interventi
26 novembre 2004

Con l'approvazione del Decreto-Legge 12 novembre 2004, n.273 "Disposizioni urgenti per l'applicazione della direttiva 2003/87/CE in materia di scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra nella Comunita' europea" sono precipitosamente iniziate le grandi manovre per dare una autorizzazione gas serra alle imprese italiane che ricadono nell'ambito di applicazione del protocollo di Kyoto, o meglio, della direttiva 2003/97/CE (EU ETS d'ora in poi).

La direttiva EU ETS non è stata ancora trasposta nel nostro ordinamento ma, fatto più unico che raro, ne vengono introdotti i principi attraverso la decretazione d'urgenza. Non poteva essere altrimenti considerato che la stessa direttiva stabilisce che nessuno degli impianti rientranti nell'elenco dell'allegato I alla stessa possa continuare ad operare dal 1° gennaio 2005 senza un'autorizzazione gas serra. Come era già stato sottolineato nei mesi scorsi sull'esecuzione degli accordi di Kyoto da parte della Comunità Europea si gioca la credibilità della stessa UE, il che, conseguentemente, non può che costituire una leva fortissima perché tutti gli Stati Membri si adeguino rapidamente alle sue decisioni. Presentarsi come inadempiente anche in questa occasione significherebbe per il nostro Paese essere messo definitivamente ai margini, fuori anche dal circolo virtuoso delle emissioni evitate e di quello che comporterà in termini di investimenti nei paesi terzi ed eventuali ritorni. Insomma mancare questo appuntamento sarebbe veramente la dimostrazione di una inaffidabilità congenita.

Fortunatamente non è così, c'è chi ha lavorato nei ministeri perché non perdessimo anche questo treno.

Con il decreto-legge si è messa pertanto in moto questa complessa macchina amministrativa che vede come primo passo quello di raccogliere tutte le domande delle imprese assoggettate alla direttiva, quantificarne le emissioni e cederne gratuitamente le relative quote perché possano essere scambiate nel mercato comunitario. I tempi strettissimi hanno richiesto la fissazione di scadenze improponibili per come siamo abituati a gestire l'applicazione del diritto comunitario nel nostro paese. Il decreto è stato pubblicato in G.U. il 15 novembre e la scadenza di presentazione delle domande è stata dettata per il 5 dicembre! Eppure nessuna voce dissenziente si è levata per protestare, a dimostrazione dell'importanza di questo giro di boa per le prospettive che attendono le imprese italiane sotto l'egida degli accordi internazionali.

Prima di tutto occorre comprendere quali siano gli impianti sottoposti ad autorizzazione gas serra elencati nell'Allegato I alla Direttiva EU ETS.

L'Allegato I della Direttiva EU ETS fa, a sua volta, riferimento all'Allegato I della Direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (d'ora in poi Direttiva IPPC), ma limita l'applicazione della Direttiva EU ETS solo ad alcune delle categorie d'attività previste dalla Direttiva IPPC e riduce, per la categoria d'attività 1.1, la soglia di potenza calorifica da 50 MW a 20 MW.

Codici e denominazione delle attività

1. Attività energetiche

1.1 Impianti di combustione con una potenza calorifica di combustione di oltre 20 MW (esclusi gli impianti per rifiuti pericolosi o urbani)

1.2 Raffinerie di petrolio

1.3 Cokerie

2. Produzione e trasformazione dei metalli ferrosi

2.1 Impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metallici compresi i minerali solforati

2.2 Impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 tonnellate all'ora

3. Industria dei prodotti minerali

3.1 Impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 tonnellate al giorno oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi di forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno

3.2 Impianti per la fabbricazione del vetro compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno

3.3 Impianti per la fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres, porcellane, con una capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e con una capacità di forno superiore a 4 m3 e con una densità di colata per forno superiore a 300 kg/m3

4. Altre attività

4.1 Impianti industriali destinati alla fabbricazione:

a) di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose b) di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno

La Direttiva EU ETS si applica quindi:

Sebbene i gas clima-alteranti siano più di uno per ora lo scambio di quote di emissioni avverrà solo per l'anidride carbonica CO2. Pertanto tutti gli impianti sottoposti a questa disciplina, una volta autorizzati, saranno in possesso di un numero di quote prestabilito di CO2 da far valere sul mercato mondiale. Nell'ambito del sistema di scambio delle quote, gli Stati membri dell'UE fisseranno limiti sulle emissioni di CO2 prodotte da imprese ad alto consumo energetico (circa 12 000 fra stabilimenti siderurgici, centrali elettriche, raffinerie di petrolio, cartiere, vetrerie e cementifici), rilasciando loro le quote di biossido di carbonio che a tali imprese sarà permesso di generare. Se si ottengono riduzioni di emissioni al di sotto dei limiti fissati, le quote rimanenti potranno essere vendute. Le imprese che ottengono tali riduzioni possono venderle ad imprese che hanno difficoltà a rispettare i limiti imposti o per le quali le misure inerenti la riduzione delle emissioni sono ben più costose delle quote. Un'azienda può anche aumentare le proprie emissioni al di sopra delle quote assegnate acquistando più quote sul mercato.

Per comprendere come funzionerà il mercato delle emissioni la Comunità Europea ha illustrato il seguente esempio.

Facciamo l'ipotesi che le imprese A e B emettano entrambe 100 000 tonnellate di CO2 l'anno. Il governo attribuisce ad ognuna di esse 95 000 quote di emissione. Una quota di emissione equivale al diritto di emettere una tonnellata di CO2; di conseguenza nessuna delle due imprese può coprire integralmente le proprie emissioni. Alla fine di ogni anno le imprese sono tenute a restituire un numero di quote pari alle emissioni effettuate durante l'anno, indipendentemente dalle emissioni di ogni singola impresa. Le imprese A e B devono entrambe coprire 5 000 tonnellate di CO2 e possono farlo in due modi: riducendo le proprie emissioni di 5 000 tonnellate o acquistando 5 000 quote di emissione sul mercato. Per decidere che soluzione scegliere dovranno calcolare quanto verrebbe a costare ridurre le emissioni di 5 000 tonnellate e paragonare tale costo al prezzo di mercato delle 5 000 quote di emissione.

Per proseguire con l'esempio, ipotizziamo che il prezzo di mercato di una quota di emissione sia di 10 euro per tonnellata di CO2 e che per l'impresa A la riduzione delle emissioni costerebbe 5 euro per tonnellata (meno, quindi, del prezzo di acquisto di una quota di emissione sul mercato). L'impresa A sceglierà di ridurre le proprie emissioni in quanto le verrà a costare meno che l'acquisto di quote di emissione; essa potrebbe addirittura non limitarsi a 5 000 tonnellate, ma ridurre le proprie emissioni di 10 000 tonnellate. Per l'impresa B, ipotizziamo che la situazione si presenti in termini opposti e che la riduzione delle emissioni le venga a costare 15 euro per tonnellata di CO2 (costo superiore al prezzo di acquisto di una quota di emissione sul mercato). L'impresa B preferirà pertanto acquistare quote sul mercato piuttosto che ridurre le proprie emissioni.

A questo punto diventa evidente l'importanza di conoscere esattamente le emissioni di CO2 della singola impresa perché una determinazione non corretta comporterebbe diverse conseguenze sul piano nazionale e comunitario. Nel quadro del protocollo l'UE si è impegnata a ridurre le proprie emissioni di gas serra dell'8% nel primo periodo di adempimento compreso tra il 2008 e il 2012. Si tratta di un obiettivo ripartito tra gli Stati membri nell'ambito di un accordo di condivisione degli oneri, che fissa obiettivi di emissione per ciascuno Stato membro a loro volta tradotti in quote di emissioni da distribuire alle imprese di ogni paese. Ciò è avvenuto con i cosiddetti Piani di Assegnazione presentati nel corso di questa estate che, via via, la Commissione Europea sta approvando.

Tabella 1: Tendenze per le emissioni di gas serra e obiettivi del protocollo di Kyoto per il 2008-2012

.

.

.

Cambiamento

Cambiamento

Obiettivi 2008 12 di Kyoto e accordo UE di condivisione degli oneri

STATO MEMBRO

Anno di rif.1) (milioni di t.)

2001

(milioni di t.)

2000 2001

(%)

Anno di rif. 2001

(%)

(%)

Austria

78,3

85,9

4,8%

9,6%

-13,0%

Belgio

141,2

150,2

0,2%

6,3%

-7,5%

Danimarca2)

69,5

69,4

1,8%

-0,2% (-10,7%)

-21,0%

Finlandia

77,2

80,9

7,3%

4,7%

0,0%

Francia

558,4

560,8

0,5%

0,4%

0,0%

Germania

1216,2

993,5

1,2%

-18,3%

-21,0%

Grecia

107,0

132,2

1,9%

23,5%

25,0%

Irlanda

53,4

70,0

2,7%

31,1%

13,0%

Italia

509,3

545,4

0,3%

7,1%

-6,5%

Lussemburgo

10,9

6,1

1,3%

-44,2%

-28,0%

Paesi bassi

211,1

219,7

1,3%

4,1%

-6,0%

Portogallo

61,4

83,8

1,9%

36,4%

27,0%

Spagna

289,9

382,8

-1,1%

32,1%

15,0%

Svezia

72,9

70,5

2,2%

-3,3%

4,0%

Regno Unito

747,2

657,2

1,3%

-12,0%

-12,5%

UE-15

4204,0

4108,3

1,0%

-2,3%

-8,0%

1) L'anno di riferimento per CO2, CH4 e N2O è il 1990; per i gas fluorurati, l'anno di riferimento è il 1995, come previsto dal protocollo di Kyoto. Questa situazione riflette la preferenza della maggior parte degli Stati membri.

2) Per la Danimarca, i dati che riflettono gli adeguamenti del 1990 per lo scambio di energia elettrica (importazioni ed esportazioni) e per le variazioni di temperatura sono riportati tra parentesi. Questo metodo è utilizzato dalla Danimarca per monitorare i progressi compiuti verso l'obiettivo nazionale previsto nel quadro dell'accordo comunitario di condivisione degli oneri. Per il totale delle emissioni nell'UE si sono usati i dati della Danimarca non adeguati.

Il 7 luglio 2004 la Commissione ha concluso la valutazione di un primo gruppo di otto piani, cinque dei quali sono stati accettati senza riserve (Danimarca, Irlanda, Paesi bassi, Slovenia e Svezia), mentre altri tre sono stati parzialmente respinti (quelli di Austria, Germania e Regno Unito). Il 20 ottobre 2004 la Commissione ha concluso la valutazione di un secondo gruppo di otto piani, sei dei quali sono stati accettati senza riserve (Belgio, Estonia, Lettonia, Lussemburgo, Repubblica slovacca e Portogallo), mentre gli altri due (quelli di Finlandia e Francia) sono stati accettati con riserva.

Per l'Italia ancora non si hanno notizie, tuttavia è noto come nel piano italiano manchi ancora la ripartizione delle quote, impianto per impianto, come sarebbe richiesto dal criterio n° 10 che la direttiva individua all'allegato III perché tale assegnazione sia coerente con le decisioni assunte in sede comunitaria: "10. Il piano include un elenco degli impianti disciplinati dalla presente direttiva con i valori delle quote che saranno assegnate a ciascuno".

Al momento infatti della presentazione del piano si sottolineava come la quantità totale assegnata dovesse essere rivista insieme alle assegnazioni per attività "in funzione della verifica delle emissioni delle attività regolate dalla direttiva per l’anno 2000. Tale verifica verrà effettuata utilizzando i risultati della rilevazione di dati storici a livello di impianto (approccio bottom-up) e sarà strumentale inoltre per l’aggiornamento dell’inventario delle emissioni di GHG e per la relativa serie storica. Ad oggi il processo di verifica non è ancora stato avviato in quanto richiede come base legale l’avvenuto recepimento della direttiva. In tal senso la conclusione della verifica è prevista per la fine di novembre".

Tabella 2.1: Piano di azione Nazionale per la Riduzione delle emissioni di GHG (in corso di revisione).

.

Emissioni di CO2

[Mt CO2eq.]

Riduzioni rispetto al tend.

[%]

1990

2000

2010 tend.

2010 rif.

2010

A) DA USI DI FONTI ENERGETICHE

412,4

444,5

514,2

476,8

-7,3

a1) Industrie energetiche di cui:

 127,6

151,6

198,7

172,7

-13,1

- termoelettrico3

110,5

134,24

179,55

153,54,5

-14,5

di cui cogenerazione (solo parte elettrica)

8,9

30,9

54,16

54,16

0,0

- raffinazione

17,1

17,4

19,2

19,2

0,0

a2) Industria manifatturiera e costruzioni

89,6

78,0

82,2

82,2

0,0

a3) Trasporti

104,4

124,4

142,1

136,7

-3,8

a4) Civile (incluso terziario e Pubbl. Amm.ne)

70,9

...

74,1

68,0

...

a5) Agricoltura

9,0

8,9

9,6

9,6

0,4

a6) Altro (fughe, militari, distribuzione)

10,9

8,7

7,6

7,6

0,0

.

.

.

.

.

.

B) DA ALTRE FONTI

95,6

99,5

93,5

93,5

0,0

b1) Processi industriali (industria mineraria, chimica, fluorurati)

40,9

45,4

49,5

49,5

0,0

b2) Agricoltura

40,4

40,3

36,1

36,1

0,0

b3) Rifiuti

12,6

12,4

6,9

6,9

0,0

b4) Altro (solventi)

1,7

1,3

1,0

1,0

0,0

TOTALE GHG

508,0

544,0

607,7

570,3

-6,2

Stima dei GHG per i settori ETS7 (a1+a2+b1)

245,8

256,6

310,2

285,8

-7,9

di cui CO27

258,1

274,9

330,4

304,4

-7,9

Note

3 I valori non comprendono le emissioni di CO2 da produzione elettrica da gas residuo, attribuite alla voce "processi industriali" (7,2 Mt CO2 nel 1990, 8,7 Mt CO2 nel 2000 e nel 2010). I valori includono le emissioni da cokerie.

4 I valori differiscono da quelli riportati in tabella 3.1 poiché includono le emissioni di GHG, diversi dalla CO2, pari a 3,1 Mt CO2 eq. nel 1990, 3,6 Mt CO2eq. nel 2000, 6,2 Mt CO2 eq. nel 2010.

5 Le previsioni tendenziali variano in un range compreso tra 174,5-184,5 MtCO2eq., quelle di riferimento tra 148,5 e 158,5Mt CO2eq. Il valore riportato nella tabella fa riferimento al valore medio.

6 Le previsioni per la cogenerazione variano in un range compreso tra 52 e 56,2 MtCO2. Il valore riportato nella tabella fa riferimento al valore medio.

7 La somma considerata costituisce una stima per eccesso delle emissioni imputabili ai settori regolati dalla direttiva in quanto comprende le emissioni da impianti di combustione al di sotto dei 20MW. Il valore sarà rivisto a seguito della raccolta dati a livello d’impianto da attivare con specifici strumenti normativi di recepimento della Direttiva 2003/87/CE.

La decisione del Piano è riconducibile ad un atteggiamento prudenziale che vede nell'assegnazione delle quote impianto per impianto un momento critico (memori forse della disgraziata vicenda delle quote latte). L'attuale fase autorizzatoria è quindi propedeutica anche a questa criticità in quanto è solo dalle dichiarazioni delle imprese relativamente alle emissioni prodotte dal 2000 al 2003 che si potranno evitare errori oltre che spiacevoli anche di difficile composizione stante il valore economico delle quote e il loro riflesso sugli investimenti.

A questo punto si riesce a comprendere come sia esiziale per tutto il processo che le imprese quantifichino con la maggior precisione possibile i loro dati di consumo e produzione relativamente agli anni monitorati e calcolino esattamente il livello di emissione raggiunto.

Il sito del Ministero dell'Ambiente, alla voce clima - emission trading, fornisce tutta la modulistica del caso e le relative istruzioni di compilazione. Riguardo ai calcoli delle emissioni di CO2 il formato predisposto dal Ministero ripercorre le procedure fissate nella "Decisione della Commissione del 29 gennaio 2004 che istituisce le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio" [notificata con il numero C(2004) 130].

Occorre quindi seguire passo passo i contenuti della linea guida per indicare con accuratezza e precisione il dato finale relativo alle emissioni. La guida è in realtà strutturata per la raccolta dei dati di emissione successivi alla autorizzazione gas serra che a regime, per la prima volta , dovranno essere restituiti sottoforma di quote (1 quota è pari a 1 tonnellata di CO2) entro il 30 aprile del 2006, e cioè entro quattro mesi dalla fine dell'anno civile precedente.

Pertanto l'autorizzazione a emettere gas a effetto serra dovrà contenere non solo una descrizione delle attività e delle emissioni dell'impianto (intese come tutte le fonti di emissioni di gas a effetto serra legate ad attività elencate dell'allegato I della direttiva) ma anche le disposizioni in tema di monitoraggio, precisando la metodologia e la frequenza dello stesso. Considerato che tutte le informazioni dovranno pervenire al Ministero dell'Ambiente entro il 30 dicembre 2004, che occorrerà vagliarle per verificarne l'idoneità, che servirà un certo tempo per dare seguito agli aspetti tecnico amministrativi richiamati dalla necessità di rilascio di un atto, l'impresa di autorizzare tutti gli impianti entro il 1° gennaio 2005 appare chiaramente disperata.

Per quanto riguarda la raccolta dei dati le linee guida ammettono due alternative: una metodologia fondata su calcoli o una metodologia fondata su misure. Si può già escludere con un buon margine di sicurezza che la maggiorparte degli impianti italiani ricadenti sotto la disciplina dei gas serra abbia in dotazione sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni di CO2. In ogni caso il monitoraggio in continuo deve preventivamente essere giudicato dall'autorità competente capace di assicurare un'accuratezza maggiore rispetto al calcolo delle emissioni effettuato con l'approccio di livello più accurato. Giocoforza si passerà tutti attraverso il calcolo.

Il calcolo delle emissioni di CO2 si effettua con la formula seguente:

emissioni di CO2 = dati attività * fattore di emissione * fattore di ossidazione

oppure con un approccio alternativo, se questo è definito nelle linee guida riguardanti attività specifiche. La guida comprende infatti una metodologia di carattere generale e ad altre invece più specifiche per i diversi settori interessati dalla direttiva.

Il calcolo viene eseguito a partire dalle emissioni di combustione e da quelle di processo. Le emissioni da processo non sono altro che la CO2 che si libera a seguito dell'ossidazione di materie prime o reagenti contenenti carbonati.

Emissioni da combustione

emissioni di CO2 = consumo di combustibile [TJ] * fattore di emissione [tCO2/TJ] * fattore di ossidazione

I dati relativi all'attività si basano sul consumo di combustibile. La quantità di combustibile utilizzata è espressa in termini di contenuto di energia in TJ. Il fattore di emissione è espresso in tCO2/TJ. Quando viene consumata energia, non tutto il carbonio del combustibile si ossida a CO2. L'ossidazione incompleta è dovuta a inefficienze del processo di combustione, a causa delle quali parte del carbonio rimane incombusto o viene ossidato solo parzialmente trasformandosi in fuliggine o cenere. Il fattore di ossidazione tiene conto del carbonio non ossidato e viene espresso in forma frazionaria. Se il fattore di emissione tiene conto del fattore di ossidazione, non si applica un fattore di ossidazione distinto. Il fattore di ossidazione è espresso come percentuale.

Emissioni da processo

emissioni di CO2 = dati relativi all'attività [t o m3] * fattore di emissione [t CO2/ t o m3] * fattore di conversione

I dati relativi all'attività si basano sul consumo di materiale, sulla carica di alimentazione o sulla produzione in uscita e sono espressi in t o m3. Il fattore di emissione è espresso in t CO2/t o in t CO2/m3. Il fattore di conversione tiene conto del carbonio contenuto nei materiali in entrata e non convertito in CO2 nel corso del processo; è espresso in forma frazionaria. Se il fattore di emissione tiene conto di un fattore di conversione, non si applica un fattore di conversione distinto. La quantità di materiale in entrata al processo è espressa in massa o volume [t o m3].

I fattori di emissione si basano sul tenore di carbonio dei combustibili (tabella 4) o dei materiali in entrata (linee guida specifiche).

Pe fare un esempio consideriamo un impianto di fabbricazione di prodotti ceramici. La linea guida specifica è dettata all'allegato X della decisione. Per quanto riguarda le emissioni da combustione (forni) la metodologia di calcolo è quella generale descritta in allegato II. Le emissioni di processo possono essere diverse e provenire da:

— calcinazione del calcare/dolomite contenuti nelle materie prime,

— calcare per l'abbattimento degli inquinanti atmosferici,

— materiale organico contenuto nell'argilla utilizzata come materia prima,

— additivi utilizzati per conferire porosità, ad es. segatura o polistirolo,

— lavaggio degli effluenti gassosi.

Nella fabbricazione di prodotti ceramici si ha rilascio di CO2 durante la calcinazione delle materie prime in forno e in seguito alla neutralizzazione, con calcare o altri carbonati, dell'HF, HCl e SO2 (per combustibili diversi dal metano) contenuti negli effluenti gassosi. Le emissioni provenienti dalla decomposizione dei carbonati nel processo di calcinazione e dal lavaggio degli effluenti gassosi rientrano tra le emissioni dell'impianto. Sono aggiunte al totale delle emissioni, ma se possibile sono indicate separatamente. La formula per il calcolo è la seguente:

emissioni di CO2totali [t] = emissioni di CO2materiale in entrata [t] + emissioni di CO2 lavaggio fumi [t]

Vediamo di aiutarci con un esempio. Si tratta di uno stabilimento che produce gres porcellanato e atomizzato per impasti ceramici. Questa è la produzione 2003:

 

Tipologia

Destin. PAV/RIV

Classe UNI EN 14411

Formati [cmxcm]

Peso medio [kg/m2]

Produzione versata a magazzino

[m2/anno]

[t/anno]

GRES PORCELLANATO

PAV

BIa

33x33;

45x45; 60x60

26,9

2.898.309

78.013

 

ATOMIZZATO

.

 

21.955

Per la cottura delle piastrelle i forni utilizzano gas naturale.

NG = consumo totale anno 2003 di gas naturale = 12.285.250 Sm3/anno

Disponendo del dato relativo ai volumi di gas si applica la seguente formula:

Parametro – Definizione

Unità di misura

Formula di calcolo

QyCO2

Flusso di massa annuo di CO2 dalla combustione di gas naturale

[t/anno]

EFCO2 = fattore di emissione di CO2 dalla combustione di gas naturale = 1,86 kg/Sm3.

Il coefficiente di ossidazione del gas metano è di 0,995 (default IPPC)

Per l'impianto in esame, si ha:

QyCO2 = 12.285.250 * 1,86 * 0,995 * 10-3 = 22.737 t/anno

Riguardo alle emissioni di processo essendo molto limitato il contenuto di rocce carbonatiche negli impasti per grès porcellanato (non più di 0,6 % nell’impasto) risulta trascurabile il contributo all’emissione di anidride carbonica proveniente dalle materie prime.

Inoltre per il lavaggio fumi non viene utilizzato come reagente un bicarbonato, ma l'idrato di calcio. Pertanto non influisce sulle emissioni di CO2 finale che saranno date dalle sole emissioni di combustione.

 

home page
l'autore
mappa del sito
tutti i links

 

 

documenti
leggi e sentenze
chiarimenti
interventi

 

 

 

EMISSION TRADING: SI PARTE CON LE AUTORIZZAZIONI