Geotermia

 

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GEOTERMIA: UNA RISORSA ENERGETICA DA SFRUTTARE

Riscopriamo l'acqua calda di Sandro Boeri

È lì, sottoterra. E l'Italla ne è molto ricca. Basta scavare per riscaldare case, serre, stalle risparmiando elettricità e petrolio. Eppure, soltanto adesso si comincia a farlo tra mille difficoltà. Perché?


Autunno 1956: in Italia, come in tutto il mondo, è il momento della grande febbre dell'oro nero. Enrico Mattei, presidente dell'Eni, ha lanciato un programma di trivellazioni in tutta la Pianura padana. Si scava in profondità, nella speranza di trovare miracolose riserve di petrolio. Uno dei pozzi più promettenti è quello di Casaglia, vicino a Ferrara. I lavori procedono in gran segreto per mesi, fino a quando le trivelle raggiungono i 3.700 metri di profondità. Ma i risultati sono deludenti: anche a Casaglia petrolio non ce n'è. È la fine di una grande illusione.
C'è solo, magra soddisfazione per l'Eni, dell'inutile acqua calda, o meglio, come spiega il rapporto dei tecnici "un reservoir a 1.100 metri di profondità, cioè un giacimento carbonatico mesozoico mineralizzato ad acqua calda salata avente una termalità, a bocca di pozzo, intorno ai 100 gradi centigradi". Tanto lavoro per nulla? Per vent'anni si è creduto di sì. Poi però è arrivata la crisi energetica. E ci si è accorti all'improvviso che anche quell'acqua calda era una risorsa preziosa.

Oggi il pozzo di Casaglia è stato riattivato. L'acqua calda viene estratta al ritmo di quasi 400 metri cubi all'ora. E presto (si prevede entro il 1989) verrà distribuita, grazie a una rete cittadina di 30 chilometri di teleriscaldamento in tubi termoisolati, in più di 300 edifici del centro di Ferrara, per riscaldare, calcolano all'Agip, quasi 3 milioni di metri cubi. Ma è solo l'inizio. Negli anni successivi, integrando la fonte geotermica con una piccola centrale a metano (e con pompe di calore), la rete di teleriscaldamento verrà gradatamente estesa a tutta la città. Con due risultati molto importanti: un grosso risparmio di petrolio e una diminuzione secca dell'inquinamento dell'atmosfera.
"La geotermia è una fonte energetica praticamente pulita, quasi inesauribile, molto economica" sostiene Claudio Sommaruga, il maggiore esperto italiano di geotermia. Tanto che, viene da chiedersi perché l'Italia che pure è stata la prima nazione a sfruttare la geotermia (con la centrale di Larderello del 1904) abbia fatto molto meno di altri Paesi più poveri di questa risorsa, come la Francia, la Svezia, l'Ungheria e il Giappone.
"Forse" sostiene Sommaruga "perché la geotermia, fonte economica, adatta allo sfruttamento locale, ha caratteristiche di mercato troppo diverse da quelle megaelettriche o megapetrolifere proprie dei nostri enti di Stato".
Gli impianti geotermici italiani per produrre energia elettrica, che sfruttano essenzialmente fluidi e vapori a temperatura superiore ai 150 gradi, consentono già oggi di risparmiare 900 mila tep (tonnellate equivalenti petrolio) all'anno. "Migliorando tecnologicamente le centrali già in funzione e soprattutto cominciando a sfruttare la geotermia a bassa temperatura" - sostiene Sommaruga - "si potrebbe agevolmente triplicare entro il Duemila il contributo di questa fonte". Invece nessuno fino a oggi ha pensato di sfruttare, per esempio, la presenza di fluidi a 155 gradi a meno di duemila mètri di profondità tra Roma e il mare. E un grande progetto geotermico a Padova è da anni bloccato per ragioni politico-burocratiche.
"Non c'è dubbio, fino a oggi la geotermia è stata trascurata" commenta Roberto Carella, responsabile delle risorse geotermiche per l'Agip, " ma personalmente ho molta fiducia nella nuova legge, approvata nello scorso dicembre, che incentiva efficacemente lo sfruttamento della geotermia".
Progetti che sicuramente usufruiranno dei contributi della nuova legge sono, oltre a Ferrara, quelli già in fase di realizzazione a Vicenza e Rodigo. " Quello di Vicenza è il più interessante" spiega Carella "perché abbiamo trovato a duemila metri di profondità acqua a 70 gradi, con una portata di 120 metri cubi l'ora. Inoltre si tratta di acqua dolce e quindi non avremo bisogno di costruire un secondo pozzo per reimmettere l'acqua nel sottosuolo dopo averla usata: potremo tranquillamente versarla nel fiume Astichello senza problemi ecologici ". Grazie a questo pozzo verrà realizzato nei prossimi anni un sistema di teleriscaldamento cittadino che permetterà un risparmio di almeno 2.300 tep all'anno.
Il progetto Rodigo (finanziato dalla Regione Lombardia) dovrebbe invece dimostrare la possibilità di utilizzare acqua calda, a temperature relativamente basse, in agricoltura (per essiccazione, serre, allevamenti, pescicoltura). "Sono convinto che sia conveniente sfruttare anche temperature intorno ai sessanta gradi " - sostiene Ugo Facchini, docente di fisica applicata a Milano, - "sia per usi agricoli e di allevamento che per il riscaldamento degli edifici, ovviamente migliorando l'isolamento degli impianti. Il che permetterebbe di ampliare il campo di applicazione di questa risorsa".
Una ragione in più per dare finalmente il via alla lunga serie di progetti finora rimasti solo sulla carta, da Vulcano a Bagno di Romagna, da Ischia ad Acqui, da Siena a Cesano, fino allo sfruttamento dell'acqua calda dei numerosi centri termali italiani.

PANORAMA 29 MARZO 1987

     
   

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