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Direttiva MinAmbiente 27 maggio 2004 (Disposizioni interpretative delle norme relative agli standard di qualità nell'ambiente acquatico per le sostanze pericolose)
15 giugno 2004
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
Direttiva 27 maggio 2004
(Gazzetta ufficiale 14 giugno 2004 n. 137)Disposizioni interpretative delle norme relative agli standard di qualità nell'ambiente acquatico per le sostanze pericolose
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
Visto il decreto ministeriale 6 novembre 2003, n. 367, che ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, ha emanato il regolamento che fissa gli standard di qualità nell'ambiente acquatico per le sostanze pericolose;
Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e sue modificazioni ed integrazioni, recante disposizioni sulla tutela delle acque e recepimento della direttiva 91/271/Cee concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/Cee relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, con particolare riferimento agli articoli 4, 5, 28, 34, comma 1, 42, 43, 44 e 62, comma 3;
Visto il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 "Attuazione della direttiva 86/278/Cee concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura";
Visto il decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372 "Attuazione della direttiva 96/61/Ce relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento";
Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241 "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi";
Vista la direttiva quadro in materia di tutela delle acque 2000/60/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000, che prevede la riduzione e la graduale eliminazione dell'inquinamento provocato dallo scarico, emissioni e rilascio di sostanze prioritarie;
Considerato che, ai fini della tutela delle acque, per le sostanze pericolose devono essere fissati obiettivi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
Considerato che lo strumento pianificatorio di tutela delle acque dall'inquinamento è definito nei piani regionali di tutela di cui al titolo IV, capo 1, del citato decreto legislativo n. 152/1999, il quale prescrive che le Regioni debbono svolgere un'attività conoscitiva volta all'individuazione delle pressioni antropiche ed al rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici e che, sulla base dei dati raccolti, le Regioni medesime devono approvare il piano regionale di tutela delle acque entro il 31 dicembre 2004;
Considerato che il Parlamento ha conferito al Governo la delega per il recepimento della direttiva 2000/60/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (legge 31 ottobre 2003, n. 306 "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003").
Considerato che il Governo, con l'atto di recepimento della direttiva sopra richiamata e con l'adozione del Testo unico sulle acque previsto dal disegno di legge sulla delega ambientale, di cui si attende la prossima approvazione parlamentare, intende riordinare la normativa vigente in vista degli obiettivi comunitari di qualità da conseguire entro il 2015 e delle norme comunitarie di attuazione della citata direttiva 2000/60/Ce;Emana
la seguente direttiva:1. Obiettivo del decreto ministeriale n. 367/2003 è di fissare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale gli standard di qualità nell'ambiente acquatico nella matrice acquosa, per i corpi idrici significativi e per quelli a specifica destinazione, al fine di assicurare un'elevata tutela ambientale alle scadenze temporali fissate dal decreto legislativo n. 152/1999 al 2008 (articolo 5, comma 3) e al 2015 (articolo 4, comma 4), per le sostanze pericolose individuate a livello comunitario, immesse nell'ambiente idrico da fonti puntuali e diffuse.
Il decreto va pertanto interpretato ed applicato nel rispetto del quadro normativo costituito dal sovraordinato decreto legislativo n. 152/1999 che al suo titolo IV individua quali strumenti di tutela i piani di tutela delle acque (capo I, articoli 42-44) e la disciplina degli scarichi (capo II, articoli 45-53).
Infatti, lo strumento sostanziale per la tutela delle acque dall'inquinamento provocato dalle sostanze pericolose è definito negli articoli 42, 43 e 44 del decreto legislativo citato, i quali prescrivono che le Regioni debbono svolgere un'attività conoscitiva finalizzata all'individuazione delle pressioni antropiche ed al rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici. Sulla base dei dati raccolti, le Regioni devono approvare il piano di tutela delle acque non oltre il 31 dicembre 2004. In questo contesto va considerata anche la gestione dei fanghi derivanti dagli impianti di depurazione.
La disciplina degli scarichi, ex articolo 28 del decreto legislativo n. 152/1999, consegue alle decisioni pianificatorie di cui sopra.
2. Le disposizioni del decreto ministeriale n. 367/2003 concernenti gli scarichi si applicano, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, del decreto legislativo n. 152/1999, agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze pericolose considerate nel decreto stesso e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche analitiche disponibili. Si tratta pertanto di due condizioni concorrenti e soltanto in presenza di entrambe si deve ritenere che gli scarichi siano da qualificare "scarichi di sostanze pericolose".
3. In particolare, sulla base della normativa vigente, l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione, tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico, può fissare, in particolari situazioni di accertato pericolo per l'ambiente anche per la copresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi della normativa generale.
Per le sostanze di cui alla tabella 3/A dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152/1999, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, la quantità massima ammissibile della sostanza continuerà ad essere espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell'attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa tabella.
Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose il punto di misurazione dello scarico si intende fissato subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. Restano fermi, altresì, il disposto dell'articolo 28, comma 5, che lascia all'autorità competente la decisione in materia di separazione degli scarichi di processo da quelli delle acque di raffreddamento, il disposto dell'articolo 39 in materia di acque di prima pioggia nonché la normativa sui fanghi di depurazione di cui al decreto legislativo n. 99/1992.
Per tutte queste disposizioni le autorità competenti scaglioneranno nel tempo le prescrizioni autorizzative, dando ai titolari delle attività da cui originano gli scarichi i tempi di adeguamento necessari nel rispetto del disposto dell'articolo 62, comma 3, del decreto legislativo n. 152/1999.
4. L'allegato B del decreto ministeriale n. 367/2003 essendo finalizzato - come espressamente previsto dall'articolo 1, comma 10 - al raggiungimento degli standard di qualità per le sostanze pericolose, integra il punto 1.2 dell'allegato V del decreto legislativo n. 152/1999, e deve conseguentemente intendersi riferito agli scarichi contenenti sostanze pericolose, individuati all'articolo 34, comma 1, dello stesso decreto. In attesa del recepimento della direttiva Ce/2000/60 - che disciplinerà dettagliatamente la materia modificando, se del caso, la normativa sostanziale vigente, di cui, in particolare, al decreto legislativo n. 152/1999 (capo III), nonché al decreto legislativo n. 372/1999 e al decreto legislativo n. 99/1992 - la scelta se attenersi o meno alle indicazioni riportate nel predetto allegato B rientra nelle facoltà delle autorità competenti, ai sensi di quanto precisato al precedente punto 3 e con le precisazioni di cui al successivo punto 5.
5. Per assicurare la necessaria trasparenza degli atti amministrativi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi", ogni prescrizione eventualmente adottata nelle autorizzazioni dovrà essere adeguatamente motivata sulla base delle indicazioni contenute nel piano regionale di tutela, tenendo conto in particolare della portata del corpo d'acqua e del carico massimo ammissibile nello stesso. Si ricorda infatti che l'articolo 3 comma 1, della predetta legge prescrive che ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato e che la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria. Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile anche l'atto cui essa si richiama che, nel caso in specie, non può essere che il piano regionale di tutela delle acque.
6. Considerata l'esigenza di assicurare il raggiungimento degli standard di qualità della acque dall'inquinamento delle sostanze pericolose con criteri di omogeneità sul territorio, le autorità competenti si atterranno a quanto sopra indicato al fine di garantire l'unitarietà dell'azione di tutela ambientale.Roma, 27 maggio 2004