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Un progetto italiano tenterà di ricavare un nuovo carburante, il biodiesel, dall'olio fritto

 

Aree di servizio collegate direttamente a rosticcerie e fast food. Pompe di carburante allacciate a ristoranti e trattorie. E un pieno di olio fritto per far andare autobus, taxi e impianti di riscaldamento. Non è uno scherzo. Potrebbe essere questo lo scenario delineato dal progetto targato Novaol, società di Ravenna controllata dal gruppo Eridania (Montedison).
Il protocollo di intesa con il ministero dell'Ambiente per ricavare uno speciale combustibile, il bio diesel, dagli oli esausti, ossia già utilizzati nella preparazione dei cibi, è stato firmato di recente.
Dai primi dell'anno, già diversi condomini di Milano e Torino alimentano le loro caldaie con questo carburante vegetale. Mentre una serie di convenzioni stanno per essere firmate con grandi amministrazioni locali, enti pubblici e privati.

Dalla friggitrice al motore: sarà il percorso che - dopo un breve stop in raffineria per una filtrata che elimini i residui di hamburger e patatine - compiranno gli oli di semi (mais, soia, girasole o misti) usati in cucina. Diventeranno, insomma, biodiesel.
"I pregi sono tanti", spiega l'ingegner Claudio Rocchietta, amministratore delegato della Novaol. "Intanto è un prodotto biodegrabile, dunque non inquina. Essendo vegetale, dimezza le emissioni nocive dei gas di scarico, quindi non influisce sull'effetto serra. Infine, poiché vengono utilizzati oli che, per l'80 per cento, sono di solito scaricati nelle fogne, se noi li recuperiamo e li sottoponiamo a un processo di rigenerazione, otteniamo due risultati: il riciclo di un rifiuto e la realizzazione di un prodotto utile a migliorare in modo significativo la qualità dell'aria che respiriamo". Ma, per riuscirci, "occorre attivare un circolo" per la raccolta differenziata dell'olio usato. Tanto che un'équipe di legali è già al lavoro per stringere accordi con la Federazione pubblici esercenti e le maggiori catene di fast food.
Nessuno s'illuda, però. Un difetto, se di difetto si può parlare, questo prodotto ce l'ha: non potrà mai raggiungere i volumi del carburante oggi in circolazione (20 milioni di tonnellate all'anno). "Se tutto va bene", conclude Rocchietta, "entro il 2000 arriveremo a produrne dalle 20 alle 30 mila tonnellate annue. Di più non è possibile". Speriamo non sia solo aria fritta.

G.V.

 

Donna - 26 gennaio 1999

Maggio 2001-  bb.online@libero.it