interventi
29 ottobre 2002

Introduzione

Il nuovo approccio integrato alla tutela dell'ambiente introdotto dalla direttiva 96/61/CE, recepita nel nostro ordinamento con il Decreto Legislativo n.372, prevede una modifica sostanziale nelle modalità di regolazione degli impatti ambientali prodotti dai siti industriali. I cambiamenti più importanti risiedono nel dover necessariamente rimettere mano alle strutture tecnico-amministrative che applicano la normativa ambientale nel nostro Paese, graduando il passaggio da una suddivisione di compiti e funzioni settorializzata sulla base della legislazione per matrice (acqua, aria, suolo, rumore) ad una reingegnerizzazione delle conoscenze in modo traversale rispetto alla categorie produttive assoggettate ad IPPC (integrated prevention pollution control).

Contestualmente la UE fonda molte delle aspettive di miglioramento insite nel nuovo approccio nella concreta applicazione delle regole che verranno emanate dai singoli Stati Membri, il che significa porre lo stesso grado di attenzione che ora è espresso nei riguardi della fase amministrativa di rilascio dei permessi a quella successiva di verifica e promozione della conformità. Questa attenzione si è rivelata con l'inserimento nell'articolato della direttiva di indicazioni specifiche su modi e termini attraverso i quali l'applicazione delle norme verrà affiancata da un piano di controlli e la loro esecuzione, sui contenuti dei quali la stessa Comunità vuole essere informata.

Poichè la valutazione dell'inefficacia di alcune politiche ambientali attuate nei precedenti programmi d'azione sono stati attribuiti a deficit di controllo, alla grande disparità nei sistemi e nei meccanismi di ispezione tra gli Stati membri in termini non solo di capacità di assolvere ai compiti ispettivi ma anche per quanto riguarda la portata e l'oggetto di tali compiti e perfino la loro stessa esistenza in alcuni Stati membri, ora la UE stabilisce quali sono i criteri minimi che tutti gli Stati devono garantire perchè si effettuino le ispezioni dei siti con le risorse indispensabili, con la frequenza necessaria, con l'esperimento di test e misure, tenuto conto dell'effettuazione di autocontrolli, e prevedendo la redazione dei relativi resoconti (reporting).

Per rappresentare meglio quello che è (dovrebbe essere) il feedback delle informazioni e il loro legame stretto con l'aggiornamento delle norme, la UE utilizza il seguente schema:

LA CATENA DELLA REGOLAZIONE

Il processo di regolazione, come è inteso dalla UE, comprende:

1.la promozione degli adempimenti a carattere volontario con il supporto informativo e la supervisione
2.la misura dell'ottemperanza alle regole con le ispezioni
3.nei casi in cui si registri una non conformità, una ulteriore consultazione e la minaccia di una sanzione
4.l'imposizione di comandi attraverso il diritto amministrativo o penale, pubblico o privato.

In questo senso la UE valorizza in modo innovativo il ruolo degli ispettori ambientali:"it will be the mission of an inspector in Europe to play an important role in this process" (Reference book for Environmental Inspection)

Infatti la Comunità Europea attribuisce un grande significato all'esistenza di un sistema di ispezioni e alla loro attuazione in quanto queste "costituiscono un deterrente alle violazioni ambientali poiché consentono alle autorità di individuare le infrazioni e di far rispettare la normativa ambientale mediante sanzioni o altri mezzi e pertanto le ispezioni costituiscono un anello indispensabile della catena regolamentare ed uno strumento efficiente per assicurare l'uniformità dell'applicazione pratica e del rispetto della normativa ambientale in tutta la Comunità ed evitare distorsioni della concorrenza".

Nella esigenza di identificare un modello di ispezione ambientale costruito sulla base delle linee guida emesse dalla UE alle quali anche le strutture deputate al controllo si dovranno adeguare si fornisce un primo contributo delle esperienze maturate individuando nella trattazione eventuali punti di accordo o di scostamento rispetto alla situazione attuale nei confronti di quella che dovrà invece essere la funzione e il ruolo di tali strutture nell'ambito del nuovo processo.

2. Le definizioni

C'è un aspetto che, se non ben considerato, è in grado di minare alla base qualsiasi volontà propositiva di partecipazione, in tutti gli ambiti. E' l'utilizzo di una terminologia tecnica che, grazie alla ricchezza di vocaboli della lingua italiana e dei relativi significati che questi assumono in un contesto o in un altro, deve essere utilizzata con un minimo di rigore e di precisione. Proprio perché l'utilizzazione di questi termini si dà per ampiamente scontata anche in ambiti non proprio tecnici, come per es. sui media o nelle aule dei tribunali o tra i banchi parlamentari, c'è un sicuro convincimento sul fatto che la comprensione delle azioni descritte dal "lessico del controllo" sia in realtà molto limitata. Questo non per un'arretratezza dell'ascoltatore, ma perchè la difficoltà a stabilire un medesimo significato per uno stesso termine non può che dipendere dal grado di conoscenza che lo stesso detiene di quella particolare azione. In questo senso l'uso conclamato di sinonimi che vengono via via a sostituire il primo non può che portare a modificare nel tempo il significato originale.

E' cioè indispensabile un glossario dei termini, un elenco di vocaboli ai quali il redattore consegna una precisa descrizione sulla base della quale tutti sono in grado di confrontarsi. Si segue cioè la falsariga dei progetti di legge più recenti nei quali finalmente è stata adottata la prassi anglosassone di stabilire ad inizio testo le cosiddette "definizioni", cioè appunto il valore comunicativo che detiene quella parola, e non altro, utilizzata nel contesto dell'argomento in discussione. Quando si userà quel termine ci si vorrà riferire ad una sola delle varianti alle quali ci ha abituati la lingua italiana. Naturalmente questo sforzo, come in ogni occasione, può non essere del tutto condiviso e quindi portare a dibattiti più o meno costruttivi sul valore delle parole. In attesa di eventuali contributi si iniziano a fornire le prime letture "autentiche".

Ispezione ambientale

Per inquadrare il leit motiv della guida ci riferiremo spesso al lavoro già svolto da un istituto alle dipendenze UE, l'IMPEL, cioè European Union Network for the Implementation ed Enforcement of Environmental Law (Rete europea per l'attuazione e il controllo del rispetto del diritto dell'ambiente), una sorta di struttura informale al servizio delle Autorità Ambientali degli Stati Membri. Sono parecchi anni che IMPEL produce documenti di studio e ricerche avendo come mandato il compito di tirare le fila sull'applicazione delle normative in ambito europeo sotto il profilo tecnico e regolamentare e, possibilmente, identificarne le modalità perché l'atteggiamento sui controlli effettuati dai vari soggetti istituzionali si conformi a principi comuni.

E' proprio grazie ad uno di questi incarichi e alle sue conclusioni risalenti al novembre 1997 che si deve la formulazione di un atto europeo denominato Raccomandazione n. 331 del 04/04/2001 e che tratta appunto dei requisiti minimi per le ispezioni ambientali. Questa iniziativa è già stata oggetto di un nostro precedente intervento che è possibile leggersi al seguente link: "Le ispezioni ambientali secondo la UE".

Riguardo invece al vero e proprio termine di "ispezione ambientale" questa è la versione che è stata tradotta nel testo, art.II comma2:

"Ai fini della presente raccomandazione le attività di "ispezione ambientale" comprendono, ove necessario:

a) il controllo e la promozione della conformità degli impianti controllati alle prescrizioni ambientali pertinenti stabilite dalla normativa comunitaria quale recepita nella normativa nazionale o applicata nell'ordinamento giuridico nazionale (in seguito denominati "prescrizioni del diritto comunitario");

b) il monitoraggio dell'impatto degli impianti controllati sull'ambiente per determinare la necessità di un'ispezione complementare o di un controllo in materia di applicazione (incluso il rilascio, la modifica o la revoca delle autorizzazioni, dei permessi o delle licenze) al fine di garantire la conformità alle prescrizioni del diritto comunitario;

c) le attività necessarie ai fini di quanto precede, tra cui:

  • visite in sito,
  • controllo del rispetto degli standard di qualità ambientale,
  • esame delle dichiarazioni e delle relazioni di audit ambientale,
  • esame e verifica delle attività di monitoraggio effettuate direttamente dai gestori degli impianti controllati o per loro conto,
  • valutazione delle attività ed operazioni effettuate presso gli impianti controllati,
  • controllo dello stabilimento e delle pertinenti attrezzature (compresa l'idoneità della manutenzione) e dell'adeguatezza della gestione ambientale nel sito,
  • controllo dei pertinenti registri tenuti dai gestori degli impianti controllati."

Si tratta, come si vede, di una definizione molto esaustiva, che non lascia nulla al caso. Tuttavia leggendo bene possiamo notare come il termine ispezione sia stato più che altro sviscerato come contenitore di azioni, di compiti e funzioni, più che come significato proprio.

Prima ancora che sulla definizione di "ispezione" ci si dovrebbe allora soffermare sul significato intrinseco di una attività di controllo comunque intesa. Si prova a fornire un primo inquadramento:

per attività di controllo si intende l'azione svolta a supporto di un comando di diverso genere e natura al fine di recuperare l'informazione che serve a conoscere della sua effettiva applicazione nel caso concreto.

Nella sostanza il controllo non è un'attività a sé, autoreferenziata, ma ha una sua motivazione nel mandato che la origina, quello cioè di poter disporre di una conoscenza diretta del comportamento che, nel caso in esame, possa produrre conseguenze sullo stato dell'ambiente. La definizione rimanda allo schema della regolazione visto prima. Proprio perchè il mandato può avere configurazioni diverse la lista degli oggetti del controllo può essere considerevole.

Per questo motivo nella definizione UE di attività ispettiva è stato ricompresa anche la verifica degli standard di qualità ambientale, con ciò intendendo, per fare l'esempio più semplice, anche l'effettuazione di misure per la determinazione di parametri che sono soggetti ad un limite. L'effettuazione di misure non è sempre azione necessaria da svolgersi nel corso di una ispezione. Per un'esigenza di chiarezza quindi quando parleremo di ispezioni intenderemo solo l'azione di "osservare" e non anche quello di "misurare".

Attraverso questa distinzione si riesce meglio a circoscrivere cosa si intende per "controllo", termine che si considera più adeguato rispetto al termine "ispezione" ad essere utilizzato come archivio delle azioni (non a caso è stato utilizzato per titolare il nostro sito web):

per controllo si intende l'insieme delle azioni volte a dimostrare la sussistenza di requisiti che le leggi e i regolamenti stabiliscono.

I controlli si eseguono con l'effettuazione di confronti e corrispondenze tra la condizione teorica e quella osservata oppure con l'esperimento di prove e misure nel tempo volti a rilevare uno o più parametri significativi per una matrice, processo, impianto, infrastruttura.

Il concetto di controllo cioè comprende ed attua quello di ispezione e quello di misurazione. Nell'ambito della presente trattazione si userà quindi il termine di controllo in senso lato, per indicare tutte le possibili variazioni sul tema di ciò che è stato definito. E' bene fare presente che tuttavia è possibile che con tale termine molti sottintendano quella fase che è costituita da un campionamento ed una successiva analisi o altro tipo di elaborazione. In questi casi spesso al termine controllo viene completato con l'aggettivo di "tecnico", proprio per distinguerlo dal mero svolgimento di una ispezione. E' giusto quindi conoscerne anche questo uso specifico.Parimenti quando si vogliono indicare attività di mera verifica documentale, senza l'effettuazione di misure, è in voga definirle come "controlli amministrativi".

Con il recepimento delle direttive Ue dell'ultima generazione assume sempre un maggiore utilizzo il termine "monitoraggio". Nella storia dei sistemi di controllo del nostro Paese il termine monitoraggio è sempre stato associato ad una attitività periodica, continua o discontinua, di rilevazione di parametri relativi ad una determinata matrice ambientale. Si parla così di monitoraggio delle acque sotterranee, delle acque superficiali, della qualità dell'aria ecc. Il termine derivato invece dalla tradizione anglossassone "monitoring" assume significati diversi nella regolamentazione dei paesi membri. Per questo IMPEL, presentando il proprio progetto "Best practice in compliance monitoring" nel giugno 2001, ne propone subito una lettura autentica:

ai fini di questo progetto per monitoraggio di conformità si intende il riferimento alle misure delle condizioni di processo, delle emissioni di processo e delle immissioni nell'ambiente; e al resoconto dei risultati di queste misure per dimostrare la conformità rispetto a limiti numerici specificati in leggi e regolamenti, autorizzazioni, ordini o ingiunzioni.

Come si vede si intende un significato molto affine a quello di controllo tecnico sopra riportato.

A proposito dell'insieme di queste azioni bisogna fare una puntualizzazione. Occorre stabilire quali siano le condizioni perchè un'attività ispettiva sia efficace. Prima di circoscrivere il significato di questa efficacia è necessario avere chiaro quali sono gli oggetti del controllo.

3. Standard strutturali e gestionali

Il cosiddetto comando-controllo è il primo strumento che il legislatore ha previsto per la tutela dell'ambiente. Nel comando-controllo possiamo distinguere, a grandi linee, tre diverse categorie di forme impositive:

- l'obbligo, che è il comando che impone l'adozione di un comportamento attivo. Deve fare....

- il divieto, che è il comando che impone l'adozione di un comportamento passivo. Non deve fare...

- la limitazione, che è il comando che impone un comportamento pre-determinato. Può fare .... fino a..

I divieti sono spesso comandi autosufficienti, cioè operano immediatamente. Obblighi e limitazioni invece spesso rinviano ad altre norme o procedure per il rilascio di un atto di assenso comunque denominato. Si parla più frequentemente di "autorizzazione" nel nostro paese, di "permesso" nel resto dei paesi UE. Nella materia ambientale l'autorizzazione è quindi il comando tipico e i suoi contenuti sono l'oggetto del controllo. Esercitare il controllo consiste nel verificare se divieti, obblighi e limitazioni siano sempre rispettati.

Perchè il controllo sia efficace è necessario prima avere la conoscenza dell'attività, impianto, infrastruttura dai quali si origina una emissione, uno scarico, un rifiuto, un rumore ecc.. Perchè sia possibile disporre delle unità informative relative alle sue caratteristiche è indispensabile aver acquisito la documentazione tecnica che descrive accuratamente il processo che lo genera. Questo avviene quando la documentazione tecnica viene trasmessa assieme alla domanda all'Autorità competente al rilascio dell'autorizzazione e in copia al soggetto che effettua i controlli.

La partecipazione attiva all'istruttoria è il momento formativo sulla base del quale anche chi dovrà poi controllare è in grado di comprendere le dinamiche della produzione e i suoi riflessi sull'ambiente e quindi è consapevole dei fattori di rischio e di pericolo. Il controllo istruttorio sulla documentazione costituisce inoltre la fase in cui carenze, omissioni od errori possono essere preventivamente sanati, rappresenta la vera e propria messa in atto dei principi di prevenzione nei quali si riconoscono gli Stati Membri.

E' internazionalmente considerata buona pratica che il soggetto deputato al controllo possa influenzare la predisposizione delle prescrizioni e delle modalità di verifica delle stesse (Alfredo Pini, ANPA).

4. L'efficacia dei controlli

A questo punto possiamo definire cosa si intende per "efficacia dei controlli":

una attività di controllo è efficace quando questa, con un compatibile margine di incertezza, è in grado di valutare il maggior numero dei fattori di rischio o di pericolo che sono oggetto di regolamentazione ed esprimere un giudizio in merito.

Sempre adottando una sintesi possiamo a questo punto distinguere nelle discipline ambientali due tipi di requisiti che costituiscono gli oggetti del controllo. Per semplicità possiamo parlare di requisiti di carattere strutturale e gestionale.

Nel primo caso si sottintende una tutela dell'ambiente attuata attraverso l'installazione di dispositivi comunque denominati, compresa la costruzione stessa dell'impianto o infrastruttura se progettata avendo presente anche questo fine. Sono interventi di carattere "strutturale" perchè destinati a durare nel tempo e rappresentati da una entità fisica, tangibile, e, in certa misura, autonoma. Si discute di requisiti strutturali nelle fasi di progettazione, costruzione e installazione dell'impianto.

Nel secondo si vuole invece rappresentare tutte quelle indicazioni che l'esperienza o la conoscenza suggeriscono per mitigare i fenomeni di inquinamento ambientale attraverso la migliore conduzione di un impianto, processo, infrastruttura e la sua manutenzione nel tempo. Siamo quindi nell'ampio campo della gestione dove invece, per chi effettua controlli, non è sempre possibile concretizzare una verifica in quanto stiamo parlando di comportamenti, di prassi, di attenzioni, tutti "oggetti" che non possono essere misurati se non attraverso metodi indiretti che tuttavia consegnano risultati afflitti da interrogativi.

Per questo motivo è sempre bene impostare la prevenzione sul piano strutturale, piuttosto che su quello gestionale, laddove possibile. I risultati sono migliori. Questo non toglie che, nel tempo, il successo di ogni inziativa imprenditoriale sotto il profilo della mitigazione d'impatto sia il frutto della combinazione di tecniche e tecnologie. E che ogni processo possa essere caratterizzato da un mix di alternative impiantistiche ed organizzative diverso di volta in volta.

Del resto è quanto sostiene la Comunità quando a proposito dell'applicazione delle migliori tecniche disponibili, intende quelle impiegate nelle modalita' di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura di un impianto.

Se guardiamo a questo mix al fine di poter prevedere quale sarà l'efficacia dei controlli successivi possiamo già anticipare, come ben si capisce, che la resa è più alta quando sono le soluzioni strutturali ad essere prevalenti. Perchè il controllo sia efficace i requisiti devono cioè essere effettivamente valutabili, e questa condizione si presenta in presenza di elementi tangibili, concreti, in una parola misurabili.

Da queste considerazioni facciamo discendere una definizione di questi requisiti come standard di qualità ambientale:

standard strutturale: è l'insieme delle condizioni stabilite da norme o regole tecniche o costituite con l'esperienza che garantiscono, con ragionevole certezza, la sussistenza dei requisiti. E' certo, concreto, misurabile.

standard gestionale: è l'insieme delle condizioni stabilite da norme o regole tecniche o costituite con l'esperienza che garantiscono, con ragionevole certezza, il mantenimento dei requisiti. E' astratto, spesso non misurabile.

Per riassumere: al fine di soddisfare leggi e regolamenti possono essere proposte soluzioni di carattere strutturale o gestionale. Le prime offrono più garanzie delle seconde, a parità di prestazione. Lo stesso, nell'ambito di un valutazione di conformità da parte di un soggetto terzo: l'efficacia del controllo è direttamente proporzionale alla misurabilità dello standard.

A catena, da queste considerazioni, ne nascono altre. Il controllo è efficace se il soggetto incaricato di effettuare gli accertamenti è nelle condizioni di verificare gli standard. Tale verifica si attua attraverso l'azione dell'osservare o quello del misurare. Cioè lo standard è:

ispezionabile: e in questo caso deve essere espresso sottoforma di un disegno o di una descrizione e deve poter permettere un confronto oggettivo all'atto dell'ispezione.

misurabile: e in questo caso deve essere espresso con una unità di misura ufficiale, stabilire un discrimine oggettivo e disporre di una metodica di analisi riconosciuta.

E' bene quindi chiarire come l'efficacia dei controlli dipenda in ultima analisi da come è stato descritto lo standard. Quando le caratteristiche, i requisiti che deve avere un'attività, processo, impianto o infrastruttura sono tratteggiati in modi e termini che non ne permettano la facile misurabilità o ispezionabilità, si corre un serio rischio di disapplicazione. Come sostiene IMPEL lo standard deve essere precise and unambiguous.

Questo purtroppo è uno dei rimproveri più frequenti che si possono muovere all'indirizzo del legislatore italiano, tanto attento a stabilire importanti principi, quanto distratto o inadempiente nel far seguire i criteri, le regole, i requisiti per la loro concreta attuazione.

Queste considerazioni ci riportano indietro, alla fase istruttoria, e a comprenderne adesso meglio tutta l'importanza. Perchè il controllo sia efficace è necessario prima avere verificato che, almeno sulla carta, sussistano tutti i requisiti di legge e se questi sono generici, astratti, superficiali lo sforzo dell'Autorità che rilascia il permesso non potrà che essere quello di riempire i vuoti di contenuti, di restringere i margini di incertezza, di ritornare alla concretezza con il supporto della conoscenza e dell'esperienza.

5. Gli obiettivi del controllo

Questa prima parte della guida potrebbe risultare monca se non ci soffermassimo a discutere di quelli che sono o dovrebbero essere gli obiettivi dei controlli. Parrebbe troppo semplice affrontare l'argomento rinviando a quello che costituisce senz'altro il sentire comune: i controlli servono per verificare il rispetto delle regole e quindi, in ultima analisi, a tutelare l'ambiente. E' necessario a questo proposito sottolineare come l'azione del controllo non è, nè sarà mai, di per sè sufficiente a garantire la salvaguardia degli ecosistemi. E' una dei contributi più importanti, ma solo se si trovano allocati all'interno di un impianto più grande, le cui parti concorrono.

Il miglioramento delle prassi e dei comportamenti attivi di coloro che, in un modo o nell'altro, detengono responsabilità nel produrre ricadute a livello ambientale sono possibili quando i controlli vanno a sistema, cioè quando vanno a costituire parte integrante di un complesso di azioni propositive e impositive che le Istituzioni portano a compimento. Le ispezioni costituiscono un deterrente solo se sono sorrette da un mandato autorevole. Questo mandato può essere sì un riconoscimento istituzionale, ma rappresenta un valore aggiunto solo se l'autorevolezza viene conquistata sul campo con il sapere, il saper fare e il saper dialogare. I controlli che consegnano informazioni, dati e suggerimenti riscuotono successi quando sono utilizzati per correggere e migliorare, e il primo successo è proprio la loro stessa consultazione. Un'analisi delle cause e un'elaborazione delle conseguenze dà il quadro delle direzioni possibili e stimola la discussione oltre che le scelte.

Sotto questo profilo il nostro Paese sconta purtroppo un ritardo, potremmo dire che esiste un rilevante gap motivazionale tra noi e il resto d'Europa che non si riuscirà a colmare ancora per molto tempo. Rimane ancora prevalente l'orientamento ministeriale che ritiene il sistema dei controlli finalizzato al solo accertamento delle infrazioni, che è in sostanza come dire che l'obiettivo è distinguere i buoni dai cattivi. Si misura cioè il successo di una campagna di indagini con il metro delle violazioni riscontrate, maggiore il numero, più incisiva si ritiene sia stata l'azione, quando invece si evince l'esatto contrario, dove cioè si dimostra che l'efficacia dell'attività di policing così condotta copre le sole irregolarità formali, non essendo in grado di incidere sulle trasformazioni sostenibili della nostra società, sulle modifiche ai processi, sulla riduzione degli impatti.

La Comunità ci sprona in questo senso. Così secondo IMPEL la valenza del monitoraggio non sta solo nella necessità di garantire una sorveglianza sulle emissioni e sul relativo impatto ambientale, ma anche in tutta una altra serie di benefici:

  • dati per gli inventari delle emissioni

  • dati per l'aggiornamento delle migliori tecniche disponibili

  • dati per la valutazione degli impatti e come imput per modelli o mappazione di inquinanti

  • dati per informare il pubblico ed aiutarlo a capire, a farsi una opinione

  • dati per la negoziazione di quote di emissioni, programmi di miglioramento

  • dati per individuare possibili parametri surrogati da utilizzare per i costi inferiori

  • informazioni per decidere sulla scelta di materie prime, pianificazioni e strategie d'investimento

  • informazioni per accertare l'efficacia di un permesso o di una regolamentazione

  • informazioni per l'applicazione di tasse o diritti ambientali

  • informazioni per identificare l'evoluzione delle performance dei processi inclusa l'attenzione al verificarsi di problemi

  • informazioni per incrementare la pianificazione e la gestione dell'efficienza, delle riserve

  • informazioni per circoscrivere il target più appropriato nell'effettuazione delle ispezioni e nell'adozione di azioni correttive da parte delle autorità

  • informazioni per la revisione e l'aggiornamento dei permessi

  • informazioni per la gestione dei carichi inquinanti in linea con gli standard riconosciuti

  • informazioni per il miglioramento del controllo di processo

  • informazioni per definire, migliorare e aggiornare i programmi di controllo

Nella seconda parte della guida ci dedicheremo ad aspetti più pratici.

 

 

home page
l'autore
mappa del sito
tutti i links

 

 

documenti
leggi e sentenze
chiarimenti
interventi

 

 

 

GUIDA ALLE ISPEZIONI AMBIENTALI - PRIMA PARTE