chiarimenti
26 dicembre 2004

Salve. Ho appena letto la sua "proroga balneare degli scarichi" e con riferimento al penultimo capoverso volevo solo comunicarle che la Regione Marche con la Legge 23/02 nel riordinare le competenze fra i vari enti (Province, Comuni ed Azienda Ciclo Integrato) ha avuto la "bellissima" idea di "TACITAMENTE AUTORIZZARE tutti gli scarichi delle acque domestiche delle case sparse" senza nemmeno porsi il problema se gli stessi rispettino o meno la Delibera Interministeriale 4.02.1977 allegata alla ex legge 319/76 (tenuta in vita dall'Atr. 62, punto 7 del DLGS 152/99) Sarebbe graditissimo un suo commento tenendo conto che di quegli scarichi abbiamo migliaia di pratiche in archivio, quelle previste dal primo comma dell'ART 14 (o15) della ex 319/76, dei quali non sappiamo, a questo punto che farcene - Grazie.


In effetti è proprio così. La legge regionale 6 novembre 2002, n. 23, riguardante "Modifica delle leggi regionali 17 maggio 1999, n. 10 sul riordino delle funzioni amministrative della regione e degli enti locali, 25 maggio 1999, n. 13 sulla disciplina regionale della difesa del suolo, 24 dicembre 1998, n. 45 sul riordino del trasporto pubblico regionale e locale nelle Marche e 12 gennaio 2001, n. 2 di modifica ed integrazione della L.R. 45/1998" all'articolo 5 così dispone:

Art. 5


1. L'articolo 47 della l.r. 10/1999 è sostituito dal seguente:

"'Art. 47 (Funzioni dei Comuni)

  1. Sono attribuite ai Comuni le funzioni amministrative concernenti:

  1. il rilevamento, la disciplina e il controllo degli scarichi delle acque reflue domestiche ed assimilate, compresi quelli dei nuclei abitativi isolati nei corpi idrici superficiali e nel suolo, compreso il rilascio delle relative autorizzazioni allo scarico. Gli scarichi delle acque reflue domestiche ed assimilate e dei nuclei abitativi isolati, esistenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. 152/1999, si intendono autorizzati per un periodo di quattro anni e tacitamente rinnovati ad ogni successiva scadenza; quelli dopo l'entrata in vigore del d.lgs. 152/1999 si intendono tacitamente rinnovati ad ogni loro scadenza;
  2. il rilevamento, la disciplina, il controllo e l'autorizzazione degli scarichi nelle pubbliche fognature;
  3. l'approvazione dei progetti degli impianti di depurazione, previo parere della Provincia e dell'Autorita di ambito territoriale ottimale;
  4. la ricezione ed il controllo delle comunicazioni relative all'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamenti, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonchè delle acque reflue provenienti da aziende agroalimentari e loro assimilate.

2. Per le attività tecniche connesse all'esercizio delle funzioni previste dal comma 1, il Comune si avvale di norma dell'ARPAM.".


La prima osservazione riguarda chiaramente la fonte legislativa, il riordino delle competenze, argomento che in questo caso si è prestato per diventare il contenitore anche di una modifica normativa che, come sempre più spesso accade, non ha nessuna relazione con il titolo. E' una prassi estremamente deleteria. Più volte i Presidenti della Camera e del Senato hanno stigmatizzato il comportamento di deputati e senatori nei confronti di quegli emendamenti ai progetti di legge in discussione che introducono fattispecie del tutto autonome rispetto ai contenuti orginari del testo. Il fatto che se ne faccia uso anche nelle assemblee regionali non può quindi sorprendere, ma solo dispiacere.

Dal punto di vista della legittimità una disposizione che annulla l'obbligo di una autorizzazione espressa per gli scarichi domestici in acque superficiali o sul suolo solleva effettivamente qualche perplessità. Con una legge regionale non possono essere introdotte modifiche ad una legge dello Stato, questo lo sanno anche i neo-iscritti alle facoltà di legge. Evidentemente i servizi giuridici della Regione Marche non sono riusciti ad intervenire per tempo.

A proposito dell'utilizzo del silenzio-assenso in ambito amministrativo, nella materia ambientale, ormai diffuso a tutte le latitudini (italiane), si è detto tutto il male possibile. E' una dimostrazione di incapacità nella gestione della cosa pubblica, perchè denota la pochezza intellettuale di chi ritiene che i problemi si risolvano nascondendoli sotto il tappeto e non conosce altre alternative che non siano la mortificazione del diritto/dovere di far rispettare le regole. Ci sono certamente modi più intelligenti e razionali per affrontare le difficoltà di una pubblica amministrazione di fronte ai carichi di lavoro indotti dalle scadenze di una norma ambientale. Purtroppo non si impara mai dagli errori del passato.

Si conoscono le principali giustificazioni che vengono portate a sostegno di interventi "semplificatori" del quadro normativo. La prima è che stiamo parlando di un problema tutto sommato scarsamente significativo dal punto di vista ambientale, le case sparse non possono inquinare più di tanto.

Dipende. Prima di tutto occorre quantificare il fenomeno. Probabilmente in certe aree del nostro Paese il numero di abitazioni e simili disperse nella campagne è piuttosto consistente. Si pensi per es. alla politica del condono edilizio, a quanti danni a prodotto. Inoltre deve tenersi conto anche degli effetti di un'urbanizzazione dissennata che ha permesso il graduale accorpamento di nuove unità abitative alle originarie case sparse, che quindi oggi sono state trasformate in nuclei isolati il cui contributo in termini di produzione di reflui è ora superiore. Se andiamo a sommare il tutto è lo esprimiamo in termini di abitanti equivalenti il risultato è probabilente un valore significativo, incidente sulla qualità ambientale.

Guarda caso l'obbligo della presentazione di una domanda di autorizzazione per lo scarico di acque domestiche può proprio servire per un censimento di tutte queste realtà, vecchie e nuove. Conoscere significa disporre degli elementi per programmare (e anche per non continuare a sbagliare).

Non solo. I nostri Comuni (o i relativi enti gestori) dispongono dell'anagrafe degli immobili che sono allacciati alla pubblica fognatura? L'occasione di questa scadenza ambientale costituisce una sorta di prova del nove per tutti coloro che allacciati alla pubblica fognatura non sono, per quanto obbligati. Quindi una buona amministrazione, che deve fare i conti con il proprio bilancio, ha due strade davanti: o dispone l'allacciamento dello scarico con la conseguenza in termini di entrate rappresentate dalla tariffa applicata per la depurazione o ne impone l'adeguamento con l'installazione dei sistemi autonomi di trattamento.

Delle due l'una: o i soggetti obbligati dispongono dell'autorizzazione all'allacciamento o hanno presentato la domanda di rinnovo allo scarico in acque superficiali/sul suolo. Dalla messa a regime di queste informazioni possono emergere notizie interessanti, per es.:

Ricorrere al silenzio-assenso vuol dire rinunciare a tutte queste informazioni.

 

 

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