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Circolare interpretativa in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, di cui al decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, con particolare riferimento all'allegato I.
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO CIRCOLARE 13 luglio 2004
Gazzetta Ufficiale N. 167 del 19 Luglio 2004Alle Autorità Competenti al rilascio di autorizzazione integrata ambientale
Alla luce dei chiarimenti forniti dalla D.G. ambiente della Commissione europea, attraverso pareri relativi alle più frequenti domande (FAQ) inerenti l'applicazione della direttiva 96/61/CE, e degli approfondimenti svolti congiuntamente alle amministrazioni Regionali presso tavoli tecnici coordinati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, si ritiene di dover fornire alcuni elementi di interpretazione dell'allegato I al decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, anche in riscontro a quesiti pervenuti in merito dalle autorità competenti al rilascio di autorizzazione integrata ambientale.Definizione del concetto di capacità produttiva
In generale le soglie che determinano il campo di applicazione del decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 sono espresse in termini di capacità produttiva.
Solo nei casi in cui l'impatto sull'ambiente di una categoria di attività non possa essere, ancorché grossolanamente, stimato in base alla capacità produttiva, a causa della variabilità dei processi impiegati nella categoria di attività stessa, o nei casi in cui la discontinuità stagionale sia intrinseca alla produzione, non sono fornite soglie (ad es. impianti chimici) o sono individuate soglie relative a livelli produttivi medi, piuttosto che a reali capacità produttive (ad es. alimenti vegetali e latte).La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, peraltro, non specificano la definizione di capacità produttiva.
A riguardo, per capacità produttiva si deve intendere la capacità relazionabile al massimo inquinamento potenziale dell'impianto.
In tutti i casi in cui in cui l'attività è caratterizzata da discontinuità nella produzione o nei processi, da sequenzialità dei processi, da più linee produttive di diversa capacità non utilizzate continuativamente in contemporaneità e da pluralità di prodotti, si considerino valide le assunzioni seguenti:per il periodo di utilizzo: si assuma in generale che gli impianti possano essere eserciti continuativamente per 24 ore al giorno. Pertanto, la capacità produttiva sarà calcolata moltiplicando la potenzialità di progetto oraria per 24 ore. Tale definizione generale non si applica nei casi in cui gli impianti non possano per limiti tecnologici essere condotti in tal modo, o nei casi in cui sia definito un limite legale alla capacità potenziale dell'impianto e:
- l'operatore dimostri che l'impianto non supera mai i limiti fissati, provvedendo a monitorare e trasmettere i dati relativi all'autorità competente (almeno una volta l'anno);
- l'autorità competente effettui verifiche periodiche del non superamento del limiti;per il carattere di discontinuità dei processi: si considera il ciclo cui corrisponde la maggiore produzione su base giornaliera tenuto conto congiuntamente della produzione per ciclo e del tempo per ciclo;
per la pluralità di linee: si considera la contemporaneità di utilizzo di tutte le linee e le apparecchiature installate, posto che non sussistano vincoli tecnologici che impediscano la conduzione dell'impianto in tal modo;
per la capacità specifica: si considera il funzionamento dell'apparecchiatura ovvero della linea ai dati di targa;
per la pluralità di prodotti: si considera la lavorazione del prodotto che determina il maggior contributo al raggiungimento della soglia, ferme restando le assunzioni di cui alle voci precedenti;
per la sequenzialità: per le produzioni che prevedano solo fasi in serie si considera il dato di potenzialità in uscita dell'ultimo stadio del processo.
Definizione del concetto di "attività connessa"
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 non specificano la definizione di attività accessoria tecnicamente connessa.
A riguardo, con particolare riferimento all'art. 2, comma 3, del decreto 372/99 per attività accessoria, tecnicamente connessa ad una attività principale rientrante in una delle categorie di cui all'allegato I del decreto legislativo n. 372/99, si intende una attività:
a) svolta dallo stesso gestore;
b) svolta nello stesso sito dell'attività principale o in un sito contiguo e direttamente connesso al sito dell'attività principale per mezzo di infrastrutture tecnologiche funzionali alla conduzione dell'attività principale;
c) le cui modalità di svolgimento hanno qualche implicazione tecnica con le modalità di svolgimento dell'attività principale.Definizione di sito
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 non specificano la definizione di sito di ubicazione dell'impianto.
A riguardo, si faccia riferimento alla normativa ambientale vigente, in particolare alla definizione indicata all'art. 2, punto t) del Regolamento (CE) del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 761/2001 del 19 marzo 2001 sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), che definisce sito: "tutto il terreno, in una zona geografica precisa, sotto il controllo gestionale di un'organizzazione che comprende attività, prodotti e servizi. Esso include qualsiasi infrastruttura, impianto e materiali".Definizione di impianti di combustione
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 non specificano la definizione di impianti di combustione.
A riguardo, con particolare riferimento al punto 1.1 dell'allegato I al decreto 372/99, per la definizione di impianti di combustione si faccia riferimento alla definizione indicata all'art.2, comma 1, del DM 8 maggio 1989: "qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono ossidati combustibili al fine di utilizzare il calore così prodotto".Definizione di impianti di arrostimento
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 non specificano la definizione di impianti di arrostimento.
A riguardo, con particolare riferimento al punto 2.1 dell'allegato I al decreto 372/99, si intenda per arrostimento il processo di torrefazione del minerale metallico in presenza di aria, che implichi una modifica chimica del minerale metallico stesso.Definizione della "capacità di colata continua" per impianti di produzione di ghisa e acciaio
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 2.2 dell'allegato I, non specificano se la soglia alla capacità di colata continua di 2,5 tonnellate all'ora, sia da intendersi istantanea o mediata.
A riguardo, si faccia riferimento ai valori di targa dell'impianto di produzione di ghisa ovvero acciaio e, pertanto, si considerino mediate eventuali discontinuità di produzione non intrinseche al processo produttivo.Calcolo del volume delle vasche di trattamento mediante processi elettrolitici o chimici
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 2.6 dell'allegato I, non forniscono indicazioni specifiche in merito all'individuazione di quali vasche siano da intendere di trattamento "di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici".
A riguardo, si faccia riferimento al volume totale delle vasche usate per le fasi di processo che riguardano alterazioni della superficie come risultato di un processo elettrolitico o chimico. Sono pertanto da escludersi vasche per lavaggio, ultrasuoni, granigliatura, water blasting.Impianti chimici per la fabbricazioni di prodotti chimici di base
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 4 dell'allegato I, non specificano la definizione di prodotto di base.
A riguardo, si intenda per prodotto chimico di base un prodotto che possa essere impiegato in ulteriori processi destinati alla fabbricazione di altri prodotti, intermedi o finali.
Non è, pertanto, compresa la fabbricazione di manufatti mediante reazione chimica, ove i processi di reazione chimica e di realizzazione del manufatto non siano separabili, come nel caso di prodotti in poliuretano espanso termoindurente.Si precisa, inoltre, che gli elenchi di classi di prodotti chimici riportati ai punti 4.1 e 4.2 dell'allegato I al decreto 372/99 devono considerarsi esaustivi.
Definizione della "densità di colata per forno"
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 3.5 dell'allegato I, contengono le parole "densità di colata per forno" che risultano di ambigua interpretazione. Va chiarito che per "densità di colata per forno" per impianti per la fabbricazione di prodotti ceramici, si intende "densità di carica del forno".Attività di decontaminazione di apparecchi contenenti PCB
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 5.1 dell'allegato I, non specificano chiaramente se e come l'attività di decontaminazione di apparecchi contenenti PCB ricada nel campo di applicazione dell'IPPC.
A riguardo, l'attività di decontaminazione di apparecchi contenenti PCB si considera compresa tra le attività menzionate al punto 5.1 dell'allegato I, se la quantità di apparecchi trattati eccede la soglia prevista di 10 tonnellate al giorno.Definizione della capacità di incenerimento per impianti di incenerimento o coincenerimento di rifiuti
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento ai punti 5.1 e 5.3 dell'allegato I, non specificano la definizione di capacità di incenerimento.
A riguardo, si faccia riferimento alla capacità nominale di progetto come definita all'art.2, comma 1, lettera g del DM n.124/2000 e all'art.2, comma 1, lettera b del DM n.503/97: "la somma delle capacità di incenerimento dei forni che compongono l'impianto, quali previste dal costruttore e confermate dal gestore, espressa in quantità di rifiuti che può essere incenerita in un'ora, riferita al potere calorifico medio dei rifiuti stessi".Definizione di "prodotto finito"
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 non specificano la definizione di prodotto finito.
A riguardo, con particolare riferimento al punto 6.3 dell'allegato I al decreto 372/99, si intende per prodotto finito il cuoio idoneo per preparare i beni di consumo, anche se non tinto o rivestito.Definizione della capacità di produzione di prodotti finiti per la fabbricazione di prodotti alimentari
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999 non fornisce indicazioni specifiche sulla soglia di capacità produttiva relativamente al caso della fabbricazione di prodotti alimentari a base vegetale con quantità anche piccole di componente di origine animale.
A riguardo, si faccia prevalere la soglia inferiore e pertanto, con particolare riferimento al punto 6.4 b dell'allegato I al decreto 372/99, si faccia riferimento alla soglia di 75 tonnellate al giorno.Produzione di cartone ondulato per imballaggi
La direttiva 96/61/CE e il decreto legislativo n. 372 del 4 agosto 1999, con particolare riferimento al punto 6.1 b non specificano se l'attività di fabbricazione di carta e cartone ricopra anche la produzione di cartone ondulato per imballaggi.
A riguardo, l'attività di produzione di cartone ondulato per imballaggi non si considera inclusa nel punto 6.1 dell'allegato I al decreto 372/99 , in quanto tale attività consiste nella lavorazione di carta o cartone prodotti altrove e non nella fabbricazione del prodotto.
Roma, .Il Ministro