leggi e sentenze
 

Decreto 6 novembre 2003, n. 367

Regolamento concernente la fissazione di standard di qualità nell'ambiente acquatico per le sostanze pericolose, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152


Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
di concerto con
il Ministro della salute

Vista la direttiva 76/464/Cee del 4 maggio 1976 concernente l'inquinamento provocato da sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità europea e, in particolare, l'articolo 7 che obbliga gli Stati membri a stabilire programmi per ridurre ed eliminare l'inquinamento delle acque provocato da certe sostanze pericolose con la fissazione degli obiettivi di qualità delle acque;
Vista la direttiva quadro in materia di tutela delle acque 2000/60/Ce del Parlamento e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che prevede la riduzione e la graduale eliminazione dell'inquinamento provocato dallo scarico, emissioni e rilascio di sostanze prioritarie;
Vista, in particolare, la decisione n. 2455/2001/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 novembre 2001 relativa all'istituzione di un elenco di sostanze prioritarie in materia di acque, che implementa la direttiva 2000/60/Ce;
Tenuto conto che la direttiva 2000/60/Ce dispone che gli standard di qualità ambientale necessari per il raggiungimento nei corpi idrici superficiali di un buono stato chimico siano definiti sulla base dei criteri di tossicità ed ecotossicità;
Considerato che il criterio di tossicità, finalizzato alla tutela della salute umana, deve tenere conto non solo dei rischi derivanti dal consumo di acqua potabile ma anche di quelli derivanti dal trasferimento dei contaminanti attraverso i processi di bioaccumulo e di biomagnificazione nella catena alimentare e che pertanto si rende necessario fissare standard di qualità idonei a contenere i suddetti rischi, considerando anche i requisiti di qualità delle acque destinate al consumo umano;
Visto il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e sue modificazioni ed integrazioni, recante disposizioni sulla tutela delle acque e recepimento della direttiva 91/271/Cee concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/Cee relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;
Visti, in particolare, gli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999 che prevedono il raggiungimento di un buono stato di qualità ambientale dei corpi idrici e che per tale obiettivo è necessario ottenere un buono stato di qualità chimico ed ecologico;
Considerata l'evoluzione della politica assunta dalla normativa comunitaria e nazionale in materia di tutela delle acque volta inizialmente alla protezione dell'uso potabile, della balneazione e del consumo degli organismi acquatici eduli e successivamente indirizzata ad un approccio di tutela integrata che tiene conto come obiettivo finale della salvaguardia dell'intero ecosistema acquatico;
Ritenuto di dover raggiungere uno stato di qualità chimico entro il 2008 tale da garantire la tutela della salute umana come obiettivo intermedio rispetto a quello più avanzato del buono stato chimico da raggiungere entro il 2015 per la tutela dell'intero ecosistema acquatico;
Ritenuto che sia necessario l'applicazione congiunta delle disposizioni sanitarie ed ambientali vigenti, al fine di garantire un elevato livello di protezione delle acque destinate alla balneazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470;
Considerato che, ai fini della tutela delle acque, per le sostanze pericolose individuate a livello comunitario devono essere fissati obiettivi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
Ritenuto di dover dare esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia del 1° ottobre 1998 che ha condannato lo Stato italiano per non aver adottato i programmi di riduzione dell'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;
Considerata la necessità di modificare gli standard di qualità sulla base di progressi scientifici e tecnologici e tenuto conto dell'evoluzione normativa a livello comunitario;
Visto l'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 1999 che prevede la possibilità di adottare regolamenti per modificare gli allegati al decreto legislativo stesso per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche;
Acquisiti i pareri dell'Istituto superiore di sanità (ISS), dell'Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IRSA), dell'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM) e dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat), con note rispettivamente prot. 29662/TOA 22 del 24 giugno 2003, prot. 88139 SC/16/11 del 27 giugno 2003, prot. 315403 del 9 giugno 2003 e prot. 12965 del 20 giugno 2003;
Acquisita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 29 settembre 2003;
Vista la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, effettuata con nota del 13 ottobre 2003 UL/2003/7535 ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Adotta
il seguente regolamento:

Articolo 1
1. Ai fini della tutela delle acque interne superficiali e delle acque marino-costiere dall'inquinamento provocato dalle sostanze pericolose immesse nell'ambiente idrico da fonti puntuali e diffuse, l'allegato A al presente regolamento definisce per le sostanze pericolose, individuate a livello comunitario, standard di qualità nella matrice acquosa e, per alcune di esse, standard di qualità nei sedimenti delle acque marino-costiere, lagunari e degli stagni costieri. Gli standard fissati in tabella 1 dell'allegato A sono finalizzati a garantire a breve termine la salute umana e a lungo termine la tutela dell'ecosistema acquatico.
2. Le acque di cui al comma 1 devono essere conformi entro il 31 dicembre 2008 agli standard di cui alla tabella 1, colonna B, dell'allegato A al presente regolamento.
3. Le acque di cui al comma 1 devono essere conformi entro dicembre 2015 agli standard di cui alla tabella 1, colonna A, dell'allegato A al presente regolamento.
4. Le acque a specifica destinazione di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, devono essere conformi agli standard di cui ai commi 2 e 3 e per le acque destinate alla vita dei molluschi la tabella 1/C dell'allegato 2 del medesimo decreto legislativo è integrata dalla tabella 1 dell'allegato A del presente regolamento.
5. Per i corpi idrici superficiali di cui al punto 1 dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 152 del 1999 da classificare ai fini della verifica del raggiungimento degli obiettivi di cui agli articoli 4 e seguenti dello stesso decreto legislativo, la tabella 1 dell'allegato A al presente regolamento sostituisce dal 1° gennaio 2008 la tabella 1 dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 152 del 1999.
6. Ai fini della classificazione delle acque marino-costiere, lagunari e degli stagni costieri le tabelle 17 e 18 dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 152 del 1999 sono integrate rispettivamente dalle tabelle 3 e 4 dell'allegato A al presente regolamento.
7. Le analisi sui sedimenti degli ambienti marino-costieri, delle lagune e degli stagni costieri sono obbligatorie per i metalli di cui alla tabella 2 e per le sostanze organiche con log kow \geq 3. La tabella 2 fissa standard di riferimento per i sedimenti di ambienti costieri e lagunari. I risultati analitici, qualora superiori agli standard di cui alla tabella 2, concorrono alla individuazione delle misure da intraprendere ai fini della tutela di detti corpi idrici.
8. Dal 1° gennaio 2021 le concentrazioni delle sostanze individuate con la lettera "PP" nell'allegato A al presente regolamento nelle acque superficiali devono tendere ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e, per le sostanze sintetiche antropogeniche, allo zero sulla base anche dei criteri riportati alla parte generale relativa alla matrice acquosa, punti 3 e 4, del presente regolamento.
9. Qualora venga dimostrato che i valori riportati nelle tabelle 1 e 2 dell'allegato A al presente regolamento non possano essere raggiunti con l'adozione delle misure individuate sulla base delle migliori tecniche disponibili a costi sostenibili, sarà necessario indicare da parte dell'autorità competente al controllo i valori di concentrazione residui nelle acque e nei sedimenti marino-costieri e lagunari, che le misure adottate consentono di raggiungere. Detti valori di concentrazione residua devono essere sottoposti, a cura dell'autorità competente, a successiva valutazione e convalidati a seguito di una specifica analisi di rischio sanitario ed ambientale.
In funzione degli esiti di detta analisi saranno stabilite le eventuali limitazioni d'uso.
10. Ai fini del raggiungimento degli standard di qualità di cui ai commi precedenti, il punto 1.2 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999 è modificato dall'allegato B del presente regolamento.
11. Per la laguna di Venezia ed il suo bacino scolante si applicano le disposizioni della specifica legislazione vigente in materia, restando comunque fermo l'obbligo del rispetto del presente regolamento in relazione agli standard più restrittivi, agli standard fissati per altri parametri non previsti per la laguna di Venezia, alle scadenze temporali ed alle disposizioni relative ai sedimenti.

Articolo 2
1. Le Regioni individuano le sostanze pericolose da controllare in funzione della loro potenziale presenza:
a) nei cicli industriali;
b) negli scarichi in fognatura e nei corpi idrici ricettori;
c) nelle produzioni agricole;
d) in ogni altro centro di attività che possa determinare situazioni di pericolo attraverso inquinamento di origine diffusa nell'ambiente idrico.
L'attività conoscitiva finalizzata all'individuazione delle pressioni antropiche presenti e pregresse già effettuata ai sensi dell'articolo 42 e seguenti del decreto legislativo n. 152 del 1999, è periodicamente aggiornata. Il primo aggiornamento è effettuato entro il 1° gennaio 2006, i successivi ogni sei anni.
2. Il controllo delle sostanze pericolose è effettuato sulla base di quanto disposto al comma 1 del presente articolo e si estende anche a quelle non espressamente normate dal presente regolamento qualora ne sia accertata la presenza sulla base dell'attività conoscitiva di cui al medesimo comma 1.
3. Sulla base della richiesta avanzata dall'autorità competente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ovvero di nuove disposizioni comunitarie, sono definiti gli standard per le sostanze non normate dal presente regolamento.
4. Le Regioni redigono l'elenco delle sostanze pericolose presenti sul proprio territorio e delle fonti di origine, da aggiornare secondo le scadenze temporali riportate al comma 1. L'elenco e i relativi aggiornamenti sono integrati da una relazione contenente i programmi d'azione intrapresi dalle Regioni per la riduzione o eliminazione delle sostanze pericolose.
5. L'elenco delle sostanze, gli aggiornamenti e le relative relazioni di cui al comma 4, da trasmettere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio sono parte integrante del decreto di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 1999.

Articolo 3
1. Sono fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, che provvedono alle finalità del presente regolamento in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione.
2. I parametri di cui al numero 12 della tabella 5 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999 sono sostituiti con i seguenti: "12. idrocarburi di origine petrolifera persistenti" e "12-bis. idrocarburi di origine petrolifera non persistenti". Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Roma, 6 novembre 2003
Allegato A
(articoli 1 e 3)
Parte generale
1 . Ai sensi del punto 3.2.2.2. dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 152 del 1999 nelle acque il monitoraggio delle sostanze di cui al presente regolamento deve essere eseguito con frequenza mensile fino al raggiungimento dell'obiettivo di qualità.
Raggiunto tale obiettivo, la frequenza di monitoraggio deve essere obbligatoriamente mensile per le sostanze indicate con la lettera P, mentre per tutte le altre sostanze il monitoraggio può essere eseguito con cadenza almeno trimestrale. La frequenza di campionamento può essere ulteriormente modificata sulla base di relazioni tecnico-scientifiche che giustificano intervalli più lunghi e qualora la presenza delle sostanze non sia mai stata rilevata nell'arco dell'anno di monitoraggio.
In particolare, per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile la frequenza di monitoraggio a partire dal 1° gennaio 2008 deve tenere conto almeno dello schema di seguito riportato:
Comunità servita Frequenza
< 10.000 4 volte l'anno
da 10.000 a 30.000 8 volte l'anno
> 30.000 12 volte l'anno

La scelta delle stazioni di campionamento deve essere effettuata secondo le modalità di cui al punto 3.2.2.1 dell'allegato 1 del decreto legislativo n. 152 del 1999.
Relativamente alle acque fluviali i campionamenti effettuati in condizioni di variazione molto significative di portata rispetto a quelle di deflusso medio, andranno valutati caso per caso.
L'indagine analitica deve essere eseguita sul campione disciolto.
Qualora venga utilizzata altra metodologia, il risultato analitico ottenuto deve comunque essere riferito al campione disciolto. Il risultato deve essere sempre espresso indicando lo stesso numero di decimali usato nella formulazione dello standard o criterio di cui alle tabelle 1 e 2 del presente regolamento.
Sui sedimenti il monitoraggio delle sostanze effettuato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, deve essere effettuato almeno con frequenza semestrale fino al raggiungimento delle concentrazioni individuate. I campioni da analizzare devono essere prelevati su uno strato superficiale di sedimento relativo ai primi cinque centimetri.
Ai fini dell'attribuzione dello stato chimico lo standard di qualità è riferito alla media aritmetica annuale delle concentrazioni.
2. I metodi analitici da utilizzare per la determinazione dei vari analiti previsti nelle tabelle 1 e 2 del presente regolamento devono fare riferimento alle pù avanzate tecniche di impiego generale. Tali metodi devono essere tratti da raccolte di metodi standardizzati pubblicati a livello nazionale o a livello internazionale.
Le metodiche analitiche, qualora non disponibili alla rilevazione degli standard definiti in allegato devono essere adeguate al fine di consentire i controlli analitici necessari per la riclassificazione dei corpi idrici. Fino all'adeguamento di tali metodi la concentrazione delle sostanze deve risultare comunque inferiore ai limiti di rilevabilità delle più avanzate tecniche di analisi di impiego generale esistenti all'entrata in vigore del presente regolamento.
Per le sostanze inquinanti per cui allo stato attuale non esistono metodiche analitiche standardizzate utilizzabili, le attività di monitoraggio sono subordinate alla definizione di protocolli analitici, quando questi saranno resi disponibili dagli istituti scientifici di cui al comitato tecnico previsto all'articolo 3 del presente regolamento.
3. Nelle acque in cui è dimostrata scientificamente la presenza di metalli in concentrazioni di background naturali superiori ai limiti fissati in tabella, tali livelli di fondo costituiranno gli standard da rispettare. Le concentrazioni rilevate nei sedimenti ricadenti in Regioni geochimiche che presentano livelli di fondo superiori a quelli riportati in tabella 2, sono sostituiti dalle concentrazioni del fondo naturale.
4. Per le sostanze prioritarie, indicate in allegato con la lettera "P" per le quali, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del presente regolamento devono essere perseguite nelle acque particolari condizioni di concentrazione, il tempo necessario per il raggiungimento delle stesse è in funzione delle specifiche caratteristiche chimico-fisiche dei diversi inquinanti, quali la persistenza e la volatilità, e delle specificità dei diversi sistemi acquatici.

Tabelle

Allegato B
(Articolo 1, comma 10)
Acque reflue industriali
1. Per il raggiungimento e/o mantenimento degli standard di qualità fissati all'allegato A del presente regolamento l'autorità competente obbliga le imprese, i cui scarichi contengono le sostanze individuate all'allegato A, all'adozione delle migliori tecniche disponibili ai fini della riduzione o eliminazione delle sostanze pericolose negli scarichi e definiscono comunque, per le sostanze di cui allo stesso allegato A valori limite di emissione più restrittivi di quelli previsti alla tabella 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999.
2. I titolari degli scarichi contenenti le sostanze di cui all'allegato A sono obbligati a porre in opera, con oneri a proprio carico, misuratori di portata e campionatori in automatico al fine di consentire l'attuazione di controlli sistematici su ogni scarico industriale. In tal caso i titolari degli scarichi di acque reflue industriali devono assicurare autocontrolli, effettuando analisi sugli scarichi degli impianti di trattamento e sulle acque reflue in entrata ogni 15 giorni. I risultati di tali analisi devono essere messe a disposizione della autorità preposta al controllo.
3. Le determinazioni analitiche ai fini del controllo della conformità degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio prelevato nell'arco di 3 ore.
L'autorità preposta al controllo può, con motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento su tempi diversi al fine di ottenere il campione adatto a rappresentare lo scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze quali quelle derivanti dalle prescrizioni contenute nell'autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico in relazione alle caratteristiche di continuità dello stesso, il tipo di accertamento, di routine, di emergenza, ecc.
4. I valori limite di emissione allo scarico devono essere rispettati a piè d'impianto. Gli scarichi di processo devono essere separati dagli scarichi di acque di raffreddamento e deve essere previsto l'avvio separato allo scarico delle acque di prima pioggia.
5. Nei casi di cui al comma 2 dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 152 del 1999, qualora sussistano i presupposti di cui allo stesso comma 2, l'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti liquidi, contenenti le sostanze oggetto del presente regolamento, nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane deve comunque prevedere almeno le prescrizioni di seguito riportate:
a) rispetto delle concentrazioni fissate dall'autorità competente per ciascuna delle sostanze dell'allegato A in sede di rilascio delle autorizzazioni in ragione dell'effettiva capacità dell'impianto di pretrattamento;
b) presenza nell'impianto di idonei sistemi di pretrattamento, dedicati ed adeguati alle tipologie di rifiuti liquidi da smaltire, mediante l'uso delle migliori tecniche disponibili tali da garantire, all'uscita dell'impianto di pretrattamento e all'ingresso dell'impianto di trattamento delle acque reflue urbane, concentrazione di sostanze pericolose non superiori di un fattore 20 rispetto agli standard di qualità di cui alla tabella 1 dell'allegato A al presente regolamento;
c) attuazione di un programma di caratterizzazione quali-quantitativa dei rifiuti liquidi, con installazione all'ingresso dell'impianto di trattamento e all'uscita dal medesimo in corrispondenza del punto di confluenza con il depuratore di misuratori di portata e campionatori in automatico al fine di consentire l'attuazione di controlli sistematici sui reflui in entrata e in uscita dall'impianto di trattamento;
d) adozione di sistemi di stoccaggio dei rifiuti liquidi da trattare tale da evitare la miscelazione con i reflui che hanno già subito il trattamento finale;
e) standard gestionali adeguati del processo depurativo e specifici piani di controllo dell'efficienza depurativa;
f) raggiungimento e mantenimento degli standard e degli obiettivi di qualità dei corpi idrici recettori interessati dagli scarichi dei predetti impianti;
g) capacità residua di trattamento valutata in rapporto al bacino di utenza dell'impianto ed alle esigenze di collettamento delle acque reflue urbane non ancora soddisfatte;
h) i fanghi biologici derivanti dagli impianti di depurazione che trattano rifiuti liquidi non possono essere riutilizzati in agricoltura.
6. L'autorizzazione di cui al punto 5 non può essere rilasciata qualora lo scarico recapiti nei corpi idrici con portata naturale nulla per oltre centoventi giorni all'anno o con scarsa capacità depurativa.

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