interventi
21 dicembre 2003

Si è spesso portati a dare per scontato che un impianto dedicato ad una determinata funzione sia in grado di assolvere l'esigenza senza dover necessariamente improvvisarsi ingegneri per poter comprenderne le caratteristiche tecniche e acquisire una ragionevole sicurezza sul fatto che questo poi funzionerà effettivamente. Invece si dovrebbe mettere da parte un poco del nostro prezioso tempo per raccogliere una documentazione sufficiente sulla base della quale la scelta di un' apparecchiatura non sia la stessa cosa di acquistare un paio di scarpe (e già per questo occorre un certo impegno).

Un disoleatore (detto anche separatore) non si compra tutti i giorni. Visti i costi converrebbe conoscerne qualcosa prima di valutare le diverse offerte sul mercato. In effetti nonostante si tratti di un'impiantistica diffusa ormai da diversi anni sotto l'aspetto tecnico rimane ancora un oggetto misconosciuto ai più. C'è da ritenere che, con l'emanazione delle discipline regionali sulle acque di prima pioggia e le nuove disposizioni in materia di centri di demolizione veicoli a fine vita, vi sarà una maggiore richiesta che nel passato recente. Purtroppo non c'è mai molto da attendersi dal nostro legislatore, nazionale o regionale che sia, in particolare quando si tratti di emanare norme tecniche per la progettazione di impianti dedicati ad una certa funzione.

Standard internazionali

Il settore ambientale è quello che soffre maggiormente da questo punto di vista. Se non si riesce a sopperire con le Norme UNI (che peraltro non sono altrettanto cogenti rispetto ad una dispozione emanata da un organo legislativo) bisogna necessariamente rifarsi ad uno standard internazionale.

Per il disoleatore siamo esattamente in questa condizione. In questi anni il riferimento noto ai più è stato e continua ad essere la norma tedesca DIN 1999, o la sua conseguente traduzione in norma europea attraverso il CEN. Si tratta della EN 858 suddivisa in parte 1:2002 e parte 2:2003. Una versione semplificata della EN 858 è la PPG3 (Pollution Prevention Guidelines nr 3) emanata dall'EPA scozzese (SEPA). Gli altri paesi di lingua anglosassone (USA, Nuova Zelanda, Australia) seguono invece preferenzialmente lo standard 421 dell'American Petroleum Institute (API) o una sua variante adattata per il trattamento delle acque di pioggia.

Le acque di pioggia

Prima di addentrarci nella disamina della norma è bene tuttavia sottolineare un dato oggettivo. L'utilizzo dell'impianto per la disoleazione di un refluo industriale a portata e concentrazioni note è cosa diversa dal trattamento di acque di pioggia. Si sta parlando di trattare le acque di prima pioggia che dilavano superfici sulle quali, per i motivi più vari, possono trovarsi residui di idrocarburi di origine e natura molto diverse tra loro: oli, benzine, carburanti incombusti sottoforma di gocce, emulsificati, in soluzione o adesi alle sospensioni solide.

Ci si può inoltre immaginare quante variabili siano in gioco nel corso di un evento piovoso: l' intensità e la durata del fenomeno, le caratteristiche della superficie scolante (estensione, pendenza, scabrosità), le caratteristiche della rete drenante (calibro delle condotte, lunghezza e tortuosità), ecc. Si capisce bene che per progettare un impianto con un minimo di precisione non si dovrebbe mai prescindere da una accurata analisi dell'area da servire. Inoltre si dovrebbe disporre di un minimo di nozioni di idraulica da applicare sul modello pluviometrico del luogo.

In effetti i disoleatori progettati per questo uso devono essere inseriti off-line rispetto alla rete di raccolta delle acque di ruscellamento in modo da poter raccogliere solo la portata considerata di prima pioggia.

Le prestazioni

Già queste poche necessità, dal momento in cui si deve installare un disoleatore, rivelano come sia complesso in realtà elaborare un progetto. Ma la difficoltà maggiore sta nell'assumere l'obiettivo guida che occorrebbe avere per prefigurare la scelta migliore. In effetti la maggiorparte dei fornitori europei di impianti di disoleazione riferisce come le proprie proposte siano conformi alla norma DIN o EN e quindi in grado di rispettare un limite allo scarico di 5 mg/l in idrocarburi totali come del resto richiede il D.Lvo 152/99 sulla tutela delle acque.

Il Clean Water Act americano non stabilisce alcun limite allo scarico del separatore, ma richiede unicamente che il refluo in uscita non presenti un'anomala brillantezza (sheen). L'Auckland Regional Council (ARC, Nuova Zelanda) prevede che la concentrazione dell'effluente non superi i 15 mg/l.

La prima sorpresa che si riceve leggendo la EN 858-1:2002 è che questa non fornisce in realtà la garanzia che un disoleatore realizzato secondo i criteri da questa dettati sia in grado di assicurare un limite allo scarico di 5 mg/l. Nella norma si descrive solo un test di laboratorio che ha come scopo quello di inquadrare l'efficienza di un tipo di separatore rispetto ad un altro. Si tratta sostanzialmente di un test per annoverare i separatori nella prima o nella seconda classe (I o II).

La prova consiste nel far transitare una soluzione a concentrazione nota di idrocarburi all'interno del separatore già pieno d'acqua, alle condizioni dettate dal paragrafo 8.3.3.1 della EN 858 - 1:2002. A seconda della concentrazione in uscita, 5 o 100 mg/l, i prototipi verranno inquadrati nella I o nella II classe. Il test di laboratorio non garantisce che gli stessi risultati si avranno in campo in condizioni reali. Ciò che tiene a sottolinerare anche la norma PPG3: It should not be expected that separators will comply with these limits when operating under field conditions.

.

Classi di separatori

Classe

Contenuto massimo ammissibile di oli residui in mg/l

Tipica tecnica di separazione (esempio)

I

5,0

Separatori a coalescenza

II

100

Separatori a gravità

Secondo il test previsto al punto 8.3.3.1 e l'analisi in spettroscopia in accordo con l'allegato A2 ed A3 della EN 858-1:2002

Questa suddivisione ha lo scopo di individuare l'utilizzo più adeguato a seconda delle necessità presenti. La norma PPG3 tende a consigliare i separatori di classe I per il trattamento di superfici sulle quali gli idrocarburi si ritrovano allo stato di goccioline, mentre quelli di classe II sono preferibili per le acque meno inquinate o quando ci sia necessità di intrappolare eventuali sversamenti o spillaggi accidentali. Vi è poi una ulteriore suddivisione in full retention separators per il trattamento integrale o parziale della portata di pioggia, come nelle raffinerie, e by pass separators laddove la principale necessità è di funzionare da trappole per piccole perdite, come nei parcheggi.

I metodi di campionamento

In ogni caso, se si tratta di certificare l'efficienza dell'impianto attraverso una prova in campo, molto (o tutto) dipende da come viene eseguito il campionamento allo scarico del disoleatore nel corso dell'evento piovoso. In questo senso in effetti si sconta la massima incertezza possibile, sia perché il test in campo si svolge in condizioni non sovrapponibili a quello di laboratorio, sia perché non si è ancora discusso su quali siano le modalità corrette per raccogliere un campione rappresentativo di acque di pioggia. Ciò probabilmente dipende anche dal fatto che non ci sono grandi conoscenze sulla loro composizione nell'unità di tempo. Sotto questo punto di vista la letteratura disponibile nel nostro paese è assai scarsa, se non assente. In generale si segue pedissequamente il regolamento della Regione Lombardia il quale stabilisce che per acque di prima pioggia si intendono i primi 5 mm distribuiti uniformemente su tutta la superficie scolante servita dalla fognatura. Se questo sia un criterio corretto e dimostrabile non è messo in dubbio da nessuno, mentre è certo che occorrebbe chiarire sulla base di quali presupposti scientifici sia stato scelto.

Una breve ricerca oltreoceano serve a scoprire come sull'inquinamento delle acque di pioggia si stiano spendendo fior di risorse a partire dal primo programma di controllo predisposto negli USA dall'Amministrazione Federale dal lontano 1990 quando l'analisi del degrado delle acque superficiali si focalizzò sul contributo rilevante apportato dal dilavamento delle superfici urbanizzate raccolte dalle reti drenanti di tipo pubblico o privato. Si tratta del "Storm Water Program", una regolamentazione riguardante gli scarichi di acque di pioggia provenienti da determinate attività industriali, dai sistemi fognari separati delle città e da aree in costruzione superiori a 1 acro (= mq 4046,70). Per gli scolmatori di piena dei sistemi misti è stato invece istituito un piano di controllo a lungo termine che va sotto il nome di Combined Sewer Overflows (CSO) Control Strategy (Codice Federale 1989).

Entrambe le iniziative nascono dalle conclusioni di numerosi lavori di ricerca che hanno dimostrato come il dilavamento operato dalle precipitazioni atmosferiche costituisca il 46% delle cause identificate di degrado della qualità delle acque superficiali americane.

Numerosi sono inoltre gli studi attraverso i quali si è cercato dei definire la composizione critica delle acque di pioggia in relazione all'intensità della precipitazione. Uno dei più citati è quello di Chang e colleghi (1990). L'ipotesi di Chang era quella di dimostrare l'infondatezza della teoria sulla base della quale si consideravano più inquinate le acque di prima pioggia (first flush) corrispondenti ad una precipitazione di mezzo pollice (1 pollice = 2,54 cm). Lo studio riguardò 160 eventi piovosi in 7 stazioni di monitoraggio del dilavamento urbano situate nella città di Austin in Texas dal 1984 al 1988. L'intero data base venne suddiviso in differenti incrementi (da 0 a 0,1 pollici, da 0,11 a 0,2 pollici e così via). Per lo scopo dello studio Chang definì come prima pioggia il primo decimo di pollice, cioè 2,54 mm. La concentrazione degli inquinanti prodotti nel corso del first flush fu quindi paragonato a quella del ruscellamento per l'intero evento e messo in relazione con la percentuale di aree impermeabili presenti per ogni stazione. Questa che segue è una tabella di sintesi.

First flush concentration as a function of imperviousness. (Mean concentration in mg/l of first tenth of an inch of runoff) (Adapted from Chang, et al. 1990.)

Pollutant

5% Imp.

30% Imp.

50% Imp.

70% Imp.

90% Imp.

BOD(5-day)

9

10

14

16

19

COD

26

52

65

66

69

Total organic C

7

13

14

18

24

NO2+NO3

0.15

0.71

0.52

0.55

0.67

Total Kjeldahl N

0.52

0.91

1.10

1.24

1.40

Ammonia

0.09

0.24

0.38

0.30

0.24

Phosphate

0.04

0.22

0.20

0.20

0.20

Total solids

80

170

212

220

123

Copper

0.01

0.01

0.01

0.01

0.01

Iron

0.36

0.68

0.48

0.54

0.58

Lead

0.004

0.045

0.03

0.04

0.06

Zinc

0.008

0.060

0.090

0.12

0.17

FecalColiform

9

39

28

28

31

FecalStrep

9

30

27

27

30

Come si può osservare il fenomeno del first flush è molto pronunciato per le zone che hanno una maggiore percentuale di aree impermeabili e molto debole nelle altre dal 5% al 30%. Per certi inquinanti come nitrati, rame, fosforo, batteri e solidi sedimentati il rilascio dalla superfici urbane è sostanzialmente indipentente dall'impermeabilizzazione. Ma l'effetto della prima pioggia non è così imponente e unversale come si è sempre pensato può continuare ad essere utilizzato da riferimento per il dimensionamento degli impianti di trattamento delle acque di pioggia? Per rispondere a questa domanda Chang modellizzò questi risultati per poter determinare in che proporzione il carico inquinante annuale veniva "catturato" dai sistemi dimensionati sulla regola del mezzo pollice.

Percent of annual pollutant load captured using the half-inch rule as a function of site imperviousness. (Adapted from Chang, et al. 1990.)

Pollutant

10% Imp.

30% Imp.

50% Imp.

70% Imp.

90% Imp.

BOD(5-day)

100

93

86

80

70

COD

100

97

86

80

79

Total organic C

100

94

83

82

78

NO3 + N02

100

91

84

79

72

Total Kjeldahl N

100

90

87

80

73

Ammonia

100

96

88

76

61

Phosphate

100

91

81

77

73

Total solids

100

81

75

53

43

Copper

100

93

80

76

74

Iron

100

99

81

84

66

Lead

100

99

94

83

81

Zinc

100

98

87

84

68

FecalColiform

100

93

83

77

62

FecalStrep

100

91

82

756

5

L'analisi suggerisce che la regola del mezzo pollice è corretta per le aree con una % di impermeabilizzazione inferiore a 50 per la maggiorparte degli inquinanti considerati. Tuttavia quando questa percentuale sale al 70% la percentuale di cattura di inquinanti scende al 78%, quando sale al 90% solo un 64% di inquinanti ha la possibilità di essere trattato. Se consideriamo in prospettiva questi risultati, tenendo conto che un sistema di trattamento progettato secondo le migliori pratiche (Best Management Practices - BMP) rimuove in media il 50% degli inquinanti che è in grado di catturare, nelle aree molto impermeabili la rimozione netta annuale potrebbe essere inferiore al 32%. Ciò dimostra che la regola del mezzo pollice è inadeguata per queste aree e che occorre considerare altre alternative come quella di dimensionare i volumi di cattura del ruscellamento considerando una pioggia critica, per es. un evento che comporti una precipitazione di 1,25 pollice, utilizzando un adeguato coefficiente di deflusso (run off coefficient) per l'impermeabilizzazione presente.

Per la raccolta dei campioni di acque di pioggia per il monitoraggio degli scarichi il Codice Federale, capitolo 40, paragrafo 122.21, prevede che questi vengano tutti prelevati nel corso di un evento significativo definito come una precipitazione maggiore di 0,1 pollice che si ripete dopo 72 ore dall'evento significativo precedente. Dove fattibile la variazione della durata dell'evento e la precipitazione totale non devono eccedere il 50 % della media o mediana degli eventi caratteristici per l'area considerata. Un campione medio-composito deve essere raccolto per tutta la durata dello scarico o per le prime tre ore dall'inizio dello scarico. Può essere raccolto con un campionatore continuo o con la combinazione di un minimo di tre aliquote per ogni ora, con un intervallo di almeno 15 minuti tra l'una e l'altra. Deve inoltre essere raccolto almeno un campione istantaneo dai bacini di ritenuta che abbiano un periodo di ritenzione maggiore di 24 ore. Per gli scarichi di pioggia provenienti da stabilimenti industriali i dati devono riferirsi ad un campione istantaneo raccolto durante i primi 30 minuti dall'inizio dello scarico. I parametri pH, temperature, cyanide, total phenols, residual chlorine, oil and grease, fecal coliform, and fecal streptococcus devono essere determinati solo sul campione istantaneo. L'autorità di controllo può stabilire procedure di campionamento specifiche per sito incluso la scelta dei punti di controllo, la stagione in cui i campioni verranno raccolti, la durata minima tra un evento significativo e l'altro, il minimo e il massimo livello di precipitazione dell'evento significativo, la forma della precipitazione (pioggia o neve), il protocollo per la raccolta dei campioni e i tempi di consegna dei risultati.

Per quanto interessa l'argomento trattato la metodica ufficiale d'oltreoceano prevede dunque che oli e grassi di provenienza industriale siano determinati su di un campione istantaneo raccolto nella prima mezzora. Con la consultazione delle guide al campionamento (State of Washington), si possono inoltre apprendere altri suggerimenti. Per es.: per il prelievo di oli e grassi deve essere effettuato direttamente attraverso il contenitore destinato a conservare il campione di acqua di scarico posto sotto alla cascatella. Questo perché l'utilizzo di raccoglitori intermedi porta ad una perdita di oli a causa della loro aderenza alle pareti interne del contenitore. Il contenitore non deve essere di materiale plastico. Poiché oli e grassi tendono a flottare è necessario effettuare il prelievo scegliendo un punto dove il flusso è più turbolento perché qui la miscelazione è massima. Se si deve invece raccogliere il campione dalla superficie dell'acqua occorre che l'operatore immerga la bottiglia compiendo un arco cosicchè il movimento di entrata e uscita provochi una rottura della superficie liquida per due volte.

Pertanto con il metodo di campionamento suggerito si è in grado di certificare il rendimento di un disoleatore o di metterne a confronto diversi a parità di condizioni cioè di luogo e di evento. Sistemi più sofisticati per valutare l'efficienza di due prototipi si basano su prove in campo condotte in parallelo (Side-by-side Field Testing) suddividendo la portata di pioggia in parti esattamente uguali in modo che questi trattino the same stormwater and the same pollutants at the same rates of flows.

Ma qual è la composizione del refluo e del sedimento intrappolati in un disoleatore? La ricerca è di Schueler and Shepp (1993) e la tabella che segue ne è la sintesi.

Sediment and pool water quality found in oil and water separators at various locations

.

Petrol stations

Dairies

All day parking lots

Streets

Residential parking

Parameter

Comparative sediment quality (reported in mg/kg of sediment)

Total P

1.056

1.020

466

365

267

TOC

98.071

55.167

37.915

33.025

32.392

Hydrocarbons

18.155

7.003

7.114

3.482

892

Cadmium

35,6

17

13.2

13.6

13.5

Chromium

350

233

258

291

323

Copper

788

326

186

173

162

Lead

1.183

677

309

544

180

Zinc

6.785

4.025

1.580

1.800

878

Comparative pool water quality (reported in ug/l)

Total P*

0,53

0,50

0,30

0,06

0,19

TOC*

95,51

26,8

20,6

9,9

15,8

Hydrocarbons*

22,0

10,9

15,4

2,9

2,4

Cadmium

15,3

7,9

6,5

ND

ND

Chromium

17,6

13,9

5,4

5,5

ND

Copper

112,6

22,1

11,6

9,5

3,6

Lead

162,4

28,8

13,0

8,2

ND

Zinc

554

201

190

92

ND

ND - non determinato

* espressi in mg/l

Teoria della disoleazione

Il disoleatore, o disoleatore-decantatore poiché spesso è aggiunto di un volume per la rimozione dei solidi, è un impianto progettato per la separazione di benzine, oli, grassi e altre frazioni leggere dei prodotti petroliferi. E' spesso applicato come fase di pretrattamento delle acque di pioggia prima di un bacino di ritenzione. Fondamentalmente esistono due tipi di disoleatore: il separatore a gravità o convenzionale e il separatore a coalescenza. Il secondo migliora l'efficienza di separazione degli oli grazie alla presenza di un pacco lamellare che aumentando la superficie effettiva di flottazione favorisce l'aggregazione delle particelle più leggere e ne facilita la risalita. In questo modo si riescono a ridurre le dimensioni rispetto ai più grandi disoleatori a gravità.

La disoleazione viene normalmente ottenuta riducendo la velocità dell'influente e predisponendo una zona di calma nella quale le sostanze presenti, caratterizzate da un peso specifico minore di quello dell'acqua, risalgono per galleggiamento. Il funzionamento dei disoleatori può essere ricondotto ai principi della sedimentazione sotto l'azione della gravità: questi si comportano infatti come vasche di sedimentazione nelle quali le particelle oleose anziché sedimentare sul fondo, flottano in superficie. Per il dimensionamento dei separatori si deve quindi partire dai tempi di residenza delle particelle. Il tempo di residenza ti (o ritenzione) deve essere maggiore del tempo di risalita tc:

ti = di / Vt

dove:

di è la profondità effettiva della vasca di disoleazione

Vt è la velocità di risalita della particella

Per trovare la velocità di risalita Vt cm/sec si applica la legge di Stokes.

Vt = g(σwo)D² /18ήw)

Dove:

g = costante gravitazionale (981 cm/sec²)

D = diametro delle goccioline d'olio in cm, consigliato l'uso di un diametro D=60 microns cioè 0.006 cm

σw = 0.999 g/cc densità dell'acqua a 15°C

σo = densità dell'olio, si seleziona la densità più conservativa, per es. tra il carburante diesel 0,85 g/cc e l'olio motore 0,90 g/cc in una stessa soluzione si sceglie quest'ultimo

ήw = 0.017921 poise, g/cm-sec. viscosità dell'acqua a 15°C

Dopo una serie sperimentale di analisi su impianti in attività l' l'American Petroleum Institute (API pubblication 421 1990) ha apportato alcune modifiche all'equazione base pervenendo ad una nuova espressione la cui validità dipende dall'aver assegnato alla particella dell'olio un diametro di 0,015 cm (150 micron).

Vt = 0,0123 (Sw-So/μ)

Dove

Sw = gravità specifica del refluo alla temperatura di progetto

So = gravità specifica dell'olio nel refluo alla temperatura di progetto

μ = viscosità assoluta del refluo alla temperatura di progetto, in poise

Nota: 1 Poise = 1 g/cm.s

In effetti uno dei problemi principali è di conoscere la distibuzione dei diametri delle goccioline di olio. Non vi sono informazioni sulle dimensioni medie delle goccioline oleose nell'acqua di pioggia che ruscella da aree commerciali o industriali, si conoscono solo quelle dei depositi di prodotti petroliferi. Questi indicano che circa l'80% delle goccioline sono più grandi, in volume, di 90 μm e circa il 30% hanno un diametro maggiore di 150 μm.

Come detto per il dimensionamento dei separatori API considera che le goccioline siano di 150 μm. In Australia e Nuova Zelanda si assume invece che queste abbiano diametro di 60 μm. A 15°C e con una densitΰ dell'olio di 0,9 la velocità di risalita di una particella di 60 μm di diametro θ di 0,62 m/h.

Anche lo Stato di Washington opta per diametri di 60 μm. Per il calcolo della Vt consiglia la formula 0,033 foot/min (1 foot = 30,48 cm) il che equivale ad una Vt di 0,60 m/h.

In un separatore ideale, uno in cui non c'è alcuna turbolenza o regurgito, la rimozione delle particelle sospese è funzione della velocità in ingresso. Secondo l'American Petroleum Institute (le cui applicazioni sono state studiate in particolare per le esigenze delle raffinerie) questa relazione è così espressa:

dove:

di = profondità in un separatore ideale, in cm.

ti = tempo di ritenzione in un separatore ideale, in secondi.

Li = lunghezza di un separatore ideale, in cm.

Bi = larghezza di un separatore ideale, in cm.

Qm = portata di progetto del separatore, in mc/s.

Vo = velocità del flusso, in cm/s.

Nota: il fattore 100 serve a convertire i cm/s in m/s.

L'equazione precedente stabilisce che la superficie dell'area richiesta per un separatore ideale è uguale alla portata in ingresso della soluzione diviso la velocità di risalita delle particelle di olio, senza considerare la profondità assegnata.

Prendendo in esame il fattore di turbolenza (F) un fattore moltiplicativo per tenere conto della perdita di efficienza dell'impianto in seguito a turbolenze e rigurgiti, la superficie orizzontale minima (AH), è data da (1):

dove:

AH = superficie minima orizzontale, in mq.

F = fattore di turbolenza e rigurgito (adimensionale), ved.tabella seguente.

Qm = portata, in mc/s.

Vt = velocità verticale della particella, in cm/s.

Il fattore di turbolenza F è ottenuto moltiplicando per 1,2 un valore trovato sperimentalmente che lega la velocità orizzontale VH con la velocità di risalita della particella d'olio Vt .

Turbulence factor Ft

VH/Vt

F=1.2 Ft

3

1.07

1.28

6

1.14

1.37

10

1.27

1.52

15

1.37

1.64

20

1.45

1.74

La sezione verticale del separatore API è data da (2):

Dove:

Ac = è la sezione verticale minima, in mq.

Qm = è la portata di progetto, in mc/s.

vH = è la velocità orizzontale, in cm/s.

Nota: il fattore 100 factor serve per convertire i cm/s in m/s.

Dalla sezione verticale si risale alla profondità e alla larghezza del separatore. Secondo le esperienze API la larghezza del separatore B deve rientrare tra gli 1,8 e i 6 metri. Sostituendo nell'equazione seguente si perviene alla determinazione della profondità

d = Ac/B

dove

d è la profondità del separatore in m

Ac è la sezione verticale minima in mq

B è la larghezza del separatore in m

Per ricavare la lunghezza L del separatore si usa la formula seguente:

L = F (VH/Vt) d

I rapporti tra le diverse grandezze suggerite da API 421 sono le seguenti:

VH = 15Vt ≤ 1,5 cm/sec (consigliato)

0,3 W ≤ D ≤ 0,5 W (tipicamente D = 0,5 W)

1,5 m < W < 5 m

0,75 m < D < 2,5 m

L = 5 W

dove W è la larghezza, D è la profondità, L è la lunghezza, come indicate alle figure seguenti.

Ecco come deve essere un disoleatore secondo lo standard API 421:

1 feet ' = 12 inch '' = 30,48 cm

Il separatore API viene denominato anche API Baffle Separator, dove baffle sta per deflettore, diaframma. Attraverso l'interposizione di questi diaframmi si ottiene di rallentare ulteriormente la velocità della corrente liquida o di meglio garantire la ritenzione degli oli e dei sedimenti nelle rispettive camere. Si distingue un'anticamera (forebay) per la raccolta dei solidi sospesi, la camera principale dove avviene la separazione tra le due fasi (separation section) e la camera finale dove pesca il condotto a "T"(afterbay).

 Il dimensionamento del disoleatore

Secondo Auckland Regional Council (ARC, Nuova Zelanda) considerando una precipitazione di 15 mm/h per il calcolo della portata in ingresso al separatore si tratta il 93% del deflusso totale.

Dalla precipitazione di 15 mm/h si ottiene la portata di progetto al separatore. Si utilizza la Rational Formula:

Q = C. I.A (in mq)

dove:

C è il coefficiente di deflusso

I è l'intensità di pioggia scelta a 15 mm/h

A è l'estensione dell'area drenata in mq

Considerando per es. un area di 300 mq di superficie impermeabile (C=1) si ottiene una portata di progetto di 4,5 mc/h.

Tenuto conto della Vt data pari a 0,62 m/h si provi a dimensionare un separatore API.

Da VH = 15Vt otteniamo VH = 9,3 m/h.

La sezione verticale Ac è pari a 0,48mq, la profondità D = 0,5W pertanto si sceglierà una profondità di 0,49 m e una larghezza di 0,98 m. Tuttavia questi valori sono inferiori a quelli raccomandati pertanto si sceglierà una profondità di 0,75 m e una larghezza di 1,5 m. In questo modo la sezione verticale Ac diventa (0,75x1,5) = 1,125 mq. Sempre secondo la (2) la VH sarà ora uguale a 4 m/h.

Manca da calcolare l'area orizzontale del separatore AH. Per scegliere il fattore di turbolenza F dalla tabella soprariportata si valuta in quale rapporto ora stanno la VH e la Vt. (4 : 0,62) = 6,45 al quale corrisponde un F approssimato a 1,4.

Così risulta AH.: (1,4)x(4,5)/(0,62) = 10,2 mq. Per trovare la lunghezza dividiamo (10,2:1,5) = 6,8 m. Il volume della camera principale sarà di 7,65 mc (6,8 x 1,125).

Se invece di un separatore a gravità tipo API si deve dimensionare un separatore a coalescenza (CPI) deve essere calcolata l'area di ogni piatto separatore. Questa superficie va a sostituire quella orizzontale AH in questo modo rendendo possibile diminuire le dimensioni complessive del separatore.

ARC suggerisce la seguente semplice formula per calcolare queste superfici:

A plain = (Qm/Vt) x N

dove:

N è il numero dei piatti separatori.

Una volta calcolata AH si può ottenere la stessa estensione superficiale inserendo un adeguato numero di piatti.

Il dimensionamento secondo EN 858

Il disoleatore serve per superfici sulle quali routinariamente o per cause accidentali possono finire oli e benzine come: garage e autorimesse, autofficine, distributori di carburante, parcheggi, strade, aeroporti ecc. Secondo la EN 858 l'utilizzo dei separatori di classe II è preferibile dove non si richiede un trattamento spinto del refluo e dove si richiede di bloccare solo gli sversamenti accidentali. Questi separatori vengono anche chiamati trappole per oli. I separatori di classe I sono invece da installare laddove è richiesto una rimozione spinta degli idrocarburi e dove c'è bisogno di un trattamento continuo anche dopo la prima pioggia. Anche la EN 858 per la prima pioggia suggerisce di utilizzare un separatore di tipo by-pass di classe I.

Perché sia efficace la densità della frazione oleosa non deve essere superiore a 0,95 g/cmc. Secondo la EN 858 il dimensionamento di un disoleatore si basa sulla natura e la portata dei liquidi da trattare tenendo presente:

La formula per il dimensionamento è la seguente: NS = (Qr + fx. Qs) fd

Dove

NS è la taglia nominale del separatore;

Qr è la massima portata di pioggia, in l/s;

Qs è la massima portata di refluo, in l/s;

fd è il fattore di densità per il tipo di olio;

fx è il fattore di impedimento.

La taglia nominale NS è un numero, espresso in unità, approssimativamente equivalente alla portata massima effluente in litri/sec del separatore sottoposto al test di cui al paragrafo 8.3.3. della EN. Una volta calcolato l'NS attraverso la formula si richiederà al fornitore un impianto avente la taglia nominale più vicina. Per es. un separatore di classe II con NS 20 nelle condizioni del test rilascia un effluente con concentrazioni inferiori ai 100 mg/l su una portata di 20 l/sec.

Qualora si debba trattare solo acqua di pioggia dall'equazione si toglierà il parametro fx .Qs. Anche la EN 858 per le acque di pioggia ricorre all 'uso della Rational Formula: Q = C. I.A (in mq) . Per quanto riguarda l'intensità I suggersice di effettuare un'analisi del modello pluviometrico locale e di ottemperare alle disposizioni delle autorità di controllo del luogo.

L'EPA scozzese nella PPG3 fornisce un' intensità di pioggia I pari a 18 mm/h se si tratta di dimensionare un separatore full ritention e di 1,8 mm/h se si tratta di dimensionare un by-pass separator.

La taglia nominale viene espressa preferibilmente secondo questa serie: 1,5, 3, 6, 10, 15, 20, 30, 40, 50, 65, 80, 100, 125, 150, 200, 300, 400 and 500.

Il fattore di densità varia da 1 a 2 a seconda della densità degli idrocarburi e della combinazione dei componenti il separatore.

Densità g/cm³

Fino a 0,85

da 0,85 fino a 0,90

da 0,90 fino a 0,95

Combinazione

Fattore di densità fd

S II P

1

2

3

S I P

1 a

1,5 a

2 a

S II I P

1 b

1 b

1 b

S per sludge trap; I o II per la classe del separatore; P per pozzetto di ispezione e prelievo.

a Per i separatori di classe I che operano solo con la gravità si utilizza il fd della classe II.

b Sia per la classe I che per la classe II.

Per la raccolta del sedimento che potrebbe portare ad occludere le condotte del separatore si utilizza un'anticamera come parte integrante dello stesso oppure un contenitore a sé stante. Per il dimensionamento della "sludge trap" la EN 858, a seconda della prevedibile formazione di sedimento, richiede di moltiplicare la NS per un fattore 100, 200 o 300 e poi dividere il risultato per il fd. Il fattore 200 è consigliato per parcheggi, autodemolitori, centrali energetiche, distributori di carburante.

Il volume di raccolta dell'olio deve essere 10 volte la NS qualora il separatore sia munito di otturatori automatici per prevenire tracimazioni o di 15 volte la NS in caso contrario.

Qualora si tratti di realizzare un disoleatore in situ la EN 858 stabilisce alcuni requisiti che ricordano l'API 421. Per primo si parte da una NS 150 determinata attraverso il test oppure, più concretamente, costruendo il separatore in accordo con le seguenti linee guida:

Il rapporto tra profondità e lunghezza del separatore deve stare tra 1:1,5 e 1:5. (L = 5W secondo API 421). La profondità minima Hmin dell'acqua deve essere di 2,5 m compresa una profondità di 0,15 m per lo stoccaggio dell'olio e di 0,35 m per il sedimento.

La superficie minima orizzontale in mq si calcola con Amin = 0,2 x NS.

Il volume minimo totale in mc si calcola con Vmin = H x A = 0,5 x NS.

Il volume per l'olio in mc si calcola con V1 min = 0,03 x NS

 

 

 

 

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IL DISOLEATORE PER LE ACQUE DI PRIMA PIOGGIA