Patria, siamo senza terra,

casa, è una vecchia valigia da viaggio,

piena di umiltà, speranza e voglia di vivere,

identità, siamo nessuno,

immigrati, con la pelle bruciata dal sole,

su un gommone senza storie,

danza sulle onde, come la piume,

aspettando la costa o la tempesta,

poca differenza,

scappando da e verso la morte,

il silenzio ha la voce triste,

dei nostri cubi pensieri:

madre, perché mi hai fatto nascere,

in questo mondo senza inizio ne fine,

padre, perché hai perso tutte le guerre,

lasciandomi ostaggio del mio destino,

senza volto ne nome,

solo un numero clandestino insignificante,

in mezzo a questo mare,

vorrei gridare al cielo di mille colori,

prima che arrivi la notte,

nera, scura senza sogni,

Dio cosa ho fatto di male!?

manca però la voce,

mi l’avevano rubata a qualche frontiera,

vorrei guardare l’infinito orizzonte,

sperando in qualche luce,

non potrei,

ho lasciato i occhi vissi su miei fratelli,

sul sfondo il vecchio albero di olive,

dove abbiamo scritto i nostri, veri, nomi,

la sua ombra ci proteggeva come una madre,

l’ho abbracciato prima di partire,

mi è sembrato di sentire a piangere,

forse perché siamo uguali,

vogliamo solo vivere in pace.