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Parere CE n° 80/09 del 30/03/2004
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla "Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Sulla via della produzione sostenibile: progressi nell'attuazione della direttiva 96/61/CE del Consiglio sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento"
(2004/C 80/09)

(COM(2003) 354 def.)

La Commissione, in data 19 giugno 2003, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori in materia, ha adottato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Braghin in data 13 novembre 2003.

Il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il 10 dicembre 2003, nel corso della 404a sessione plenaria, con 110 voti favorevoli, nessun voto contrario e 1 astensione, il seguente parere.

1. Introduzione

1.1. La comunicazione in oggetto riferisce i progressi sinora compiuti negli Stati membri e nei paesi candidati riguardo alla prevenzione e alla riduzione integrate dell'inquinamento. La Commissione lancia con essa un messaggio chiaro: è possibile raggiungere un livello elevato di tutela dell'ambiente (obiettivo essenziale della direttiva 96/61/CE chiamata "direttiva IPPC") soltanto se le autorità responsabili compiono gli sforzi necessari per attuare correttamente la legislazione e si impegnano a interagire in maniera costruttiva con i gestori degli impianti e con gli altri soggetti interessati, tra cui in particolare le organizzazioni sindacali.
1.2. La direttiva si applica già agli impianti nuovi e a quelli che devono subire modifiche sostanziali. Gli impianti esistenti sono tenuti invece ad applicare le migliori tecniche disponibili (Best Available Techniques, BAT) e a rispettare tutti gli altri obblighi previsti dalla direttiva entro il mese di ottobre 2007.
Nei paesi in via di adesione l'attuazione è soltanto in una fase iniziale o non è ancora cominciata, per cui sono stati negoziati periodi di transizione per l'applicazione della direttiva agli impianti nuovi e/o a quelli esistenti: pertanto l'obbligo di rispettare i valori limite di emissione stabiliti sulla base delle migliori tecniche disponibili decorrerà solo dal 2008-2012.
1.3. La trasposizione e l'implementazione della direttiva non è stata tempestiva in tutti gli Stati membri e comunque la Commissione ha individuato nelle legislazioni nazionali di trasposizione della direttiva 96/61/CE gravi lacune accertate o sospette, tra cui desta particolare preoccupazione l'assenza in alcuni casi di disposizioni per garantire la conformità degli impianti esistenti entro l'ottobre 2007 e la successiva revisione periodica delle autorizzazioni.
1.4. È opportuno che tra autorità responsabili e gestori degli impianti si discuta la programmazione degli investimenti tenendo conto dei tempi del ciclo di investimento e soppesando ogni svantaggio economico o finanziario, in vista della ormai vicina scadenza del 2007 in cui per tutti gli impianti dovranno essere definite le condizioni di autorizzazione secondo le disposizioni della direttiva.
1.5. Si sono riscontrate difficoltà attuative per alcune ambiguità presenti nella direttiva, sia di definizione (per esempio i criteri relativi alle soglie per cui si rientra nelle attività soggette alla direttiva, i confini di un impianto, quando una modifica va considerata "sostanziale", cosa si intende per ripristino soddisfacente del sito) sia di attuazione pratica (come devono essere formulate le condizioni di autorizzazione su specifici aspetti, la frequenza delle ispezioni, quando devono essere intraprese azioni legali contro gli inadempienti).
1.6. Nell'ambito di applicazione della direttiva, viene sistematicamente svolta un'attività di analisi comparativa settore per settore nonché un esame e una valutazione esaurienti delle tecniche applicate: lo scambio di informazioni è coordinato e agevolato dall'Ufficio europeo IPPC, che ha sede a Siviglia, e porta alla stesura dei cosiddetti "documenti BREF" (BAT Reference documents) con la collaborazione di reti informali di esperti dell'industria, degli Stati membri e di organismi non governativi. A tutt'oggi sono stati elaborati 15 documenti BREF, altri 11 sono in bozza, 4 iniziati e 2 da iniziare.
1.7. Uno studio condotto su tre settori di rilievo, tecnologicamente sviluppati, mostra che l'applicazione delle BAT non impedisce alle imprese di rimanere competitive: queste sfruttano anzi talora i buoni risultati ambientali per accrescere la propria competitività, anche se tale situazione non è generalizzabile.
1.8. Il concetto di BAT non è rigido, può variare anche all'interno dello stesso settore in quanto i costi e i benefici per i singoli impianti possono essere diversi: questo per la Commissione rappresenta uno degli aspetti più significativi, in quanto permette una ponderazione delle diverse conseguenze ambientali e dei relativi costi. Di conseguenza la Commissione ritiene importante la conservazione di questo approccio, che implica un dialogo tra gestore e autorità.
1.9. L'impostazione trasversale che caratterizza la direttiva determina un'interazione con numerosi regolamenti e direttive adottate dall'UE in campo ambientale nonché con altre politiche e provvedimenti, per cui è importante garantire una coerenza ottimale ed esaminare se vi siano ostacoli alla definizione di un efficace dosaggio di strumenti a livello UE o nazionale. Si pone comunque il dilemma tra la definizione mediante direttive di valori limite comunitari di emissione, qualora sia stata riscontrata la necessità di un'azione comunitaria, oppure un approccio decentrato che permetta alle autorità competenti di effettuare scelte pragmatiche, soddisfacendo sia il punto di vista ambientale che quello economico, come è l'approccio della direttiva IPPC.
1.10. La Commissione ritiene che alcune modifiche vadano apportate alla direttiva, per tener conto dell'evoluzione legislativa (in particolare a seguito dell'adozione delle direttive sulla partecipazione del pubblico alla procedura di rilascio dei permessi, necessarie per ratificare la convenzione di Aarhus del 1998), o per chiarire aspetti rilevanti (come il già citato problema di definizione dei criteri relativi alle soglie in particolari settori, o quello dell'ambito di applicazione, come nel caso dei rifiuti dove risulta problematica la distinzione tra operazioni di smaltimento e di recupero).
1.11. La Commissione ha già completato un'ampia consultazione su scala europea per verificare la situazione attuale e gli sviluppi possibili nei settori della politica ambientale che trattano l'impatto delle grandi fonti industriali puntuali di inquinamento sull'ambiente, per accertarsi che vi sia piena coerenza fra tali strumenti e per esaminare la possibilità di seguire nuovi approcci che offrano incentivi per migliorare ulteriormente le loro prestazioni ambientali.
1.12. Nell'ipotesi che da tale processo di consultazione emerga l'opportunità di eventuali modifiche alla direttiva, sarà necessaria, oltre alla valutazione dei rapporti sullo stato di implementazione richiesti agli Stati membri, una nuova fase di consultazione allargata. In ogni caso si suggerisce che la sintesi predisposta dalla Commissione e tali rapporti nazionali siano messi a disposizione del pubblico.

2. Considerazioni generali sull'approccio IPPC

2.1. L'approccio della direttiva IPPC era sicuramente innovativo, precursore della scelta di adottare legislazioni quadro o strategie tematiche globali. In effetti, quando si discute di emissioni bisogna considerare i tre comparti ambientali (aria, acqua e suolo) in quanto gli impatti relativi delle emissioni su ciascuno di essi sono quasi sempre collegati e inscindibili.
Nello stesso tempo occorre assicurare margini di flessibilità nell'implementazione, grazie all'identificazione delle migliori tecniche disponibili negli specifici contesti locali, considerando anche il rapporto costi/benefici. L'approccio integrato all'inquinamento, da mettere in relazione alla qualità ambientale locale, richiedeva inoltre un salto culturale e scientifico delle autorità di controllo e degli operatori, presupponendo la raccolta, lo scambio di informazioni e il dialogo per pervenire ad un'azione preventiva e correttiva degli impatti ambientali delle attività industriali e, in taluni casi, agricole. Tutti questi aspetti sono stati giudicati positivamente dal CESE in molti pareri che, direttamente o indirettamente, prendevano posizione su tali temi.
2.2. La direttiva pertanto si colloca come uno strumento d'avanguardia nell'ottica della strategia di sviluppo sostenibile, nel quadro delle Agende 21 locali, oltre a costituire un riferimento normativo rispetto ad una serie di strumenti volontari nel frattempo messi in opera, dalla registrazione EMAS agli accordi sugli scambi di emissioni. Essa implica una raccolta esaustiva di informazioni, che induce una migliore conoscenza dello stato dell'ambiente, degli impatti dei vari inquinanti, e dell'interazione tra essi, offrendo ai cittadini un quadro conoscitivo accessibile in vista del miglioramento della partecipazione del pubblico all'elaborazione di piani e programmi relativi all'ambiente (1).
2.3. Tali aspetti innovativi spiegano, almeno in parte, le difficoltà di trasposizione e di applicazione emerse, e il numero limitato di impianti su cui la Commissione ha potuto effettuare una valutazione. Il quadro che emerge dalla comunicazione della Commissione è piuttosto inquietante, tanto più se si pone in relazione alla scadenza del 2007, quando anche gli impianti esistenti dovranno essere sottoposti alla procedura di autorizzazione prevista dalla direttiva.
2.4. Il prossimo appuntamento dell'accesso di 10 nuovi Stati membri, le cui risorse e know-how in questo campo appaiono ancora più limitati, rende ancora più critica la situazione, per cui urge in primo luogo comprendere quanto non ha fino ad oggi funzionato nel processo previsto, individuare e far tesoro delle buone pratiche esistenti, e in secondo luogo programmare interventi di verifica, informazione, formazione anche tecnica del personale amministrativo affinché possa affrontare in modo adeguato questa situazione, e in particolare l'impegnativa fase in cui gli impianti esistenti saranno sottoposti alla procedura di autorizzazione prevista dalla direttiva.
2.5. Le discordanze riscontrate nell'applicazione della direttiva possono dipendere da limiti intrinseci (e questi vanno corretti) o da definizioni incerte (cui occorre porre rimedio quanto prima) o da tradizioni e approcci diversi sul tema ambiente, per cui il CESE condivide le preoccupazioni espresse nella comunicazione sulla predisposizione delle misure atte a dare attuazione piena alla scadenza 2007, che non può essere elusa con un mero rinvio a livello di singolo impianto.
2.6. È plausibile che le PMI costituiscano una quota significativa degli impianti IPPC in Europa, talora senza neppure la consapevolezza di questo fatto, per cui il conformarsi alla legislazione ambientale rappresenterà per esse una sfida impegnativa: le autorità responsabili e di controllo dovranno fornire di conseguenza un sostegno specifico ai gestori, attrezzandosi con personale e risorse adeguate.
2.6.1. Il CESE auspica pertanto che la Commissione proceda ad una analisi più approfondita delle difficoltà applicative riscontrate, ed eventualmente chiarisca attraverso una guida sintetica o apposite guidelines, predisposte dagli organismi tecnici comunitari già istituiti, i punti più critici riscontrati, come per esempio i criteri di individuazione delle imprese che ricadono nella normativa, le modalità di formulazione del permesso ambientale, le risorse tecniche e umane opportune a livello delle amministrazioni responsabili, le possibilità di accordi volontari, l'interazione con altre direttive o regolamenti, ecc. Questo contributo sarebbe particolarmente utile per i nuovi Stati membri e per le PMI.
2.7. Ogni azione rivolta a facilitare l'attuazione della direttiva IPPC, anche se destinata ai grandi impianti industriali, ha intrinseche ricadute sulle piccole industrie, per le quali le problematiche particolari si possono riassumere nell'insufficienza di mezzi economici e di risorse umane, atti a far fronte all'interpretazione e all'esecuzione del processo per la richiesta di un permesso, e in seguito agli investimenti necessari al rispetto degli impegni presi. Le iniziative particolari necessarie a sostenere le PMI nel processo d'attuazione dell'IPPC dovrebbero, a parere del CESE, rientrare nel novero delle azioni da intraprendere a livello nazionale e regionale piuttosto che a livello comunitario.
2.8. La direttiva contiene una definizione esaustiva delle "migliori tecniche disponibili" integrata da 12 considerazioni specifiche elencate in apposito allegato, tale da permetterne l'applicazione a specifici settori. È necessario ponderare i costi netti stimati dell'uso di una determinata tecnica rispetto ai benefici ambientali, ovvero procedere ad un'accurata analisi del rapporto costi/benefici.
2.9. La direttiva IPPC, introducendo il flessibile concetto di "tecniche" piuttosto che di "tecnologie" e prescrivendo la necessità di tener conto dei "costi e benefici" oltre che delle condizioni locali, lascia alle autorità di controllo nazionali o locali l'onere e il diritto di determinare che cosa è BAT per un singolo impianto, tenendo in debito conto la diversità e la complessità dei processi industriali, gli innumerevoli intrecci che in ogni impianto si presentano tra macchinari, processi, sistemi di purificazione e - non di secondaria importanza - le condizioni locali e i metodi d'esercizio.
2.10. Il sistema peraltro può essere efficace, portando a livelli equivalenti di protezione dell'ambiente e di controllo degli impianti nell'ambito dell'UE, solo con un costante processo di "scambio d'informazioni", che faciliti la determinazione dei collegamenti statistici fra quelle tecniche che sono considerate migliori e i valori limite di emissione che ne risultano.
2.11. Lo sviluppo e lo scambio di informazioni a livello UE sulle migliori tecniche disponibili, specialmente grazie all'Information Exchange Forum (IEF) e alla rete informale delle autorità preposte negli Stati membri all'attuazione e al controllo dell'applicazione del diritto ambientale dell'UE (IMPEL), ha sicuramente dato buoni frutti, ma ancora molto cammino resta da percorrere per allargare tale scambio a tutte le autorità regionali e locali, specie nei paesi candidati, e agli stakeholder, in particolare alle associazioni settoriali che potrebbero essere lo strumento principale per la promozione e l'applicazione delle BAT negli specifici contesti settoriali e locali.
2.12. Il CESE ritiene necessario adottare un approccio articolato e proattivo per promuovere l'attuazione della direttiva, che comprenda azioni di informazione e formazione degli stakeholder (in particolare a livello di autorità anche locali responsabili dell'autorizzazione oltre che dei gestori), scambio di buone pratiche e il coinvolgimento delle associazioni imprenditoriali e sindacali locali, per raggiungere un consenso nella programmazione delle attività di investimento resesi necessarie.
2.13. Una premessa necessaria alla realizzazione di tale politica proattiva è il rafforzamento dei team di esperti e della stessa struttura organizzativa del CCR di Siviglia, che appare sottodimensionata anche per la mera realizzazione dei BREF, che costituisce il suo compito principale. Il CESE auspica che tali compiti siano allargati alla disseminazione delle informazioni e alla partecipazione attiva a momenti di formazione, seminari, convegni, ecc., oltre alla valutazione dell'applicazione e dell'utilizzazione dei BREF.
2.14. Esperienze pilota locali hanno mostrato che la collaborazione fra autorità responsabili e associazioni di categoria permette di superare resistenze aprioristiche su aspetti sensibili quali la sicurezza delle informazioni e la perdita di competitività, e può facilitare la disseminazione di informazioni e processi di formazione per gli operatori, aspetti cruciali in vista della scadenza del 2007.

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(1) GU C 221 del 7.8.2001 - COM(2000) 839 def. - GU C 154 E del 29.5.2001.
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3. Osservazioni particolari

3.1. La definizione di capacità dell'impianto come capacità nominale di funzionare ventiquattr'ore su ventiquattro, purché le apparecchiature lo consentano, non risulta idonea per alcuni settori e per molte piccole unità produttive che operano in maniera flessibile a seconda della domanda del mercato e a volte su base stagionale. In tal caso non si ha la precisa percezione della produzione reale e del potenziale inquinante dell'impianto. Il CESE ritiene quindi che vadano rivisti i criteri per l'applicazione della direttiva, guardando alla produzione effettiva nell'arco di un dato periodo di tempo, almeno per alcuni settori o tipologie di impianti, e condivide l'opportunità di rivedere i criteri relativi alle soglie fissate per alcuni settori, come indicato nella comunicazione in oggetto (punto 7.3.1).
3.2. Il CESE ritiene inoltre debba essere affrontato il problema di una definizione precisa del termine "valore limite d'emissione" e del modo in cui occorre esprimere, misurare e controllare le emissioni. La definizione di inquinamento è chiara e precisa: implica l'introduzione nell'ambiente di effetti negativi, e in particolare di sostanze inquinanti. Si tratta di una grandezza che viene espressa in modi diversi negli Stati membri. La mancanza di un modo unico e coerente di esprimere questo dato fondamentale riduce o addirittura impedisce ogni possibilità di una chiara lettura della correlazione tra le BAT in uso e l'inquinamento ad esse associato. Il CESE prende atto della difficoltà di standardizzare e armonizzare in tempi brevi metodologie differenti utilizzate da anni negli Stati membri, ma auspica che si migliorino le tecniche di comparabilità dei dati nell'ambito del Forum per lo scambio di informazioni.
3.3. Fermo restando che il CESE condivide la necessità di garantire un livello elevato di tutela dell'ambiente per gli impianti di gestione dei rifiuti, la complessità delle normative in questo ambito suggerisce che l'ipotesi di inserire tali impianti nella direttiva IPPC venga affrontata nel contesto della futura modifica della direttiva stessa.
3.4. Il CESE ritiene opportuno e realistico rivedere e correggere la lista delle attività soggette alla direttiva eliminando tutti quegli impianti, specie di piccole dimensioni, di minor capacità inquinante o che, in ogni caso, presentano un carico sull'ambiente che di fatto incide su uno solo dei tre comparti ambientali (aria, acqua e suolo), in quanto tale situazione è già controllabile attraverso la legislazione esistente.
3.5. L'implementazione delle BAT e dei BREF in corso, dovrebbe essere accelerata in vista della scadenza del 2007, ma specialmente dovrebbe essere affrontato il problema della loro diffusione presso le autorità competenti e gli operatori economici (sia associazioni che singoli operatori). La decisione di non pubblicare i BREF in forma cartacea e di non tradurre i documenti in tutte le lingue comunitarie risponde ad un non criticabile criterio di praticità e di contenimento dei costi, ma la disponibilità nella sola forma elettronica può creare qualche difficoltà per la lettura diretta da parte dei singoli utenti, o la loro diffusione in uffici decentrati. Peraltro il numero di BREF scaricati dal sito web Eippcb (European Integrated Pollution Prevention and Control Bureau) viene ritenuto soddisfacente dai responsabili dell'Ufficio stesso. L'iniziativa di tradurre in tutte le lingue gli Executive Summaries è sicuramente apprezzabile, anche se per le ragioni sopraindicate sembra opportuno renderli disponibili anche su supporti non elettronici.
3.6. Un passo importante sarebbe esplorare l'accoglienza e la valutazione dei BREF da parte delle industrie che hanno partecipato alla loro stesura e delle autorità competenti nei singoli Stati membri (le quali esprimerebbero il loro giudizio in vista dei compiti specifici che le attendono: richiedere e concedere un permesso). Se ne derivasse una valutazione positiva, potrebbe nascere l'interesse di una o più industrie e/o associazioni industriali di ciascun settore a favorire con un contributo economico la pubblicazione dei BREF in forma cartacea, o addirittura valorizzare i BREF come "Manuali di tecnologia applicata", oltre che come strumenti di consultazione e di addestramento per il personale degli impianti ai quali lo specifico BREF si riferisce. Il fatto che ai BREF facciano riferimento anche Stati altamente sviluppati e settori industriali al di fuori dell'Unione europea fa supporre che tali forme di diffusione favorirebbero l'affermazione dei BREF come paradigma a livello internazionale.
3.7. In considerazione della redazione ancora recente, e dell'applicazione non ancora generalizzata, il CESE ritiene sia prematuro pensare ad una revisione dei BREF nel breve-medio periodo, in quanto potrebbe ingenerare confusione se non incertezza nell'applicazione.

4. Le domande poste per la consultazione

4.1. La Commissione esplicita nella comunicazione una serie di domande atte ad indirizzare il processo di consultazione verso obiettivi concreti e soluzioni auspicabili. Il CESE con le seguenti osservazioni, che sintetizzano i punti precedentemente sviluppati - esplicitamente menzionati -, vuole contribuire costruttivamente a tale processo.
4.2. Il primo set di domande (domande 1a e 1b, e 2) è relativo agli interventi suggeriti o auspicabili, a livello comunitario o degli Stati membri, al fine di trovare soluzione alle difficoltà di attuazione riscontrate. Nel presente parere si sono individuati in particolare:
- il bisogno di intervenire sia sulle diversità di interpretazione sia sulle difficoltàdi applicazione (§ 2.5), specie se legate a definizioni o criteri non espressi univocamente (§ 3.2 e 3.3), per risolvere i quali si suggerisce in prima istanza l'elaborazione di guidelines (§ 2.6.1) piuttosto che una modifica della direttiva stessa,
- in particolare, in considerazione delle resistenze degli Stati membri ad accettare una definizione precisa ed univoca del termine "valore limite di emissione", il CESE suggerisce che il problema sia affrontato e risolto dagli appositi apparati tecnici con il coordinamento della Commissione (§ 3.2),
- il bisogno di informazione e formazione degli stakeholder (§ 2.12): quest'ultimo tipo di attività, da svolgersi fondamentalmente a livello nazionale e locale sotto la responsabilità diretta degli Stati membri, dovrebbe comunque essere favorito da un'azione comunitaria, attraverso il potenziamento della struttura e l'estensione dei compiti del CCR di Siviglia (§ 2.13) anche attraverso la promozione e il coordinamento di seminari e conferenze per l'addestramento del personale dedicato all'ottenimento e alla concessione dei permessi, alla gestione e ai relativi controlli.
4.2.1. Il CESE ritiene altresì di suggerire, a livello comunitario, alcuni strumenti di semplice applicazione, quali ad esempio:
- implementazione del monitoraggio sui dati delle emissioni e sull'applicazione delle BAT, utilizzando lo strumento del Registro europeo delle emissioni inquinanti, nonché loro diffusione presso le unità decentrate, siano esse autorità pubbliche od operatori economici,
- elaborazione di agili manuali di orientamento e di applicazione della direttiva per gli stakeholder,
- utilizzazione delle disposizioni sulla partecipazione del pubblico previste per conformarsi alla convenzione di Aarhus per un migliore coinvolgimento di tutti gli interessi in gioco.
4.2.2. Consapevole dell'importanza della scadenza del 2007, che non deve diventare un pretesto per mettere in discussione l'approccio IPPC, il CESE ritiene ragionevole prevedere un congruo lasso di tempo per la messa in opera delle misure concordate fra gestori degli impianti e autorità pubbliche, se giustificato da cause di forza maggiore o dalla lunghezza del ciclo di investimenti.
4.2.3. Pur consapevole della lunghezza del processo legislativo, per talune questioni particolarmente delicate il CESE non esclude che si debba ricorrere ad una modifica della direttiva, in particolare per quanto riguarda la lista delle attività soggette alla direttiva e i criteri di soglia per ricadere nel suo campo di applicazione (§ 3.4), nonché la definizione di "installazione" e di "modifica sostanziale".
4.2.4. Le problematiche inerenti alla situazione delle PMI sono state toccate in molti paragrafi antecedenti (in particolare i § 2.7 e § 2.14), e come misure di sostegno per le PMI il CESE suggerisce:
- l'individuazione di strumenti e di indicatori per verificare l'applicabilità della direttiva alla situazione specifica di tale tipologia di imprese, che plausibilmente presenta significative differenze nei vari Stati membri,
- la costituzione su base volontaria e locale di gruppi di tecnici che aiutino nell'applicazione delle BAT, i quali potrebbero avvantaggiarsi del coordinamento comunitario sopra delineato,
- incentivi per la formazione del personale tecnico, sia in termini finanziari che nella forma di guide o manuali di addestramento predisposti a livello comunitario,
- incentivi per gli investimenti innovativi in impianti che permettano di rispettare quanto richiesto dalla direttiva.
4.3. Le domande 3 e 4 relative alle BAT e al valore e all'importanza dei BREF, nonché alla loro diffusione a livello internazionale, hanno già trovato ampia risposta nei paragrafi antecedenti (§ 2.11, 3.5, 3.6 e 3.7). Apprezzando il valore di tali documenti, il CESE caldeggia iniziative specifiche finalizzate alla loro diffusione anche a livello internazionale, sia al fine di promuoverne l'uso come strumento per incoraggiare una produzione sostenibile al di là dei confini dell'UE, sia per il loro utilizzo nella formazione degli stakeholder da parte del CCR, opportunamente rafforzato e finanziato per assolvere tale nuovo compito (§ 2.13 e 4.2).
4.3.1. Lo scambio di informazioni che attualmente avviene in una dimensione prevalentemente verticistica, deve essere allargato alla dimensione orizzontale, cioè alla diffusione delle informazioni stesse, anche perché ciò può costituire la base per i processi formativi di cui si è già segnalata la necessità.
4.3.2. Il CESE caldeggia un'iniziativa, sempre coordinata dal CCR, che promuova un processo di diffusione e di scambio, coinvolgendo gli Stati membri, le autorità locali di ciascuno di essi e i vari settori industriali: tale processo sarebbe finalizzato allo svolgimento di compiti di studio, di traduzione in lingua locale, di elaborazione di sintesi semplificate nonché alla loro diffusione capillare (per ogni Stato - settore industriale - BREF o porzioni di BREF).
4.4. L'esperienza maturata e l'ancora limitata applicazione pratica suggeriscono di non modificare, per ora, il campo di applicazione della direttiva (domanda 5). Ove si dovesse procedere ad una modifica della direttiva, con i tempi relativamente lunghi che tale procedura implica, il CESE segnala in particolare quanto espresso nei § 2.6.1, 3.1, 3.2 e 4.2.2-4.2.3.
4.5. La domanda 6 è estremamente complessa e dovrebbe essere articolata in più sotto-quesiti. A parere del Comitato, la fissazione di valori limite comunitari di emissione (prescrizioni minime) è uno strumento che ha dimostrato la sua validità, se limitato ai contesti dove veramente necessario e se specifico a particolari ambiti. Entro tali limiti non implica la negazione dell'approccio dell'IPPC, sicuramente preferibile, ma può prendere in considerazione soglie specifiche le quali possono essere viste come parametri entro i quali devono applicarsi le BAT ed essere analizzate le condizioni locali di applicazione. I due approcci non entrano in contraddizione se le autorità responsabili riescono a capire e a gestire il processo con adeguata sensibilità agli interessi economici e sociali in gioco, e i gestori degli impianti capiscono la necessità di interventi per raggiungere nella loro globalità gli standard imposti, con meccanismi pragmatici che non rendano diseconomica l'attività.
In ogni caso sembra necessario un dialogo con le imprese del settore, accompagnato da misure incentivanti che rendano più immediata l'attuazione pratica.
4.6. La coerenza tra le varie normative ambientali (domanda 7) è la condicio sine qua non per la loro credibilità ed applicazione. Un maggiore sforzo al riguardo è richiesto al legislatore, e alle autorità responsabili della loro applicazione, e si auspica la predisposizione di un documento di sintesi che riporti in chiaro tutti gli intrecci esistenti tra IPPC e la restante legislazione ambientale, in modo da permettere ad ogni operatore la visione d'insieme. Anche se nel processo di trasposizione nelle legislazioni nazionali le direttive europee possono assumere strutture e forme diverse, è comunque nella legislazione comunitaria che ogni operatore o autorità cerca i principi e le connessioni, nel nostro caso tra le legislazioni relative a grandi impianti, sostanze chimiche, aria, acqua, suolo e rifiuti e la direttiva IPPC. Il CESE pertanto suggerisce che uno studio approfondito e articolato delle interrelazioni tra IPPC e altre direttive europee relative all'ambiente e all'impatto ambientale sia condotto quanto prima, a partire dalla valutazione delle relazioni degli Stati membri sull'applicazione della direttiva IPPC, senza escludere esempi inerenti a singoli Stati o singoli settori.
4.6.1. Il Comitato auspica di poter dare il suo contributo proattivo al riguardo, valorizzando la sua esperienza e le sue capacità di contatto con la società civile organizzata ai diversi livelli, anche nazionali, coinvolgendo in tale studio, se necessario, le sue strutture e un gruppo selezionato di esperti, non solamente scelti fra i suoi membri.
4.7. Quanto alla domanda 7b, il CESE ritiene che l'IPPC e l'associato processo di scambio di informazioni, da una parte contengono già gli elementi per una corretta applicazione dei principi di legge introdotti, e dall'altra implicano un notevole grado di complessità a cui non pare convenga sovrapporre altri strumenti, sia pure di natura volontaria. Per quanto riguarda l'emission trading sembra prematuro discuterne in questo stadio dell'implementazione della direttiva. Indispensabile risulta tuttavia garantire che il sistema di monitoraggio e controllo sia altrettanto severo ed evitare conseguenze rilevanti sull'ambiente a livello locale.

Bruxelles, 10 dicembre 2003.

Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo
Roger BRIESCH


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