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Audizioni sulle problematiche delle sorgenti radioattive orfane: APAT
Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività ad esso connesse
Seduta del 27/7/2005
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Audizione di Giorgio Cesari, direttore generale dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e di Enrico Sgrilli, responsabile del settore di Radio protezione dell'APAT.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ingegner Giorgio Cesari, direttore generale dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), in ordine ai profili di attività concernenti le materie oggetto dell'inchiesta, ed in particolare in relazione alle specifiche problematiche riguardanti i preparati radiferi, i cosiddetti aghi di radio che, pur non più impiegati nella cura di particolari tipologie di tumori, ancora risultano conservati in talune aziende ospedaliere.
Ricordo che su tale argomento la Commissione ha già ascoltato i rappresentanti dell'Istituto superiore di sanità e della Nucleco.
Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento all'ingegner Cesari per la disponibilità manifestata, gli do la parola, riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione al termine della sua relazione. L'ingegner Cesari è accompagnato dall'ingegner Enrico Sgrilli, responsabile del settore di Radio protezione dell'APAT.
Ingegner Cesari, colgo l'occasione della sua presenza in Commissione per domandarle come mai non abbiamo ricevuto l'invito per partecipare alla presentazione dell'annuario APAT che per noi rappresenta uno strumento di straordinario rilievo e di notevole importanza.
GIORGIO CESARI, Direttore generale dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT). Ringrazio il presidente e l'intera Commissione e spero che gli inviti siano arrivati....
PRESIDENTE. Saranno arrivati ai colleghi, ma non a me.
GIORGIO CESARI, Direttore generale dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT). No, li abbiamo spediti, ma purtroppo qualche difficoltà c'è stata.... (Commenti del deputato Piglionica).
PRESIDENTE. Può accadere, ma non me ne dorrei.
GIORGIO CESARI, Direttore generale dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT). Allora, almeno dobbiamo provvedere attraverso un congruo numero di copie dell'annuario; anzi credevo che...
PRESIDENTE. L'anno scorso il presidente di questa Commissione ebbe addirittura il privilegio di presentare il vostro annuario, mentre quest'anno non è stato neanche invitato. Come dire...
DONATO PIGLIONICA. Deve essere stato monello, presidente...!
PRESIDENTE. Ma non nei confronti dell'APAT.
GIORGIO CESARI, Direttore generale dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT). Dopo quello che è successo, forse è meglio che io esca da questa aula perché mi trovo in seria difficoltà... naturalmente, sto scherzando. Comunque, mi dispiace veramente.
PRESIDENTE. Mi perdoni, ma è capitato proprio oggi; quindi, non potevamo non dirglielo.
GIORGIO CESARI, Direttore generale dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT). No, anzi la ringrazio e sono molto dispiaciuto per quanto è avvenuto perché contavo sulla sua presenza e credevo che la cosa fosse addebitabile ad altro; invece, mi dispiace che ciò che è successo sia da attribuire a noi, anche se indirettamente.
Ringrazio nuovamente l'intera Commissione ed entro nel merito delle questioni attinenti all'audizione, facendomi coadiuvare dall'ingegner Sgrilli, massimo esperto della nostra Agenzia su queste problematiche, che in seguito potrà essere sicuramente d'aiuto per eventuali contributi più specialistici .
Il radio, Ra-226 - un radionuclide a lungo tempo di dimezzamento (circa 1.600 anni) caratterizzato da emissioni e da radiazioni gamma, in equilibrio con i propri discendenti, di radiazioni gamma considerevolmente penetranti -, è stato usato in maniera abbastanza consistente in aghi, placche, tubi per la patologia dei tumori dagli anni venti dello scorso secolo. I preparati di radio venivano assegnati dall'Istituto superiore di sanità e, successivamente, dal Ministero della salute alle strutture sanitarie italiane che operavano la terapia radiante mediante tale radionuclide.
A seguito dell'incremento della produzione, per mezzo di reattori nucleari, di radionuclidi artificiali - quali, ad esempio, cobalto-60, iridio-192 ed altri caratterizzati da considerevole emissione di radiazioni penetranti, ma con tempi di dimezzamento radioattivo assai minori - e del progressivo affermarsi del loro uso in radioterapia, l'impiego in Italia di preparati radiferi nella cura di patologie tumorali è cessato verso la fine degli anni settanta. Pertanto, il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità hanno promosso il conferimento di questi prodotti alle strutture di deposito gestite dalla Nucleco. I preparati radiferi da conferire erano collocati in appositi contenitori a tenuta (capsule) dell'Istituto superiore di sanità, che potevano contenere sino a circa 0,10 grammi di Ra-226.
Il sistema regolatorio italiano è basato su un duplice livello di provvedimenti autorizzatori per quanto attiene alla detenzione ed all'impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti, in relazione all'entità dei rischi delle installazioni: a livello centrale se ne occupa il Ministero delle attività produttive; a livello periferico le autorità sanitarie per gli impieghi a scopo medico, le prefetture per gli impieghi diversi da quelli medici. Sono di competenza del Ministero delle attività produttive le autorizzazioni relative agli impianti nucleari; quindi, ad un livello d'importanza significativamente maggiore non soltanto dal punto di vista territoriale, ma anche come potenziale effetto del materiale stesso. Le competenze di vigilanza per la radio protezione sono attribuite alle autorità sanitarie, a quelle del Ministero del lavoro ed all'APAT. In particolare, all'APAT sono attribuiti, tra i molteplici compiti assegnati dalla vigente normativa, l'espressione di pareri tecnici al Ministero delle attività produttive per quanto concerne gli impianti nucleari e le installazioni con grandi sorgenti di radiazioni; l'Agenzia esercita, inoltre, la vigilanza sugli impianti nucleari nonché sulle installazioni con grandi sorgenti di radiazioni sulle quali è chiamata ad esprimere il parere tecnico al MAP; nell'ambito delle risorse disponibili, viene altresì esercitata la vigilanza su impieghi periferici, su richiesta di procure della Repubblica ed amministrazioni pubbliche.
Ciò premesso, le strutture di deposito di rifiuti radioattivi e, in particolare, di preparati radiferi, gestite dalla Nucleco, sono soggette ad autorizzazione del Ministero delle attività produttive, nonché a parere tecnico sull'istanza di autorizzazione ed a vigilanza APAT. Tali strutture Nucleco sono state autorizzate come deposito temporaneo di rifiuti radioattivi con diversi provvedimenti del Ministero delle attività produttive, via via modificati nel tempo; attualmente è in corso un'istruttoria per la conversione, ai sensi della nuova normativa, dei precedenti atti autorizzativi.
L'attuale quantità di Ra-226 depositata presso la Nucleco è di circa 74 grammi. In un apposito edificio denominato C-41, tramite sistemi remotizzati, sono stati collocati 24 appositi recipienti di stoccaggio schermati in ghisa (Siempelkamp) da 200 litri ciascuno; in ogni recipiente di stoccaggio possono essere presenti sino a 28 contenitori a tenuta dette capsule dall'Istituto superiore di sanità.
Dal 1997 la Nucleco non accetta preparati radiferi per esaurimento della capienza della specifica struttura di deposito per questo tipo di sorgenti; infatti, due contenitori per il trasporto, con preparati radiferi nelle apposite capsule a tenuta, sono stoccati provvisoriamente in altro edificio denominato con la sigla C-48B.
In ordine alla situazione dei preparati radiferi residuanti nelle strutture sanitarie italiane sono state condotte specifiche indagini del comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente
(CCTA) nei confronti dei quali l'APAT ha effettuato corsi specifici di formazione sulle tematiche della radio protezione. Con il CCTA l'Agenzia ha in corso una collaborazione molto intensa nei campi di mutuo interesse.
Per quanto concerne, in particolare, la radioprotezione, gli esperti APAT hanno avuto contatti tecnici con i militari del comando e stanno specificamente seguendo due casi: il primo riguarda la richiesta di intervento di esperti APAT da parte di una procura della Repubblica in ordine alla detenzione di circa 0,270 grammi di Ra-226 in un manufatto in cemento interrato nel 1974 nell'ambito di un'azienda ospedaliera. Al riguardo, i nostri ispettori hanno richiesto all'azienda ospedaliera l'effettuazione, tramite l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, di appositi sondaggi e misure radiometriche nel terreno circostante, soprattutto per quanto riguarda la parte sottostante tale deposito; le misure radiometriche eseguite dall'ARPA sui campioni di terreno non hanno evidenziato rilasci di Ra-226. Visti i risultati delle rilevazioni radiometriche gli ispettori APAT hanno impartito apposite prescrizioni affinché l'azienda sanitaria presenti un progetto volto alla messa in sicurezza dei preparati ramiferi. L'altro caso riguarda il mancato reperimento, in altra azienda ospedaliera, di circa 0,1 grammi di Ra-226 che non sono, al momento, reperibili nella struttura né risultano essere stati consegnati a deposito. L'azienda ospedaliera sta mettendo a punto una procedura di ricerca, mediante misure radiometriche, dei preparati radiferi. Bastano questi casi a indurci a considerare con particolare attenzione le misure idonee a contrastare l'eventuale perdita di controllo di sorgenti radioattive, non solo per quanto concerne i preparati radiferi.
Il fatto che eventuali sorgenti radioattive possano non essere sotto controllo, nel senso che non se ne conosca la destinazione, il conferimento o la stessa esistenza, rientra, a livello più generale, nel fenomeno delle cosiddette "sorgenti orfane", che è stato recentemente oggetto di esame a livello di Unione europea ed è sfociato nella emanazione di una specifica direttiva (direttiva 2003/122/Euratom) sulle sorgenti sigillate ad alta attività e sulle sorgenti orfane, alla cui redazione hanno contribuito gli esperti dell'APAT nell'ambito del Gruppo questioni atomiche del Consiglio dei ministri dell'UE. La direttiva 2003/122/Euratom dovrà essere attuata in Italia entro il 12 novembre 2006; l'APAT è presente nel gruppo di lavoro costituito presso il Ministero delle attività produttive, con il compito di preparare lo schema di attuazione della direttiva stessa.
Va rilevato che, per quanto concerne specificamente le sorgenti orfane, la direttiva incoraggia gli Stati membri dell'Unione a introdurre sistemi volti all'individuazione ed al ritrovamento di eventuali sorgenti orfane, promuovendo l'organizzazione di campagne di recupero. La direttiva contempla anche la possibilità di una partecipazione finanziaria degli Stati membri alle spese di recupero, gestione e messa in sicurezza.
Va considerato che il sistema normativo italiano di radio protezione già prevede un sistema di sanzioni penali (contravvenzioni) in caso di eventuali inosservanze e che la suddetta direttiva richiede la formulazione, nelle specifiche norme che verranno introdotte negli ordinamenti nazionali per effetto del recepimento, di un apposito regime sanzionatorio circa gli illeciti attinenti alle sorgenti sigillate ad alta attività e alle sorgenti orfane. Certamente sarebbe da incoraggiare non soltanto la ricerca, ma anche il ritrovamento e la messa in sicurezza di eventuali sorgenti orfane. Ritengo che questo sia un problema importante per il nostro paese e, quindi, sarebbe opportuno che le sanzioni potessero essere applicate, solo dopo un congruo periodo di tempo, in modo da conseguire l'obiettivo della messa in sicurezza delle sorgenti ed evitare nel contempo la soggezione a sanzioni dei soggetti responsabili delle sorgenti stesse.
Ciò premesso, va sottolineato che un aspetto importante del problema delle sorgenti orfane concerne anche l'eventuale smaltimento illecito delle stesse nei rottami metallici destinati alla fusione, di cui l'Italia è, come è noto, grande utilizzatore ed importatore; infatti, risulta prima nell'ambito dell'Unione europea. A tal proposito, una misura che va considerata nel quadro del recepimento della direttiva 2003/122/Euratom nella normativa italiana è l'emanazione, sinora non avvenuta, del decreto di attuazione dell'articolo 157 del decreto legislativo n. 230 del 1995, e successive modifiche. Tale disposizione, infatti, prevede l'installazione di sistemi di controllo radiometrico da parte dei soggetti che effettuano operazioni di fusione, raccolta o deposito di materiali metallici di risulta, in modo da rilevare la presenza di eventuali sorgenti radioattive illecitamente dismesse nei rottami ed evitare che tali sorgenti possano essere fuse accidentalmente.
Va sottolineato che detti sistemi di controllo radiometrico risultano installati all'ingresso di molte acciaierie anche in assenza del decreto di attuazione che renderebbe cogente questo obbligo; va comunque detto che l'istallazione di tali sistemi radiometrici non rappresenta di per sé una garanzia assoluta che non si verifichino eventi incidentali. A tal proposito ricordo un recente caso di fusione accidentale di una sorgente di Cs-137 in una acciaieria dove esperti APAT sono intervenuti, su richiesta del prefetto, come componenti di una commissione specificamente costituita per la gestione dell'emergenza radiologica; i sistemi di rilevazione radiometrica hanno rilevato una prima sorgente di Cs-137, inserita illecitamente nel rottame metallico, che è stata posta sotto sequestro, ma una seconda sorgente schermata di Cs-137 non è stata rilevata dai sistemi ed è stata accidentalmente fusa.
Continua tuttavia a sussistere la necessità del provvedimento di attuazione del decreto ex articolo 157 del decreto legislativo n. 230 del 1995, in modo da rendere obbligatoria, uniforme e standardizzata l'installazione di detti sistemi di rilevazione non solo per chi effettua attività di fusione di materiali metallici di risulta, ma anche per chi effettua la raccolta ed il deposito di detti materiali. Va peraltro sottolineato che una soluzione efficace del problema delle sorgente orfane e, più in generale, delle problematiche legate alla messa in sicurezza delle sorgenti radioattive non più in uso e dei rifiuti radioattivi - tra i quali quelli provenienti dalla disattivazione delle installazioni nucleari, nonché del combustibile - presuppone la costituzione di nuove, idonee installazioni di deposito, di tipo definitivo, in cui collocare i materiali radioattivi non più in uso e il combustibile irraggiato provenienti dalle operazioni di disattivazione. Va comunque detto che l'Italia non dispone di depositi definitivi per i rifiuti radioattivi che sono invece necessari per un corretto controllo di tali sorgenti. A tale riguardo, due recenti atti legislativi hanno peraltro dettato norme per la gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare irraggiato: il decreto-legge n. 314 del 2003, convertito dalla legge n. 368 del 2003, (Disposizioni urgenti per la raccolta, lo smaltimento e lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi) nonché i commi 98-106 della legge n. 239 del 2004 (Riordino del settore energetico), recanti alcune disposizioni di integrazione alla legge n. 368 del 2003.
Il contenuto di tali provvedimenti può essere, in via di estrema sintesi, così riassunto: il primo atto legislativo prevede l'istituzione di uno o più depositi nazionali ove collocare i rifiuti radioattivi a lungo tempo di dimezzamento, definiti di III categoria ed il combustibile nucleare; il secondo prevede l'obbligo per tutti i detentori di rifiuti radioattivi di II categoria di conferire gli stessi al deposito o ai depositi nazionali. Appare ora necessaria l'attuazione di quanto previsto da detti atti normativi.
L'Agenzia comunque è disponibile ad effettuare eventuali interventi di vigilanza di cui la Commissione dovesse ravvisare la necessità.
PRESIDENTE. Passiamo alle domande dei colleghi.
DONATO PIGLIONICA. Sappiamo che c'è la possibilità che ai controlli radiometrici sfugga materiale che sia sotto uno spessore di un metro, perché in questo caso la radioattività verrebbe del tutto schermata; quindi, non è il caso di modificare le norme di passaggio nei portali di rilevazione radiometrica del materiale?
Che cosa avete ritrovato nelle polveri alla Beltrami? C'era radioattività passata nelle polveri, cioè era stata trattenuta dai filtri, oppure dobbiamo presumere che sia passata anche in atmosfera con le conseguenze facilmente immaginabili?
GIORGIO CESARI, Direttore generale dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT). Prima di passare la parola all'ingegner Sgrilli, che ha modo di affrontare quotidianamente questo tipo di problemi, debbo dire che, certamente, lei ha rappresentato una realtà fondamentale per ciò che concerne il sistema di controllo. Non sempre, infatti, la sorgente orfana è effettivamente quello che appare o che si può vedere anche ad occhio nudo.
ENRICO SGRILLI, Responsabile del settore radio protezione dell'APAT. Come ha ricordato il direttore generale, l'istituzione dei sistemi di controllo radiometrico, per sensibili che siano, non offre mai una certezza assoluta: la Beltrame ne è un esempio, ma ne potrei citare anche altri. Tempo addietro, per esempio, fu richiesto il mio intervento da parte della squadra mobile di una città italiana; una nota industria degli acciai, infatti, possedeva un bunker dedicato al deposito temporaneo delle sorgenti orfane con dei sistemi estremamente sensibili.
Se viene schermata opportunamente è difficile pensare di poter intercettare qualunque sorgente. Noi riteniamo estremamente auspicabile l'attuazione del provvedimento che implementa l'articolo 157 del decreto legislativo n. 230 del 1995 poiché quasi tutte le acciaierie italiane di maggiori dimensioni hanno installato i portali, se non altro per difendere la loro attività da conseguenze devastanti. Debbo dire, però, che, fino ad ora non si sono mai registrati casi rilevanti dal punto di vista sanitario, e in seguito vi spiegherò il perché.
Il provvedimento attuativo del decreto di cui sopra prevede controlli radiometrici non solo all'ingresso delle acciaierie, ma anche nei punti di raccolta e di deposito. Per quanto riguarda la Beltrame il sottoscritto, assieme a due suoi colleghi, è stato contattato dal prefetto di Vicenza per far parte della commissione; debbo dire che il sistema italiano in quella fase ha funzionato veramente bene. L'azienda cioè si è accorta di avere fuso la sorgente nel momento in cui il camion con le ceneri è passato attraverso il portale in uscita.
La sorgente è stata fusa e il sistema di controllo radioelettrico non ha potuto rilevarla perché era all'interno del proprio abitacolo schermato: ho usato il termine abitacolo ma si trattava chiaramente di una sorgente di gammagrafia. In seguito, i carabinieri del CCTA - che sulla questione possono fornire riscontri più dettagliati - hanno effettuato delle indagini specifiche sulla base della prima sorgente messa sotto sequestro.
In questo caso ci siamo trovati di fronte all'acciaieria contaminata, mentre per quanto riguarda le ripercussioni sull'esterno i nostri colleghi dell'ARPA Veneto hanno effettuato delle misurazioni molto professionali.
Grazie ad un sistema di filtri a maniche, dotato di una capacità veramente eccezionale, le conseguenze sull'esterno non sono distinguibili da quelle del cesio che si ritrova normalmente nell'ambiente a causa dell'effetto Chernobyl; quindi, da questo punto di vista, non abbiamo avuto grossi problemi. In ogni caso, l'acciaieria è stata fermata e si è tentato di effettuare una prima operazione di ripulitura a freddo. Faccio presente un dato spaventoso: quell'acciaieria usa dei sistemi di aspirazione di un milione e 100 mila metri cubi ora, mentre il sistema di aspirazione a freddo dei residui per decontaminare l'acciaieria veniva fatto con un'aspirazione di 100 mila metri cubi ora.
Il sistema dell'aspirazione a freddo ha funzionato molto poco: è stato necessario - uso volutamente un'espressione tecnica - spurgare a caldo con una serie di accorgimenti tecnici che ci hanno fatto ottenere risultati molto buoni.
In base alla ricostruzione dell'incidente tutti i lavoratori che presumibilmente erano entrati in contatto con queste sostanze sono stati sottoposti a controlli di ogni tipo, incluse indagini fitogenetiche ed esami specialistici total body. Solo un soggetto ha avuto a che fare con una dose inferiore di circa mille volte al limite previsto per la popolazione.
Questi eventi finora non hanno mai causato conseguenze di tipo, tra virgolette, sanitario; hanno causato, però, conseguenze devastanti dal punto di vista economico-sociale. Soltanto a Vicenza vi erano 400 operai in cassa integrazione con altri due stabilimenti che rischiavano di chiudere; ciò ci dimostra quanto sia forte l'impatto delle sorgenti orfane, in cui si può trovare di tutto. Il nostro paese, infatti, importa questi rottami dagli Stati Uniti, dalla Cina e dal Marocco.
In conclusione, riteniamo che l'attuazione dell'articolo 157 sopra citato rappresenti una delle soluzioni atte a moltiplicare e standardizzare i punti di controllo.
MARCO LION. Desidero sapere qualcosa in più circa gli accadimenti che hanno interessato la mia regione, le Marche. Oltre ad essere a conoscenza di quanto riportato dalla stampa ho presentato anche un'interrogazione ma non...
PRESIDENTE. Onorevole Lion, a che proposito? Vi sono varie vicende che interessano la sua regione.
MARCO LION. In primo luogo, faccio riferimento ad un procedimento giudiziario, tuttora in corso, concernente una fonderia di Ascoli Piceno che ha utilizzato del materiale ferroso contaminato. Poiché la scoperta è stata fatta solo in un momento successivo, si sono dovuti disarmare due pescherecci ancorati presso il porto di Ancona: purtroppo, però, un consistente quantitativo di tondino di ferro è sfuggito ai controlli.
Aggiungo che in una fonderia nei pressi di Loreto era conservato materiale contaminato appartenente a dei Mig dismessi provenienti dalla Macedonia. Avete qualche informazione in più da darmi?
Debbo poi aggiungere che la fonderia di Loreto riceveva materiale proveniente dal porto di Brindisi: di conseguenza, mi sono chiesto che tipo di controlli vengono effettuati in casi come questi.ENRICO SGRILLI, Responsabile del settore radio protezione dell'APAT. Guardi, il caso del peschereccio lo conosciamo perché se ne è occupato uno dei nostri ispettori.
Il materiale erano costituito da semilavorati provenienti dalla Macedonia che presentavano problemi radiologici. Ci tengo a precisare che il nostro ispettore (la cui attività è stata supportata dai militari dell'Arma dei carabinieri), oltre a fare rapporto, si è dovuto quasi appendere ad una gru per misurare l'irradiazione esterna proveniente dal peschereccio.
Effettivamente il decreto legislativo del 1995 prevede l'installazione di sistemi di controllo radiometrico in venti punti del territorio nazionale. Vi è un gruppo - di cui fa parte anche un esperto APAT -, con sede presso il Ministero dell'interno, che si occupa di dare concreta attuazione alla norma suddetta; infatti, i punti di controllo dovrebbero essere azionati, per così dire, dal personale dei Vigili del fuoco.
Attualmente questi controlli vengono esercitati su base tecnica da personale delle agenzie regionali. È chiaro che, mentre fu fatta una gara a livello nazionale per l'installazione dei 20 punti di ingresso nelle dogane - per esempio, ai porti e ai valichi di frontiera con la Slovenia -, ancora non abbiamo, per quanto è a nostra conoscenza, una rete di questo genere con il personale dei Vigili del fuoco che presiede a questi controlli. Ad esempio, i controlli con la Slovenia vengono fatti dal personale dell'ARPA del Friuli-Venezia Giulia.
In questo momento non ricordo l'episodio del Mig ma al 95 per cento il radionuclide era radio 226 perché i Mig erano piuttosto vecchi e un tempo i quadranti venivano fatti con tale materiale. Comunque, se un quadrante contenesse ancora radio - può darsi che si sia scrostato e sia stato rilevato da sistemi di controllo molto sensibili -, potrebbe essere facilmente monitorato. Il radio 226 presenta problemi di esposizione esterna - che in un quadrante è abbastanza contenuto perché la quantità non è molto elevata - e di esposizione interna, ove venga lesionato il contenimento e, quindi, vi sia un'introduzione per inalazione o ingestione dell'isotopo radioattivo e di suoi discendenti da parte di un lavoratore o di una persona comune.
TOMMASO SODANO. In Italia esiste una mappa dei siti che lavorano o che possono fondere materiali provenienti dall'estero, dove presumibilmente potrebbero esserci rischi di contaminazione? Nell'illustrazione mi ha incuriosito la risposta sulla vicenda della Beltrame. In quel caso era evidente perché si trattava di una grande realtà con un sistema di controllo maggiore, ma immaginiamo che cosa succede nel nostro paese, dove ci sono tante piccole realtà che sfuggono più facilmente all'azione di controllo.
Inoltre, come sono state trattate e dove sono state depositate le ceneri contaminate riscontrate in uscita?
ENRICO SGRILLI, Responsabile del settore radio protezione dell'APAT. La legge italiana (il decreto legislativo 230 del 1995 ed altri provvedimenti) prevede alcune soglie di non rilevanza radiologica per quanto attiene al controllo in attività e concentrazione. Il materiale solido, al di sotto di certi livelli di concentrazione, peraltro assai piccoli, conformemente alle raccomandazioni che la Commissione europea ha fatto agli Stati membri, può essere smaltito liberamente. La decisione della Commissione sulla Beltrame fu ispirata da noi perché esponemmo loro quello che stiamo dicendo a voi. Nel rottame che sta a contatto con il terreno si trova normalmente del cesio per l'effetto Chernobyl e, quindi, non è inquinato perché è una contaminazione ambientale diffusissima e si trova in
ogni luogo nel nostro paese. Sapevamo tutto ciò perché la Beltrame aveva chiesto all'ARPA delle serie storiche di misura pluriennali e, quindi, conoscevamo il contenuto di cesio da considerare sicuramente non dovuto alla contaminazione della sorgente. Tutto ciò che superava quel livello seguiva due strade diverse: superando il livello bianco si era sotto il livello di non rilevanza radiologica e poteva essere liberamente immesso nell'ambiente (ho esposto questa vicenda ai colleghi della Commissione ed abbiamo deciso collettivamente di applicare analogicamente una percentuale estremamente cautelativa, cioè 0,38 becquerel per grammo), mentre tutto ciò che era al di sopra di questo numero, peraltro molto conservativo perché l'Unione europea consiglia 1 becquerel per grammo, è stato immagazzinato in appositi contenitori di 10 tonnellate l'uno, quando sono vuoti, e di 9 metri cubi, che nel gergo tecnico si chiamano contenitori casagrande.
Non abbiamo una mappa delle acciaierie perché non è la nostra vocazione. Tuttavia, l'articolo 100, comma 3, del decreto legislativo n. 230 del 1995 prescrive anche a chi non è soggetto alle disposizioni del decreto - e chi fa fusioni non dovrebbe essere soggetto alle stesse - di avvertire gli organi locali (il prefetto, le ARPA, le ASL e via dicendo), i quali, in relazione all'entità del rischio, ne danno comunicazione all'ANPA e possono chiedere il nostro intervento, cosa che, ad esempio, ha fatto il prefetto di Vicenza.
PRESIDENTE. Mi permetto di ringraziare i nostri ospiti per la loro partecipazione, per la straordinaria collaborazione già evidenziata in altre occasioni e per le approfondite ed utili indicazioni che sono state offerte alla Commissione. Dichiaro conclusa l'audizione.