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DELIBERAZIONE 28 dicembre 1993 (s.o. GU 26 febbraio 1994, n. 47)


COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

Approvazione del piano nazionale per lo sviluppo sostenibile in
attuazione dell'agenda XXI


IL COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

Vista la legge 8 luglio 1986, n. 349, di istituzione del Ministero
dell'ambiente;

Viste le risultanze della Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e
lo sviluppo (UNCED), svoltasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992,
ed in particolare la dichiarazione di Rio e l'Agenda XXI in materia di
sviluppo sostenibile a livello mondiale;

Vista la risoluzione della Camera dei deputati del 23 luglio 1992 che
impegna il Governo ad adottare le azioni necessarie per l'attuazione e la
verifica degli accordi assunti in sede internazionale in materia di
ambiente globale e di sviluppo sostenibile;

Vista la proposta del Ministro dell'ambiente del 6 novembre 1993
concernente il Piano nazionale per lo sviluppo sostenibile in attuazione
dell'Agenda XXI;

Visto il documento predisposto dal Ministero degli affari esteri in
materia di cooperazione ambientale internazionale;

Considerato che l'Italia, nel sottoscrivere la dichiarazione di Rio e
l'Agenda XXI, nonche' la convenzione sui cambiamenti climatici e la
convenzione sulla diversita' biologica - attualmente in fase di ratifica
da parte del Parlamento -, ha assunto puntuali impegni per il
raggiungimento degli obiettivi indicati nella stessa Conferenza di Rio;

Ritenuto necessario procedere all'approvazione del richiamato Piano
nazionale per lo sviluppo sostenibile in attuazione dell'Agenda XXI in
linea con le politiche adottate dagli Stati piu' industrializzati che,
nel vertice di Tokyo del luglio 1993, hanno ribadito l'importanza dello
sviluppo sostenibile per un rilancio dell'economia mondiale, tale da non
compromettere la disponibilita' di risorse per le generazioni future;


Delibera:

1. E' approvato il Piano nazionale per lo sviluppo sostenibile
di cui all'allegato documento, che fa parte integrante della presente
delibera, in attuazione dell'Agenda XXI adottata alla Conferenza delle
Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel
giugno 1992 e il connesso documento sulla cooperazione ambientale
internazionale.

2. Per la verifica dell'attuazione del Piano, la raccolta coordinata
delle informazioni sulle iniziative avviate e la predisposizione di una
relazione annuale sulla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda XXI e'
costituito, presso il CIPE, un apposito comitato di coordinamento la cui
composizione e modalita' di funzionamento saranno stabilite con decreto
del Ministro del bilancio, di concerto con il Ministro dell'ambiente.

ALLEGATO

PIANO NAZIONALE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE
IN ATTUAZIONE DELL'AGENDA 21

PREMESSA
1. La Conferenza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite su "Ambiente e
Sviluppo" (UNCED) tenuta a Rio de Janeiro nel giugno 1992 con la
partecipazione di 183 paesi si e' sforzata di integrare le questioni
economiche e quelle ambientali in una visione intersettoriale e
internazionale, definendo strategie ed azioni per lo sviluppo sostenibile.
I partecipanti alla UNCED hanno concordato sull'affermazione di comuni
obiettivi (la Dichiarazione di Rio), su un piano di azione per specifiche
iniziative economiche, sociali ed ambientali in vista del XXI secolo
(Agenda 21) e su due convenzioni internazionali (la Convenzione quadro
sui cambiamenti climatici e la Convenzione sulla diversita' biologica).
L'Agenda 21 (1) afferma che: "i governi... dovrebbero adottare una
strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile... . Tale strategia
dovrebbe essere predisposta utilizzando ed armonizzando le politiche
settoriali. L'obiettivo e' quello di assicurare uno sviluppo economico
responsabile verso la societa', proteggendo nel contempo le risorse
fondamentali e l'ambiente per il beneficio delle future generazioni. Le
strategie nazionali per lo sviluppo sostenibile dovrebbero essere
sviluppate attraverso la piu' ampia partecipazione possibile e la piu'
compiuta valutazione della situazione e delle iniziative in corso".

2. L'Agenda 21 e' composta di quaranta capitoli nei quali, dopo due anni
di preparazione e la discussione conclusasi a Rio de Janeiro, sono
affrontati tutti i campi nei quali e' necessario assicurare
l'integrazione tra ambiente e sviluppo.
Per raggiungere lo sviluppo sostenibile il documento sottolinea con
vigore le seguenti necessita':
- l'integrazione delle considerazioni ambientali in tutte le strutture
dei governi centrali e in tutti i livelli di governo per assicurare
coerenza tra le politiche settoriali;
- un sistema di pianificazione, di controllo e gestione per sostenere
tale integrazione;
- l'incoraggiamento della partecipazione pubblica e dei soggetti
coinvolti, che richiede una piena possibilita' di accesso alle
informazioni.

3. Anche prima dell'UNCED molti paesi e la Commissione delle Comunita'
europee avevano gia' adottato piani per l'ambiente e altri documenti di
strategie volti a definire obiettivi di lungo termine nel campo
ambientale.
Tra il 1988 e il 1993 nell'area OCSE hanno predisposto propri piani
l'Australia, il Canada, la Danimarca, la Francia, l'Irlanda, l'Olanda, la
Norvegia e il Regno Unito, nonche' la Commissione della Comunita' europea.
Tutti i paesi che hanno partecipato alla Conferenza di Rio de Janeiro
stanno ora elaborando i propri documenti nazionali, con un attivo ruolo
di propulsione e di coordinamento da parte di molti organismi
internazionali.
I paesi della Comunita' europea si sono impegnati nel 1992 a Lisbona a
presentare alla Commissione per lo sviluppo sostenibile, istituita presso
l'ONU, i propri piani nazionali di attuazione dell'Agenda 21 entro la
fine del 1993.

4. La letteratura sullo sviluppo sostenibile e' ormai molto vasta, a
partire dal Rapporto della Commissione mondiale sull'ambiente e lo
sviluppo istituita nel 1987 e presieduta da Gro Harlem Bruntland che ne
ha dato questa definizione: uno "sviluppo che fa fronte alle necessita'
del presente senza compromettere la capacita' delle future generazioni di
soddisfare le proprie esigenze".
Lo sviluppo sostenibile ricerca dunque un rapporto di armonia con la
natura e con l'ambiente.
Perseguire lo sviluppo sostenibile significa ricercare un miglioramento
della qualita' della vita pur rimanendo nei limiti della ricettivita'
ambientale. Sviluppo sostenibile non vuol dire bloccare la crescita
economica, anche perche' persino in alcune aree del nostro paese,
l'ambiente stesso e' una vittima della poverta' e della spirale di
degrado da essa provocata.
Un piano di azione per lo sviluppo sostenibile non deve solo promuovere
la conservazione delle risorse, ma anche sollecitare attivita' produttive
compatibile con gli usi futuri ne deriva che l'applicazione del concetto
di sviluppo sostenibile e', da un lato, dinamica ovvero legata alle
conoscenze e all'effettivo stato dell'ambiente e degli ecosistemi,
dall'altro consiglia un approccio cautelativo riguardo alle situazioni e
alle azioni che possono compromettere gli equilibri ambientali, attivando
un processo continuo di correzione degli errori.
Sviluppo sostenibile e' in conclusione un nuovo modo di considerare cio'
che ciascuno fa e il modo nel quale viene fatto.
E' per questa ragione che i piani per lo sviluppo sostenibile devono
scaturire da un forte coinvolgimento di tutti i soggetti che
interferiscono con gli equilibri ambientali: dal cittadino, che puo'
molto contribuire con il proprio comportamento anche come consumatore di
beni offerti sul mercato, ai gruppi di opinione e ai mezzi di
informazione, alle imprese, agli enti locali che amministrano il
territorio, ai ministeri responsabili delle politiche settoriali.

5. Nella stessa linea si muove il V piano di azione della Comunita' europea
predisposto nel marzo 1992 parallelamente ai lavori preparatori per la
Conferenza UNCED, ed approvato all'inizio del 1993 (2).
Il V piano di azione della CE innova profondamente l'approccio
istituzionale alle questioni ambientali, spostando l'asse portante degli
interventi dal tipo "comando e controllo" a quelli volti ad integrare le
politiche ambientali con le regole di mercato, attraverso il calcolo
delle esternalita' ambientali sia nella formulazione dei prezzi sia nei
processi economici, sollecitando "l'ampliamento dello strumentario" alla
ricerca e all'innovazione, all'uso di strumenti fiscali e di sostegno
finanziario, alla cooperazione volontaria tra la pubblica amministrazione
e le imprese, alla diffusione delle informazioni.
Soggetto attivo del V piano di azione della CE e' l'intera societa'
civile, coinvolta nei vari segmenti di aggregazione che e' possibile
cogliere dal punto di vista ambientale.
I settori "chiave" di intervento prescelti dalla Comunita' per
l'attuazione del piano sono l'industria manifatturiera, il settore
energetico, il settore dei trasporti, l'agricoltura, il settore del
turismo. I criteri che sono alla base di tale selezione, operata sui dati
aggregati dell'intera Comunita', si applicano perfettamente alla realta'
italiana.

6. I paesi che nel passato piu' o meno recente hanno gia' predisposto
piani e strategie per l'ambiente sono ora agevolati nella predisposizione
del piano di attuazione dell'Agenda 21.
L'Italia non appartiene a questa categoria di Stati: tra i documenti di
rilievo generale, utili alla definizione del piano di attuazione e della
piu' ampia strategia per lo sviluppo sostenibile si rinvengono le
edizioni della "Relazione sullo stato dell'ambiente" del 1989 riguardo
alla quale va ricordata la "Nota aggiuntiva" del Ministro dell'ambiente,
e del 1992, il programma triennale di tutela ambientale (PTTA) '89-'91,
le indicazioni legislative sulle ecotariffe associate alla manovra
finanziaria per il 1993 e, per quanto riguarda la spesa ambientale, il
PTTA '94-'96 in corso di esame da parte del CIPE.
Va anche ricordato il "Piano nazionale di ricerca scientifica e
tecnologica per l'ambiente", promosso nel 1989 dal Ministro
dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica e dal Ministro
dell'ambiente, in cui, individuate le principali criticita' ambientali,
sono descritti per ciascuna di esse i problemi, le priorita' e le
necessita' di ricerca.

7. Sono molte le azioni necessarie per concretizzare una strategia di
sostenibilita' per l'Italia.
Occorre:
a) rispettare gli impegni presi in sede internazionale e promuoverne
l'attuazione anche in altri paesi;
b) individuare precisi strumenti per rafforzare l'integrazione delle
problematiche ambientali nelle politiche di settore (e' indispensabile
promuovere procedure e strutture di coordinamento per introdurre le
considerazioni ambientali nei processi decisionali);
c) sollecitare interventi di modifica dei cicli produttivi in settori di
attivita' a maggior impatto ambientale (e' importante intraprendere
azioni concrete nei settori come l'energia, le attivita' industriali, il
sistema dei trasporti, le attivita' agricole, le attivita' turistiche,
ecc. affinche' venga ridotto il prelievo di risorse e l'emissione di
inquinanti, rendendo piu' efficienti i processi);
d) favorire comportamenti adeguati sia dei produttori che dei consumatori
con l'introduzione di strumenti economici (tasse, tariffe e incentivi)
volti ad internalizzare i costi ambientali e a sostenere le innovazioni
di processo e di prodotto, tenendo conto delle compatibilita' con
l'Unione Europea e della attuale forte incidenza nei bilanci di impresa
degli oneri fiscali e sociali;
e) adottare strumenti legislativi e rafforzare le strutture istituzionali
preposte al controllo e alla verifica dell'attuazione delle politiche (e'
indispensabile, nel sistema normativo italiano, ottenere una robusta
struttura istituzionale preposta alla promozione delle politiche
ambientali ed ai controlli, nonche' avere precisi strumenti di verifica
sull'attuazione e l'efficacia delle politiche stesse);
f) promuovere il coinvolgimento e la corresponsabilizzazione di tutti gli
altri attori individuali;
g) mettere a punto indicatori di sostenibilita' ambientale e un sistema
nazionale di contabilita' ambientale (per superare l'incapacita' del PIL
di rappresentare un'esauriente misura del benessere "sostenibile"
attraverso la contabilizzazione di aggregati finora non rilevati, tra cui
spiccano le valutazioni del deprezzamento qualitativo e quantitativo del
patrimonio naturale e gli effetti esterni ad esso connessi);
h) promuovere lo sviluppo di un piu' rigoroso ed esteso corpo di
conoscenze scientifiche, teoriche e pratiche, sia per la soluzione dei
singoli problemi ambientali, sia per orientare e sostenere le scelte e le
conseguenti azioni politiche per lo sviluppo sostenibile.

8. L'Agenda 21 che l'Italia deve attuare e' un documento assai
articolato e complesso.
Una parte degli obiettivi e delle azioni ivi indicate presentano un
interesse prevalente per i paesi che hanno condizioni climatiche, sociali
ed economiche differenti da quelle italiane.
Il presente piano nazionale pertanto seleziona, sulla base dei settori
chiave gia' individuati dalla CE nel V piano di azione, gli obiettivi e
le azioni piu' congruenti con l'attuale condizione ambientale del nostro
paese, avendo riguardo anche alle sue caratteristiche sociali ed
economiche.
Sulla base dell'esperienza gia' sviluppata dai paesi aderenti all'OCSE il
piano cerca di evitare due tendenze spesso evidenti nel confronto con la
questione ambientale: da un lato l'approccio olistico, che sfugge alle
priorita', dall'altro l'approccio perentorio che elenca soluzioni
inappellabili in quanto ispirate da supposte verita'.
Questo piano, nella sua attuale prima versione, parte invece dal
presupposto che vi siano alcune urgenze, dovute alla dimostrata
condizione di sofferenza del pianeta Terra e dell'"ecosistema Italia".

9. Le urgenze possono e devono essere affrontate rapidamente in chiave di
nuove e decisive opportunita' di sviluppo anche tecnologico nella
prospettiva di una competizione economica che ha di fronte mercati di
scala mondiale e attori, in altri paesi, che da tempo hanno incorporato
le preoccupazioni ambientali nella programmazione di impresa.
La soluzione di tali urgenze si concentra nelle azioni da porre in essere
nei settori produttivi piu' tradizionali (industria, agricoltura,
turismo), nelle infrastrutture di base (energia, trasporti), nella
necessita' di modificare radicalmente il punto di vista dei soggetti
pubblici e privati verso i rifiuti, problema terminale dei processi di
produzione e di consumo che assume forme paradossali nelle economie piu'
ricche ma non sviluppate sotto il profilo della tutela ambientale. Il
piano si articola quindi in sei capitoli, secondo un'aggregazione dei
problemi che dovrebbe anche rendere piu' agevole seguirne l'attuazione da
parte delle pubbliche amministrazioni centrali e dei soggetti interessati.
A questi capitoli si aggiunge il documento preliminare del Ministero
degli affari esteri sugli impegni assunti e da assumere nel campo della
cooperazione internazionale per lo sviluppo sostenibile. Al fine di
indirizzare le attivita' di sostegno economico ai PVS sviluppate
dall'Italia nelle varie forme (multilaterale, bilaterale, doni, prestiti,
ecc.) nei termini piu' coerenti possibili con gli indirizzi dell'Agenda
21, il Governo e' impegnato nell'ambito della attuazione del presente
piano a ulteriormente approfondire e puntualizzare gli obiettivi ivi
indicati.
Ciascun capitolo descrive sinteticamente la situazione italiana, le
indicazioni dell'Agenda 21 in proposito, gli obiettivi da assumere come
prioritari, le azioni e gli strumenti necessari ed e' completato da una
matrice che indica i soggetti che detengono responsabilita' per
l'attuazione del piano.

10. La consapevolezza che la soluzione dei problemi ambientali non puo'
scaturire da un rifiuto dello sviluppo tecnologico ma va ricercata in una
diversa qualita' dello stesso, ha fatto maturare la convinzione, al fine
anche di non creare perturbazioni traumatiche nel sistema
socio-produttivo del Paese, che componente fondamentale di una politica
orientata allo sviluppo ambientalmente sostenibile e' la risposta che
potra' venire dalla ricerca alle attuali e future necessita' di nuove
conoscenze e di nuove tecnologie.
Allo stato attuale, esistono soluzioni a molti singoli problemi, anche se
alcune potenzialita' debbono essere ancora trasformate in effettiva
operativita'. La complessita', l'interdipendenza e la vastita' di molti
temi ambientali richiedono tuttavia un piu' esteso, vigoroso e penetrante
corpo di conoscenze scientifiche di base, conoscenze sociali e pratiche,
che supera la soluzione del singolo problema e pone la necessita' di una
ricerca che si assesti ai livelli di quanto piu' avanzato e' stato finora
prodotto e progredisca verso ulteriori e necessari livelli di
aggregazione di conoscenze di vario tipo.
In ogni capitolo sono pertanto anche indicate, in modo sintetico, le
attuali priorita' di ricerca. Per la natura dinamica del sistema
ambientale e dei rapporti che, nello spazio e nel tempo, si stabiliscono
tra componenti, fattori e processi naturali ed antropici, anche queste
priorita' non possono costituire un riferimento statico, bensi' un
complesso problema aperto, che necessitera' di aggiornamenti, revisioni e
forse, tal volta, anche di inversione di tendenze.

11. Il piano di attuazione non esaurisce l'universo delle cose da fare
per lo sviluppo sostenibile. La scelta di aggregare azioni e strumenti
sui settori di maggiore impatto ambientale dell'economia del nostro paese
ha, anzi, costretto a sacrificare in questa fase una maggior evidenza su
alcuni temi di importanza cruciale quali il mare e l'ambiente urbano, che
sono comunque direttamente interessati da buona parte delle azioni
proposte e, insieme alle altre componenti ambientali (aria, acqua, suolo,
fauna, flora, paesaggio, ecc.), rappresentano i veri bersagli di questo
piano.
Va inoltre data attuazione alle due importanti convenzioni firmate a Rio
de Janeiro (Cambiamenti climatici e Biodiversita') attualmente in fase di
ratifica da parte del Parlamento, e vi e' tutto il vasto campo degli
impegni assunti, da aggiornare e da rendere effettivi, in ottemperanza
alle direttive comunitarie ed alle norme di diritto interno, nel campo
della tutela delle acque, dell'aria, del suolo, per lo sviluppo di aree
protette e per le procedure e le pianificazioni di settore.
Tale campo di interventi e' affrontato nell'ambito del Piano triennale di
tutela ambientale 94-96, previsto dalla legge 305/89, che riguarda la
spesa di 3.186 miliardi di lire e che contiene il primo Programma
triennale per le aree naturali protette previsto dall'art. 4 della legge
394/91. Il programma definisce gli interventi strategici nel campo della
conservazione naturalistica e costituisce uno dei pilastri per
l'attuazione concreta della Convenzione sulla diversita' biologica.
Contemporaneamente sembra riprendere vigore, dopo gli ennesimi recenti
eventi alluvionali disastrosi, la volonta' di sviluppare politiche ed
interventi per la difesa del suolo che deve essere, nel nostro paese, uno
dei capisaldi delle politiche del territorio.
L'assenza di specifici capitoli concernenti tali ultimi argomenti non
offusca la loro importanza.
Essi appartengono alla sfera piu' consolidata e tipicamente "ambientale"
delle iniziative di governo, che possono essere rafforzate e meglio
sviluppate sotto l'ombrello di un impegno per lo sviluppo sostenibile che
si allarghi a tutti i settori economici del paese.
La presente proposta riguarda particolarmente coloro ai quali e' ben noto
che il "mercato e' un educatore senza rimorsi" e indica prime risposte
la' dove gli impegni nazionali sono piu' acerbi.

12. L'Agenda 21, il V piano di azione CE, questo piano reclamano
l'estensione dell'uso degli strumenti economici e fiscali. Va
doverosamente osservato che in tutti i paesi tali strumenti sono stati
finora usati meno ampiamente di quanto non fosse stato anticipato nei
documenti governativi. Vi sono resistenze politiche, anche perche' sono
percepiti come tasse addizionali. Cio' dipende in buona misura, come
afferma l'OCSE(3), dal fatto che "la tassazione e' vista come questione
di pertinenza esclusiva dei ministeri delle finanze e il coinvolgimento
dei ministeri dell'ambiente non e' gradito. D'altro canto i sostenitori
di stringenti politiche ambientali temono che gli strumenti economici
siano una strada meno certa per ottenere risultati piuttosto che quella
della regolamentazione "comando e controllo".
In realta' le due opzioni non si escludono l'una con l'altra.
I valori limite alle emissioni e alle immissioni dovranno continuare a
seguire l'evoluzione delle conoscenze nel campo dell'ambiente e della
salute e nel campo delle tecnologie (con l'applicazione diffusa del
criterio delle migliori tecnologie disponibili che non comportino costi
eccessivi). Ma essi potranno assumere orizzonti temporali piu' ampi di
quanto non sia avvenuto finora, e lasciare maggiore liberta' al sistema
produttivo, solo se quest'ultimo assumera' in proprio la priorita'
ambientale, sfruttandone a pieno le opportunita'.
Compito delle istituzioni e dei cittadini e' di operare perche' la
componente "ambiente" entri tra i fattori propri della competizione di
mercato, secondo quanto e' gia' stato avviato con l'introduzione
dell'ecolabel e potra' essere fatto con gli ecobilanci e l'ecoaudit.
Il raffronto con gli standard tecnologici e ambientali raggiunti dalle
economie piu' attente alle priorita' ambientali dovrebbe peraltro
consigliare, anche alle nostre imprese, di favorire tasse ed incentivi
che, introducendo elementi di dinamismo nell'attuale fase di recessione,
consentano ai prodotti italiani di prepararsi ad essere piu' attraenti
per il nuovo ciclo di ripresa.
Sono dunque necessarie energia e ingegno per riorientare il sistema
fiscale italiano, a parita' di gettito stabilito e di oneri complessivi
per le imprese, in chiave di sostenibilita' dei processi industriali, dei
consumi, dei comportamenti.

13. Con questo piano vengono definiti gli obiettivi e le azioni per
avviare l'Italia sul cammino dello sviluppo sostenibile. Esso e' il primo
passo per addentrarsi in una articolazione finanziaria delle risorse
necessarie per conseguire gli obiettivi ivi indicati nei settori pubblico
e privato. Si trattera' in prevalenza di ri/coorientare risorse pubbliche
gia' programmate, incorporando nelle leggi di spesa la priorita' dello
sviluppo sostenibile.
Con l'approvazione del piano il governo si impegna anche a seguirne
l'attuazione attraverso una forte collaborazione di tutte le
amministrazioni e promuovendo la corresponsabilizzazione dei soggetti
comunque coinvolti.
In vista della legge finanziaria per il 1995 dovra' essere possibile
pervenire a concreti risultati anche sul piano di impegni di bilancio
disseminati nelle diverse responsabilita' ministeriali.

 

NOTE
1. Si veda il capitolo 8 dell'Agenda 21: "Integrare ambiente e sviluppo
nei processi decisionali, economici, sociali ed ambientali e nei relativi
piani".

2. CCE, "Per uno sviluppo durevole e sostenibile. Programma politico e
d'azione della Comunita' Europea a favore dell'ambiente e di uno sviluppo
sostenibile." Bruxelles 12 giugno 1992.

3. OCDE/GD 93-155 OECD "Workshop on national plans for sustainable
development. Overview paper on member countries experiences".

PIANI DI ATTUAZIONE DELLE CONVENZIONI SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI E SULLA
DIVERSITA' BIOLOGICA

Il Piano di attuazione della Convenzione sui cambiamento climatici
(Programma nazionale per la stabilizzazione delle emissioni di anidride
carbonica entro il 2000 al livello del 1990"), predisposto dal Ministero
dell'ambiente, e' stato trasmesso al Ministero del bilancio e della
programmazione economica per l'approvazione da parte del CIPE; ne e'
stato diramato il testo per la concertazione con le altre
amministrazioni, in particolare con il Ministero dell'industria,
commercio ed artigianato.
Il Piano di attuazione della Convenzione sulla biodiversita', predisposto
dal Ministero dell'ambiente, e' stato trasmesso al Ministero del bilancio
e della programmazione economica per l'approvazione da parte del CIPE.
Il disegno di legge per la ratifica e l'esecuzione della convenzione
quadro sui cambiamenti climatici e' stato approvato definitivamente dal
Senato il 22 dicembre 1993. E' invece ancora all'esame del Parlamento il
disegno di legge per la ratifica e l'esecuzione della convenzione sulla
biodiversita', approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 luglio e dal
Senato in prima lettura il 22 dicembre 1993.

1. ENERGIA

1.1 Quadro di riferimento
1.1.1 Situazione nazionale
Le crisi petrolifere e le variazioni del prezzo internazionale del
petrolio hanno profondamente segnato l'andamento dei consumi globali
di energia in Italia.
Nel decennio 1973-83 la domanda di energia e' rimasta sostanzialmente
stagnante, oscillando intorno al livello raggiunto nel 1973. Dai 139,8
milioni di tonnellate equivalenti di petrolio del 1973 i consumi sono
scesi ai 133 del 1975 per risalire poi ai 149,2 del 1979 e, dopo la
seconda crisi petrolifera, tornare a un livello prossimo a quello del
1973 (139,5 milioni di tep nel 1983).
Dal 1984, anno in cui e' iniziato un periodo di espansione economica, i
consumi nazionali di energia, in sintonia con la forte diminuzione del
prezzo del petrolio importato e con l'andamento favorevole dei prezzi al
consumo (in termini reali) dei prodotti energetici, sono risaliti
recuperando e superando il livello massimo raggiunto precedentemente,
fino a raggiungere i 163 milioni di tep nel 1990.
Il 1990 ha segnato un'inversione di tendenza con i primi segnali di
rallentamento della domanda e dell'attivita' produttiva. I consumi di
energia comunque sono continuati a salire fino ai 166,5 milioni di tep
del 1991, per poi subire una notevole frenata. Nel periodo 198491, il
tasso di crescita dei consumi globali in fonti primarie e' stato in media
del 2,5% all'anno.
La "fattura energetica" italiana espressa in termini di frazione del PIL
e' passata dall'1,4% del 1970 al picco del 5,2% del PIL nel 1985, per
ridiscendere all'1,6% del PIL nel 1991.
Le importazioni di greggio in Italia sono scese da 128,5 milioni di
tonnellate nel 1973 a 74,7 milioni di tonnellate nel 1990, mentre le
importazioni di semilavorati e prodotti finiti sono salite da 5 a 35,6
milioni di tonnellate e la produzione nazionale di greggio e' cresciuta
fino a oltre 4,5 milioni di tonnellate (tabella 1).
In termini di struttura dei consumi primari (figura 1), vi e' stata una
diminuzione del peso del petrolio, che nel 1972 copriva il 72,6% dei
consumi e nel 1990 il 57,6%, a fronte di un'ampia crescita dei consumi di
gas naturale, che sono triplicati nell'arco dei venti anni considerati.
Il peso dei consumi di combustibili solidi e' dapprima calato per poi
risalire a quote percentuali simili a quelle del 1970, mentre diviene
significativo dal 1985 il contributo di elettricita' importata, che
raggiunge nel 1990 una quota del 4,6% rispetto ai consumi primari e di
oltre il 14% dell'elettricita' immessa in rete.
La produzione lorda di energia elettrica, comprese le perdite, i pompaggi
e gli autoconsumi, e' stata di circa 252 terawattora nel 1990.
Una analisi dei consumi finali di energia consente di identificare per
grandi linee le dinamiche settoriali dei consumi energetici nel periodo
1970-1991. A fronte di un aumento dell'indice della produzione
industriale del 58%, la domanda totale di elettricita' e' cresciuta del
105% mentre quella di energia consumata sotto forma non elettrica e'
cresciuto di solo il 19%.
La domanda di energia elettrica, stagnante nei primi anni Ottanta, e' poi
andata crescendo raggiungendo nel 1984 un tasso di incremento annuo del
5% all'anno. Tasso che si e' dimezzato nei successivi due anni, per poi
risalire negli anni 1987 e 1988 a valori intorno al 5%. Dal 1989 il tasso
di incremento della domanda e' andato continuamente decrescendo fino a
raggiungere un valore negativo nel primo semestre del 1993 (figure 2 e 3).

TABELLA 1 - Bilancio energetico nazionale per fonti primarie (milioni di
tep).

Fonte: Elaborazione ENEA su dati del Ministero dell'Industria

Fonti di energia 1970 1973 1975 1980 1985
Produzione nazionale 24,8 25,5 25,1 24,7 27,3
gas naturale 10,9 12,6 12,0 10,3 11,8
petrolio 1,5 1,3 1,1 1,8 2,4
combustibili solidi 2,0 1,8 1,3 1,1 1,2
energia elettrica primaria(1) 10,4 9,8 10,7 11,5 11,9
Importazioni(2) 99,0 114,7 106,5 122,5 118,7
gas naturale 0,0 1,7 7,2 11,9 15,9
petrolio 88,8 103,3 89,8 97,8 82,5
combustibili solidi 9,4 9,8 8,9 11,4 15,1
energia elettrica 0,8 0,7 0,6 1,4 5,2
Totale 123,8 140,2 131,6 147,2 146,0
variazione scorte 3,7 0,4 -1,4 -0,2 -0,2
Energia totale 120,1 139,8 133,0 147,0 146,2

Fonti di energia 1988 1989 1990 1989 1992
Produzione nazionale 29,9 28,6 28,4 30,1 30,9
gas naturale 13,5 13,8 14,0 14,1 14,7
petrolio 4,8 4,6 4,7 4,7 4,3
combustibili solidi 1,3 1,3 1,3 1,3 1,1
energia elettrica primaria(1) 10,3 8,9 8,4 10,4 10,8
Importazioni(2) 125,1 135,4 136,5 133,9 137,5
gas naturale 20,1 23,4 25,5 27,6 28,5
petrolio 84,7 90,4 89,5 84,9 88,2
combustibili solidi 13,5 14,2 13,9 13,9 13,1
energia elettrica 6,8 7,4 7,6 7,5 7,7
Totale 155,0 164,0 164,9 164,3 168,4
variazione scorte -2,5 1,8 1,4 -2,2 0,9
Energia totale 157,5 162,2 163,5 166,5 167,5

Note: 1) Energia idroelettrica e geoelettrica; anche nucleare nel 1970,
1973, 1975, 1980 e 1985 2) calcolata come saldo di import-export.