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Corte di Cassazione 28 maggio 2004, n. 24328 (biogas da discarica di rifiuti - sistema di captazione ed emissioni in atmosfera - DPR 203/88 si applica)


Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Il Tribunale di Velletri, in composizione monocratica, con sentenza del 18 ottobre 2001 assolveva (...), (...) e (...) dai reati loro ascritti al capo a) perché il fatto non costituisce reato e al capo b) perché il fatto non è previsto come reato, mentre condannava gli stessi ad un milione di ammenda per il reato di cui al capo e (articolo 24 Dpr n. 203 del 1988). Precisava il Tribunale che all'epoca dei fatti, accertati il 15 e 23 aprile 1998 in Segni (ove la C. S.p.A. aveva in gestione una discarica di Rsu) gli imputati rivestivano rispettivamente la qualifica di amministratore delegato (il (...)), capo impianto (il (...)) e direttore dei lavori (il (...)); che era stato accertato nella sua oggettività il reato di cui all'articolo 51, quarto comma, Dlgs n. 22 del 1997 (inottemperanza delle prescrizioni del Presidente della Giunta Provinciale di Roma nella parte in cui si disponeva di lasciare libera per il percolato l'area ai piedi dell'invaso della discarica), mentre difettava l'elemento soggettivo della colpa, posto che un certo quantitativo di rifiuti si era accumulato a causa della pendenza - caduta per gravità - essendo la discarica localizzata in area non pianeggiante); che lo scarico indiretto, realizzato mediante il trasporto dei liquidi di percolato, presso uno stabilimento finale di (...), non era più punibile ex Dlgs n. 152 del 1999; che, invece, sussisteva il reato formale di carenza di autorizzazione ex articolo 24 Dpr n. 203 del 1988, perché dalla discarica si liberavano emissioni di biogas e non esisteva alcun impianto per la loro captazione nel corso della gestione della discarica medesima (e non solo alla fine della gestione, ossia ad esaurimento).
Contro questa sentenza gli imputati deducono, a vario titolo, violazione di legge ed erronea motivazione, sui seguenti punti:
a) esistenza di una delega di funzioni da parte dell'amministratore delegato (...), idonea ad escludere la penale responsabilità;
b) insussistenza della violazione della prescrizione della Provincia di Roma, posto che la presenza di una limitata quantità di rifiuti nell'area ai piedi dell'invaso era consentita purché non superante il limite di 60 cm;
c) insussistenza del reato di cui all'articolo 21 legge n. 319 del 1976, alla luce della giurisprudenza anteriore al Dlgs n. 152 del 1999;
d) insussistenza del reato di cui al Dpr n. 203 del 1988, posto che l'obbligo di adottare un impianto di captazione del gas dalla discarica era imposto dalla P.a. solo allorché la discarica non fosse più funzionante, ossia a conclusione del suo ciclo, onde prevenire quantitativa di biogas significativi.
I ricorsi sono infondati e vanno rigettati, mentre deve prendersi atto della intervenuta prescrizione del reato di cui al capo C.
La difesa del ricorrente (...) ha preliminarmente dedotto la applicabilità dell'articolo 129 C.p.p., che stabilisce l'obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità: nel caso in esame invece della assoluzione perché il fatto non costituisce reato, l'assoluzione per non aver commesso il fatto o perché in fatto non sussiste, stante una delega di funzioni preesistente al Direttore Generale Ing. (...).
Osserva la Corte al riguardo che il predetto articolo presuppone che le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto e la non commissione di esso da parte dell'imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile ed evidente, sì da implicare un riscontro in termini di contestazione e non di apprezzamento (Cass. Sezione 6°, 25 marzo 1999, n. 3945, rv. 213882).
Nel caso in esame - pur dovendosi riconoscere in via di principio la possibilità della delega di funzioni a certe condizioni (Cass. Sezione 3°, 20 gennaio 1992, n. 132, Veronesi, e numerose altre successive) - deve escludersi la ricorrenza dei presupposti indicati dallo articolo 129 C.p.p., perché la delega 2 aprile 1996, attiene alla sola normativa sui luoghi di lavoro ex lege Dlgs n. 626 del 1996 e la procura speciale 23 gennaio 1998 attiene alla responsabilità gestionale - quale capo impianto - della discarica di Segni al geometra (...), coimputato e non appare idonea ad escludere sul piano formale e sostanziale quella dell'amministratore delegato. Per il periodo antecedente il Giudice di merito ha tratto argomenti sia dal ruolo istituzionale dell'imputato (...), sia dalla circostanza che la richiesta di autorizzazione del 9 ottobre 1998 fu sottoscritta dall'amministratore delegato Ing. (...) e non dal direttore generale in forza di delega.
La mancanza di elementi certi in ordine al tempo, al contenuto, ai poteri conferiti, questa Corte deve confermare il giudizio di assoluzione per carenza dell'elemento soggettivo del reato ex articolo 51, quarto comma, Dlgs n. 22 del 1997. È emerso in modo certo che una ingente quantità di rifiuti, sommersi e non, fuoriuscivano dal percolato, sicché era stato obiettivamente violata la prescrizione di lasciare libera l'area al piede dell'invaso. Il fatto che il battente idraulico di 60 cm., al fine di prevenire eventi meteorici eccezionali, non sia stato superato non esclude la violazione sopra indicata, come giustamente ritenuto dai Giudici di merito. Nelle discariche i rifiuti devono essere contenuti con le misure tecniche necessarie e non fuoriuscire dall'area ad essi deputata, mentre il solo percolato può defluire ed essere recuperato nelle forme previste. Costituisce giudizio di fatto - favorevole all'imputato - la valutazione della assenza di colpa, nel caso concreto, essendosi ritenuto che la presenza di un certo quantitativo di rifiuti all'esterno era attribuibile a caduta per gravità.
In relazione alla censura sulla pretesa violazione dell'articolo 21 legge n. 319 del 1976, osserva la Corte che esattamente è stata dichiarata la insussistenza del reato per scarico indiretto in forza del sopravvenuto Dlgs n. 152 del 1999.
In verità quest'ultima legge imponeva al Giudice di applicare la normativa sui rifiuti (Dlgs n. 22 del 1997) al trasporto dei liquami (scarico indiretto). Contrariamente a quanto si assume nei ricorsi la giurisprudenza formatasi sulla legge n. 319 del 1976 ricomprendeva anche lo scarico indiretto nel concetto di scarico (Cass. 8 gennaio 1990, n. 48 Zagra), sicché sul punto la decisione di applicare il Dlgs n. 152 del 1999 che ha eliminato il concetto di scarico indiretto appare corretta (pur con il rilievo sopra indicato dalla sottoposizione alla più rigida disciplina sui rifiuti Cass. Sezione 3°, 24 febbraio 2003, Conte).
Venendo all'esame del motivo attinente alla violazione del Dpr n. 203 del 1988, osserva la Corte che la censura è infondata.
La sentenza impugnata motiva correttamente sul punto osservando:
"È risultato addebitabile agli odierni imputati la mancata presentazione della domanda di autorizzazione per l'immissione in atmosfera di biogas. Il citato Dpr n. 203 del 1988 sottopone a preventivo controllo, nella forma di un'autorizzazione regionale espressa e specifica, l'inizio della "costruzione" di un nuovo impianto e distingue tale momento da quello dell'attivazione dell'"esercizio", ugualmente soggetto a controllo regionale.
L'articolo 1 (dello stesso Dpr n. 203 del 1988) sottopone alla suddetta disciplina "tutti gli impianti che possono dar luogo ad emissioni nell'atmosfera", mentre la definizione di impianto di cui al punto 9 dell'articolo 2 ha riguardo allo "stabilimento o altro impianto fisso che serva per usi industriali o di pubblica utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di quelli destinati alla difesa nazionale".
Le iniziali incertezze circa l'estensione del termine sono venute sostanzialmente meno per effetto del Dpcm 21 luglio 1989, che ha dettato norme di indirizzo e coordinamento per l'attuazione e l'interpretazione del Dpr n. 203 del 1988, stabilendo la sua applicazione "agli impianti industriali di produzione di beni o servizi...escludendo gli impianti termici non inseriti in un ciclo di produzione..., gli impianti di climatizzazione..., gli impianti termici destinati esclusivamente a riscaldamento dei locali...., ecc.".
L'assoggettabilità o meno dei singoli impianti alla suddetta normativa (Dpr n. 203 del 1988), inoltre, ha dato luogo a diverse pronunce della Suprema Corte che si è soffermata sulla definizione di "inquinamento atmosferico" di cui all'articolo 2, punto 1, riscontrandone la sussistenza "....non necessariamente in caso di un accertato pericolo di danno alla salute dell'uomo, per la presenza di sostanze inquinanti o tossiche o nocive, ma anche solo per un'alterazione dell'atmosfera che incida negativamente sui beni naturali o anche semplicemente sull'uso di essi...." (Cass., 3°, 3 marzo 1992, Forte; Cass., 1°, 7 giugno 1996; ed altre).
Alla luce delle superiori considerazioni, non può non rientrare la discarica Rsu di Segni, gestita dalla C. S.p.A., nell'ambito di applicazione del Dpr n. 203 del 1988, trattandosi peraltro di un impianto di pubblica utilità.
Ritiene questa Corte che il principio di diritto da valere nella materia è il seguente: "Le emissioni di biogas di una discarica di rifiuti rientrano nella normativa sulla prevenzione dell'inquinamento atmosferico di cui al Dpr n. 203 del 1988 e devono formare oggetto di specifiche prescrizioni tecniche durante tutto l'esercizio dell'attività e non solo quando la discarica si sia esaurita. L'obbligo di provvedere alla captazione discende direttamente dalla legge, mentre la P.a. può solo determinare le modalità tecniche con cui provvedere. Le discariche sono stabilimenti di pubblica utilità idonei a dar luogo all'inquinamento atmosferico, fenomeno che deve essere considerato nella unitaria autorizzazione integrata preventiva".
Di questo principio ha tenuto conto la stessa Provincia di Roma con l'ordinanza di provvedere alla captazione delle emissioni dalla discarica. Tuttavia il reato in oggetto, pur sussistente deve essere dichiarato estinto per decorrenza del termine prescrizionale a partire dalla data di accertamento (23 aprile 1998).
PQM

La Corte
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione al reato di cui al capo C della rubrica perché estinto per prescrizione. Rigetta nel reato i ricorsi.
Così deciso in Roma, il 4 maggio 2004.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2004.

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