interventi
16 dicembre 2001

Con riferimento all’articolo del dott. Fabrizio Rocca tratto da Rivistambiente n. 9/2001. Ed. giuridiche La Tribuna e riportato al sito www.dirittoambiente.it area Novità col titolo "Il divieto di diluizione nella disciplina degli scarichi: solo certezze" desidero esprimere alcuni dubbi.

Per essere più chiaro mi riferisco ad un caso teorico di un insediamento produttivo (per fissare le idee, ipotizziamo un caseificio) che scarica in acque di superficie previa depurazione dei propri scarichi.

Nell’insediamento produttivo oltre agli scarichi provenienti dal proprio ciclo di produzione (produzione di formaggio) sono presenti anche scarichi provenienti dai bagni dei dipendenti.

Una parte degli scarichi inoltre è proveniente dal lavaggio di serbatoi e dal lavaggio dei pavimenti.

All’interno dell’area dell’insediamento è inoltre possibile la presenza dell’abitazione del titolare, con i relativi scarichi dei bagni e della cucina.

Seguendo le indicazioni riportate nell’articolo, nell’impianto di depurazione dell’azienda, non possono essere trattati ne’ gli scarichi provenienti dai bagni dei dipendenti, ne’ gli scarichi provenienti dall’abitazione del titolare, ne’ gli scarichi provenienti dal lavaggio dei pavimenti e dei serbatoi in quanto si rischia che questi siano considerati scarichi che vanno a diluire quelli provenienti dal ciclo di produzione!.

Con questa interpretazione credo che l’Ambiente non abbia molti benefici. Infatti, gli scarichi che non sarebbero trattati col depuratore presentano sicuramente valori dei parametri superiori a quanto previsto dalla tab. 3 dell’allegato 5 del D.Lgs. 152/99. Le acque di lavaggio dei pavimenti e dei serbatoi, oltre a quelle dei bagni presentano valori stimabili in 3-400 mg/l COD contro i 160 mg/l ammessi per decreto. E per questo l’azienda rischia di essere denunciata per il superamento di tali parametri nel punto di immissione.

A mio avviso l’interpretazione corretta per risolvere questo caso deriva dalla lettura dell’art. 2 punti g) ed h) e dell’art. 28.

Art 2

g) "acque reflue domestiche": acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;

h) "acque reflue industriali": qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;

Art. 28

3. Gli scarichi devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell’autorità competente per il controllo nel punto assunto per la misurazione. La misurazione degli scarichi, salvo quanto previsto al comma 3 dell’articolo 34, si intende effettuata subito a monte, dal punto di immissione in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, nonché in fognature, sul suolo e nel sottosuolo.

E’ necessario osservare che, l’origine dello scarico di acque reflue industriali come definito al punto h) sono gli edifici o installazioni e non il solo ciclo produttivo. Tutte le acque reflue diverse da quelle domestiche e di quelle meteoriche sono comprese in questa definizione, ivi comprese acque reflue provenienti dal lavaggio dei pavimenti e dei serbatoi e le acque provenienti dai bagni dei dipendenti.

Gli scarichi dei bagni dei dipendenti o di eventuali mense, non possono essere considerate acque reflue domestiche, in quanto non provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi (i servizi sono ovviamente le attività di servizio: uffici, banche, negozi…), ma da un insediamento di tipo produttivo.

Resta il dubbio su come devono essere considerate le acque provenienti dagli scarichi dei bagni e dalla cucina del titolare posti in all’interno dell’insediamento produttivo. In Emilia Romagna la questione è stata risolta con una delibera regionale del 01/03/2000 n. 651 nella quale si stabilisce che "Per quanto concerne la definizione di acque reflue industriali si precisa che sono da considerare tali anche quelle derivanti da attività industriali che danno luogo ad un unico scarico finale in cui confluiscono anche eventuali reflui domestici".

Visto che il punto di misurazione per un scarico come quello dell’esempio è subito a monte dal punto di immissione, è in questo punto che lo scarico di acque reflue industriali deve rispettare i limiti per lo scarico in acque superficiali e pertanto a mio parere tutti gli scarichi provenienti dall’insediamento (ad eccezione delle acque meteoriche) devono essere trattati dall’impianto di depurazione.

Distinti saluti

Ing. Marcello Casadio

Risposta

Nell'applicazione dellle disposizioni vigenti l'approccio del giurista è diverso da quello del tecnico. Le considerazioni sull'attualità del divieto di diluizione alla luce del nuovo testo D.Lvo 152, così come ogni altro commento "in punto di diritto", non vanno presi e applicati alla lettera nel contesto delle attività quotidiane. L'apporto dell'esperto alla difficile attuazione delle norme non deve limitarsi all'analisi logica di un capoverso, per quanto scritto chiaro, ma deve cercare di cogliere il significato di una determinata indicazione calata nel concreto delle cose. Per questo il lavoro del tecnico che deve dirimere un contrasto tra quello che suggerisce la norma e quello che invece gli consiglierebbe l'esperienza e la professionalità è molto più difficile e delicato. Con il tempo è tuttavia destinato ad acquisire una posizione di forza poichè mentre la formazione tecnica può essere arricchita da una cultura giuridica, non accade quasi mai il contrario. Non si deve quindi rinunciare al proprio punto di vista in nessuna questione, anzi si dovrebbe avere la robusta consapevolezza del valore del proprio contributo alla "causa della legge". Questo come premessa.

Nell'esempio che porta in discussione l'Ing.Casadio non può sussistere alcun dubbio. Il divieto di diluizione qui non è violato, volerlo applicare significa dover abdicare ai principi di economicità e ragionevolezza cui si ispira ogni norma. L'impianto di depurazione andrà esattamente progettato come descritto nell'intervento, abbandonando anche gli ultimi dubbi circa gli scarichi dei bagni dei dipendenti o di eventuali mense, che possono, anzi devono, necessariamente rientrare nella definizione di acque reflue domestiche.

Cordialmente.

dr. Michele Frascari

 

 

 

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DUBBI SULLA DILUIZIONE DEGLI SCARICHI - Ing.Marcello Casadio