e ad impianto in esercizio. Gli aspetti sui quali l’approfondimento sarà maggiore sono relativi alle matrici ambientali nei confronti delle quali gli impatti sono da considerarsi maggiormente significativi.

In merito all’applicazione concreta della disciplina di VIA si possono leggere le linee guida che diverse regioni hanno emanato, sia a carattere generale che specifiche per il determinato impianto, opera, processo. Le linee guida sono un compendio di tutti i possibili campi d’interesse investiti dal progetto, sono sottoforma di liste de controllo da verificare in relazione alle peculiarità dello stesso. Nella fase di scoping sono per l’appunto utilizzate per la definizione dei contenuti del SIA, stabilendo quali punti esplorare e quali invece tralasciare in virtù della scarsa significatività dell’argomento in relazione alla tipologia di opera.

Per una centrale a biomasse, al minimo, la descrizione dello "stato" dovrebbe come minimo comprendere le seguenti informazioni.

Clima ed atmosfera

Acque superficiali e sotterranee

Suolo e sottosuolo

Rumore e vibrazioni

Vegetazione, flora, fauna ed ecosistemi

Le informazioni sullo stato di fatto raramente sono disponibili in parte o integralmente. Il problema è legato principalmente al fatto che le analisi ambientali territoriali che possono essere reperite presso gli enti locali sono spesso di "macro-area", comprendono dati e valutazioni di carattere generale e non possono essere utilizzati per descrivere compiutamente le condizioni locali del sito di insediamento. Se si ritiene che gli impatti di un determinato impianto possano alterare significativamente una o più matrici ambientali non è escluso che nel SIA debba essere necessariamente inserito un monitoraggio delle stesse per poterne stabilire ante-operam le reali caratteristiche. Così lo scoping potrebbe stabilire che sia indispensabile:

Occorre inoltre tenere in considerazione le alterazioni temporanee generate nell’intorno del sito prescelto dalla cantierizzazione del progetto. In questo senso, a seconda di quanto prevede il progetto, è importante richiedere:

Il processo, gli impianti, l’esercizio

Il cuore dello studio è costituito dalla descrizione del progetto nelle sue parti, del processo con impianti e macchinari e del relativo esercizio, delle pressioni che questo genera rispetto alle diverse matrici ambientali e delle soluzioni tecniche di tipo strutturale o gestionale che sono proposte per mitigarne l’impatto.

Per quanto riguarda il progetto si rendono quindi indispensabili una relazione descrittiva e diversi elaborati a rappresentazione dell’insediamento, del/dei processo/i che saranno avviati, degli impianti che lo compongono, sia di produzione che di servizio, e delle interferenze che questi possono avere in relazione a quanto già esistente sul sito.

In particolare serve:

Riguardo invece ai diversi impatti saranno preferenziali le informazioni necessarie a considerare le ricadute in termini di inquinamento idrico, atmosferico ed acustico.

Le emissioni in atmosfera

Trattandosi di un impianto destinato a bruciare biomasse diventa esiziale conoscerne le modalità di combustione, l’operatività e le forme di controllo, i sistemi di monitoraggio e di contenimento delle emissioni. Sono da considerare le emissioni sia nella fase a regime che nei periodi di minimo tecnico, che in questo caso potrebbero avere una rilevanza a causa delle diverse modalità di retribuzione dell’energia prodotta. Le emissioni diffuse possono provenire dalla movimentazione delle materie prime, se questo avviene all’aperto, non solo per le operazioni di carico-scarico, ma anche per eventuali necessità di miscelazione dovute all’utilizzo di biomasse di forme e composizione diverse. Può essere necessario un pretrattamento per omogeneizzare il combustibile verde. Infine è un elemento da non sottovalutare la possibile formazione di odori legato allo stazionamento di materiale organico che va incontro a fermentazione. Infine anche le fermate per guasto o interruzione dei servizi (idrico, elettrico) sono emissioni accidentali che vanno computate nel bilancio dell’impianto e i cui effetti vanno comunque esaminati per un possibile rimedio.

Altrettanto importante, come detto in premessa a proposito del piano industriale che sta a monte del progetto, considerare quali possano essere le conseguenze indotte sul territorio dalla logistica di approvvigionamento della materia prima.

Tutti aspetti da esaminare non solo al fine di valutare la compatibilità dell’impianto, ma anche delle migliori tecniche che, come detto, richiedendo il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, devono essere confrontate con quanto prevede il BRef comunitario sui grandi impianti di combustione (Reference Document on Best Available Techniques for Large Combustion Plants ).

Gli elementi costituenti il SIA per questa parte saranno:

- sezione relativa a dosaggio e reazione coi fumi di combustione, dell'idrossido di calce e del carbone attivo;

- filtro a maniche (portata di esercizio - Nmc/h - temperatura di esercizio - diametro, altezza, numero maniche - tipo e grammatura tessuto filtrante - sistema di pulizia delle maniche - ecc.);

- sistemi di verifica del funzionamento del filtro (misurazione/registrazione DP, ecc.);

Acque

Una centrale a biomasse è naturalmente idroesigente a causa delle grandi quantità di acque necessarie per il raffreddamento degli impianti. Il prelievo dal sottosuolo comporta evidentemente riflessi sotto il profilo della disponibilità della risorsa, tenuto conto dello stato in cui questa attualmente si trova e se non vi sia concorrenza con altri usi prioritari, per es ai fini idropotabili. Motivi ostativi al rilascio della concessione all’emungimento di acque sotterranee sono in grado di condizionare l’assenso finale al progetto.

La gestione dell’impianto comporta la formazione di reflui: acque di prima pioggia, acque oleose, acque acide, acque di circuito caldaie, acque di rigenerazione resine, ecc. Quali sono le soluzioni proposte per il loro trattamento? Un impianto di depurazione, il recapito in pubblica fognatura (sempre se compatibile con i fanghi attivi dell’impianto pubblico) oppure un conferimento a terzi come rifiuti allo stato liquido. Per ognuna di queste alternative saranno da esaminarsi costi e benefici.

Il rumore e le vibrazioni

Anche l’impatto acustico è significativo, sia sotto il profilo della potenza sonora delle sorgenti (turbina, motori ventola, camini, movimentazione, carico-scarico, ecc) che della continuità di esercizio anche nel periodo notturno. Se si considera che l’area di insediamento potrebbe essere di tipo agricolo, dove i contributi al cosiddetto rumore residuo sono veramente solo le macchine di movimento terra, emerge la difficoltà di rispettare il limite differenziale presso eventuali recettori sensibili presenti nelle circostanze del sito.

La previsione di impatto acustico dovrà quindi essere condotta con particolare attenzione nella determinazione dei livelli presenti allo stato anteoperam. Conterrà quindi

In ogni caso molte regioni hanno regolamentato i contenuti di una previsione di impatto acustico ed i tecnici competenti sono tenuti a seguirne le indicazioni.

Infine occorre considerare la valutazione di eventuali livelli di vibrazioni trasmessi dalle opere in fase di esercizio agli edifici impattati, con indicate le eventuali azioni o opere di mitigazione previste, pur tenendo conto che non esiste normativa in materia alla quale fare riferimento.

I rifiuti

Tra i rifiuti prodotti da una centrale a biomasse non è tanto la qualità ma la quantità che costituisce un elemento di significativo impatto ambientale. Per es. il rilevante movimento terra che è necessario per la sua costruzione genera l’interrogativo sulle modalità di riutilizzo degli inerti, sempre che di inerti si tratti, nel senso che occorre prima esaminare che storia ha vissuto il sito di insediamento ed escludere analiticamente che non siano presenti contaminazioni pregresse legate ad usi industriali. Anche i rifiuti derivanti dal trattamento fumi devono trovare una destinazione sicura per le volumetrie in gioco e per il tenore di elementi pericolosi che varierà in relazione alla tipologia di biomasse utilizzate.

Nel SIA si dovrà fornire:

I campi magnetici

Infine l’allacciamento all’elettrodotto ENEL comporta necessariamente il passaggio di una linea nuova, diventa indispensabile conoscere modalita' e progetto di allacciamento alla rete elettrica, la valutazione dei livelli di radiazioni non ionizzanti prodotti dalle operazioni progettate e la descrizione delle azioni di mitigazione previste.

 

 

 

 

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