leggi e sentenze
 

 

PROVINCIA DI TREVISO
Settore Ecologia Ambiente Gestione del Territorio

RELAZIONE ISTRUTTORIA
Responsabile Dott.ssa Paola Camuccio

"LINEE GUIDA RELATIVE ALLA DISCIPLINA DELLE ACQUE METEORICHE DI DILAVAMENTO DEI PIAZZALI INDUSTRIALI"

1. LA NORMATIVA VIGENTE

L'art. 39 del D. Lgs. 152/99, come modificato dal D. Lgs. 258/00, delega alle Regioni il compito di disciplinare "i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate ed opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari ipotesi nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento dalle superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici" (art. 39, comma 3).

Attualmente solo la Regione Lombardia ha disciplinato la materia, con la L.R. 62/85 e con D.C.R.L. n° IV/1946 del 21/03/90.

In attesa dell'adozione di provvedimenti specifici anche da parte della Regione Veneto, si deve continuare a fare riferimento alla Circolare Regionale n° 4833 del 16/04/96, "Chiarimenti in merito all'applicazione della normativa del Piano Regionale di Risanamento delle Acque". Questa è stata fatta salva in più occasioni sia dalla stessa Regione sia dal Governo italiano che ha ritenuto di preservare l'intera normativa regionale in essere al momento dell'entrata in vigore del D. Lgs. 152/99, purché non risulti in contrasto con il decreto medesimo.

La Circolare Regionale n° 4833 afferma che le acque meteoriche di dilavamento devono essere considerate scarichi a tutti gli effetti (e quindi devono venire sottoposte a depurazione ed autorizzazione) qualora sul piazzale industriale in esame avvengano lavorazioni, lavaggi di materiali o semilavorati, attrezzature o automezzi o vi siano depositi di materiali, materie prime, prodotti, ecc.

Quanto riportato ha le seguenti importanti implicazioni:
a) Qualora sul piazzale industriale non avvengano né lavorazioni, né lavaggi, né depositi, le acque meteoriche non sono da considerarsi scarichi.
b) Qualunque tipo di lavorazione o di lavaggio avvenga sul piazzale industriale o qualunque tipo di materiale sia su di esso depositato, conferisce alle acque meteoriche di dilavamento la dignità di scarico "a tutti gli effetti", e pertanto queste devono essere depurate ed autorizzate.
c) Non necessariamente le acque meteoriche di dilavamento considerabili "scarichi a tutti gli effetti" rientrano nella definizione di scarico industriale. Nel caso in cui il refluo, prima di ogni e qualsiasi trattamento depurativo, sia caratterizzato da parametri contenuti entro i limiti di cui alla tabella dell'art. 17 delle Norme di Attuazione del Piano Regionale di Risanamento delle Acque, esso è da ritenersi assimilato ad un refluo domestico.
d) Per poter sottoporre a depurazione le acque di dilavamento, è evidente che prima è necessario collettarle, e per far ciò il piazzale in esame deve essere dotato di pavimentazione in materiale impermeabile (calcestruzzo od altri) con idonee pendenze. Il danno ambientale causato dalla realizzazione di pavimentazioni risulta evidente, soprattutto quando si vadano a considerare piazzali molto estesi.

L'art. 29, comma 1, del D. Lgs. 152/99 sancisce inoltre il divieto di scarico sul suolo, pertanto tutte le acque meteoriche di dilavamento in esame non potrebbero recapitare direttamente sul terreno. Alle lettere seguenti, tuttavia, l'articolo 29 elenca alcune possibilità di deroga a tale divieto. La lettera d) concede infatti una deroga al divieto di scarico sul suolo delle acque reflue "provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché da impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli ". Più oltre (allegato 5) è possibile evincere che questa tipologia di scarichi non deve tra l'altro rispettare limiti di emissione.

Inoltre, esaminando in modo comparativo le varie norme ambientali, si rilevano alcune discordanze ed incoerenze, in particolare per quanto riguarda le modalità di stoccaggio di rifiuti inerti:
a) la Delibera del Comitato Interministeriale del 27.07.1984, al punto 4.2.3.1), per le discariche di 2^ categoria tipo A, prevede che i suoli adibiti a discarica debbano possedere caratteristiche tali da evitare rischi di frane o cedimenti delle pareti e del fondo. Non viene invece fatta menzione di opere di impermeabilizzazione del fondo o altri presîdi, previsti invece per discariche di I^ categoria e di II^ categoria tipo B e C, nonché, ovviamente, di III^ categoria; implicitamente, non si ritiene opportuno o necessario il collettamento delle acque meteoriche di dilavamento né ai fini della loro depurazione né, tantomeno, ai fini di un'autorizzazione allo scarico. Il criterio che ha evidentemente ispirato il legislatore nella definizione dei requisiti tecnici minimali delle discariche di II^ categoria tipo A e nel delineare le caratteristiche geologiche, geotecniche e di ubicazione dei siti ove realizzare questo tipo di impianti di stoccaggio definitivo "sul suolo e nel suolo" è la presunzione del basso o nullo potere, da parte dei rifiuti stoccati, di rilasciare sostanze inquinanti nell'ambiente circostante.
b) Il D.M. 5/2/98 che, all'art. 6, specifica che se i rifiuti non pericolosi sono messi in riserva "in cumuli, questi devono essere realizzati su basamenti pavimentati o," solo "qualora sia richiesto dalle caratteristiche del rifiuto, su basamenti impermeabili che permettano la separazione dei rifiuti dal suolo sottostante". Neanche in questo caso si ritengono necessarie la depurazione o l'autorizzazione allo scarico delle acque reflue di dilavamento.

Non solo per i rifiuti inerti sussistono le contraddizioni evidenziate, bensì anche per alcuni tipi particolari di materiali, quali la frazione del verde destinata al compostaggio. La D.G.R.V. n° 766 del 10/03/00, infatti, prevede addirittura la possibilità, per l'accumulo sino a 1.000 t/a, di depositare il materiale direttamente sul suolo. Per quantità così modeste, la Regione Veneto non ha ritenuto di imporre la captazione delle acque, né meteoriche né di percolamento, evidentemente considerando irrisorio il loro impatto sull'ambiente.

Esiste infine, indipendentemente dagli aspetti giuridici, un'ampia gamma di materiali (tegole, manufatti in cemento, pallets, tronchi, e così via) che non corrisponde alla definizione di inerte naturale richiesta dal D. Lgs. 152/99, ma per la quale si ritiene alquanto remota, se non addirittura insussistente, la possibilità che vengano rilasciate sostanze inquinanti al contatto con la sola acqua meteorica. In questi casi risulterebbe eccessivamente oneroso, a fronte dei benefici ambientali conseguibili, provvedere alla realizzazione di pavimentazioni in materiale impermeabile (calcestruzzo ed altro) al fine di collettare le acque meteoriche di dilavamento di questa tipologia di materiali sino ad un depuratore scarsamente utile o addirittura decisamente inutile.

Per quanto esposto, ed in attesa di ricevere direttive regionali più specifiche ed articolate, si ritiene opportuno e necessario che gli uffici adottino alcune strategie di gestione delle acque reflue meteoriche di dilavamento dei piazzali industriali.


2. LE PROPOSTE OPERATIVE

A. Lavorazioni o depositi di materiali inerti e/o di materiali già presenti nell'ambiente in condizioni naturali (ad esempio legname di vario genere, verde, ecc.)

Si precisa che per "materiali inerti" si intendono quelli che hanno scarsa, o possibilmente nulla, capacità di rilasciare sostanze in grado di contaminare il suolo e/o le acque superficiali e sotterranee. A titolo esemplificativo, si fornisce di seguito un elenco di alcuni di questi materiali, certamente non esaustivo ma in grado comunque di fornire indicazioni generiche:
· Vetro non contaminato;
· Minerali e materiali di cava comprese terre, ghiaie, sabbie, limi, argille;
· Ceramiche, mattoni, mattonelle, materiali da costruzione;
· Manufatti di cemento, calce, gesso;
· Materiali misti provenienti da costruzioni e demolizioni;
· Rivestimenti e refrattari di acciaio;
· Prodotti finiti già imballati.

In questo caso non si ritiene opportuno imporre la pavimentazione dell'area ai fini del collettamento delle acque meteoriche di dilavamento per una loro corretta depurazione, poiché l'impatto ambientale della pavimentazione risulterebbe più elevato di quello del dilavamento.
Per questa tipologia di acque non si ritiene necessaria neppure l'autorizzazione allo scarico, in quanto esse non vengono convogliate da una condotta nel corpo recettore, bensì vengono disperse direttamente sul terreno.

Nel caso in cui la pavimentazione sia già stata o comunque debba essere eseguita dalla ditta per motivi aziendali, le acque reflue di dilavamento, collettate e fatte convergere tramite condotta in un idoneo corpo recettore, costituiscono uno scarico da autorizzare ai sensi della normativa vigente (art. 45 D. Lgs. 152/99). Il trattamento depurativo più idoneo, in questo caso, risulta essere la decantazione. Le vasche devono essere opportunamente dimensionate per trattare almeno i primi 15 minuti di pioggia, che rappresentano la portata maggiormente contaminata dalle sostanze e materiali presenti sul piazzale. La portata meteorica in eccesso può essere direttamente scaricata nel corpo recettore, by-passando le vasche di decantazione.

B. Lavorazioni o depositi di materiali diversi dai precedenti

I materiali in esame, sottoposti a dilavamento, possono rilasciare nelle acque reflue sostanze che possono contaminare suolo, acque superficiali o sotterranee; i piazzali industriali (o le parti di essi effettivamente utilizzate) devono pertanto essere impermeabilizzati e dotati di cordoli di contenimento lungo il loro perimetro, nonché delle opportune pendenze atte a far defluire le acque meteoriche ad un idoneo sistema di depurazione. Esso sarà di tipo fisico, chimico-fisico o biologico, a seconda della tipologia delle sostanze rilasciate. Anche in questo caso si ritiene necessario trattare almeno i primi 15 minuti di pioggia; l'eccesso potrà by-passare il depuratore.
E' necessario, in questo caso, essere in possesso dell'autorizzazione allo scarico.

In alternativa a tutto ciò, è possibile scegliere di coprire le aree in esame o i cumuli di materiale con idonee tettoie o teli impermeabili bene agganciati alla pavimentazione. In ogni caso, è opportuna la presenza di cordoli o pendenze atti ad evitare la dispersione del materiale verso i confini esterni del piazzale o addirittura nell'ambiente circostante.

Devono essere in ogni caso adottate tutte le misure cautelative necessarie ad evitare dispersione di polveri in atmosfera e nell'ambiente circostante.

Gli uffici si riservano la possibilità di valutare casi specifici, difficilmente o per nulla riconducibili a quelli sopra previsti, sulla base della presentazione, da parte dell'azienda richiedente, di relazioni tecniche appropriate che indichino la natura esatta del materiale o della sostanza lavorati o depositati presso il piazzale in esame, la natura del suolo e del sottosuolo nell'area considerata e così via.

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