chiarimenti
23 giugno 2005

Continuano a pervenire numerose osservazioni e domande inerenti l'applicazione del D.M. 44 di recepimento della Direttiva 1999/13/CE chiamata comunemente Direttiva Solventi. Premesso che le opinioni espresse non detengono il carattere dell'interpretazione autentica, ma sono il risultato di un approccio tecnico alla lettura delle norme accompagnato dal confronto con la loro pratica applicazione, si risponde come segue.


Secondo la Provincia di Treviso le autocarrozzerie sarebbero escluse in virtù dell'entrata in vigore della "Direttiva 2004/42/CE relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria". Ma tale Direttiva che modifica la 1999/13/CE non è ancora stata recepita dal Governo. E' corretto?


La Provincia di Treviso si è espressa in questi termini:

Al punto 12, lettera a) dell'allegato I di tale D.M. viene individuata l'attività di autocarrozzeria come "rivestimento autoveicoli, come definiti nel D.M. 29 marzo 1974, o parti di essi, eseguito a fini di riparazione, di manutenzione o di decorazione al di fuori degli stabilimenti di produzione" e tale attività viene assoggettata alla disciplina del D.M. 44 per soglia di consumo superiore alle 0,5 tonnellate/anno di solvente.

Sulla G .U. dell'Unione Europea L 143/87 del 30.04.2004 è stata pubblicata la "Direttiva 2004/42/CE relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria e recante modifica della Direttiva 1999/13/CE".

Tale direttiva europea, alla quale gli Stati Membri devono conformarsi entro il 30.10.2005, modifica in parte la direttiva europea recepita con il sopra citato D.M. 44, sopprimendo dall'allegato I l'attività relativa al rivestimento di veicoli autostradali, così come sopra descritta. Alla luce di quanto sopra esposto, considerato che la Direttiva Europea 2004/42/CE è entrata in vigore il 30.04.2004, e che quindi risulta modificata di fatto la Direttiva 1999/13/CE, si ritiene tale modifica direttamente applicabile al D. M. 16.01.2004 (recepimento della stessa) già dal 30.04.2004, pur in assenza dell'esplicita adozione della direttiva di modifica. Si ritiene, pertanto, di non estendere l'applicazione del D. M. 16.01.2004 alle attività di cui sopra, e di prescrivere, nel caso di nuovi impianti (per i quali la normativa italiana non ha stabilito limiti specifici alle emissioni), l'adozione delle migliori tecnologie disponibili.

In data 11 gennaio 2005 l'Unione regionale delle Province del Veneto (URPV) ha inoltrato al Ministero dell'Ambiente una nota dello stesso tenore. In data 14 febbraio prot. DSA/2005/03534 il Ministero ha risposto, per conoscenza alla Regione Veneto, che tale esclusione non è legittima, in quanto il termine per il recepimento della 2004/42/CE non è ancora scaduto e che spetta allo Stato (e non alle province) tradurre nell'ordinamento interno le modifiche apportate alla 1999/13/CE.

Una volta recepita la Direttiva 2004/42/CE i prodotti per l'uso nelle autocarrozzerie dovranno avere un contenuto massimo di solventi definito nell'allegato II alla stessa, parte B. I termini per la sostituzione dei prodotti non conformi è l'1 gennaio 2007.

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B. CONTENUTO MASSIMO DI COV DEI PRODOTTI PER CARROZZERIA

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Sottocategoria

Rivestimenti

COV g/l (*)(1.1.2007)

a

Preparazione e pulizia

Prodotti preparatori

850

Predetergente

200

b

Stucchi/mastici

Tutti i tipi

250

c

Primer

Fondo (surfacer) e primer universali (metallici)

540

Wash primer

780

d

Finiture

Tutti i tipi

420

e

Finiture speciali

Tutti i tipi

840

(*) g/l di prodotto pronto all'uso. Fatta salva la sottocategoria a) qualsiasi contenuto di acqua del prodotto pronto all'uso dovrebbe essere detratto.

La posizione delle province venete è comprensibile: non sottoporre le autocarrozzerie ad un inutile aggravio amministrativo considerato che si passerà ad un altro regime normativo di qui a poco. L'impasse potrebbe tuttavia essere superato con la semplice presentazione di una domanda nella quale le autocarrozzerie dichiarino che alla data del 1 gennaio 2007 verranno utilizzati prodotti conformi alla Direttiva 2004/42/CE.


Avendo rapporti con diversi funzionari di Province e Regioni per la presentazione delle domande di autorizzazione ai sensi del D.M. 44 si riscontra che non c'è identità di vedute sull'applicazione del criterio di equivalenza, cioè per alcuni è sufficiente il calcolo indicato nell'allegato IIi senza dover confrontare il risultato ottenuto con quello che si otterrebbe fissando i limiti di emissione diffusa e convogliata indicati nell'allegato II, per altri si devono comunque rispettare i limiti alle emissioni. Tuttavia a domanda scritta nessuno risponde per cui ogni volta si deve ricominciare da zero. Grazie per la risposta.


Come detto su questa materia, come purtroppo su altre, si sconta una mancanza nella Pubblica Amministrazione preposta alla tutela dell'ambiente (Regioni, Province), quella di fornire le istruzioni necessarie per applicare le norme, in particolare quando si tratta di disposizioni ad elevata complessità come queste in discussione. Per quanto riguarda l'aspetto sollevato non si può che ribadire ciò che sta scritto nell'allegato III.

"Con l'applicazione del presente allegato, valido per le categorie di attività per cui non sono individuati nell'allegato II specifici valori di emissioni totali, il gestore ha la possibilità di conseguire, con mezzi diversi, emissioni totali equivalenti a quelle conseguibili applicando i valori limite di emissione negli scarichi gassosi e i valori limite di emissione diffusa di cui al suddetto allegato II rispetto ad uno scenario emissivo di riferimento. ….. A tal fine il progetto allegato alla domanda di autorizzazione, ovvero la relazione tecnica di cui all'articolo 6, comma 3, contiene tutti gli elementi necessari per la valutazione dell'equivalenza nonché indica la quantità di emissioni totali dell'impianto (emissione bersaglio) da rispettare."

E' vero che viene fornito un metodo per la determinazione dell'emissione bersaglio che prescinde dai limiti alle emissioni convogliate e diffuse, tuttavia nell'articolato si precisa che: "Qualora il metodo seguente sia inadeguato ovvero per quelle attività per cui non è previsto uno specifico fattore di moltiplicazione nel presente allegato, l'autorità competente può autorizzare il gestore ad applicare qualsiasi metodo alternativo che soddisfi, a giudizio dell'autorità, i principi sopra esposti."

Una conferma sul fatto che si renda necessario mettere a confronto il risultato ottenuto nelle due modalità di calcolo viene anche dalla lettura della regolamentazione francese, di cui si è parlato nello scorso mese. Giova riportare il passo:"Le schéma de maîtrise des émissions garantit, lorsque les valeurs limites d’émissions canalisées et diffuses ne sont pas appliquées, que le flux total d'émissions de COV de l'installation ne dépasse pas le flux qui serait atteint par une application stricte de ces valeurs limites. "


Dall'elenco delle attività soggette sembrerebbe esclusa l'ìndustria chimica e quella di trasformazione dei preparati a base di composti organici volatili, per es le vetroresine? Complimenti per il sito.


L'unica voce che può riguardare una parte dei produttori di sostanze o preparati contenenti composti organici volatili è la 17 dell’Allegato II e cioè "fabbricazione di preparati per rivestimenti, vernici, inchiostri e adesivi con soglia di consumo di solvente > 100 t/anno". Il punto 20 del medesimo Allegato II riguarda la "fabbricazione i prodotti farmaceutici con taglia di consumo di solvente > 50 t/anno". Al di fuori dei campi di attività descritti nelle due voci citate il decreto non si applica, salvo indicazioni diverse, se verranno.

I materiali plastici rinforzati "FRP" (fiberglass-reinforced plastics), tra i quali la vetroresina, sono ottenuti dalla mescolanza di un polimero, sia termoplastico sia termoindurente, con prodotti di di rinforzo rappresentati essenzialmente da fibre di vetro (in alcuni casi anche da fibre di carbonio ed altri materiali fibrosi). La vetroresina, formata da poliesteri e fibre di vetro, viene impiegata per la costruzione di scafi nautici, carrozzerie di automobili ed articoli delle più svariate tipologie. Per quanto riguarda l'inserimento nell'elenco dell'allegato I al decreto degli utilizzatori di resine per la produzione di FRP non si vede quale possa essere la categoria di attività che li possa ricomprendere. Sempre tornando alla regolamentazione francese si tratta di un'attività espressamente aggiunta, non presente nell'elenco della direttiva, e cioè "fabrication en moule ouvert de produits composites". Il produttore del polimero termoplastico in miscela con lo stirene rientra invece nella voce 17 soprariportata.


Se si sceglie la strada di ridurre i solventi alla fonte sulla base dell'allegato III e si garantisce l'equivalenza con l'emissione totale che si sarebbe ottenuta attraverso i limiti alle emissioni convogliate e diffuse quest'ultimi si applicano lo stesso o i controlli si attuano solo attraverso il piano di gestione solventi?


Il titolo dell'allegato III è:" Prescrizioni alternative all'allegato II". Inoltre, come si dice più avanti: "Il progetto indica la quantità di emissioni totali da rispettare". Il comma 1 dell'art.3 del decreto stabilisce che: " Gli impianti di cui all'articolo 1 rispettano i valori limite di emissione negli scarichi gassosi e i valori limite di emissione diffusa indicati nell'allegato II oppure i valori limite di emissione totale individuati ai sensi dell'allegato II o dell'allegato III, nonche' le altre prescrizioni individuate ai sensi dei medesimi allegati.

La conclusione letterale è che il controllo dei valori limite di emissione totale sia un'alternativa alla tradizionale approccio basato sul trattamento delle emissioni ai camini. Probabilmente l'incertezza è legata alla formulazione dell'art.5 del decreto.

Art. 5. - Conformita' ai valori limite di emissione

  1. Il gestore dimostra all'autorita' competente la conformita' dell'impianto:

  1. ai valori limite di emissione negli scarichi gassosi, ai valori limite per le emissioni diffuse e ai valori limite di emissione totale, in quanto autorizzati;
  2. all'emissione totale annua autorizzata per l'intero impianto;
  3. alle disposizioni dell'articolo 3, commi 5 e 6 ove applicabili.

Quindi la conformità all'emissione totale annua autorizzata è sempre da dimostrare mentre per gli altri valori limite ciò avviene "in quanto autorizzati", nella condizione cioè che l'autorizzazione espressa lo richieda. Al di là dell'esegesi del testo ciò che conta è il ragionamento.

Permettere di ridurre i solventi alla fonte è una scelta ambientalmente da preferire. Diversamente dall'abbattimento tradizionale dove Sono da computare gli effetti energetici ed i rifiuti prodotti qui altre conseguenze non ve ne sono. Il bilancio del solvente emesso è il miglior modo di valutare le "pressioni" di un impianto rispetto alla qualità dell'aria.

Naturalmente pone più problemi sotto il profilo dei controlli, per questo cautelativamente la P.A. tende a mantenere la pressione attraverso anche un limite alle emissioni. Senza l'elemento della misura ai camini rimarrebbe la determinazione della percentuale solvente nei prodotti utilizzati. La validazione del bilancio dei consumi è un esame afflitto da incertezze ed oneroso in termini di utilizzo di risorse. Tuttavia la volontà di manternere i limiti a dispetto dell'opzione indicata nell'allegato III può comportare evidenti errori di valutazione. L'emissione totale annua suddivisa per le ore di funzionamento e la portata complessiva dell'impianto consegna un valore inferiore al limite indicato in termini del tutto teorici, corrispondenti ad una media. Il rischio è in effetti che nelle casististiche che ci si troverà ad affrontare alcune emissioni relative ad alcune fasi di lavoro siano molto maggiori rispetto alle concentrazioni limite fissate. Se per alcuni punti i valori in concentrazione sono superiori tuttavia i relativi flussi di massa si possono compensare con quelli aventi valori inferiori in modo da mantenere sempre il totale entro l'emissione annua autorizzata. Quindi è dimostrata la conformità alla lettera b) e non alla lettera a) dell'art.5. Con il sistema sanzionatorio che ci si ritrova, così assolutisticamente legato al rispetto di un numero, non è ammessa alcuna flessibilità.

Pertanto, per evitare di mettere nei guai le imprese che hanno scelta l'opzione dell'allegato III, non devono essere fissati limiti alle emissioni convogliate e diffuse. Si potrebbe porre il valore limite di emissione totale giornaliero. Una volta l'anno l'impresa potrebbe essere richiesta di effettuare il controllo analitico di portata e concentrazione di tutte le emissioni presenti, comprese le diffuse, per una verifica del valore limite di emissione giornaliero.


Per necessità produttive è stata presentata domanda di autorizzazione come modifica sostanziale a causa dell'aumento del 30% dei consumi di solvente, con l'installazione di nuovi macchinari e relativi punti di emissione. Per rispettare le prescrizioni dell'allegato III al decreto si è scelto di adottare vernici ad acqua (cosolvente al 10%), ritenendo di poter mettere a regime sia le nuove che le vecchie emissioni entro l'ottobre 2007, ma ci viene richiesto di verniciare subito ad acqua nelle cabine nuove e soprattutto di non aumentare l'emissione totale annua, cosa impossibile.


Premesso che rimane arduo trarre delle conclusioni da così scarne informazioni si può dire quanto segue. Il primo passaggio per tutte le aziende esistenti ricadenti nel decreto è stato quello di presentare la comunicazione relativa alla scadenza del 12 marzo. In questa comunicazione sono stati identificati due scenari alternativi:

  1. tutte le emissioni rispettano i valori limite indicati nell'allegato II al decreto, compresi quelli previsti per le sostanze classificate con R45, R46, R49, R60, R68, e allora non è necessario un progetto di adeguamento;
  2. è stato presentato un progetto di adeguamento.

Nel caso b), prima di procedere ad esaminare la domanda per modifica sostanziale occorre valutare se il progetto di adeguamento abbia tutte le caratteristiche per essere approvato. Pur nell'assenza nel D.M. 44 di qualsiasi indicazione a proposito è oggettivamente necessario un atto amministrativo che renda esplicita l'approvazione del progetto con le eventuali prescrizioni. Questo è il punto zero sulla base del quale è possibile analizzare anche le eventuali modifiche sostanziali e non. In particolare quello che serve è l'emissione totale annua individuata sulla base della capacità nominale dell'impianto. (art.3, comma 3)

Occorre soffermarsi su questo parametro perché il concetto sia chiaro a tutti. La normativa non richiede di abbattere i consumi di solvente determinandone un limite assoluto, ma bensì relativo. Questo significa che in termini assoluti i consumi di solvente possono aumentare, quello che non deve aumentare è il rapporto tra consumo e produzione. In parole povere se l'impianto viene potenziato in modo da produrre più pezzi verniciati non può opporsi nessuna obiezione, salvo naturalmente vincoli di altra natura ed origine. Quello che rimane fisso è quanto solvente si emette a parità di superficie verniciata. In pratica se si raggiungono ottimi risultati, magari con vernici ad acqua, sul piano della riduzione dei solventi emessi, i risultati devono essere mantenuti nel tempo, cioè si deve continuare a verniciare ad acqua, pur aumentandone i consumi.

Pertanto nell'esempio descritto occorre che nel progetto di adeguamento sia indicato con precisione il denominatore di questo rapporto, qual è l'estensione in mq di pezzi verniciati nell'unità di tempo: è ormai consolidato che si parli di ore dedicate all'attività emittente, per i giorni lavorativi annui. Sulla base dei consumi di solvente si potrà stabilire qual è il fattore di emissione attuale (g/mq) e quale sarà all'ottobre 2007 ad adeguamento concluso, cioè con le migliori tecnologie installate e/o con un sistema di abbattimento delle emissioni a camino in funzione.

Se nel 2007 il fattore di emissione sarà, mettiamo, di 45 g/mq le modifiche sostanziali che si vogliono introdurre da subito, con l'incremento del 30% di solvente emesso, non potranno alterare questo rapporto.

Il problema che si presenta è che fare nel periodo transitorio. Qui dipende naturalmente dalla valutazione della P.A., dalla fase negoziale che si instaura. Tra i criteri temporali di applicazione previsti all'art.6 del D.M. 44 il comma 4 prevede che:

4. In caso di impianto sottoposto a modifica sostanziale o di impianto al quale, a seguito di una variazione di capacita' nominale, si applicano, per la prima volta, le disposizioni del presente decreto, la parte dell'impianto oggetto di detta modifica e' considerata come un nuovo impianto. A detta parte possono essere applicate le disposizioni previste per gli impianti esistenti, nel caso in cui le emissioni totali dell'intero impianto sottoposto a modifica sostanziale non superano quelle che si otterrebbero se la parte oggetto della modifica sostanziale fosse considerata come un nuovo impianto.

Il criterio è espresso in maniera che più contorta non si poteva, tuttavia se ne capisce lo spirito, non aumentare le emissioni totali.


Che differenza c'è tra riuso e riutilizzo? "08. Solventi organici contenuti nei preparati recuperati per riuso, ma non per riutilizzo nel processo, se non sono registrati al punto 07."


L’art. 3, comma 1, lett ff), del DM 44/2004 definisce per : "riutilizzo di solventi organici": l´uso di solventi organici recuperati nell´impianto per qualsiasi scopo tecnico o commerciale, ivi compreso l´uso come combustibile".

L'input, sia per la verifica del limite per le emissioni diffuse che per altri scopi, si calcola con la seguente formula:

I = I1 + I2

dove

Il. La quantità di solventi organici o la loro quantità nei preparati acquistati che sono immessi nel processo nell'arco di tempo in cui viene calcolato il bilancio di massa.

I2. La quantità di solventi organici o la loro quantità nei preparati recuperati e reimmessi come solvente nel processo (il solvente riutilizzato è registrato ogniqualvolta sia usato per svolgere l'attività).

Il consumo di solvente si applica sottraendo da I1 il fattore 08. Quindi quello realmente consumato non deve contenere il solvente che è stato reintrodotto nella lavorazione per il medesimo scopo, magari dopo una distillazione. Di converso il solvente che, dopo distillazione, viene utilizzato in un altro processo, magari come combustibile, non può essere sottratto dalla formula. C'è un unico neo nella logica di questo ragionamento: quando la distillazione avviene off-site, attraverso terzi, il solvente reimmesso in lavorazione come si computa? In una discussione sull'argomento chi scrive opterebbe per considerare il solvente come immesso ex-novo, cioè da sommare al resto per determinare il valore di input. E' un mondo difficile….abbiate pazienza.


A proposito dei bilanci di massa del D.M. 44, a suo parere, come mai nel calcolo per le emissioni diffuse: F=I1-O1-O5-O6-O7-O8, viene inserito I1 e non I1+I2 ( I )? Grazie per l'attenzione ( e per la pazienza....).


Effettivamente non si riesce a capire il perché.


Un'impresa che ricade nell'allegato 2 del D.P.R. 25 luglio 1991, cioè a ridotto inquinamento atmosferico, ha presentato la comunicazione ai sensi del DM 44. Ora si trasferisce. Può avvalersi ancora della procedura di autorizzazione generale, ovviamente allegando il materiale relativo al DM 44, o deve presentare una domanda completa?


Il D.M 44 ha una valenza di disposizione speciale rispetto al tema generale normato dal D.P.R. 24 luglio 1988 n°203 e successive modificazioni e integrazioni tra le quali il D.P.R. 25 luglio 1991. Pertanto le attività che rientrano nel suo campo di applicazione seguono le nuove regole. Tuttavia le procedure autorizzative sono ancora quelle del D.P.R. 203/88, in quanto nel decreto non si innova sotto questo punto di vista. La domanda di trasferimento ex art.15 lett b) si dovrà comunque presentare, per la documentazione si farà riferimento al D.M. 44. L'unica cosa che non sarà possibile è il silenzio assenso o l'autocertificazione prevista in sede di autorizzazione generale in quanto il D.M. 44 prevede un'autorizzazione espressa.


Leggendo sul Vs. sito le informazioni che avete riportato sulla normativa VOC, per i quali Vi faccio i miei più sinceri complimenti per la semplicità di esposizione, Vi invio una differenza della legge italiana ripetto alla normativa europea che mi sembra non sia stata indicata, ovvero nell'Articolo n. 3.11 (recepimento dell'Art. n. 5.8 della direttiva Europea) oltre alla categoria R40, viene aggiunta anche la categoria R68. Solo per informazione.


E' vero, grazie per l'informazione, vedremo cosa comporterà di riflesso.


Cosa si deve considerare come capacità nominale, quella teorica o quella effettiva, per esempio una media degli ultimi tre anni?


Per un impianto nuovo, non vi sono dubbi, il consumo va calcolato sulla potenzialità teorica dell’impianto, moltiplicata per il numero di ore di lavoro previste. Una volta avviato occorre che i consumi di solvente vadano comunicati in relazione alla capacità effettiva dell'anno considerato, altrimenti i conti non tornano. Per le attività esistenti il dato che interessa è chiaramente quello effettivo.

Sul tema c'è una certa contestazione anche nell'ambito della disciplina IPPC. E' emerso che in molti paesi membri la disciplina viene disapplicata in quanto si considera la capacità effettiva che spesso è inferiore a quella potenziale. La Comunità Europea ha quindi fornito un'intepretazione di "potenzialità nominale" come quella che si avrebbe nelle 24 ore lavorative, anche se le ore lavorate sono inferiori.

Si ritiene che sia l'esercizio effettivo quello che importa. Effettuare calcoli sulle 24 ore comporterebbe identificare in modo non reale l'impatto ambientale di un'attività, con altre conseguenze sulle modalità di valutazione di una modifica sostanziale. I termini del problema vanno conclusivamente ricondotti alla potenzialità oraria, una volta definita questa ogni altra elaborazione diventa superflua. Pertanto quello che deve essere comunicato in domanda è:

A proposito di questa discussione il Ministero dell'Ambiente si è espresso così:

Nell'elenco (allegato I) delle attività disciplinate dalla direttiva la capacità di produzione, espressa ad esempio in tonnellate al giorno, è spesso utilizzata come criterio decisivo per determinare il campo di applicazione dello strumento. È importante che vi sia un'interpretazione metodologica comune per calcolare la capacità di produzione degli impianti. In settori come i tessili e il cuoio la maggior parte degli impianti non funziona ininterrottamente ventiquattr'ore su ventiquattro; molte piccole unità produttive operano invece in maniera flessibile a seconda della domanda del mercato: in esse i normali orari di lavoro possono essere superati con un preavviso molto breve. Le pratiche di lavoro dichiarate e la produzione non forniscono quindi un'indicazione attendibile dell'effettiva capacità di un impianto e non ne rispecchiano interamente il potenziale inquinante. L'unico significato tecnicamente coerente di "capacità" è quindi la capacità alla quale l'impianto è in grado di funzionare, cioè la capacità nominale dell'impianto di funzionare ventiquattr'ore su ventiquattro sempreché le apparecchiature lo consentano.

È anche opportuno esaminare se, in alcuni casi, non sarebbe più semplice stabilire soglie di produzione effettiva nell'arco di un dato periodo anziché soglie di capacità di produzione. La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, peraltro, non specificano la definizione di capacità produttiva. A riguardo, per capacità produttiva si deve intendere la capacità relazionabile al massimo inquinamento potenziale dell'impianto. In tutti i casi in cui in cui l'attività è caratterizzata da discontinuità nella produzione o nei processi, da sequenzialità dei processi, da più linee produttive di diversa capacità non utilizzate continuativamente in contemporaneità e da pluralità di prodotti, si considerino valide le assunzioni seguenti:

  1. per il periodo di utilizzo: si assuma in generale che gli impianti possano essere eserciti continuativamente per 24 ore al giorno. Pertanto, la capacità produttiva sarà calcolata moltiplicando la potenzialità di progetto oraria per 24 ore. Tale definizione generale non si applica nei casi in cui gli impianti non possano per limiti tecnologici essere condotti in tal modo, o nei casi in cui sia definito un limite legale alla capacità potenziale dell'impianto e:

  • l'operatore dimostri che l'impianto non supera mai i limiti fissati, provvedendo a monitorare e trasmettere i dati relativi all'autorità competente (almeno una volta l'anno);
  • l'autorità competente effettui verifiche periodiche del non superamento del limiti;

  1. per il carattere di discontinuità dei processi: si considera il ciclo cui corrisponde la maggiore produzione su base giornaliera tenuto conto congiuntamente della produzione per ciclo e del tempo per ciclo;
  2. per la pluralità di linee: si considera la contemporaneità di utilizzo di tutte le linee e le apparecchiature installate, posto che non sussistano vincoli tecnologici che impediscano la conduzione dell'impianto in tal modo;
  3. per la capacità specifica: si considera il funzionamento dell'apparecchiatura ovvero della linea ai dati di targa;
  4. per la pluralità di prodotti: si considera la lavorazione del prodotto che determina il maggior contributo al raggiungimento della soglia, ferme restando le assunzioni di cui alle voci precedenti;
  5. per la sequenzialità: per le produzioni che prevedano solo fasi in serie si considera il dato di potenzialità in uscita dell'ultimo stadio del processo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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