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Corte di Cassazione penale 1° aprile 2003, n. 15171 (attività i cui impianti sono considerati ad inquinamento poco significativo - sfiati e ricambi aria per esigenze di protezione e sicurezza dei luoghi di lavoro - produzione di vernici) Pres Savignano - G Rel Onorato - Imp (...) - Pm (Parz. Diff.) Meloni V
Svolgimento del processo
1 - Con sentenza del 17 febbraio 1999 il Pretore di Firenze ha dichiarato (...) colpevole del reato di cui agli articoli 6 e 24 del Dpr n. 203 del 1988 per aver costruito sette impianti di emissione in atmosfera senza la prescritta autorizzazione (accertato in Signa il 14 novembre 1998), e per l'effetto l'ha condannato alla pena di lire 1.500.000 di ammenda (sostituita la pena di due mesi di arresto con lire 450.000 di ammenda), con i doppi benefici di legge, subordinando quello della sospensione condizionale della pena al conseguimento dell'autorizzazione all'emissione.
In particolare il Giudice ha ritenuto che gli impianti di emissione (estrattori) fossero nuovi, e cioè costruiti dopo l'entrata in vigore del Dpr n. 203 del 1988 (1 luglio 1988), giacché l'imputato non aveva dimostrato che erano stati costruiti prima del luglio 1988, anche se erano stati prescritti dalla Usl sin dal 16 settembre 1986.
2 - Il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo tre motivi a sostegno. In particolare lamenta:
2.1 - violazione della norma incriminatrice e degli articoli 187 e 192 C.p.p., nonché contraddittorietà della motivazione, laddove la sentenza impugnata non ha ritenuto gli impianti come "nuovi", ponendo invece a carico dell'imputato l'onere di provare che erano già "esistenti";
2.2 - violazione della norma incriminatrice e del Dpr 25 luglio 1991, atteso che si trattava di estrattori installati per esigenze di protezione e sicurezza degli ambienti di lavoro, come tali ritenuti emissioni poco significative ai sensi del n. 23 Allegato 1 del citato Dpr 25 luglio 1991 e quindi sottratte alla applicazione del Dpr n. 203 del 1988;
2.3 - violazione dell'articolo 163 C.p. e mancanza di motivazione in ordine alla sospensione condizionale della pena, che non era stata richiesta.
Motivi della decisione
3 - I primi due motivi sono fondati.
Va premesso che - come risulta pacificamente - in data 16 agosto 1986 la Usl territorialmente competente, durante un sopralluogo effettuato presso il colorificio Zaracolor S.r.l. gestito dall'imputato, avendo accertato alcune violazione delle norme sulla sicurezza e sull'igiene del lavoro (Dpr n. 547 del 1955 e Dpr n. 303 del 1956), impose alla società - tra l'altro - di istallare "nel più breve tempo possibile" nel reparto smalti una idonea aspirazione in prossimità del miscelatore e una cappa aspirante sopra le bilance usate per il dosaggio e la pesatura delle sostanze liquide e polverose.
Gli impianti aspiratori furono quindi installati, ma senza l'autorizzazione prescritta dal Dpr 24 maggio 1988, n. 203. Questo decreto tuttavia prevede una disciplina differenziata. Infatti, per gli impianti esistenti prima dell'entrata in vigore del decreto (1 luglio 1988) doveva essere presentata alla Regione domanda di autorizzazione entro dodici mesi dalla data suddetta, sicché la continuazione dell'esercizio senza aver presentato la domanda nel termine prescritto era punita con l'arresto fino a due anni o con l'ammenda da lire 500.000 a lire 2.000.000 (articoli 12 e 25 del decreto). Mentre per gli impianti "nuovi" istallati dopo quella data è necessaria l'autorizzazione preventiva, sicché chi li costituisce e li utilizza senza la prescritta autorizzazione è soggetto alla pena dell'arresto da due mesi a due anni o all'ammenda da lire 500.000 a lire 2.000.000 (in origine la pena era congiunta, ma poi è diventata alternativa a seguito della sent. n. 234 del 1997 della Corte Cost.: per conseguenza, la pena congiunta irrogata dal Pretore, benché sostituita ex articolo 53 della legge n. 689 del 1981, è comunque illegale) (articoli 6 e 24 del decreto).
Ciò posto, il Pubblico ministero doveva provare e il Giudice accertare se gli impianti "de quibus" erano "esistenti" o "nuovi", al fine di irrogare la relativa sanzione penale (che era leggermente più favorevole per i primi). In altri termini il Giudice non poteva ritenere nuovi gli impianti sol perché l'imputato non aveva provato che erano stati istallati prima del 1 luglio 1988.
4 - Peraltro, nella fattispecie concreta, il problema è superato in seguito all'approvazione del piano energetico nazionale e alla normativa che si è succeduta nella soggetta materia.
Infatti, secondo l'articolo 17, comma 2, del Dpr n. 203 del 1988, dopo l'approvazione del piano energetico nazionale, agli impianti di nuova costruzione sono applicate, anche in deroga alle disposizioni dello stesso decreto, le procedure definite nell'ambito del piano medesimo.
Orbene, con il Dpcm 21 luglio 1989 è stato approvato un atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per l'attuazione e l'interpretazione del Dpr n. 203 del 1988, che ha definito l'ambito di applicazione di quest'ultimo, escludendone alcuni tipi di impianto (alcuni impianti termici, gli impianti di climatizzazione, e altri).
In seguito è stato approvato un nuovo atto di indirizzo modificativo del precedente, emanato con Dpr 25 luglio 1991 [ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera h) della legge 12 gennaio 1991, n. 13 gli atti di indirizzo dell'attività amministrativa delle Regioni devono essere emanati con decreto del Presidente della Repubblica], il quale ha introdotto due nuove categorie di attività: le attività con emissioni poco significative (capo II) e le attività a ridotto inquinamento atmosferico (capo III). Le prime, elencate nell'allegato 1, non richiedono autorizzazione regionale (articolo 2); mentre le seconde, elencate nell'allegato 2, sono individuate sulla base del tipo di produzione e della massa degli inquinanti prodotti, e richiedono solo un'autorizzazione regionale in via generale (articoli 4 e 5), non essendo quindi più necessaria l'autorizzazione regionale in via generale (articoli 4 e 5), non essendo quindi più necessaria l'autorizzazione individualizzata rilasciata in base alle caratteristiche e alle garanzie ecologiche del singolo impianto o stabilimento (cfr. articolo 7 del Dpr n. 203 del 1988).
Tra le attività con emissioni poco significative l'allegato 1 comprende, al n. 23, "sfiati e ricambi d'aria esclusivamente adibiti alla protezione e sicurezza degli ambienti di lavoro".
Mentre tra le attività a inquinamento atmosferico ridotto l'allegato 2 include, al n. 11, la "produzione di mastici, pitture, vernici, cere, inchiostri e affini con produzione non superiore a 500 kg/h".
Se ne deve concludere che i punti di emissione istallati solo per esigenze di igiene e/o sicurezza degli ambienti di lavoro non richiedono l'autorizzazione regionale, sicché l'istallazione non autorizzata non integra il reato previsto e punito dall'articolo 24 del Dpr n. 203 del 1988.
In altri termini, si tratta di una deroga che il nuovo piano energetico nazionale del 25 luglio 1991 ha introdotto, in base all'articolo 17 del Dpr n. 203 del 1988 citato, per l'istallazione di nuovi punti di emissione del genere suddetto. Come tale, essa configura una depenalizzazione che in virtù dell'articolo 2 C.p., cpv. si applica non solo agli impianti nuovi, ma anche agli impianti preesistenti alla data di entrata in vigore del piano energetico del 1991 (i.e. 11 agosto 1991).
Erroneamente il Giudice di merito ha escluso l'applicabilità dell'allegato 1 succitato, nella considerazione che gli apparecchi estrattori superavano la soglia di 500 kg/h, giacché - al contrario - l'allegato 1, a differenza dell'allegato 2, non fa alcun riferimento a limiti di massa degli inquinanti prodotti ed emessi nell'atmosfera. Nelle ipotesi di emissioni atmosferiche connesse a esigenze di igiene e di sicurezza del lavoro, di cui al citato n. 23 dell'allegato 1, è evidente la ratio della disciplina derogatoria, atteso che il danno dell'inquinamento atmosferico, indipendentemente da qualsiasi soglia quantitativa, è bilanciato dal vantaggio del disinquinamento degli ambienti di lavoro.
Giova osservare che nel caso di specie si tratta propriamente di punti di emissione e non di impianti o tanto meno di stabilimenti, alla luce della precisazione terminologica introdotta dal succitato Dpcm 21 luglio 1989, secondo la quale uno stabilimento può essere costituito da più impianti, un impianto è l'insieme delle linee produttive finalizzate a una specifica produzione, e le linee produttive possono a loro volta comprendere più punti di emissione, derivanti da una o più apparecchiature e/o da operazioni funzionali al ciclo produttivo. Nello stabilimento Zetacolor gli apparecchi aspiratori istallati costituivano punti di emissione, che in quanto riconducibili a sfiati o ricambi d'aria adibiti a esigenze di igiene del lavoro non richiedevano alcuna previa autorizzazione regionale.
5 - La sentenza impugnata va quindi annullata senza rinvio perché il fatto di reato contestato non sussiste.
L'ultimo motivo di ricorso resta assorbito.PQM
La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma il 30 gennaio 2003.Depositata in Cancelleria l'1 aprile 2003.