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Sentenza Tar Veneto 11 febbraio 2004, n. 575

Le deiezioni avicole, se non espressamente riutilizzate a fini agronomici, sono rifiuti salvo che la disciplina regionale non li escluda


Tar Veneto, Sezione terza - Sentenza 11 febbraio 2004, n. 575
Repubblica italiana
In nome del popolo italiano

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, costituito da:
(omissis)
ha pronunciato la seguente

Sentenza
sul ricorso n. 1350/03 proposto da Ditta (...), Società fattorie del sole, S.a.s. e Società ingrasso polli S.a.s., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avv. Giancarlo Tonetto, con elezione di domicilio presso lo stesso, in Venezia-Mestre, via Ospedale n. 27, come da mandato a margine del ricorso stesso;

contro
Comune di Musile di Piave, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Emanuela Rizzi, domiciliataria presso il suo studio in Venezia, S. Croce n. 312/A;

per l'annullamento del provvedimento sindacale 4.4.2003 n. 18 (prot. n. 4851);

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione del Comune di Musile di Piave;
Viste la memoria prodotta dal Comune resistente;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, nella pubblica udienza dell'11.2.2004 - relatore il Consigliere Claudio Rovis -, i procuratori delle parti;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue.

Fatto
A seguito di ripetute lamentele dei residenti nella zona ove sono insediati gli allevamenti avicoli di proprietà o in conduzione delle ricorrenti, con cui si segnalava la presenza di liquame putrido e maleodorante (risultato, all'esito delle analisi effettuate, "inquinante e compromettente sotto il profilo igienico sanitario"), il Sindaco di Musile di Piave adottava gli opportuni provvedimenti preordinati alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti individuati ed alla bonifica dei siti.
Successivamente il Sindaco - in considerazione anche delle reiterate violazioni, da parte delle ricorrenti, del corretto svolgimento dell'attività zootecnica, con particolare riguardo alle operazioni connesse con lo spargimento dei liquami -, con provvedimenti del 10.6.2002 impartiva i criteri per la gestione delle operazioni di stoccaggio, trasporto e riutilizzazione agronomica delle deiezioni zootecniche e di altri materiali a prevalente matrice organica e prescriveva la redazione di un piano tecnico di gestione aziendale.
Il piano aziendale presentato dalle interessate, tuttavia, non forniva adeguate informazioni, tant'è che l'ArpaV, con propria nota 19.9.2002, sollecitava un approfondimento relativamente, in particolare, ai depositi di pollina dilavata, "stanti le potenziali problematiche igienico sanitarie correlate".
La Provincia di Venezia, dal canto suo, con nota 21.10.2002 osservava che "la pollina prodotta dall'allevamento in esame non può essere assolutamente assimilabile al letame per il solo fatto che i capannoni sono provvisti di impianto di areazione" e, quindi, confermava l'obbligo "di presentare la pratica di spargimento liquami, come previsto dall'articolo 2, I comma della circolare 18.5.1993 n. 20".
Stante l'inadempimento a tali prescrizioni, il Sindaco adottava il provvedimento 4.4.2003 n. 18 con cui ordinava alle aziende ricorrenti l'immediata "sospensione delle attività di spandimento sul suolo agricolo di liquami e deiezioni zootecniche provenienti dagli allevamenti nell'ambito del territorio del Comune di Musile di Piave".
Avversavano tale determinazione le ditte interessate eccependo, in via preliminare, il difetto di legittimazione passiva di "Fattorie del Sole S.a.s." e di "Sip S.a.s.", in quanto asseritamente operanti nel solo settore commerciale. Nel merito, ne rilevavano l'illegittimità in quanto le deiezioni prodotte negli allevamenti, avendo un contenuto di sostanza secca non inferiore al 40%, erano assimilabili al letame, e non già al liquame: l'illegittimità dell'ordinanza, peraltro, persisterebbe anche se le deiezioni fossero qualificabili come liquame, attesa la disponibilità di aree di estensione sufficiente a consentirne lo spargimento nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge.
Resisteva in giudizio il Comune di Musile di Piave opponendo l'infondatezza del proposto gravame, del quale, conseguentemente, chiedeva la reiezione.
La causa è passata in decisione all'udienza dell'11.2.2004.

Diritto
1.- Non sussiste l'affermato difetto di legittimazione passiva delle due società ricorrenti in quanto, dalle visure camerali prodotte in giudizio dal Comune resistente (docc. 16 e 17), risulta che entrambe hanno per oggetto sociale l'esercizio dell'attività di allevamento di animali: correttamente, dunque, il Comune, nel vietare lo spandimento dei liquami, s'è rivolto anche ad esse "in qualità di produttori e/o gestori e/o utilizzatori - ciascuno nell'ambito delle proprie attività aziendali - di deiezioni agricole provenienti dagli allevamenti avicoli di proprietà e/o concessi in gestione".
2.- Nel merito, i ricorrenti contestano, in buona sostanza, la necessità della preventiva attivazione della pratica di spargimento liquami in quanto la pollina prodotta nel loro allevamento, proprio per le modalità di produzione (viene sottoposta, infatti, ad un procedimento di essiccazione mediante insufflazione di aria che la porta ad avere un contenuto di sostanza secca non inferiore al 40%), non può essere assimilata al liquame, ma costituisce, trattandosi di deiezione divenuta palabile, una tipologia di letame, nei cui confronti non valgono le limitazioni previste dalla Dgr n. 3733/92.
L'argomentazione non può essere condivisa.
L'articolo 2, I comma dell'allegato D al "Piano regionale di risanamento delle acque" (Prra: doc. 18 del Comune), approvato con deliberazione 1.9.1989 n. 962 del Consiglio regionale del Veneto e modificato con Dgr 26.6.1992 n. 3733 definisce liquame zootecnico "il materiale costituito da deiezioni liquide o solide o loro miscele, dalle perdite di abbeveraggio e dalle acque di lavaggio provenienti da allevamenti zootecnici privi di lettiera o da insediamenti assimilabili, anche se sottoposte al trattamento di cui al successivo articolo 7, ivi compresi i fanghi provenienti da detti trattamenti".
Il successivo II comma precisa che non sono considerati liquami zootecnici, fra l'altro "le deiezioni provenienti da allevamenti zootecnici su lettiera o allo stato brado; i materiali ottenuti per fermentazione aerobica o anaerobica di frazioni solide e/o fanghi miscelati con frazioni ligno-cellulosiche e altri materiali selezionati a matrice organica di provenienza agricola".
Dunque, condizione necessaria perchè le deiezioni possano non essere considerate "liquami" ai fini della normativa per la tutela delle acque è che esse si mescolino con materiale vegetale di varia origine e fermentino: l'eventuale sottoposizione ad un trattamento di parziale asciugatura non modifica, invece - contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti - le loro caratteristiche, in quanto la maggiore o minore umidità del materiale è normativamente irrilevante ai fini della sua qualificazione (cfr. par. 2 della relazione 27.10.2003 del dott. Perelli: doc. 8 del II deposito del Comune).
Analogamente irrilevante, nel presente contesto, è anche il riferimento, attuato dalle ricorrenti, alla disciplina inerente allo spargimento dei liquami contenuta nella circolare della Regione Emilia Romagna applicativa della Lr n. 50/95, nonché nella Lr n. 9/02 del Piemonte, ove, tra l'altro, vengono definite come "letami" le deiezioni degli allevamenti rese palabili mediante un processo di essiccazione o di disidratazione: è evidente che tale normativa può valere soltanto nell'ambito del territorio appartenente alla Regione che l'ha emanata, senza alcuna possibilità di incidere al di fuori di esso e soprattutto in una Regione che, come il Veneto, ha già una sua peculiare disciplina in materia di spargimento dei liquami provenienti da allevamenti zootecnici (allegato D al Prra cit.).
Analogamente irrilevante è il richiamo al "Codice di buona pratica agricola" approvato con Dm 19.4.1999, atteso che l'utilità, ivi rilevata, di ricorrere al processo essiccativo della pollina all'interno delle strutture di allevamento per ottenere materiale solido non vale a trasformare - come si è detto - la pollina stessa in "letame", ma soltanto a configurarla come elemento maggiormente gestibile.
Quanto, invece, ai risultati dei lavori della Commissione ministeriale incaricata di elaborare le norme per l'utilizzo agronomico delle deiezioni animali previste dall'articolo 38 del Dlgs n. 152/99, invocato a sostegno della tesi delle ricorrenti (della solidità del materiale prodotto), è sufficiente osservare come tali risultati non siano stati ancora formalizzati in un apposito atto normativo (ne dà atto anche il dott. Chiumenti nella propria relazione): ma quand'anche saranno formalizzati, dovranno essere recepiti dalla legislazione regionale, a cui lo stesso articolo 38, II comma attribuisce la potestà normativa in materia.
Né può accreditarsi la tesi delle ricorrenti secondo cui le deiezioni in questione, in quanto suscettibili di utilizzo (senza trattamento e senza pregiudizio dell'ambiente) in un diverso ciclo produttivo, non possono per ciò stesso essere qualificate - pure in mancanza della dimostrazione, richiesta dal Comune, del loro riutilizzo ai fini agronomici - come "rifiuto": non può, invero, accreditarsi tale tesi perché l'articolo 8 del Dlgs n. 22/97 stabilisce che "sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto…, in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge,…c)…materie fecali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nell'attività agricola…".
Orbene, il prodotto in questione in tanto può non essere considerato rifiuto in quanto sia "disciplinato da specifiche disposizioni di legge", che nel caso di specie vanno appunto ravvisate nella normativa contenuta nel già citato allegato D al "Piano regionale di risanamento delle acque" approvato dal Consiglio regionale in data 1.9.1989 e modificato con Dgr n. 3733/92: ma normativa, questa, che non consente un uso indiscriminato di tali prodotti, se è vero - come è vero - che ivi all'articolo 1 si precisa che le operazioni di spargimento sono consentite "solo al fine di garantire una migliore produttività dei terreni", finalità per conseguire la quale i liquami spargibili debbono essere opportunamente rapportati alla quantità ed alla qualità delle aree disponibili.
Ed in tale contesto la circolare regionale 18.5.1993 n. 20 chiarisce che "un spargimento effettuato eccedendo i limiti e le condizioni poste dall'allegato D [al Prra]……..può risultare sanzionabile penalmente o come scarico non utilizzabile….., o come smaltimento di rifiuti non autorizzato".
Conclusivamente, dunque, i prodotti in questione (cd. liquami) sono veri e propri rifiuti che, però, nell'ambito territoriale del Veneto non soggiacciono alla disciplina di cui al Dlgs n. 22/97 in virtù del combinato disposto dalla norma derogatoria contenuta nell'articolo 8 dello stesso testo legislativo e dagli articoli 1 segg. dell'allegato D al Prra, che di tali rifiuti si occupano specificatamente prevedendone il loro utilizzo mirato.
Della necessità, peraltro, di un rapporto ottimale tra quantità di liquami e quantità e qualità di terreni disponibili per lo spargimento sono cònsce anche le ricorrenti, le quali si premurano di affermare che "anche ove si volesse qualificare "liquame" quanto prodotto dall'attività zootecnica in esame, la ditta (...) dispone di aree di proprietà e di terzi sufficienti per assicurare lo spargimento nel rispetto dei rapporti richiesti dalla legge".
Ora, a prescindere dalla considerazione che si tratta di mera affermazione, non suffragata - precedentemente all'emanazione dell'impugnato provvedimento - dalla prescritta verificazione positiva da parte della Provincia di Venezia, quest'ultima, esaminando la comunicazione effettuata in data 29.4.2003 (successivamente, dunque, all'atto di cui è causa) dalla ditta (...) ai sensi dell'articolo 5 della Dgr n. 3733/92, si è espressa nel senso che la comunicazione stessa "è risultata totalmente difforme alla normativa regionale" (cfr. la nota 5.5.2003: doc. 1 del II elenco del Comune).
Donde l'infondatezza, anche nel merito, di tale affermazione.
3.- Per le considerazioni che precedono, dunque, il ricorso è infondato e va respinto.
Sussistono comunque giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
PQM

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, l'11.2.2004.

(omissis)
Sentenza depositata in Segreteria il 11 febbraio 2004
(Articolo 55, legge 27/4/1982, n. 186)

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