leggi e sentenze
28 giugno 2004

In logica continuazione con l'articolo del mese di marzo ci occupiamo di nuovo dell'argomento a causa di un passaggio importante che è avvenuto nei palazzi della Comunità Europea a Bruxelles. Probabilmente il cammino è ancora lungo, ma è indubbio che dalla UE uscirà prima o poi una nuova direttiva sui rifiuti, di una particolare categoria di rifiuti, quelli provenienti da attività estrattive.

Il recente passaggio istituzionale è relativo alla risoluzione positiva, di accoglimento, sulla proposta di direttiva, da parte della "Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori" che in data 16 marzo 2004 ha concluso l'esame con un parere favorevole condizionato ad una serie di modifiche del testo trasmessole dal presidente del Parlamento. La proposta di direttiva della Commissione Europea sulla gestione dei rifiuti estrattivi era stata presentata al Parlamento con lettera del 2 giugno 2003 a norma degli articoli 251, paragrafo 2, e 175, paragrafo 1, del trattato CE (COM 2003 319).

Cosa si propone

Perché la Commissione Europea si sia decisa a produrre una normativa ad hoc per i rifiuti da attività estrattiva lo si deve in particolare a due motivi.

Il primo è da ricondurre ai gravi danni ambientali ed alle perdite di vite umane che si sono prodotti in conseguenza di incidenti dovuti a crolli di grandi bacini di decantazione di minerali o a immensi depositi: sono stati registrati diversi eventi in questi anni come quelli verificatisi ad Aberfan (Galles, 1966), Stava (Italia, 1985), Aznalcóllar (Spagna, 1998), Baia Mare e Baia Borsa (Romania, 2000). Tutti ricorderanno purtroppo la data del 19 luglio 1985 a Stava, Trento, quando un bacino di decantazione per sterili di fluorite cedette, rilasciando 200.000 mc di sterili. L'incidente causò 268 morti e la distruzione di 62 edifici. A seguito dell'incidente di Aznalcóllar nel fiume Guadiamar sono stati immessi 2 milioni di mc di sterili e 4 milioni di mc di acqua contaminata da metalli pesanti in una zona vicina al parco naturale Doñana. A Baia Mare, l'esplosione in un bacino di decantazione ha fatto sì che circa 100.000 mc di acque reflue contenenti fino a 120 tonnellate di cianuro e metalli pesanti si riversassero nel fiume Lapus, proseguissero il cammino fino ai fiumi Someº e Tisa in Ungheria prima di immettersi nel Danubio. A Baia Borsa 20.000 tonnellate di sterili si sono riversate nel Novat, affluente dei fiumi Viseu e Tisa. Il peggior incidente nella storia del Regno Unito ebbe luogo ad Aberfan (Galles) nel 1966 in seguito al crollo di un cumulo di rifiuti inerti provenienti da una miniera di carbone, che causò la morte di 144 persone, in gran parte bambini.

Il secondo motivo è dovuto alla constatazione di un insufficienza riguardante il controllo dei rischi ambientali dovuti alla gestione dei rifiuti estrattive nei paesi membri. Dato il carattere multiforme dei controlli e la diversità dell'industria estrattiva, in cui operano società che vanno dalle grandissime multinazionali alle PMI, la Commissione presieduta da Romano Prodi ha ritenuto necessario istituire "requisiti minimi attraverso una normativa comunitaria che, precisando e rendendo più incisivi gli obblighi legati alla progettazione, alla gestione e alla chiusura delle strutture di gestione dei rifiuti, nonché agli interventi successivi alla chiusura, crei condizioni uniformi in materia di gestione dei rifiuti dell’industria estrattiva."

Una delle maggiori preoccupazioni è dovuta al futuro allargamento dell'UE ai paesi candidati dell'Est Europa dove si concentrano un elevato numero di siti estrattivi privi di una adeguata tutela ambientale.

I rifiuti delle industrie estrattive rappresentano un flusso di rifiuti quantitativamente rilevante nella UE. Secondo l'Agenzia per l'Ambiente Europea si calcola che tali rifiuti rappresentino circa il 29% del totale dei rifiuti prodotti ogni anno nella UE e che il loro volume annuo superi i 400 milioni di tonnellate.

Le definizioni

I rifiuti si formano in seguito alla rimozione dello strato superiore del terreno, topsoil, che di norma viene depositato in loco e, una volta terminate le attività estrattive, utilizzato per gli interventi di rivegetazione. Fa parte del topsoil anche la roccia rimossa per scavare i pozzi nonché per accedere al corpo minerario. Le dimensioni del topsoil sono variabili, da piccole particelle a massi. Nella pratica comune gran parte della terre e rocce di scavo sono depositate in cumuli nelle vicinanze della miniera. Una parte di questi rifiuti è inerte, quindi non dovrebbe presentare rischi significativi di inquinamento ambientale, ad esclusione dei rischi di ostruzione dei letti dei fiumi per dilavamento dalle acque di pioggia e l'eventuale crollo se vengono stoccati in notevoli quantità. I problemi possono nascere dal mescolamento di materiale innocuo con materiale contaminato oppure dalla contaminazione di terre e rocce a causa delle sostanze utilizzate nel corso di una lavorazione.

Si ricorda a questo proposito quello che è avvenuto durante i lavori di perforazione di gallerie per la realizzazione della tratta toscana della TAV: parte del materiale estratto risultava inquinato da oli minerali utilizzati come distaccanti, senza che questo ne impedisse il riutilizzo in qualità di "inerte" per il riempimento di cave e bacini. Sebbene le perforazioni realizzate a questo scopo esulino dall'argomento trattato in questa sede questo esempio serve a dimostrare come sia sempre indispensabile conoscere la provenienza di terre e rocce di scavo.

Si usa invece comunemente il termine "sterili" per indicare il materiale solido di scarto che rimane dopo la lavorazione del minerale, effettuata con varie tecniche.

Dopo l’estrazione del materiale dalla miniera, la prima fase della lavorazione consiste generalmente nella frantumazione e nella macinazione. I fini vengono poi concentrati per liberare il minerale utile dalla roccia di valore meno elevato. La lavorazione comporta l’impiego di tecniche di separazione fisica e/o chimica quali la concentrazione per gravità, la separazione magnetica, la separazione elettrostatica, la flottazione, l’estrazione con solventi, l’estrazione per via elettrolitica, la lisciviazione, la precipitazione e l’amalgamazione. Nella lavorazione convenzionale dei minerali si producono sterili, che vengono allontanati dall’impianto di lavorazione sotto forma di fanghi o limi con una percentuale di solidi compresa tra il 15% e il 60%, oppure sotto forma di sterili grossolani, più o meno secchi. Gli sterili sia grossolani che fini possono essere utilizzati per la ripiena delle miniere ma vengono per la maggior parte depositati in apposite strutture in loco, ad esempio cumuli o bacini di decantazione.

Gli sterili generati dall’estrazione di metalli non ferrosi possono contenere notevoli quantità di sostanze pericolose come i metalli pesanti o le sostanze chimiche che sono necessarie nel particolare processo utilizzate per separare il minerale utile dal resto. La disponibilità chimica dei metalli e dei composti metallici tende ad aumentare con l'estrazione e la successiva lavorazione dei minerali: da questo possono avere origine fenomeni di drenaggio acido o alcalino.

Il problema ambientale più serio e diffuso legato ai rifiuti di estrazione è costituito dal drenaggio acido (DA). Si ha produzione di acidi quando materiali ricchi di solfuri contenuti nella roccia sterile e negli sterili sono esposti all’ossigeno e all’acqua e reagiscono con essi formando acidi solforici. Si tratta di un processo che può verificarsi anche in natura ma che può essere notevolmente accelerato dalle attività minerarie, dal momento che queste portano in superficie e frantumano questi materiali. Il DA è caratterizzato da pH bassi e da concentrazioni elevate di metalli pesanti disciolti. L’acido solforico, che si forma facilmente, discioglie metalli come il ferro, il rame, l’alluminio e il piombo. Uno degli aspetti più preoccupanti del drenaggio acido è la persistenza nell’ambiente. A causa della formazione di acido solforico, una struttura di deposito di rifiuti minerari può avere ripercussioni gravi e prolungate nel tempo sulle acque superficiali e sotterranee e sulle forme di vita acquatica. Una volta avviato, il processo di formazione di acidi è estremamente difficile da arrestare. È risaputo che l’acidità e la presenza di contaminanti disciolti uccidono la maggior parte delle forme di vita acquatica, facendo diventare pressoché sterili i corpi idrici e rendendo l’acqua inadatta al consumo umano.

La Comunità Europea si prefigge di regolamentare i depositi di "sterili" proprio alla luce delle conseguenze derivanti dall'aver esposto alle condizioni atmosferiche terre e rocce che altrimenti, se non disturbate, non avrebbero mai potuto provocare danni all'ambiente. I depositi sono quindi il principale oggetto della proposta e la loro definizione è la seguente:

"struttura di deposito dei rifiuti": s'intende qualsiasi area adibita all'accumulo o al deposito di rifiuti, allo stato solido o liquido, in soluzione o in sospensione, per un periodo superiore ad un anno e che comprende una diga o un'altra struttura destinata a contenere, racchiudere, confinare i rifiuti o svolgere altre funzioni per la struttura, inclusi, in particolare, i cumuli e i bacini di decantazione; sono esclusi i vuoti di miniera dove vengono risistemati i rifiuti dopo l'estrazione del minerale.

La nozione di rifiuto

La Commissione Europea nella comunicazione "Sicurezza delle attività minerarie: situazione dopo i recenti incidenti", aveva già chiarito che, non esistendo al momento una specifica normativa comunitaria su questo tipo di rifiuti, anche i rifiuti provenienti dalle industrie estrattive sono assoggettati alla direttiva 75/442/CEE.

Nella sentenza della Corte di giustizia europea relativa alla causa C-114/01, Avesta Polarit, la Commissione e le autorità finlandesi avevano sostenuto che nell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto ii) della direttiva 75/442/CEE sui rifiuti modificata per "altra normativa" si intendesse"altra normativa comunitaria", il che confermerebbe l’applicabilità della direttiva quadro al settore minerario, dato che per il momento non esistono altre disposizioni legislative comunitarie in materia di rifiuti provenienti dalle industrie estrattive. Al contrario, Germania e Gran Bretagna sostenevano che per "normativa" si dovessero intendere sia le normative nazionali che la normativa comunitaria. Sulla base di questa seconda ipotesi il settore minerario avrebbe dovuto essere escluso dal campo di applicazione della direttiva 75/442/CEE, dato che nei vari Stati membri esiste già un ampio corpus legislativo nazionale.

Tuttavia le conclusioni dell’avvocato generale, presentate il 10 aprile 2003, confermavano l'interpretazione della Commissione.

Nel settembre dello scorso anno la Corte di Giustizia CE ha ritenuto di non accogliere le tesi della Commissione, dell'Avvocatura e dei governi Finlandese ed Olandese. Come abbiamo sottolineato nell'articolo precedente una regolamentazione nazionale di altra natura che contempli nelle disposizioni sul particolare settore anche precise direttive sul trattamento dei rifiuti, può rappresentare una soluzione altrettanto valida senza dover necessariamente applicare la Direttiva 75/442 (il D.Lvo 22/97 nel nostro paese). Così in effetti si è espressa la Corte.

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) 11 settembre 2003 (1) causa C-114/01, Avesta Polarit

………

L'articolo 2, n. 2, della direttiva 75/442 prevede espressamente che direttive particolari possono disciplinare la gestione di determinate categorie di rifiuti. Esso precisa che tali direttive possono contenere disposizioni specifiche particolari o complementari a quelle della direttiva 75/442. Ciò significa che la Comunità si è espressamente riservata la possibilità di decidere regole adattate o più complete di quelle sancite dalla direttiva 75/442 per talune categorie di rifiuti non determinate in anticipo.

….

L'argomento dei governi tedesco, austriaco e del Regno Unito secondo cui i nn. 1, lettera b), e 2 dell'articolo 2 della direttiva 75/442 sarebbero ridondanti se si ritenesse che il primo possa riguardare normative comunitarie non è quindi fondato. Occorre d'altronde rilevare che, già prima dell'adozione della direttiva 91/156, esistevano varie normative comunitarie, menzionate dall'avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, che organizzavano la gestione di categorie di rifiuti previste da allora al detto n. 1, lettera b).


Tuttavia, questa costatazione non esclude che i termini "altra normativa", figuranti all'articolo 2, n. 1, lettera b), della direttiva 75/442 riguardano anche, a certe condizioni normative nazionali.

…….
Gli argomenti proposti dai governi finlandese e olandese nonché dalla Commissione per contestare questa interpretazione non possono essere accolti. Così, se il quinto considerando della direttiva 91/156 prevede che "una disparità tra le legislazioni degli Stati membri in materia di smaltimento e di ricupero dei rifiuti può incidere sulla qualità dell'ambiente e il buon funzionamento del mercato interno", una tale constatazione non impedisce che il legislatore comunitario abbia potuto considerare che, se era necessaria un'armonizzazione della gestione della maggior parte delle categorie di rifiuti, al contrario, per talune categorie particolari di rifiuti (puramente e semplicemente escluse dal campo di applicazione della direttiva 75/442, nella versione iniziale di questa), le autorità nazionali, in attesa dell'adozione di una normativa comunitaria specifica, potevano conservare la facoltà di disciplinare la loro gestione al di fuori dell'ambito fissato dalla detta direttiva, ma che, in difetto di una iniziativa del genere da parte di uno Stato membro, questo doveva allora organizzare la detta gestione in tale ambito.


Occorre tuttavia precisare che, per essere considerata come "altra normativa" ai sensi dell'articolo 2, n. 1, lettera b), della direttiva 75/442, che ricomprende una categoria di rifiuti elencata da questa disposizione, una legislazione nazionale non deve semplicemente riguardare le sostanze o gli oggetti in questione, ad es., da un punto di vista industriale, ma deve contenere disposizioni precise che organizzano la loro gestione come rifiuti, ai sensi dell'articolo 1, lettera d), della detta direttiva. Altrimenti, la gestione di questi rifiuti non sarebbe organizzata né sul fondamento della direttiva 75/442 né su quello di una normativa nazionale indipendente da questa, il che sarebbe contrario tanto alla lettera dell'articolo 2, n. 1, lettera b), della detta direttiva, che richiede che la legislazione nazionale di cui trattasi "copra" i rifiuti in quanto tali.

In linea di principio, secondo la Corte, non risulterebbe perciò così necessario una direttiva europea sui rifiuti da attività estrattiva. Le conclusioni della Corte rappresentano effettivamente un orientamento che finisce per collidere con l'iniziativa della Commissione.

Tuttavia l'iter parlamentare della proposta procede speditamente, questo presumibilmente a causa dei riflessi di un'altra direttiva, la 1999/31/CE, relativa alle discariche dei rifiuti. Secondo la Commissione il rischio è che ai sistemi di deposito sul suolo o nel sottosuolo dei rifiuti minerari si finiscano per applicare i requisiti molto più restrittivi previsti per le discariche dei rifiuti. Dice infatti la Commissione:

I rifiuti delle industrie estrattive sono soggetti, in linea di principio, alle disposizioni della direttiva sulle discariche; l’eccezione principale è costituita dal "deposito di terra non inquinata o di rifiuti inerti non pericolosi ricavati dalla prospezione ed estrazione, dal trattamento e dallo stoccaggio di minerali, nonché dall'esercizio di cave" (articolo 3, paragrafo 2), quarto trattino). Per quanto riguarda i rifiuti prodotti dalle industrie estrattive, quindi, la direttiva sulle discariche si applica sia ai rifiuti pericolosi, sia ai rifiuti non pericolosi non inerti. Dato che talune frazioni dei rifiuti provenienti dall’industria estrattiva sono pericolose e nella prassi comune vengono spesso mescolate a rifiuti inerti non pericolosi, la direttiva sulle discariche si applica anche a questi ultimi

Ciò comporterebbe:

La Commissione vuole così sottolineare che, in mancanza di una direttiva particolare emanata per regolamentare i rifiuti da attività estrattive (pericoli e non pericolosi), non possono che essere applicati i requisiti molto più restrittivi della 1999/31/CE, relativa alle discariche dei rifiuti. Con questo argomento l'iniziativa della Commissione è stata, nella maggiorparte di casi, salutata favorevolmente.

Nello stesso tempo con il campo di applicazione della nuova direttiva si ripropone un dilemma già conosciuto dalle nostre parti, quello dell'esclusione dal novero dei rifiuto delle ….

Terre non inquinate

L’articolo 2 definisce il campo di applicazione della proposta. La proposta riguarda i rifiuti, vale a dire il topsoil, lo strato di copertura, la roccia sterile e gli sterili, risultanti dalle attività di estrazione e/o trattamento in siti terrestri delle risorse minerali.

Per ragioni di certezza giuridica è stata utilizzata, per la definizione del campo di applicazione, una formulazione che coincide con quella dell’esenzione di cui all’articolo 2, lettera b), punto ii) della direttiva quadro sui rifiuti.

La presente direttiva si applica alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, di seguito "rifiuti di estrazione", cioè ai rifiuti derivanti dalle attività di estrazione, trattamento e ammasso di risorse minerali e dallo sfruttamento delle cave.

La proposta esclude dal suo campo di applicazione la terra non inquinata, mentre i rifiuti inerti non pericolosi sono soggetti a disposizioni limitate, perché la loro gestione implica rischi relativamente ridotti. Tale esclusione è coerente con l’analoga esclusione prevista dalla direttiva sulle discariche.

Manca tuttavia nel testo una definizione di terra non inquinata, un vuoto che andrebbe colmato alla luce delle infinite discussioni su ciò che significa contaminazione di un sito dal punto di vista della concentrazione di uno o più inquinanti. Peraltro, tenendo conto che le terre non inquinate possono essere sia quelle di copertura che quelle di escavazione per poter raggiungere il corpo minerario, non si riesce a comprendere per quale motivo i rifiuti inerti, la cui definizione riconduce ad un materiale del tutto esente da rischi quale le stesse terre ma da queste diversi in quanto a origine, debbano invece essere assoggettati alla normativa.

Anche i rifiuti risultanti dall’estrazione e/o dal trattamento delle risorse minerali e trasportati fuori dall’area in cui vengono prodotti (ad esempio i detriti di trivellazione trasferiti ad un’impresa terza incaricata dello smaltimento) sono esclusi dal campo di applicazione della proposta e restano soggetti unicamente alle disposizioni della direttiva sulle discariche. In questo modo si vuole evitare di creare scappatoie nella disciplina comunitaria riguardante le attività di gestione dei rifiuti non effettuate nel luogo di estrazione.

La costruzione della direttiva è pertanto realizzata in modo che i rifiuti esclusi siano comunque ricondotti ad una regolamentazione alternativa, che può essere quella definita dalla direttiva discariche o quella quadro sui rifiuti. Tuttavia tale interpretazione si trae solo dal commento al testo, mentre una enunciazione letterale dell'articolato potrebbe portare a conclusioni del tutto diverse, al fatto cioè che i rifiuti esclusi non sono altrimenti normati.

Il dibattito

Attualmente, con la Risoluzione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive (COM(2003) 319 – C5-0256/2003 – 2003/0107(COD)) del 18 marzo 2004 la Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori , per voce del Relatore Jonas Sjöstedt, ha espresso alcuni dei rilievi proprio sul punto.

Nel trattamento scorretto di terra non inquinata possono crearsi sostanze velenose attraverso l'esposizione modificata all'ossigeno e alle intemperie, che si immettono poi senza incontrare alcun ostacolo nella circolazione idrica. In linea di principio, per quanto riguarda le deroghe di cui alle lettere c) - terra non inquinata ed e) - rifiuti derivanti dalla prospezione, vale la seguente problematica: tutte le sostanze ottenute in campo estrattivo vengono considerate in un primo momento rifiuti per poi essere nuovamente escluse – come il "deposito di terra non inquinata" e i rifiuti derivanti dalla prospezione – dall'ambito di validità della direttiva. Se si considera tuttavia l'articolo 2, paragrafo 4 della proposta, ciò comporta che i due tipi di "rifiuti" in precedenza menzionati rientrerebbero nella direttiva sulle discariche. Come risulta dalle motivazioni, ma non dal testo della direttiva, ciò non è tuttavia voluto. Una possibilità di soluzione dal nostro punto di vista è quindi quella di sopprimere le lettere c) ed e) inserendole fra le disposizioni dell'articolo 2, paragrafo 3 (disposizioni su rifiuti non pericolosi).

L'aspetto singolare del dibattito è che alle stesse conclusioni è arrivata pure la "Commissione per l'industria, il commercio estero, la ricerca e l'energia" di Bruxelles, sebbene il punto di vista espresso da questa Commissione rispecchi più le preoccupazioni dell'industria piuttosto che quelle della tutela dell'ambiente.

L'esclusione della terra non inquinata dal campo di applicazione della direttiva è discutibile, in quanto: se la terra non inquinata è considerata come "rifiuti", la sua esclusione la farebbe rientrare nel campo di applicazione della direttiva sulle discariche; se invece non è considerata come "rifiuti", non vi è alcun bisogno di escluderla, perché non rientra nell'ambito di applicazione della direttiva proposta.

Lo stesso vale per i rifiuti derivanti dalla prospezione di risorse minerali. La loro esclusione dal campo di applicazione della direttiva li farebbe rientrare in quello della direttiva sulle discariche. L'industria preferirebbe che tali rifiuti fossero coperti dalla proposta in esame, che è specialmente intesa a tener conto della specificità dei rifiuti dell'industria estrattiva.

Tenuto conto dello scarso impatto ambientale della terra non inquinata e dei rifiuti derivanti dalla prospezione di risorse minerali, sembra inopportuno esigere che tali materiali soddisfino tutti i requisiti della direttiva. Si propone quindi di spostarli e di inserirli all'articolo 2, paragrafo 3, lettera e).

Anche i rifiuti trasportati in un'altra miniera per lo smaltimento dovrebbero rientrare nel campo di applicazione della direttiva in esame. Altrimenti, la prassi corrente dello smaltimento centralizzato di rifiuti provenienti da più miniere sarebbe ingiustamente soggetta alle disposizioni di carattere generale, mentre la direttiva in esame sarebbe applicata ai rifiuti smaltiti nella stessa azienda. L'emendamento proposto mira a chiarire l'obiettivo della direttiva di garantire che i rifiuti di miniera smaltiti al di fuori dell'industria estrattiva rientrino nella legislazione generale sullo smaltimento dei rifiuti.

Come vedete anche qui la vexata quaestio delle terre e rocce di scavo è destinata a non trovare pace.

 

 

 

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