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Sentenza n° 44924 del 19/11/2004
Corte di Cassazione Penale – Sez. III
(Parti: Bellotti)

Guasto di impianto di abbattimento delle emissioni: obbligo di ripristino di funzionamento e di informazione all'autorità competente

La mancata comunicazione entro un breve lasso temporale configura il reato previsto dall’art. 25, comma 2, DPR 203/1988, assimilandosi il difetto di tempestiva comunicazione alla inosservanza delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione.
Al fine del configurarsi del reato di cui sopra, l’interruzione deve inoltre qualificarsi di particolare gravità, circostanza che risulta provata qualora sia tale da non consentire il rispetto dei valori limite di emissione indicati nell’autorizzazione.
Riferimenti normativi
D.P.R. n° 203 del 24/05/1988; D.M. 12/07/1990
Svolgimento del processo
II giudice monocratico del Tribunale di Pisa, con la decisione indicata in premessa, a seguito di opposizione a decreto penale, condannava Bellotti Aldo, legale rappresentante della “Kimble Italiana s.p.a.”, alla pena di   500,00 di ammenda in ordine al reato, accertato il 14/6/2001, di cui all'art. 25, comma 2, D.P.R. n. 203/1988.
L'originaria imputazione aveva ad oggetto l’omessa verifica - in violazione della normativa
regionale e provinciale - del valore di emissione raggiunto dalle polveri con l'impianto di
abbattimento fuori uso. La denunzia era scaturita da un accertamento dell'ARPAT effettuato presso la menzionata ditta il 7/6/2001, in occasione del quale era stato constatato che i tre forni per la produzione del vetro non erano collegati al sistema elettrostatico di abbattimento delle polveri, a seguito del guasto di questo, avvenuto il 26/4/2001 ma non segnalato alla competente autorità.
Rilevava il giudicante che l'autorizzazione alle emissioni rilasciata alla ditta l’11/7/97 dalla
Provincia di Pisa prevede - in caso di interruzione del funzionamento degli impianti di
abbattimento, tale da non consentire il rispetto dei valori limite di emissione - che, oltre a dover essere annotato l’avvenuto guasto nell'apposito registro, devono essere comunque osservati “gli obblighi di cui all'art. 3, punto 15, del D.M. 12/7/1990”, consistenti nel provvedere al ripristino funzionale dell'impianto nel minor tempo possibile e nell’”informare immediatamente l’autorità competente, che dispone i provvedimenti necessari”. Ebbene è proprio tale seconda prescrizione - a detta del giudice del merito, che comunque evidenzia e stigmatizza “l’incongruità” del capo d’imputazione, anche in relazione al tempus commissi delicti - a non essere stata osservata dall’imputato, per cui deve ravvisarsi la violazione dell’art. 25, comma 2, D.P.R. n. 203/1988 che, tra le varie ipotesi contravvenzionali, comprende quella dell’inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione.
L’imputato ricorre per cassazione, deducendo: 1) inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità (art. 606, comma 1 lett. ‘c’, c.p.p. in relazione agli artt. 521, 522 e 177 c.p.p.), non avendo
il giudice monocratico tenuto conto che l’imputato ha prodotto in giudizio la documentazione
comprovante l’avvenuta comunicazione (in data 12/6/2001) all’autorità competente del guasto verificatosi all’impianto di abbattimento delle polveri, con allegate le analisi delle emissioni in atmosfera (dell’8/6/2001), ed inoltre essendo stata pronunziata condanna per un fatto diverso da quello contestato; 2) inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità ed inammissibilità (art. 606, comma 1 lett. ‘b’, c.p.p. in relazione agli artt. 191, 194 n. 3, 195 e 499 c.p.p.), per aver assunto nel processo logico decisionale elementi, acquisiti nel corso dell’istruttoria dibattimentale da testi (Ciacchini e Paoli) che pacificamente non avevano cognizione diretta dei fatti storici enunciati, e per avere surrettiziamente utilizzato tali soggetti come consulenti tecnici, avendo gli stessi espresso valutazioni di ordine tecnico; 3) illogicità, contraddittorietà e mancanza della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato (art. 606, comma 1 lett. ‘b’ ed
‘e’, c.p.p. in relazione agli artt. 10 e 25 D.P.R. n. 203/1988 e 3 D.M. 12/7/1990), avendo il giudice omesso di considerare gli elementi contestati nel capo di imputazione e quelli acquisiti nel corso dell’istruttoria dibattimentale, in particolare che la comunicazione del guasto all’autorità competente era stata effettuata il 12/6/2001 e che la sostituzione dell’alimentazione di uno dei tre forni (ad ossigeno anziché ad aria) rendeva totalmente inapplicabili i parametri di valutazione delle emissioni ed i limiti fissati dall’autorizzazione, facendo venire meno il presupposto stesso della comunicazione prescritta dall’art. 3 D.M. 12/7/1990, e cioè la consapevolezza di superare i limiti imposti dalle autorizzazioni.
All’odierna udienza il P.G. e il difensore concludono come riportato in epigrafe.

Motivi della decisione
II ricorso è infondato.
Innanzi tutto va rilevata la sussistenza del reato previsto dall’art. 25, comma 2, D.P.R. n. 203/1988, così come ritenuto in sentenza, essendo pacifica la violazione - da parte del prevenuto, quale legale rappresentante della “Kimble Italiana s.p.a.” - della prescrizione posta dal menzionato art. 3, comma 15, D.M. 12/7/1990, espressamente richiamato dall’autorizzazione alle emissioni in atmosfera (n. 908 dell’11/7/97, punto 1.9), rilasciata dalla Provincia di Pisa alla detta società, ex art. 12 D.P.R. n. 203/1988.
La disposizione del decreto ministeriale, invero, come sopra ricordato, impone - in caso
d’interruzione del funzionamento degli impianti di abbattimento delle polveri, tale da non
consentire il rispetto dei valori limite di emissione - di provvedere al ripristino funzionale
dell’impianto nel minor tempo possibile e di “informare immediatamente l’autorità competente, che dispone i provvedimenti necessari”.
Orbene è pacifico, nel caso di specie, che:

- il filtro elettrostatico a servizio dei forni fusori della Kimble non era funzionante dal 26/4/2001;
- tale avaria venne riscontrata il 7/6/2001, in occasione di un’ispezione dell’ARPAT;
- la stessa venne segnalata dalla società all’autorità competente solo il 12/6/2001, e cioè
successivamente all’accertamento dell’ARPAT;
- il 18/6/2001, la Provincia di Pisa diffidò il Bellotti ad adempiere ad una serie di prescrizioni.
Così stando le cose, è palese la violazione della detta prescrizione, giacché l’avviso all’autorità competente non avvenne “immediatamente”, ma solo un mese e mezzo circa dopo il veri ficarsi dell’avaria ed inoltre solo successivamente all’accertamento della violazione da parte dell’organo di controllo.
Per quanto concerne la tipologia del guasto, la “particolare gravità” di esso è stata accertata dal Tribunale, che nella impugnata decisione, con motivazione esauriente e logica, evidenzia, alla luce delle risultanze processuali, come fosse tale da non consentire il rispetto dei valori limite di emissione indicati dall’autorizzazione. Tale valutazione, essendo riservata al giudice di merito, è sottratta al vaglio di legittimità.
Dunque sussiste la contravvenzione di cui all’art. 25, comma 2, D.P.R. n. 203/1988, che – tra varie ipotesi – comprende quella della inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione.
Parimenti infondata è la seconda censura della prima doglianza, con la quale si denunzia la
violazione dell’art. 521 c.p.p., per mancanza di correlazione tra l’imputazione contestata e la
sentenza.
Sul punto il Tribunale fornisce congrua risposta, essendo stata sollevata tale contestazione già in dibattimento, spiegando le ragioni per cui non ravvisa la detta violazione. Il Collegio condivide le argomentazioni della gravata decisione, richiamando la pacifica giurisprudenza sulla correlazione fra imputazione contestata e sentenza, secondo cui, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale, nei suoi clementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, sì da determinare un’incertezza - sull’oggetto dell’imputazione - produttiva di un reale pregiudizio dei diritti della difesa. Pertanto l’indagine volta ad accertare la violazione del princip io suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie di difesa,
la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione.
Nel caso in esame, il fatto storico addebitato al Bellotti, sebbene formulato in maniera non
esemplare, come peraltro evidenziato dal Tribunale, fa comunque specifico riferimento all’omessa verifica dei valori di emissione delle polveri con l’impianto di abbattimento fuori uso. Inoltre, essendo stata immediatamente notificata al predetto la diffida del 18/6/2001 della Provincia di Pisa, contenente la specifica indicazione di una serie di prescrizioni da osservare, lo stesso ha avuto contezza fin dall’inizio dell’oggetto della successiva imputazione, dalla quale del resto risulta essersi adeguatamente difeso nel corso del dibattimento. Alla luce dei ricordati consolidati principi è evidente, quindi, l’infondatezza della censura. Per quanto concerne la seconda doglianza, relativa alle deposizioni-consulenza dei testi Ciacchini e Paoli, rileva il Collegio che le stesse non hanno in alcun modo determinato la decisio ne, la quale ha ad oggetto la violazione formale, peraltro assolutamente pacifica, di una prescrizione contenuta seppure con richiamo per relationem – nel provvedimento autorizzatorio.
In relazione all’ultima censura, rileva il Collegio che essa si concreta in una critica alla valutazione delle risultanze processuali effettuata dai giudici del merito.
Ricordato che l’attuale codice di rito prevede come motivo di ricorso per cassazione, attinente alla motivazione della sentenza impugnata, esclusivamente la mancanza o la manifesta illogicità di essa (quando detti vizi però risultino dal testo stesso del provvedimento), e non anche la sua insufficienza, reputa il Collegio che, nel caso in esame, non ricorra alcuna di tali ipotesi, avendo il Tribunale spiegato, in maniera adeguata, logica e corretta le ragioni del proprio convincimento, con specifico riferimento alla ritenuta gravità del guasto verificatosi presso la Kimble, “tale da non permettere - ad avviso del giudicante - il rispetto dei valori limite di emissione”, donde l’obbligo di segnalarlo all’autorità competente.



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