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24 gennaio 2005

L'allarme del grano contaminato da ocratossina è l'ultimo di una lunga serie. Si è trattato di un periodo particolarmente funesto per la nostra produzione alimentare, iniziato con le preoccupazioni sulla diffusione del virus aviario e la conseguente ricaduta occupazionale sul settore avicolo, continuato con la scoperta dell'Itx nel latte per l'infanzia ed il sequestro a tappeto dei prodotti imballati in tetrapack, gli ovoprodotti a base di uova avariate e la pasticceria a rischio, il pomodoro in avanzato stato di decomposizione e la passata nazionale, gli spaghetti al piombo venduti in Polonia. Certo che una domanda sorge spontanea: ma cosa diavolo sta succedendo?

La prima risposta che si tende a dare è che la degradazione ed il malcostume di cui vediamo gli effetti giornalieri si sta facendo strada anche in questo campo. Secondo l'alibi che viene invocato " si fa per poter rimanere nel mercato" non esiste scrupolo all'uso di mezzi per ridurre i costi e continuare a vendere, anche se questo significa mettere a rischio la salute delle persone. Ciò è grave, inutile ribadirlo, se la deriva è questa dobbiamo aspettarci un'escalation di frodi e avvelenamenti.

La seconda, più meditata, assegna maggior peso al fattore mediatico che accomuna questi questi casi e all'enfasi con cui vengono presentati. Non di meno la stessa magistratura interviene sempre più di frequente offrendo la possibilità di dare risalto a notizie che altrimenti non avrebbero avuto l'onore della pubblicazione. Per garantire visibilità a questo e a quell'altro si finisce per indurre il consumatore a pensare che non ci si debba più fidare di quello che compriamo.

Infatti se da un lato questa aumentata visibilità significa una maggiore attenzione sulla correttezza delle pratiche alimentari, dall'altro l'utilizzo sproporzionato di titoli allarimistici e del parere di c.d. esperti che spesso, diciamo eufemisticamente, non sono all'altezza della situazione, comporta il crescere di una diffusa sensazione di insicurezza, il moltiplicarsi di ansie e preoccupazioni non giustificate che hanno come inevitabile riflesso il modo di alimentarsi, il rapporto con il cibo.

Nello stesso tempo si ottiene anche l'effetto contrario a quello desiderato. L'individuazione di comportamenti trasgressivi invece che rassicurare sull'esistenza di controlli che garantiscano la salubrità degli alimenti finisce per incutere, paradossalmente, una diffusa sfiducia sulla loro efficacia, con la rincorsa ad ulteriori panacee come nuove strutture e nuovi compiti istuzionali.

Quella del grano alimentare è una vicenda che, oltre al resto, si ripercuote negativamente anche nei confronti della professionalità delle strutture preposte. Come molti sapranno si è aperta una falla nei rapporti diplomatici con il Canada. Lo stato canadese è parte integrante della società che ha esportato il grano nella nostra penisola. Le notizie giornalistiche che riportano la provenienza del grano avvelenato, il prodotto nazionale per antonomasia, non preoccupano solo dal punto di vista commerciale, ma rappresentano un'ombra sulla buona fede e la correttezza dell'operato di questo paese.

Così l'ambasciata del Canada in Italia. ''Recenti articoli hanno suscitato dubbi, del tutto infondati, sulla salubrita' del grano duro importato da imprese italiane dal Canada . Il grano canadese e' conforme a tutti i requisiti internazionali e dell'Unione Europea ed e' consumato da oltre un secolo. Il grano canadese e' ritenuto tra i piu' sicuri del mondo, grazie alla rigorosa osservazione di normative e standard di qualita' volti ad assicurare la salubrita' e la qualita' del grano venduto''. "Le analisi condotte in Italia su ordine della magistratura di Trani non sono state effettuate dall'agenzia italiana preposta a tali controlli e riconosciuta a livello internazionale, per questo non possiamo considerare attendibili i risultati che hanno portato al sequestro del grano canadese". "L'Ambasciata si rammarica che il commercio legittimo venga ostacolato e che la reputazione del grano canadese venga ingiustamente messa in discussione in base ad analisi effettuate ben tre mesi dopo l'arrivo, quando sarebbero state sufficienti solo dodici ore. Non ci è dato sapere in quali condizioni i campioni siano stati conservati durante questi mesi. Inoltre, le autorità italiane preposte non hanno eseguito queste discutibili e tardive analisi e, malgrado ripetute richieste, i risultati non sono mai stati comunicati alle autorità canadesi".

Il Consiglio di ammiistrazione del Canadian Wheat Board è composto da 15 membri: 10 nominati dagli agricoltori e 5 dal governo federale. In questi giorni è arrivata sul tavolo del PM italiano tutta la documentazione comprovante la salubrità del grano canadese. E per togliere ogni residuo dubbio il CWB ha avviato una procedura per passare al setaccio i silos e capire se quello del grano contaminato sia un fenomeno diffuso sul proprio territorio.

Si puo essere disposti a considerare la malafede di chi specula acquistando un prodotto qualitativamente inferiore, incorrendo in una frode, ma riesce più diificile pensare che vi sia la volontà di immettere sul mercato un prodotto pericoloso per la salute, addirittura con la complicità dello stato canadese. E dunque un dubbio legittimo sovviene leggendo le cronache di questi giorni. Alcuni aspetti, a prima vista, non sono proprio chiari.

La cronaca

Per riassumere quello che avvenuto: nel mese di settembre dello scorso anno una partita di 58000 tonnellate di grano canadese viene sottoposta ad indagine nel porto di Bari, a seguito di una soffiata sulla sua provenienza. Di questa 44.000 tonnellate vengono posta sotte sequestro dalla magistratura. Il carico di grano e’ talmente ingente che si calcola sia pari al 10-15 per cento del raccolto di grano dell’intera Puglia. L’importazione massiccia di materia prima dall’estero e’ una delle cause dell’abbattimento del prezzo alla vendita del grano coltivato in Puglia lamentato dai produttori agricoli locali. La prima ipotesi di reato riguarda la provenienza illecita e la frode alimentare, in pratica si tenta di spacciare per grano prodotto in Murgia quello importato dal Canada. Questo rappresenta un affare lucroso viste le quote grano riconosciute dalla Comunità Europea. Di lì si è proceduto al sequestro con l'ipotesi di prodotto scadente. La scoperta dell'ocratossina, una pericolosa micotossina prodotta dalle muffe del grano, viene dopo, dopo che sono stati diversi campioni di grano per l'invio ai laboratori d'analisi.

In questo frangente la magistratura prevvede a nominare un consulente di parte al quale affidare la perizia sul grano contaminato. L'Ispettorato Repressioni Frodi raccoglie 18 campioni da conferire ai laboratori statali di Napoli e Salerno dello stesso istituto centrale emanazione del Ministero dell'Agricoltura. Nel giro di tre giorni tuttavia l'imprenditore che ha acquistato la maggiorparte del grano canadese consegna un certificato d'analisi al PM dal quale si evince la totale salubrità del prodotto e, dietro il ventilato rischio del deperimento dell'intera partita (e del conseguente risarcimento), il 7 ottobre, questo gli viene restituito, con l’obbligo di comunicare tutte le eventuali cessioni.

Solo con l'arrivo dei risultati ufficiali, il 15 dicembre, la conferma dell'ocratossina nei campioni raccolti motiva il nuovo sequestro del carico, che, purtroppo, nel frattempo, se n'è in parte involato sotto forma di semola. "I risultati delle analisi sui primi 18 campioni di grano hanno dato un esito preoccupante visto che ben quattro campioni presentano un contenuto di ocratossina superiore al livello cinque, che è quello imposto dalla legge". Alla fine su 42 campioni raccolti 7 risulteranno quelli non conformi, alcuni dei quali con valori tre volte il limite. La posizione dell'imprenditore è più grave che mai, sia per la commercializzazione di un prodotto contaminato, sia perché si scopre che i certificati di buona salute del grano sono falsi, e che sono stati estorti con promesse e minacce al personale del laboratorio della Camera di Commercio di Bari. Lo stesso imprenditore è poi in possesso della documentazione di prova rilascita dall'ente di controllo canadese che attesta la presenza di ocratossina, ma in concentrazioni inferiori ai limiti di legge stabiliti dalla Comunità Europea. Con le prime allarmistiche notizie che si diffondo su tutta la stampa italiana insorge il CWB contestando le metodologie di campionamento e analisi seguite al procedimento di sequestro, in quanto non rispettose delle disposizioni comunitarie, al quale risponde indirettamente la Procura sostenendo che l'ente al quale sono stati demandati i controlli ha posto in essere i metodi ufficiali previsti dai regolamenti CE

Indipendentemente dal comportamento trasgressivo dell'imprenditore italiano, che risponderà in sede penale di frode processuale ed altri reati, il nodo centrale della vicenda rimane quello di capire se il grano sia effettivamente contaminato e in che misura, e se la sua utilizzazione potrà avere effetti conseguenze dulla salute delle persone.

Il rischio micotossine

La preoccupazione della Comunità europea sul versante micotossine è altissima.

Le micotossine sono metaboliti naturali prodotti da alcune specie di muffe (ad esempio Aspergillus spp, Fusarium spp) che si sviluppano in condizioni elevate di temperatura e di umidità e possono essere presenti in un gran numero di alimenti. Questo gruppo di tossine comprende un certo numero di composti con caratteristiche di tossicità e di frequenza variabili. La muffa si può sviluppare durante la crescita del vegetale o dopo il raccolto, durante l'immagazzinaggio o la lavorazione. Se le muffe possono essere ritenute un'infezione delle piante, l'ingerimento della tossina può comportare patologie negli animali o negli esseri umani. Alcune micotossine sono notoriamente cancerogene, come per l'appunto l'ocratossina A.

Negli anni si è registrato un numero sempre crescente di messaggi di allarme rapido (RASFF) diffusi nell'Unione europea e relativi a prodotti contenenti micotossine. Dai 186 nel 2001, ai 288 nel 2003, ai 763 del 2003 fino agli 844 del 2004. Fra i prodotti oggetto dei messaggi vi sono le arachidi e i prodotti a base di arachidi, i pistacchi, le nocciole, le noci del Brasile, le mandorle, la frutta secca (fichi, albicocche), le spezie, i prodotti a base di caffè e i cereali. Nella maggior parte di casi i prodotti sono stati analizzati all'importazione e non a livello di commercializzazione.

La UE ha emesso una corposa regolamentazione negli anni per chè i livelli di micotossina negli alimenti sia per uso umano che animale rimangano al di sotto di quelle che è considerato per ora il minimo accettabile, tenendo presente l'assunzione correlabile con la dieta tipo delle popolazioni europee. Allo stadio attuale delle conoscenze scientifiche e tecniche, e nonostante i progressi compiuti nelle tecniche di produzione e stoccaggio, non è possibile impedire completamente lo sviluppo delle muffe. Di conseguenza non è possibile eliminare completamente l'ocratossina A dai prodotti. I limiti vanno pertanto fissati al livello più basso ragionevolmente conseguibile. Per l'Ocratossina A nei cereali grezzi il limite è stato fissato a 5 microgrammi/kg il limite (regolamento 471/02 e s.m.i.)

L'assunzione giornaliera accettabile (Tolerable Daily Intake -TDI) per l'Ocratossina è di 5 ng/kg p.c./giorno. In una persona di 80 kg è quindi di 400 nanogrammi (contro i 5000 ng/kg del limite nel grano di partenza). Considerato che già con la molitura si perde la parte esterna del grano e l'ocratossina si dimezza e che la contaminazione si riduce progressivamente lungo la filiera industriale attraverso la miscelazione che normalmente avviene (con altro grano non inquinato, con altre semole, con altri ingredienti) è ben difficile che se ne assumano concentrazioni superiori al TDI. Perché ciò possa avvenire occorrerebbe che del prodotto alimentare inquinato la persona adulta se ne cibasse per diversi kg in un giorno. In ogni caso queste assunzioni dovrebbero ripetersi periodicamente perché gli effetti tossicologici delle micotossine possano manifestarsi.

Una prima considerazione quindi: con 7 campioni non conformi su 42 non è proprio il caso di far scattare un allarme sanitario.

Di seguito sono indicati i dati di assunzione di ocratossina sulla base dei livelli medi riscontrabili nei diversi alimenti e considerando la dieta tipo degli europei.

Prodotto

Contaminazione

(μg)

Consumo di alimento

(g/die)

Assunzione settimanale (ng/kg di peso corporeo)

Cereali

0,94

230

25

Vino

0,32

240

9

Caffè tostato

0,76

24

2,1

Birra

0,023

260

0,70

Carne di maiale

0,17

76

1,5

Frutta secca

2,2

2,3

0,59

Cacao

0,55

6,3

0,40

totale

39,3

L'assunzione settimanale tollerabile è pari a 100 ng/kg di peso corporeo.

Le strutture preposte ai controlli

La Comunità Europea ha quindi chiesto a tutti Paesi Membri di disporre di laboratori accreditati per il controllo delle micotossine nelle derrate alimentari che transitano nei punti di dogana. Una ispezione della Comunità Europea in Italia, attraverso l'Ufficio Almentare e Veterinario (UAV) tra il 24 marzo e il 28 marzo del 2003 presso alcune delle strutture nazionali preposte all'effettuazione dei controlli e delle analisi metteva in luce le seguenti carenze:

Procedure di campionamento e d'importazione

Il campionamento osservato non risulta adeguato alla produzione di un campione rappresentativo. La procedura di campionamento non è conforme alla direttiva 98/53/CE. L'uso di sacchetti di plastica trasparenti e l'esposizione alla luce solare compromette la validità dei risultati, dal momento che l'aflatossina si altera in presenza di luce solare. Le condizioni non sono conformi a quelle indicate all'allegato 2 della direttiva 98/53/CE.

Prestazioni di laboratorio Il coordinamento centrale dei laboratori regionali è limitato. Un notevole numero di laboratori ufficiali di controllo non è accreditato per le analisi delle micotossine. Sono stati rilevati casi in cui il tempo necessario per le analisi ha superato i 10 giorni stabiliti nelle decisioni della Commissione.

A quella data peraltro risultavano accreditati per le analisi delle micotossine solo 5 laboratori regionali, appartenenti alle Agenzie di protezione ambientale (Arpa), mentre nessun laboratorio statale, se si esclude l'Istituto Superiore di Sanità che costituisce il Laboratorio nazionale di Riferimento per le micotossine (LNR ai sensi della Direttiva 96/23/CE recepita con D.Lvo 336/99 allegato 1 categoria Brd), ne era in possesso.

Il fatto è particolarmente negativo se si considera che i controlli ai porti sulle merci in arrivo sono sotto le competenze dello Stato e non quella delle Regioni. Il Ministero della Salute, invece di prendersela con l'incompetenza tecnica dei magistrati, dovrebbe recitare un mea culpa sull'insufficienza delle strutture da questo dipendenti.

Attraverso il rapporto UE conosciamo come siano suddivise queste competenze e quali siano le procedure.

L'autorità centrale responsabile dei controlli degli alimenti di origine non animale della tutela e della sicurezza generale dei consumatori è il Ministero della Salute.

Presso il Ministero sono due le Direzioni Generali responsabili dei controlli all'importazione nell'UE di alimenti di origine vegetale, vale a dire la Direzione generale della sanità pubblica veterinaria, degli alimenti e della nutrizione (DGSPVA) e la Direzione generale della prevenzione (DGP).

La Direzione generale DGSPVAN è suddivisa in 16 uffici. L'ufficio maggiormente responsabile per i controlli sui cereali d'importazione e il n° 15 "Alimenti di origine vegetale"..La Direzione generale della prevenzione è composta da 14 uffici. Il più importante nello stesso ambito è l'ufficio n°2, "Ufficio di coordinamento degli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiere (USMA)". L'ufficio è dotato di sette funzionari, di cui quattro medici e tre amministratori. L'ufficio è responsabile del coordinamento delle procedure operative e amministrative degli USMA.

I veri e propri controlli delle merci importate sono effettuati dai 16 uffici di sanità marittima, aerea e di frontiere. Gli USMA hanno 32 unità nei principali punti d'ingresso e di uscita dall'Italia (porti e aeroporti). Il personale è costituito per lo più da tecnici sanitari, con il controllo di medici.

Nella legislazione italiana è indicata la percentuale minima di analisi da effettuare all'importazione, fissato al 5% in generale per tutti i prodotti di origine vegetale (decreto presidenziale del 14 luglio 1995) e al 3% per i residui di pesticidi (decreto del Ministero della sanità del 23 dicembre 1992, modificato).

Nel corso dell'ispezione del marzo 2003 sia l'USMA di Genova che quello di Napoli avevavno potuto dimostrare di avere analizzato, a livello generale, un numero di prodotti di origine vegetale importati pari o superiore al 5% minimo, oltre alla conformità con le disposizioni delle decisioni della Commissione.

Le procedure relative all'importazione sono in genere di competenza dei funzionari delle dogane. Le merci importate devono essere dichiarate alla dogana nel quadro di una dichiarazione generale di entrata, conformemente alle disposizioni comunitarie in materia. Il personale addetto alle dogane inserisce questi dati nel sistema elettronico nel momento in cui viene introdotta una richiesta d'importazione.

Al proprietario delle merci (l'importatore) occorre un certificato di approvazione sanitaria dell'USMA per tutti i prodotti di origine vegetale e per ottenere il certificato presenta la documentazione del caso. Successivamente l'USMA esamina la documentazione (polizza di carico, fattura, certificati sanitari del paese d'origine) e decide se sia opportuno o meno effettuare un controllo materiale o documentario. La decisione viene presa per lo più a livello locale dal personale medico dell'USMA, sulla base dell'esperienza acquisita, dei dati RASFF pervenuti all'USMA e sulla base delle decisioni della Commissione comunicate dalla DGSPVAN.

Il certificato di approvazione sanitaria viene quindi presentato, con l'altra documentazione, alla dogana perché sia autorizzata la commercializzazione delle merci. In alcuni casi si consente a prodotti pregiati e deperibili di essere inviati a destinazione in attesa dei risultati, purché l'importatore s'impegni per iscritto a non utilizzarli fino al rilascio del certificato e a condizione che l'ASL locale venga notificata. Nel caso in cui sono richieste analisi di routine, queste vengono effettuate per lo più dai laboratori dell'ARPA, gestiti a livello regionale.

In caso di mancata conformità, i prodotti vengono generalmente respinti. Questa circostanza viene notificata agli uffici centrali (ivi compreso l'ufficio RASFF), alle dogane e agli altri USMA, per ridurre il rischio che il prodotto venga ripresentato in un altro punto d'ingresso. In circostanze eccezionali, i prodotti respinti possono essere distrutti, ma questo in genere si verifica nel caso di prodotti visibilmente deteriorati o nel caso in cui l'importatore decida di distruggerli. Inoltre è possibile che i prodotti siano autorizzati per un uso alternativo, quali mangimi per animali o produzione di oli. Tuttavia non esiste una strategia centralizzata sul comportamento da adottare e le decisioni vengono prese a livello dell'USMA locale.

Come è possibile capire il personale specializzato preposto al controllo sanitario delle merci in arrivo è quello degli USMA, che fa capo al Ministero della Salute. L'Ispettorato Repressioni Frodi è invece struttura del Ministero dell'Agricoltura e, in questo campo, esercita controlli sulla commercializzazione dei prodotti, origine ed etichettatura. Riguardo alla salubrità degli alimenti non costituiscono quindi l'ente di riferimento, eppure, nella vicenda che trattiamo, è quest'ultimo che ha svolto tutta l'attività d'indagine, compresa la parte di campionamento e analisi

Una seconda considerazione riguarda quindi il grado di competenza (e l'accreditamento) dell'Ispettorato Repressione Frodi in una materia così specialistica come la determinazione delle micotossine negli alimenti.

Campionamento e analisi.

Riguardo al campionamento occorre sottolineare che si tratta della fase più delicata quando si ricercano le micotossine.

Come afferma la UE: "Il prelievo di campioni costituisce un elemento cruciale per individuare con precisione i livelli di micotossina distribuiti in maniera eterogenea in una partita di merci. Pertanto, la direttiva della Commissione 98/53/CE definisce una procedura di campionamento e criteri generali al fine di garantire che i laboratori incaricati delle analisi adottino una metodologia con livelli paragonabili di prestazioni." Si sostiene che il 90% degli errori nell'identificazione delle micotossine dipenda dal prelievo

La presenza di Ocratossina nei cereali grezzi è particolarmente subdola, in quanto la sua distribuizione in una miscela è di tipo puntiforme. Questo significa che, per avere successo nella rappresentatività del campione rispetto all'intera partita, occorre campionare un elevato numero di aliquote sia in superficie che in profondità rispetto alla massa, attraverso attrezzature specifiche costruite allo scopo: il prelievo potrà essere di tipo statico o dinamico, con la massa in movimento in questo secondo caso.

Le metodiche di campionamento delle micotossine nei cereali sono state da ultimo definite con la Direttiva 2005/5/CE: per assicurare rappresentatività al campione la procedura è particolarmente complessa e laboriosa. Occorre partire dalla quantità in gioco, costituita dalla partita, suddividerla in tante sottopartite secondo il peso o il numero come indicato nella seguente tabella:

TABELLA 1

Suddivisione delle partite in sottopartite in funzione del prodotto e del peso della partita

Prodotto

Peso della partita in tonnellate)

Peso o numero delle sottopartite

Numero di campioni elementari

Peso del campione globale (kg)

Cereali e prodotti derivati

> 1 500

500 tonnellate

100

10

.

> 300 e < 1 500

3 sottopartite

100

10

.

> 50 e < 300

100 tonnellate

100

10

.

< 50

3-100 (*)

1-10

(*) In funzione del peso della partita - cfr. tabella 2 dell'allegato.

Considerando che sono state poste sotto sequestro 44000 tonnellate di cereale grezzo, per poterne definire la confomità o meno ai limiti della UE, la rappresentatività del campione doveva avere riferimento a tutto il carico, non al solo 5% che invece, ordinariamente, viene analizzato come controllo di routine.

Applicando le metodica indicata, la partita originaria doveva quindi essere suddivisa in 88 sottopartite, se fisicamente separabili.

Ogni campione elementare costituisce il quantitativo prelevato in sol punto della sottopartita, 100 g. Il campione globale è dato dall'aggregazione di tutti i campioni elementari, occorre quindi effettuare una miscelazione omogenea prima di arrivare al campione globale. La miscelazione è un'operazione da condurre con attenzione e mediante attrezzature dedicate. Di questo campione se ne preleva la quantità finale indicata in tabella per il conferimento al laboratorio.

Con 88 sottopartite i campioni globali sarebbero dovuti essere quindi 88 e non 42 come risulta dalla cronaca. La raccolta di 42 campioni invece di un numero maggiore avrà avuta una sua giustificazione tecnica.

Il metodo analitico per la ricerca di ocratossina A nei cerali è: AOAC 2000.03 Accreditato SINAL n. 0226. Per quanto riguarda l'accettazione questa dipenderà dal superamento o meno dei limiti da parte del campione globale, quindi, in tal senso, si respingerà le sottopartita al quale il campione non conforme si riferisce.

Dove è finito il grano contaminato

Per molti giorni l'interrogativo è rimbalzato sui quotidiani, in particolare da parte delle associazioni dei consumatori, all'indirizzo del Ministero della Salute. Anche qui le considerazioni sulla gestione di un allarme, vero o presunto che sia, non possono che essere negative. Anche se si comprende come non si debbano mettere alla gogna i produttori nazionali, ncauti acquirenti delle semole canadesi, nondimeno non si capisce come in occasione di una situazione di crisi di questa dimensione non possa il Ministero prendere l'iniziativa di informare sui rischi che si corrono nell'alimentarsi con pane e derivati nella cui composizione è finito un poco di quel grano.

L'elenco delle imprese che hanno acquistato la semola inquinata (fino a che punto?) è poi, come accade spesso nel nostro paese, diventato il segreto di Pulcinella. L'Epresso vi ha dedicato un ampio articolo nello scorso numero di gennaio. Si è quindi saputo che tutte le imprese coinvolte sono state invitate dal Ministero ad effettura test rapidi (Elisa) sui prodotti confezionati con il grano supposto inquinato. Nessuna delle centinaia di controlli straordinari che sono stati effettuati dai pastifici italiani è risultato non conforme e quindi tutti i prodotti a rischio sono rimasti sugli scaffali di vendita. Naturalmente in questi giorni sono all'opera i NAS e le USL per un ulteriore controllo ufficiale i cui risultati si sapranno evidentemente solo a tempo debito.

Conclusioni

Le lascio trarre a voi lettori.

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