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Corte di Cassazione penale, sez. III, 9 maggio 2002, n. 16249 (deposito di veicoli a fine vita - se non inquina il suolo non è una discarica, ma uno sconcio ambientale - escluso l'inquinamento dovuto alle acque meteoriche che dilavano l'area) Pres. Malinconico - Est. Piccialli - P.M. Di Zenzo (conf.) - Ric. P.M. in proc. Camposano.
Ai fini della configurabilità di una discarica abusiva, nel caso di deposito di veicoli, non è sufficiente lo stato di inservibilità irreversibile, dovuto ai tempi di giacenza, dei mezzi stessi e relative parti, ma vi devono essere modalità di deposito tali da dar luogo ad infiltrazioni di oli o altri liquidi nel suolo o ad altre forme di inquinamento ambientale, con esclusione del generico deflusso delle acque di "dilavamento".
Svolgimento del processo e motivi della decisione. - Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli ricorre avverso l'ordinanza in epigrafe, con la quale, in sede di riesame ex art. 324 c.p.p. su istanza dell'indagato Giovanni Camposano, esercente attività di custodia di autoveicoli e motoveicoli sequestrati a disposizione di autorità giudiziarie e amministrative, è stato annullato il sequestro preventivo decretato il 13 novembre 2001 dal Gip del tribunale medesimo (su richiesta del P.M. conseguente a sopralluogo dei C.C. del Nucleo Operativo Ecologico), ad oggetto dell'area sulla quale erano depositati i veicoli, in ravvisato cospetto dei reati di cui agli artt. 51 commi 1 e 3 D.L.vo 22/97, 335 c.p. e 20 L. 47/85.
I giudici del riesame hanno escluso la sussistenza del fumus dei suddetti reati, sulla scorta delle seguenti essenziali considerazioni: I) la non qualificabilità, quali rifiuti, dei veicoli in questione non potendosi ritenere, sebbene soggetti all'usura del tempo, destinati all'abbandono, consideratane la situazione giuridica tale da concludersi o con l'acquisizione da parte dello Stato o con la restituzione agli originari aventi diritto; II) la rilevata mancanza, allo stato, sia pure in un contesto di innegabile "sconcio ambientale", di concreti specifici danni al suolo, non essendo stati rilevati "sversamenti di oli" nel terreno, né "danni particolari alle autovetture", circostanza quest'ultima implicante anche la mancata verifica dell'ipotesi accusatoria relativa al delitto di cui all'art. 355 c.p.; III) la non configurabilità di alcuna contravvenzione urbanistica, non essendo ipotizzabile un cambiamento della destinazione d'uso del terreno (originariamente agricolo) in mancanza di opere edilizie, essendo al riguardo irrilevante la semplice recinzione del suolo.
Il ricorrente P.M. censura la suddetta decisione, per violazione di legge, ex art. 606 comma 1 lett. b), in rel. 325 c.p.p., essendo stato erroneamente escluso il fumus dei reati contestati.
Nell'impugnazione si sostiene: 1) la configurabilità, anche sulla scorta di precedenti in termini della giurisprudenza di legittimità, degli estremi di cui all'art. 51 D.L.vo, tenuto conto dello stato di inservibilità irreversibile, dovuto ai tempi di giacenza ed alle carenti modalità di conservazione, in cui sarebbero stati trovati i veicoli e relative parti (per i quali lo stesso art. 46 ha previsto una specifica procedura di smaltimento), con situazione di abbandono degli stessi, tale da trasformare il luogo dell'accumulo, sottoposto a tendenziale degrado, in una discarica; 2) la rilevabilità, attraverso le modalità del tutto carenti della custode, della "volontà di disfarsi del bene nella condizione in cui lo stesso si trova, stante l'impossibilità ... del riutilizzo", non esclusa, ma anzi rafforzata dalla presenza del vincolo, eluso e vanificato con tale comportamento, con la conseguente configurabilità degli estremi del delitto di cui all'art. 355 c.p. 3) la configurabilità anche della contravvenzione urbanistica, tenuto conto della stabilità del deposito dei veicoli sul suolo, non assentito da alcuna concessione, del tutto in contrasto con la destinazione agricola dello stesso.
Con un'ultima considerazione il ricorrente ufficio censura anche il travalicamento, da parte del tribunale, dei limiti delibativi del giudizio di riesame, che si sarebbe addentrato in considerazioni di merito eccedenti la mera verifica dell'astratta configurabilità delle fattispecie di reato ipotizzate, peraltro contraddittoriamente ammettendo la necessità di ulteriori e più approfondite indagini tecniche sull'ambiente.
Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
Il richiamo da parte del ricorrente P.M. alla giurisprudenza di questa S.C. non è del tutto conferente, attenendo a fattispecie nelle quali il degrado dell'ambiente con la conseguente trasformazione, quanto meno tendenziale, del sito in "discarica", era dovuto non alla sola presenza dei veicoli sequestrati, ma anche di rottami e deiezioni degli stessi, tali da integrare gli estremi oggettivi del reato di cui all'art. 51 comma 3 D.L.vo 22/97 o, quantomeno, quelli dell'abbandono incontrollato di rifiuti, di cui al secondo comma.
Nel caso di specie la situazione di fatto riscontrata, descritta nella motivazione del provvedimento di riesame, pur configurando ad avviso di quei giudici un'innegabile "sconcio ambientale" (evidentemente a carattere essenzialmente estetico), non era tale da integrare gli estremi della discarica, non solo perché i veicoli in sequestro, di per sè (per l'incombenza del vincolo di indisponibilità dei beni, la cui destinazione finale è rimessa alle competenti autorità giudiziarie o amministrative) non possono considerarsi, per volontà del detentore o per obbligo giuridico, destinati all'abbandono, ma anche e soprattutto perché le modalità del deposito degli autoveicoli sistemati, senza essere accatastati, all'aperto (a differenza delle parti staccate e dei motocicli, ricoverati in uno scantinato) non erano tali, allo stato, da dar luogo ad infiltrazioni di oli o altri liquidi nel suolo o ad altre forme di inquinamento ambientale, se non al generico deflusso delle acque di "dilavamento" (inconveniente che pur viene segnalato, al fine di più approfondite indagini tecniche, ma che di per sè viene, implicitamente ma correttamente, considerato irrilevante agli effetti dell'art. 51 cit. D.L.vo).
Tali risultanze, di cui i giudici del riesame hanno esaurientemente dato atto in motivazione, vengono vanamente contestate dal ricorrente P.M. con argomentazioni che, risolvendosi in censure in fatto avverso la decisione impugnata, sono palesemente inammissibili nella presente sede di legittimità, in cui non può procedersi ad interpretazione delle risultanze d'indagine diversa da quella esposta dal giudice di merito, e neppure al controllo logico della relativa motivazione, tenuto conto dei noti limiti di deducibilità con i ricorsi, in materia cautelare reale, che l'art. 325 c.p.p. circoscrive alle sole violazioni di legge stricto sensu.
Infondati sono anche i residui profili di censura, attinenti al fumus dei reati: a) di cui agli artt. 335 c.p., motivatamente escluso sulla scorta delle menzionate risultanze, insufficienti a far ravvisare, in un contesto caratterizzato dal deterioramento dei veicoli dovuta essenzialmente ai lunghi tempi di giacenza, gli estremi dell'inadempimento penalmente rilevante del custode; b) di cui all'art. 20 L. 47/85, non essendo stata riscontrata alcuna concreta e stabile modificazione, urbanisticamente rilevante, del territorio, mediante opere compiute sullo stesso, né potendo, a tal fine, considerarsi rilevante l'attività di mero deposito sullo stesso di veicoli, tenuto conto della temporaneità e reversibilità che la caratterizza. (Omissis).