Biografia di Poincarè

 

Jules Henri Poincaré fu un matematico e filosofo della scienza francese (Nancy 1854-Parigi 1912). Dal 1881 insegnò alla Sorbona fisica-matematica e meccanica celeste. Autore fecondissimo, lasciò più di 500 scritti di argomento scientifico oltre alle opere di epistemologia e divulgazione.
Nel 1889 conseguì il premio internazionale promosso dal re di Svezia, Oscar II, con una memoria dal titolo: Sur le problème des trois corps et les équations de la dynamique (Sul problema dei tre corpi e le equazioni della dinamica). Le sue indagini si accentrarono soprattutto sulla matematica di cui studiò le applicazioni alla meccanica, alla fisica e all'astronomia. Tra i suoi maggiori meriti vi è la scoperta di un nuovo tipo di funzioni che chiamò fuchsiane (generalizzazioni delle funzioni ellittiche) e lo studio dei gruppi discontinui che chiamò kleiniani. Importanti inoltre i risultati da lui ottenuti nel calcolo delle probabilità e nella teoria dei numeri. Si dedicò anche ai fondamenti della geometria (famoso un suo modello del piano non-euclideo iperbolico) e fondò la moderna topologia combinatoria. Nel campo della fisica si occupò in particolare di elettrodinamica (teoria di Maxwell): diede per primo una teoria coerente dell'oscillatore di Hertz e anticipò uno dei postulati della relatività ristretta. Nell'ambito dell'astronomia e della meccanica celeste si deve a P. la teoria sulle origini dei satelliti, secondo la quale essi deriverebbero dal corpo del pianeta. Negli ultimi anni della sua vita si occupò attivamente di filosofia della scienza. Di fronte al carattere manifestamente dogmatico assunto, nelle sue ultime fasi, dalla cultura positivistica, P. cercò di ritornare al significato autentico del positivismo, cioè a uno studio critico approfondito della conoscenza scientifica. La precisa analisi dell'origine delle proposizioni fondamentali della scienza lo condusse alla conclusione che la scienza è una libera costruzione dell'uomo e ha i caratteri della convenzionalità e dell'aprioristicità. Sul suo pensiero, come risulta dalla stessa denominazione “convenzionalismo”, con cui suole essere indicato, si sono spesso creati grossi equivoci. In realtà, alla consapevolezza di non poter più mantenere in vita la vecchia interpretazione dogmatica delle teorie scientifiche come specchio fedele della realtà si unì in P. la consapevolezza del pericolo di giungere, attraverso questo abbandono, a una interpretazione meramente soggettivistica dell'intera scienza. P. si espresse più volte contro ogni tentativo di confondere la convenzionalità e l'arbitrarietà o di sfruttare lo spirito critico acquisito dall'epistemologia moderna per sostenere l'ambigua tesi del fallimento della scienza e rivendicò alla scienza un valore non solo pratico ma conoscitivo.