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Sez. 3, Sentenza n. 38297 del 18/06/2004 Ud. (dep. 29/09/2004 ) Rv. 229619
Presidente: Vitalone C. Estensore: Fiale A. Relatore: Fiale A. Imputato: P.M. in proc. Providenti ed altri. P.M. Iacoviello FM. (Conf.)
(Rigetta, Trib. Messina, 8 Ottobre 2002)
REATI CONTRO L'INCOLUMITÀ PUBBLICA - CONTRAVVENZIONI - GETTO PERICOLOSO DI COSE - Emissione di gas, vapori o fumi - Mancato superamento dei limiti previsti da leggi speciali - Reato di cui all'art. 674 cod. pen. - Configurabilità - Esclusione.
CON MOTIVAZIONE
L'inquinamento urbano da traffico provocato da emissioni (benzene, PM10) e rumori non è attribuibile agli amministratori comunali in forza della violazione dell'art.674 C.P.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONEComposta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 18/06/2004
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. GRILLO Carlo M. - Consigliere - N. 1367
Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 10429/2004
ha pronunciato la seguente:SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina;
nei confronti di:
1 - PROVIDENTI FRANCESCO, n. a Messina il 10/2/1935;
2 - SOFO VINCENZA, n. a Sinapoli il 16/10/1951;
3 - LEONARDI SALVATORE FRANCESCO, n. a Catania il 16/6/1939;
4 - SANTALCO GIUSEPPE, n. a Messina il 29/5/1954;
avverso la sentenza 8/10/2002 del Tribunale monocratico di Messina;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in Pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Fiale Aldo;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro che ha concluso per il rigetto del ricorso del P.M.. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Previdenti Francesco e Leonardi Salvatore Francesco (quali sindaci pro-tempore del Comune di Messina), Sofo Vincenza e Santalco Giuseppe (quali assessori pro-tempore alla sanità e all'ambiente) venivano tratti a giudizio del Tribunale monocratico di Messina per rispondere dei reati di cui:
- agli artt 110, 40 e 674 cod. pen., poiché, nelle rispettive qualità e funzioni (Previdenti e Sofo dal giugno 1994 al maggio 1998 - Leonardi dal giugno 1998 e Santalco dall'aprile 2000, fino all'aprile 2001) non impedivano le emissioni offensive o moleste di inquinanti atmosferici (biossido di zolfo, biossido di azoto, monossido di carbonio, ozono, polveri totali sospese con particolare riferimento alla frazione inalante di diametro minore di 10 microgrammi denominata PM 10) provocate dagli autoveicoli in circolazione nell'arteria stradale denominata viale Boccetta - attinta da eccezionale intensità di passaggi veicolari di transito dagli imbarcaderi verso gli imbocchi autostradali nazionali e viceversa - pur avendo i suddetti l'obbligo giuridico di impedire gli effetti offensivi e molesti delle emissioni inquinanti, derivante, in particolare: dagli artt. 2, 4, 6 e 8 del D.M. 25.11.1994; dall'art. 2 del D.M. 5.2.1996; dall'art. 3 della legge 4.11.1997, n. 413; dagli artt. 3 e 4 del D.M. 23.10.1998; dagli artt. 1, 2 e 3 del D.M. 21.4.1999, n. 163;
- agli artt. 110, 40 e 659 cod. pen., poiché, nelle rispettive qualità e funzioni (Previdenti e Sofo dal giugno 1994 al maggio 1998 - Leonardi dal giugno 1998 e Santalco dall'aprile 2000, fino all'aprile 2001), non impedivano che, a causa del rumore dovuto al passaggio degli autoveicoli a motore sull'arteria stradale denominata viale Boccetta e dell'abuso di strumenti di segnalazione acustica da parte degli stessi autoveicoli, si arrecasse disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone ivi residenti, pur avendo essi l'obbligo giuridico di impedire gli effetti offensivi o molesti connessi al traffico suddetto, derivante, in particolare, dagli artt. 6, lett. e) ed f), 7, 9, 14, 2 comma-lett. a), della legge 26.10.1995, n. 447.
Il Tribunale monocratico di Messina, con sentenza dell'8.10.2002:
a) in ordine alla contestazione di cui all'art. 674 cod. pen.. correlata all'inquinamento atmosferico:
- assolveva tutti gli imputati, per insussistenza del fatto, con riferimento agli inquinanti biossido di zolfo, biossido di azoto e monossido di carbonio, nonché all'inquinante PM 10 per i periodi diversi dagli anni 1996, 1997 e 1999;
- con riferimento all'inquinante PM 10: assolveva il Santalco, relativamente al periodo giugno 1998 - aprile 2000, per non avere commesso il fatto; assolveva tutti gli imputati, in relazione agli anni 1994, 1995, 1998, 2000 e 2001, per insussistenza del fatto;
assolveva gli imputati, perché il fatto non costituisce reato, per il periodo 1996-1997 quanto a Previdenti e Sofo, e, per il 1999 quanto a Leonardi e Santalco;
b) in ordine alla contestazione di cui all'art. 659 cod. pen.. correlata all'inquinamento acustico:
- assolveva il Santalco, relativamente al periodo giugno 1998 - aprile 2000, per non avere commesso il fatto;
- assolveva tutti gli imputati, in relazione ai periodi ad essi rispettivamente contestati, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Avverso tale sentenza ha proposto "appello" il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina, in relazione alle sole statuizioni assolutorie riguardanti l'inquinamento acustico (art. 659 cod. pen.) e l'inquinamento atmosferico (art. 674 cod. pen.) da inquinante PM 10, per gli anni 1996-1997 e 1999.
Il P.M., in particolare, ha eccepito che:
- deve ritenersi erronea l'affermazione del Tribunale secondo la quale l'evento di molestia provocato da emissioni di gas, vapori o forno (ex art. 674 cod. pen.) si produrrebbe solo nei casi di emissioni inquinanti in violazione dei limiti di legge (individuati nei limiti massimi di accettabilità fissati dal D.P.C.M. 28.3.2003), con conseguente irrilevanza del superamento delle soglie prodromiche di detti limiti, rappresentate dai livelli di attenzione o di allarme connessi agli obiettivi di qualità per i vari inquinanti di cui al D.M. 25.11, 1994. Al contrario, non è necessario che le emissioni siano vietate da speciali norme giuridiche, essendo sufficiente che esse superino - in riferimento al disposto dell'art 844 cod. civ. - il limite della normale tollerabilità, la cui tutela costituisce la "ratio" della norma incriminatrice. Nè si richiede un effettivo nocumento alle persone, in dipendenza della condotta contestata, essendo sufficiente l'attitudine di questa a cagionare effetti dannosi;
- i provvedimenti in concreto adottati dai pubblici amministratori, per affrontare il problema delle emissioni sul viale Boccetta, non costituivano un'effettiva linea di contrasto, ma si presentavano piuttosto come espedienti di mera forma, strumentali all'approntamento di "anticipata giustificazione per l'eventuale contestazione di inerzia al riguardo", laddove si imponeva la necessità di ben più decisivi interventi;
- quanto al reato di cui all'art. 659 cod. pen., incongruamente sarebbero stati esclusi profili di colpa degli amministratori, anche con riferimento alla ritenuta incertezza in ordine alla sussistenza di un effettivo superamento dei limiti di legge, con erronea interpretazione dell'art. 40 cod. pen..
La Corte di Appello di Messina, con ordinanza del 19.1.2004, ha trasmesso gli atti a questa Corte Suprema, ai sensi dell'art. 568, ultimo comma, c.p.p. La difesa ha presentato dettagliata memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso del P.M. deve essere rigettato, perché infondato. 1. In tema di emissioni nell'atmosfera, questa Corte Suprema, in più decisioni, ha ravvisato l'elemento oggettivo del reato di cui all'art. 674, seconda parte, cod. pen., affermando che esse possono certamente ricondursi ad una delle tre tipologie indicate dalla norma (gas, vapori, fumo).
Parimenti è stata ritenuta la loro capacità offensiva, in considerazione della indubbia idoneità di tali emissioni ad arrecare molestia alle persone, dovendosi fare rientrare nel concetto di "molestia" tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di "turbamento della tranquillità e della quiete", che producono "un impatto negativo, anche psichico, sull'esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione" (vedi Cass.:
Sez. 1^, 4.2.1994, n. 1293, Sperotto ed altro; Sez. 3^, 24.1.1995, n. 771, Rinaldi; Sez. 1^, 22.1.1996, n. 678, P.M. in proc. Viale). In tale prospettiva è stato affermato che può costituire "molestia" anche il semplice arrecare alle persone preoccupazione ed allarmi generalizzati circa eventuali danni alla loro salute per l'esposizione ad emissioni atmosferiche inquinanti (Cass., Sez. 3^: 7 4.1994, n. 6598, Gastaldi; 12.5.2003, a 20755, Di Grado ed altri). Deve ricordarsi, inoltre, in proposito, che la contravvenzione di cui all'art. 674 cod. pen. costituisce reato di pericolo, per cui non è necessario che sia determinato un effettivo nocumento alle persone, essendo sufficiente l'attitudine concreta delle emissioni ad offenderle o molestarle nel senso sopra indicato (vedi Cass., Sez. 1^: 15.11.1993, n. 10336, Grandoni; 17.12.1994, n. 12428, Montini;
4.12.1995, n. 11868, Balestra ed altro; 21.1.1998, n. 739, P.M. in proc. Tilli; 14.1.2000, n. 407, Samengo; nonché Cass., Sez. 3^, 21.3.1998, n. 3531, Terrile).
1.2 La giurisprudenza di questo Corte, poi, ha ravvisato la possibilità del concorso tra l'art 674 cod. pen. e le norme speciali in materia ambientale con riferimento all'inquinamento atmosferico (vedi Cass.: Sez. 3^, 7.4.1994, n. 6598, Gastaldi; Sez. 1^, 31.8.1994, n. 9357, Turino), ali inquinamento idrico (Cass.: Sez. 1^, 10.11.1998, n. 13278, Mangione; Sez. 3^, 7.10.2003, n. 37945, Graziani) e all'inquinamento elettromagnetico (Cass., Sez. 1^:
12.3.2002, n. 10475, Fantasia ed altri; 14.6.2002, n. 23066, Rinaldi) e, anche in considerazione di tale asserita concorsualità, particolare attenzione, nell'interpretazione dell'art. 674 cod. pen., ha riservato all'inciso "nei casi non consentiti dalla legge". In relazione a detto inciso, si era formato un orientamento giurisprudenziale, largamente prevalente si ricordino, tra le molte decisioni, Cass.: Sez. 1^, 17.11.1993, n. 781, Scionti; Sez. 3^, 7.4.1994, n. 6598, Roz Gastaldi; Sez. 1^, 6.11.1995, n. 11984, Guarnero; Sez. 1^, 27.1.1996, n. 863, Celeghin; Sez. 1^, 11.4.1997, n. 3919, Sartor; Sez. 1^, 21.1.1998, a 739, Tilli; Sez. 3^, 1.10.1999, n. 11295, Zompa ed altro; Sez. 1^, 24.11.1999, n. 12497, De Gennaro nel senso che rientra pacificamente nei "casi non consentiti dalla legge" il superamento della soglia delle emissioni fissata dalla normativa di settore, ma che - anche nei casi di attività esercitata previo regolare rilascio dell'autorizzazione amministrativa e nel rispetto dei limiti tabellari fissati dalla normativa speciale - la contravvenzione è pur sempre configurabile alla stregua dei criteri civilistici, in quanto la "molestia" dell'emissione non è esclusa per il solo fatto che essa sia inferiore ai limiti massimi di tolleranza specificamente fissati dalla legge.
In tale prospettiva, la "normale tollerabilità" viene riferita anche ai parametri di cui all'art. 844 cod. civ., essendo l'agente tenuto al rispetto non soltanto dei limiti fissati dalle tabelle della normativa speciale di settore ma anche della legge in generale e, quindi, delle prescrizioni del codice civile, con il conseguente obbligo di ricorrere alla "migliore tecnologia disponibile" per contenere al massimo possibile le emissioni inquinanti, al fine della tutela della salute umana e dell'ambiente quali valori costituzionalmente garantiti.
Un diverso indirizzo interpretativo (già isolatamente enunciato da Cass., Sez. 3^, 26.8.1985, n. 7765, Diliberto) si è formato, invece, a partire dalla sentenza 7.7.2000, n. 8094, rie. Meo, della I Sezione di questa Corte Suprema (concernente l'emissione di fumo dagli impianti di un oleificio), con la quale è stato affermato il principio che, nella formulazione dell'art. 674 cod. pen., l'espressione "nei casi non consentiti dalla legge" si collega alla necessità che l'emissione (di gas, vapori o fumi) atta a molestare le persone avvenga in violazione delle norme che regolano l'inquinamento atmosferico.
Ne consegue che, ai fini dell'affermazione di responsabilità in ordine al reato previsto dall'art. 674 cod. pen., non basta che le emissioni siano astrattamente idonee ad arrecare fastidio, ma "è indispensabile la puntuale e specifica dimostrazione che esse superino gli standards fissati dalla legge".
Nel campo dell'illecito penale, dunque, si riscontra una sorta di presunzione di legittimità per quelle emissioni che non superino le soglie fissate dalle leggi speciali.
Tali conclusioni sono state ribadite da Cass., Sez. 3^, 3.3.2004, n. 9757, Pannone, per emissioni provenienti da cava di estrazione di pietra calcarea e da Cass., Sez. 1^: 12.3.2002, n. 15717, Pagano ed altri; 14.6.2002, n. 23066, Rinaldi, in relazione ad emissioni di onde elettromagnetiche.
Trattasi di orientamento condiviso da questo Collegio, sulla base dell'essenziale considerazione che il riferimento alle norme del codice civile comporta un'evidente violazione del principio di tipicità.
Quando esistono precisi limiti tabellari fissati dalla legge, non possono ritenersi "non consentite" le emissioni che abbiano, in concreto, le caratteristiche qualitative e quantitative già valutate ed ammesse dal legislatore; nei casi, invece, in cui non esiste una predeterminazione normativa, spetterà al giudice penale la valutazione della tollerabilità consentita, ma pur sempre con riferimento ai principi ispiranti le specifiche leggi di settore. In ogni caso, comunque, affinché possa configurarsi il reato di cui all'art. 674 cod. pen., non basta che le immissioni in atmosfera superino i limiti eventualmente fissati dalla normativa speciale, ma occorre anche che esse abbiano carattere effettivamente molesto, nel senso dianzi delineato (vedi Cass., Sez. 1^: 13.1.2003, n. 760, Tringali; 7.7.2000, n. 8094, Meo).
2. Le PM 10 sono miscele di particelle liquide o solide, sospese nell'aria, con composizione chimica variabile, il cui diametro è uguale o inferiore a 10 micron (pari a circa un sesto del diametro di un capello) e quindi idoneo a superare le barriere naturali che proteggono le vie respiratorie inferiori, consentendo la penetrazione a livello degli alveoli. Le principali fonti di emissione sono i processi produttivi di materiali da costruzione e le industrie siderurgiche (50%), il traffico veicolare e gli inceneritori industriali (10%).
Per tale inquinante primario, il primo parametro di riferimento è stato introdotto nella legislazione italiana a partire dal 1996, in quanto l'art. 4 del D.M. 25.11.1994 del Ministro dell'ambiente ha individuato l'obiettivo di qualità dell'aria (valore medio di quelli giornalieri su base annua) per la frazione delle particelle sospese PM 10, fissando limiti da osservarsi a decorrere dapprima dal 1 gennaio 1996 e poi dal 1 gennaio 1999.
Soltanto con il D.M. 2.4.2002, n. 60 del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio (che ha tardivamente recepito le direttive comunitarie 1999/30/CE e 2000/69/CE e fissato nuovi limiti medi annuali, da rispettare a partire dal 1 gennaio 2005 e dal 1 gennaio 2010) è stato previsto un limite giornaliero, con un certo numero di possibili superamenti ammessi nell'arco dell'anno. 2.1 Il Tribunale monocratico di Messina, nella sentenza impugnata, ha affermato che, in materia di inquinamento atmosferico. a) i valori, che possono considerarsi rilevanti ai fini della nozione giuridica di "emissioni non consentite", sono rappresentati dai limiti massimi di accettabilità e di esposizione (o valori limite di qualità dell'aria) fissati con il D.P.C.M. 28.3.1983 e poi aggiornati dal D.P.R. 24.5.1988, n. 203 e dal D.Lgs. 4.8.1999, n. 351;
b) gli obiettivi di qualità dell'aria, fissati dal D.M. 25.11.1994, non rappresentano una soglia legale invalicabile, ma - nell'ambito di una legislazione volta ad anticipare la tutela, regolamentando l'adozione di misure preventive - essi rimangono "indicativi di una condizione migliorativa della qualità della vita". 2.3 Questo Collegio ritiene che, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 674 cod. pen., all'espressione "nei casi non consentiti dalla legge" non può ricondursi (in caso di mancato superamento dei limiti massimi di accettabilità) l'inosservanza degli obiettivi di qualità (secondo le specificazioni date dalle norme che regolano l'inquinamento atmosferico). Il raggiungimento di tali obiettivi, infatti (che costituisce un'applicazione del principio della "massima sicurezza tecnologicamente possibile" al quale sono improntate molte normative in materia ambientale e di sicurezza del lavoro), è previsto, in quanto possibile, nei tempi e con le modalità fissate dalla legge.
2.4 Nella fattispecie in esame - quanto all'inquinante PM 10, per gli anni 1996, 1997 e 1999 - il giudice del merito, alla stregua della normativa dianzi ricordata:
- ha accertato, in punto di fatto, che si erano effettivamente verificati scostamenti, più o meno sensibili, della concentrazione di PM 10 rispetto al valore dell'obiettivo di qualità dell'aria, fissato con il D.M. 25.11.1994;
- ha però esattamente rilevato che tale obiettivo di qualità non può essere considerato un limite assoluto, alla stregua dei limiti massimi di accettabilità, sicché il superamento dello stesso non può costituire, di per sè, condotta idonea ad integrare gli estremi del reato di cui all'art. 674 cod. pen.;
- ha considerato comunque "non tollerabili" quei livelli di emissione di PM 10 che abbiano comportato il superamento delle concentrazioni medie annuali indicate dal DM. 25.11.1994;
- ha escluso qualsiasi profilo di colpa, nei comportamenti rispettivamente tenuti dagli imputati, negli anni in questione, evidenziando che era stata adottata una pluralità di provvedimenti amministrativi (quali, per esempio: l'introduzione di un percorso obbligato per i mezzi pesanti diretti all'imbarco delle Ferrovie dello Stato, l'installazione di cordoli, l'introduzione di svolte obbligate, l'approvazione del c.d. "bollino blu" etc.) tutti astrattamente idonei ed utili a ridurre la concentrazione di inquinanti, sebbene non fosse possibile, ex ante, stabilirne il grado reale di efficacia. Tali provvedimenti avevano determinato, nel corso dei sette anni presi complessivamente in considerazione, un costante decremento delle concentrazioni inquinanti, fino ad ottenere, nell'anno 2001, condizioni ampiamente positive a termini di legge, con il raggiungimento di tutti gli obiettivi di qualità e la pressoché totale assenza di superamenti delle soglie di attenzione o di allarme.
In una situazione caratterizzata dall'estrema difficoltà di individuare un intervento risolutivo determinante per la risoluzione del problema (evidenziata dallo stesso consulente del P.M.) - ed apparendo razionali le argomentazioni svolte dal giudice di merito circa l'impraticabilità di una chiusura al traffico, anche parziale, dei viale Boccetta (che avrebbe presentato, a fronti di modesti vantaggi, una congerie di aspetti negativi, per il trasferimento dell'inquinamento e dei rischi connessi alla circolazione su una porzione assai più ampia della città e di cittadini) - legittima appare la conclusione che "l'avere adottato una serie di provvedimenti, astrattamente idonei allo scopo, è circostanza che assolve all'obbligo di legge, restando, invece, nell'ambito dell'insindacabile discrezionalità politica la scelta tra l'uno o l'altro provvedimento". Tale conclusione, del resto, è stata congruamente tratta anche alla stregua dell'accertato "avvio" di quelle soluzioni strutturati, che devono ritenersi le uniche concretamente idonee a fornire una reale soluzione al problema (spostamento dell'approdo in una zona del territorio comunale esterna al perimetro urbano, con contestuale realizzazione di una via autonoma di accesso all'autostrada) ma che non sono perseguibili dalla sola Giunta comunale e non sono realizzabili in tempi rapidi, poiché richiedono un iter procedimentale complesso. 3. Nel presente procedimento, comunque, la questione nodale è quella della stessa possibilità di configurare un concorso degli amministratori comunali, mediante omissione, ad un reato materialmente commesso da altri ed essenzialmente si connette alla applicabilità della previsione di cui all'art. 40, 2 comma, cod. pen., prima che all'accertamento della causalità omissiva. Va rilevato, al riguardo, che non ogni obbligo extrapenale di attivarsi è automaticamente suscettivo di convertirsi in un obbligo giuridico di impedire l'evento e, nella specie, assai opinabile deve considerarsi l'individuazione di una "posizione di garanzia" degli amministratori comunali nei confronti del bene che la norma incriminatrice intende salvaguardare, non apparendo ravvisabili una posizione di protezione ne' una posizione di controllo. Non è dato rinvenire, invero, la necessità di riequilibrare una situazione di inferiorità di determinati soggetti ne' può considerarsi riconducibile alla sfera di signoria dei pretesi garanti l'attività da cui si origina la situazione di pericolo.
4. Per quanto concerne l'imputazione ai sensi dell'art. 659 cod. pen., il Tribunale è pervenuto alla impugnata pronuncia di assoluzione, "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato", sulla base delle seguenti essenziali considerazioni:
- non è possibile, nella specie, configurare il reato di cui all'art. 659 cod. pen. in forma emissiva attraverso il disposto dell'art. 40 cpv. dello stesso codice;
- vi è incertezza assoluta in ordine all'effettivo superamento dei limiti fissati dalla legge per l'inquinamento acustico;
- non potrebbe non tenersi conto, in ogni caso, delle valutazioni sull'assenza di profili di colpa già effettuate in relazione all'imputazione di cui all'art. 674 cod. pen..
Rileva, in proposito, questo Collegio che remissione rumorosa determinata dal complesso del traffico stradale, sia pure intensissimo, non è riconducibile alla previsione di cui all'art. 659, 1 comma, cod. pen., finalizzata ad impedire i rumori ingiustificati e comunque evitabili (salve le ipotesi di abusi individuali correlati alle prescrizioni degli artt. 155 e 156 del codice della strada ed all'art. 350 del relativo regolamento di esecuzione e di attuazione).
Non può configurarsi, pertanto, una fattispecie commissiva "convertibile" in fattispecie omissiva impropria e non si pone, conseguentemente, il problema dell'individuazione di un obbligo di garanzia incombente, al riguardo, sugli amministratori comunali. Costoro hanno, invece, l'obbligo giuridico di attivarsi ai sensi delle disposizioni introdotte dalla legge 26.10.1995, n. 447, cui potrebbero connettersi eventuali ipotesi di reati omissivi propri. In ogni caso, però, deve evidenziarsi che soltanto attraverso l'integrazione di più azioni -a livello non esclusivamente locale, ma anche nazionale e comunitario - è realmente possibile abbattere i livelli di rumore da traffico veicolare attualmente presenti nei centri urbani, per riportare questi entro i limiti di "vivibilità" indicati dalle norme vigenti, ed in proposito il giudice del merito non ha mancato di considerare (ad abundantiam) che:
- spetta al Consiglio comunale (non agli amministratori) l'adeguamento dei regolamenti locali di igiene e sanità o di polizia municipale e l'introduzione in essi di apposite norme contro l'inquinamento acustico anche con riferimento al controllo, al contenimento ed all'abbattimento delle emissioni sonore derivanti dalle circolazione degli autoveicoli (art. 6, comma 2, della legge n. 447/1995);
- la facoltà, riconosciuta anche ai sindaci, di ordinare, con provvedimento motivato, il ricorso a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività (art. 9 della legge n. 447/1995), si connette a situazioni di "eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente" e, comunque, è soltanto temporanea;
- non è dimostrata la ascrivibilità agli imputati della tardiva adozione del piatto urbano del traffico e del piano di zonizzazione acustica;
- lungo il viale Boccetta era stato collocato asfalto fonoassorbente;
mentre la mancata collocazione di pannelli verticali fonoassorbenti era giustificata dal fatto che essi avrebbero bloccato la circolazione delle strade che intersecano detto viale e, per la situazione effettiva dei luoghi, si sarebbero dovuti applicare a ridosso degli edifici, creando intercapedini a distanze illegali, inibite dalle norme igieniche ed urbanistiche.
5. Le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione dei fatti e dell'attribuzione degli stessi alla persona degli imputati - infine - non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 608 e 615 c.p.p., rigetta il ricorso del P.M..
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2004.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2004
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